ARISTOLAOS (᾿Αριστόλαος, Aristolaus)
Figlio e discepolo di Pausias di Sicione, fu fra i pittori che trattarono i soggetti più severi (a meno che non si intenda l'aggettivo usato da Plinio come riferito alla severità nella scelta e nell'uso dei colori): in ciò, dunque, fu diverso dal padre. Sono sue opere: Epaminonda, Pericle, Media (Medea ?), la Virtù, Teseo, una raffigurazione del Demo attico, un sacrificio di buoi (Plin., Nat. hist., xxxv, 137). La sua attività deve porsi verso la metà, o nella seconda metà del sec. IV a. C., se il ritratto di Epaminonda fu eseguito prima della distruzione di Tebe, nel 335 a. C.; non è improbabile però che esso sia opera anteriore, compiuta prima della morte del condottiero tebano avvenuta nel 362 a. C.; essa sta a dimostrare, con lo svolgimento di soggetti ateniesi e tebani, l'estendersi dell'influsso della scuola sicionia verso l'Attica, e anche l'importanza del pittore. Non è possibile dire se alcune di queste pitture formassero gruppi, o fossero invece isolate; probabilmente la Virtù, Teseo e il Demo attico costituivano un'allegoria, come la pittura di Euphranor, un contemporaneo di poco più vecchio, appartenente alla scuola sicionia, nella Stoà di Zeus Eleuterio ad Atene (Paus., i, 3, 3) e come gruppo bronzeo di Euphranor stesso rappresentante la Grecia con la Virtù (Plin., Nat. hist., xxxiv, 77); nè se vi fosse un rapporto sicuro tra esse e opere d'arte posteriori; come non è certo se per Media si debba intendere una personificazione della Persia o non piuttosto la mitica eroina Medea.
Bibl.: W. Helbig, Untersuch. üb. d. camp. Wandmal., Lipsia 1873, p. 201 s.; H. Brunn, Geschichte der griech. Künstl., II, Stoccarda 1889, p. 154; O. Rossbach, in Pauly-Wissowa, II, 1896, cc. 942-943, s. v.; B. Sauer, in Thieme-Becker, II, 1908, p. 105, s. v.; E. Pfuhl, Maler. u. Zeichn. d. Griech., II, Monaco 1923, p. 733; A. De Capitani D'Arzago, La "Grande Pittura" greca dei secoli V e IV a. C., Milano 1945, p. 62; Plinio il Vecchio, Storia delle arti antiche, a cura di S. Ferri, Roma 1946, XXXV, 137; G. Lippold, Antike Gemäldekopien, in Abhandlungen de Bayerischen Akademie der Wissenschaften, Philosophisch-historische Klasse, 33, 1951, p. 64.