ARISTOFONTE ('Αριστοϕῶν, Aristŏphon)
Pittore greco di Taso della prima metà del sec. V a. C., figlio di Aglaofonte e fratello più giovane di Polignoto (Plat. Gorg., 448 b), menzionato fra i migliori pittori del suo tempo (Plin., XXXV, 138). Sue opere sono: Anceo (l'argonauta) ferito da un cinghiale, con Astipaleia (la madre) che partecipa al suo dolore; una rappresentazione complessa su tavola, in. cui sono Priamo, Elena, la Credulità, Ulisse, Deifobo, l'Inganno: probabilmente l'avventura di Ulisse che entra come mendico in Troia (Plin., ibid.); Filottete (Plut., De audien. poet., 3; Quaest. conviv., V,1,2). Forse sono da attribuirsi a lui le opere indicate da Satiro (presso Ateneo, XII, 534 d) come di Aglaofonte, delle quali almeno una, Alcibiade sulle ginocchia di Nemea, è chiaramente ascritta ad Aristofonte da Plutarco (Alcibiad., 16).
Bibl.: H. Brunn, Gsch. d. Griech. Künstl., II, Stoccarda 1889, p. 36 seg.; O. Rossbach, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., II, Stoccarda 1896, coll. 1008-9; E. Pfuhl, Maler. u. Zeichn. der Griech., II, Monaco 1923, p. 639.