VALAŌRÍTĒS, Aristotélēs ('Αριστοτέλης Βαλαωρίτης)
Poeta neoellenico, nato in Leucade, da famiglia epirota, il 2 agosto 1824, ivi morto il 24 luglio 1879. Fece i primi studî a Corfù; dal 1844 al 1846 frequentò la facoltà di diritto dell'università di Parigi, poi quella di Pisa, dove si laureò nel 1848. Dopo un viaggio in Svizzera, Germania, ecc., nel 1849 ritornò in Leucade dove quasi sempre rimase, dedicandosi a studî letterarî e partecipando alle vicende politiche del suo paese. Nel 1852 fu a Venezia dove sposò Eloisa, figlia di Emilio Tipaldo. Per la sua attività patriottica processato dall'alto commissario inglese delle Isole Ionie, sir Henry George Word, si rifugiò di nuovo a Venezia nel 1854. Eletto nel 1857 a far parte della camera ionica, si schierò tra i radicali che chiedevano l'unione alla Grecia, opponendosi vivacemente ad ogni tentativo di accomodamento da parte dell'Inghilterra. Decisa l'unione, fu ad Atene, insieme con altri, a trattare sulle modalità di essa; fu eletto poi deputato nel parlamento greco, dove tenne il primo discorso a nome della rappresentanza ionica. Con questo considerò finita la sua missione - salvo nel 1866 a caldeggiare la rivoluzione cretese - e nel 1869 lasciò la vita politica.
Ammiratore del Solomós, la cui morte pianse in un'ode (1857), può dirsi ne abbia completata l'opera affermando il volgare come lingua poetica; ma mentre il Solomós sentì più forte l'influsso della poesia e della cultura italiana, il V. si volse soprattutto allo studio della poesia popolare, cleftica e armatolica, dalla quale - distinguendosi decisamente dagli altri poeti della scuola ionica - trasse ispirazione per una poesia epico-lirica, che ai Greci parve più nazionale di quella del Solomós. Pieno di alti sensi patriottici, convinto della necessità di una poesia nazionale ed eroica, il V. subì l'influsso del Byron e di Victor Hugo, al quale naturalmente lo avvicinava il suo temperamento romantico, esuberante, facile all'enfasi e all'esaltazione mistica, amante dell'orrido e del grandioso. Nonostante gli squilibrî della sua arte, la poesia del V. è ricca di motivi lirici e drammatici veramente ispirati e, dando nuova vita alla letteratura popolare neogreca, segnò l'inizio di una tradizione letteraria, alla quale si riconnettono anche alcune rapsodie storiche del Palamãs.
La prima raccolta di Rime (Στιχουργήματα, 1847), non più ristampata dal poeta, ce lo mostra ancora incerto nello stile, talvolta arieggiante a quello del Solomós, e nella lingua, ora dotta, ora volgare. In Μνημόσυνα (Funera, Corfù 1817, Atene 1866 e '68) l'arte del poeta è matura; è una raccolta di liriche ma alcune, come Θανάσης Βάγιας, ‛Ο Σαμουήλ, La fuga, ed altre hanno forma di ballata e preludono alle successive opere epico-liriche. Κυρὰ Φροσύνη (Corfù 1859, Atene 1868), poema in quattro canti, in metri varî, spesso in forma dialogata, narra le sventure di una popolare eroina vittima dell'amore e della ferocia di Alì Pascià; in realtà solo la fosca figura del tiranno ha risalto drammatico; l'eroina è personaggio lirico e l'operetta è in realtà un musaico di squarci lirici. Maggiore unità attistica è in 'Αϑανάσης Διάκος (Atene 1867), che in sei canti svolge l'episodio, celebrato da un famoso canto popolare, della resistenza del clefte Diákos contro Omer Vrionis (1821). Incompiuto rimase il poemetto Φωτεινός che, abbandonando l'epopea cleftica, narrava un episodio dell'antica storia di Leucade, cioè la ribellione contro il veneto Graziano Zorzi (1357). Il V. tradusse dalla Divina Commedia il canto del conte Ugolino. Usò a preferenza il verso politico, rimato come nei canti popolari, ma più spesso senza rime, con cesure ed enjambements rompendone la monotonia. Edizioni complete delle opere: Ποιήματα, voll. 2, a cura di G. Valaōrítēs e di M. Lampros, Atene 1891; A. B. Βίος καὶ ἔργα, voll. 3, Atene 1897 (con biografia scritta dal figlio Giovanni); "Εργα, voll. 2, a cura di A. Campánēs, Atene 1924-25, ecc.
Bibl.: Oltre la biografia già citata v.: N. Tommaseo nel Dizionario estetico; Hesseling e Pernot, Hist. de la litt. gr. mod., Parigi 1924, pp. 79-84, e le monografie di E. Roides (1879); P. Nirvanas (1916); K. Palamas (1925); G. Canna, Scritti letterarii, Casal Monferrato 1919, pp. 143-54.