Arletty
Nome d'arte di Léonie Marie Julie Bathiat, attrice teatrale e cinematografica francese nata a Courbevoie (Hauts-de-Seine) il 15 maggio 1898 e morta a Parigi il 24 luglio 1992. Fu una delle grandi interpreti del realismo da faubourg degli anni Trenta e Quaranta, soprattutto nei film di Marcel Carné. In essi impersonò la donna spregiudicata, ironica, seduttiva, priva di morale, a tratti spezzata dall'amarezza, ma comunque forte e libera, con un prepotente bisogno d'amore che la trascina in storie inevitabilmente tragiche.
Era di origini popolari: il padre, un tempo minatore nella regione dell'Auvergne, faceva il conducente di tram in un sobborgo di Parigi. Dopo la sua morte in un incidente sul lavoro nel 1916, A. dovette interrompere gli studi e impiegarsi come operaia in una fabbrica di munizioni. Fu poi dattilografa e indossatrice. Esordì sul palcoscenico nel 1919 come ballerina di fila; l'anno seguente fu scritturata come attrice comica al Théâtre des Capucines. Il suo istinto scenico le consentì poi di padroneggiare i più diversi generi, dalla rivista all'operetta, dalla commedia al music hall. Continuò l'attività teatrale anche dopo l'esordio cinematografico, che avvenne nel 1930 con La douceur d'aimer di René Hervil. Il suo primo film importante fu Pension Mimosas (1934; Pensione Mimosa) di Jacques Feyder; cominciò però ad acquistare un certa notorietà solo con tre film del 1937 diretti da Sacha Guitry, Faisons un rêve, Les perles de la couronne (Le perle della corona) e Désiré. L'incontro fondamentale della sua carriera fu tuttavia quello con Carné, insieme al quale lavorò tra il 1938 e il 1944 in quattro film che la resero celebre. Hôtel du Nord (1938; Albergo Nord), tratto dal romanzo omonimo di E. Dabit, è la storia di due ragazzi parigini in fuga d'amore, che in una squallida locanda di periferia incontrano una coppia triviale, A. e Louis Jouvet. L'attrice impersona una donna sprezzante, dotata di una sensualità consapevole e aggressiva: la scena in cui prende la parola atmosphère per un insulto e lancia una replica ironica con il suo aspro accento parigot, è una delle più citate del cinema francese degli anni Trenta. In Le jour se lève (1939; Alba tragica) A. offrì un'interpretazione più sommessa ma anche più amara, rappresentando con forza la disperazione di Clara, l'amica del suicida François (uno straordinario Jean Gabin). In Les visiteurs du soir (1942; L'amore e il diavolo), di ambientazione medievale, disegnò, invece, una figura molto diversa, quella di un'inviata del diavolo ironica e scanzonata. Ma fu soprattutto in Les enfants du paradis (Amanti perduti), girato tra il 1943 e il 1944, che diede, con il personaggio della prostituta Garance, la sua migliore e più famosa interpretazione, tutta giocata su un fraseggio che intreccia disincanto, dura sensualità, persino un'improvvisa desolazione, con una vitalità che invade con forza lo schermo. Nell'autunno del 1944, dopo la liberazione della Francia dall'occupazione nazista, fu accusata di collaborazionismo per la sua relazione con un ufficiale tedesco. Venne incarcerata per quattro mesi, e non poté così assistere alla trionfale 'prima' del film (marzo 1945), che avrebbe dovuto costituire il culmine della sua carriera. Passò poi due anni agli arresti domiciliari in provincia; dopo il rientro a Parigi le fu notificato il divieto di lavorare nel cinema per tre anni. Poté così tornare sullo schermo solo alla fine del 1949, in Portrait d'un assassin (Ritratto di un assassino) di Bernard Roland. I suoi film degli anni Cinquanta non raggiunsero mai i livelli qualitativi di quelli del passato e d'altronde non le furono più concessi ruoli da protagonista; seppe tuttavia ancora offrire alcune interpretazioni di particolare rilievo. In Le grand jeu (1954; Il grande gioco) di Robert Siodmak, nella parte di un'anziana padrona di pensione ironica e sarcastica. In L'air de Paris (1955; Aria di Parigi) di Carné, sebbene schiacciata dal suo personaggio 'tipo', ancora una volta riuscì a esprimere l'amarezza delle illusioni perdute e l'avvilimento della sconfitta. Nel 1957 un incidente le causò problemi alla vista, che dal 1962 si aggravarono fino a renderla quasi cieca; nel 1963 fu perciò costretta a porre fine all'attività cinematografica, e nel 1966 anche a quella teatrale. Conquistò in seguito una nuova popolarità con alcuni libri di memorie dal tono polemico, La défense (1971), Je suis comme je suis (1987), Les mots d'Arletty (1988).
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