Armamenti
Le armi di cui le Forze armate di uno Stato o di attori non statali sono, o vorrebbero essere, in possesso e che sono legate alle dispute sul governo del territorio possono essere divise in due categorie principali: le armi di distruzione di massa (WMD, Weapons of Mass Destruction) e le armi convenzionali.
Le WMD comprendono le armi nucleari, le armi chimiche e le armi biologiche; la normativa mondiale contro tali armi è molto severa e pochi Paesi ne sono in possesso.
Le armi convenzionali comprendono, invece, armi maggiori, come carri armati, aerei da combattimento e navi da guerra, armi di piccolo calibro e armi leggere, come fucili e mortai, e munizioni e articoli militari che sono di supporto all’utilizzo di quei prodotti, come i radar e altri sensori, le apparecchiature di comunicazione, gli aerei e i veicoli da trasporto militari. Un nuovo tipo di armi è costituito dai sistemi e dagli algoritmi utilizzati per la guerra cibernetica, finalizzati a interrompere il funzionamento o a danneggia re i computer e le reti informatiche al centro delle moderne attività sociali, economiche e politiche; si tratta di armi difficili da controllare e da classificare, in quanto non hanno una presenza fisica o una visibilità come le armi tradizionali e sono generalmente utilizzate in segreto.
Gli Stati preferiscono acquisire armi da industrie nazionali del settore così da assicurarsi un alto livello di autonomia strategico-militare e nel contempo sostenere l’economia nazionale. Alcune aziende con sede in America Settentrionale, in particolare negli Stati Uniti, e in Europa occidentale dominano l’industria mondiale delle armi, seguite da aziende russe e, in maniera crescente, da quelle cinesi. Tuttavia, lo sviluppo e la produzione dell’intera gamma di armi, in particolare di quelle maggiori più avanzate, sono al di là delle capacità industriali e delle risorse finanziarie della maggior parte dei governi. Tutti gli Stati, perfino gli Stati Uniti, scelgono di importare almeno una parte dei propri a. o di svilupparli in cooperazione con altri Paesi. Sulla base dei dati governativi disponibili, si ritiene che il conseguente commercio internazionale di armi e di tecnologia militare abbia avuto un valore di almeno 58 miliardi di dollari nel 2012, poco meno dell’1% del valore totale dell’intero commercio internazionale.
Gli Stati effettuano esportazioni di armi (tab. 1) perché le considerano uno strumento di politica estera e di sicurezza finalizzato a creare e rafforzare alleanze, per finanziare l’industria delle armi, che è considerata una risorsa strategica nazionale, e per le ragioni economiche che sono legate a qualsiasi forma di commercio.
La concorrenza all’interno dell’industria degli a. e tra Stati fornitori di armi è feroce, in particolare quando vi è convergenza negli Stati produttori tra la diminuzione della percezione del pericolo e la recessione economica, come è avvenuto in Europa dopo il 2010. La crescente pressione sulle aziende belliche perché vendano al di fuori dei propri mercati nazionali ha come risultato il rafforzamento di un mercato internazionale di acquirenti, all’interno del quale gli importatori di armi (tab. 2 e figura) spesso possono sfruttare la concorrenza e negoziare prezzi più bassi, avere accesso alla più avanzata tecnologia militare o al trasferimento di tecnologia finalizzato a creare una loro base industriale militare a livello nazionale.
Poiché il commercio di a. ha un vasto mercato di acquirenti, spesso accade che le nuove tecnologie in materia di armi si diffondano molto rapidamente attraverso i trasferimenti internazionali. Gli Stati Uniti, che sono il Paese più all’avanguardia nell’industria degli a. e nella tecnologia militare, limitano di solito il trasferimento delle proprie tecnologie militari più avanzate, ma solo fino a quando tali tecnologie non vengono sviluppate e rese disponibili da altri. Alcuni aerei da combattimento ‘invisibili’, progettati in modo che i radar esistenti non potessero rilevare facilmente la loro presenza, furono impiegati dagli Stati Uniti negli anni Ottanta; velivoli simili vengono ora costruiti e commercializzati a livello internazionale da diversi Stati, tra cui gli stessi Stati Uniti. Gli ordigni e i missili d’avanguardia con guida di precisione a lungo raggio che cominciarono a essere impiegati a partire dagli anni Ottanta furono inizialmente messi a disposizione dagli Stati Uniti solo ai loro alleati più stretti e più affidabili, ma sono ora prodotti da diversi Paesi e possono essere ottenuti attraverso il commercio dalla maggior parte degli Stati. Gli UCAV (Unmanned Combat Aerial Vehicles), aerei senza pilota in grado di colpire dei bersagli, sono stati introdotti dagli Stati Uniti negli anni Duemila e sono stati utilizzati durante i combattimenti per integrare i sistemi d’arma con equipaggio. Questo sviluppo è stato oggetto di particolare attenzione, ma solo a partire dal 2010 gli Stati Uniti hanno esportato i primi piccoli contingenti di UCAV. Tuttavia, lo sviluppo di questi aerei in altri Paesi sta procedendo ed è probabile che i trasferimenti internazionali di UCAV rappresentino in futuro una quota crescente del volume dei trasferimenti di armi a livello mondiale.
Sebbene i trasferimenti di armi maggiori convenzionali avanzate costituiscano la parte preponderante del volume e del valore finanziario dei trasferimenti di armi, quelli di armi meno avanzate e meno costose hanno un ruolo di notevole rilievo in molte situazioni di conflitto; per es., le armi di piccolo calibro e le armi leggere, gli ordigni esplosivi improvvisati (IED, Improvised Explosive Devices) e i piccoli contingenti di armi maggiori antiquate o di basso livello sono le armi principalmente utilizzate dai combattenti locali nei frequenti e spesso molto sanguinosi conflitti che avvengono nei Paesi poveri dell’Africa subsahariana. Le armi di piccolo calibro e le armi leggere sono le sole cui hanno di solito accesso e con cui sono in grado di operare gli attori non statali. Questi ultimi spesso si impossessano di tali armi sottraendole alle opposte forze governative, ma possono anche procurarsele sul mercato nero internazionale o riceverle da governi stranieri che sostengono la loro causa o che sono in conflitto con il governo contro il quale combattono i ribelli. Tuttavia, il monitoraggio dell’andamento del flusso di particolari armi di piccolo calibro e armi leggere è impossibile in quanto le informazioni pubbliche sono scarse e incomplete.
La produzione di WMD non può essere che autoctona, date le severe norme universali contro il loro trasferimento internazionale; tuttavia, Paesi come l’Irān, la Repubblica Democratica Popolare di Corea, il Pakistan, la Siria e Israele hanno tutti condotto dei programmi di produzione di WMD basati sull’importazione clandestina o illegale di tecnologie, di know-how e di beni cosiddetti dual-use, che possono essere utilizzati per realizzare sia prodotti a scopo civile sia armi.
È norma comunemente condivisa, sancita dalla Carta delle Nazioni Unite, che agli Stati sia riconosciuto il diritto all’autodifesa individuale e collettiva, e che quindi essi siano legittimati ad acquisire delle armi. I trasferimenti di armi che suscitano minori controversie sono quelli volti a rafforzare le forze armate che contribuiscono alle operazioni internazionali di pace; tuttavia, è anche noto che, in determinate circostanze, i flussi di armi possono provocare, prolungare o aggravare conflitti violenti all’interno di un Paese o tra Paesi e che i trasferimenti di armi possono contribuire a un accumulo di armi destabilizzante a livello regionale oltre che, in ultimo stadio, a una corsa agli armamenti. Inoltre, gli Stati non vogliono contribuire agli arsenali bellici di quelli che ritengono i loro avversari, percepiti o conclamati, siano essi altri Stati o gruppi armati non governativi con obiettivi politici contrapposti.
Se da una parte i rischi dei flussi di a. sono ampiamente riconosciuti, la legittimità della fornitura di armi alle parti nei conflitti e i suoi effetti sulla pace e sulla sicurezza sono oggetto di aspre dispute. Tutto questo ha avuto un esempio nella fornitura di a. alle parti coinvolte nel conflitto siriano iniziato nel 2011. La Russia ha fornito armi al regime siriano anche perché riteneva che la caduta del regime avrebbe causato l’ulteriore destabilizzazione della regione e avrebbe contribuito in maniera decisiva alla vittoria degli estremisti islamici; gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti hanno sostenuto le forze ribelli con le armi; all’interno dell’Unione Europea il Regno Unito e la Francia, contro le forti resistenze di altri Stati dell’UE, sono riusciti a imporre un accordo per consentire la fornitura di armi ai ribelli siriani che cercavano di porre fine a quella che era considerata la dittatura disumana del regime di Baššār al-Asad.
Anche in altri casi si è sostenuto di volta in volta che i trasferimenti di armi rafforzano la capacità dei governi di mantenere legittimamente o di ripristinare la stabilità nel loro Paese o, al contrario, rafforzano la capacità dei gruppi ribelli di sconfiggere i regimi oppressivi e porre fine a gravi violazioni dei diritti umani. Per es., nel 2014 gli Stati di tutto il mondo hanno fornito a. al governo iracheno per aiutarlo a fermare l’avanzata dello Stato islamico (v. is).
Nonostante ciò, gli Stati hanno cercato di imporre delle regole sul trasferimento internazionale di armi. Nella maggior parte dei casi spetta ai singoli Stati decidere che tipo di esportazione di armi permettere, anche se diversi gruppi di Paesi hanno convenuto di applicare delle linee guida comuni per le decisioni riguardanti le loro esportazioni di armi. Sono stati i Paesi membri dell’Unione Europea ad aver concordato per primi nel 1998 una serie di orientamenti comuni in materia di esportazioni di armi, sebbene permangano profonde differenze nel modo in cui queste linee guida vengono interpretate e applicate. È ancora lunga la strada da percorrere prima che perfino questi Stati relativamente affini armonizzino le loro politiche di esportazione di armamenti. Paesi tra cui Stati Uniti, Russia e Stati membri dell’UE, hanno convenuto di applicare le linee guida di base per le esportazioni di armi dell’Accordo di Wassenaar (1996) e quelle relative alla tecnologia missilistica del Regime di non proliferazione nel settore missilistico (MTCR, Missile Technology Control Regime).
Gli unici strumenti di diritto internazionale che vietano esplicitamente a tutti gli Stati di farsi coinvolgere nei trasferimenti internazionali di armi verso determinati Paesi, aree geografiche o gruppi non governativi sono gli embarghi imposti dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Gli embarghi possono essere adottati per costringere gli Stati e gli attori non statali a modificare il loro comportamento nell’interesse della pace e della sicurezza internazionale oppure per limitare i trasferimenti relativi a un determinato conflitto. Se durante la guerra fredda il Consiglio di sicurezza è riuscito a mettersi d’accordo solo in due occasioni nell’imporre un embargo sugli a. – nei confronti della Rhodesia (oggi Zimbabwe) nel 1966 e verso il Sudafrica nel 1977 – dal 1990 al 2014 l’embargo sulle armi è stato applicato in 23 distinte situazioni. In alcuni casi l’obiettivo è stato quello di gestire un conflitto violento: per es., in otto situazioni di conflitto violento interno a uno Stato, il Consiglio di sicurezza ha deciso di imporre un embargo totale sugli a. vietando la fornitura di armi a tutte le parti del conflitto. Tra gli esempi si ricordano gli embarghi sulle armi delle Nazioni Unite riguardanti le nazioni belligeranti Eritrea ed Etiopia negli anni 1991-2001 e tutte le parti nelle guerre in Darfur e in Libia. In altri casi, le risoluzioni del Consiglio di sicurezza impongono embarghi sulle armi per alcune, ma non tutte, le parti in conflitto o limitano il numero e il tipo di armi che possono essere trasferite ai governi coinvolti in conflitti violenti e impongono condizioni sulle procedure secondo le quali tali trasferimenti dovrebbero avere luogo.
Altrove, gli embarghi delle Nazioni Unite sulle armi vengono utilizzati come sanzioni quando il Consiglio di sicurezza ha tratto la conclusione che il comportamento di determinati Stati sia una minaccia alla sicurezza mondiale, come nel caso delle sanzioni contro la Repubblica Democratica Popolare di Corea, determinate dal suo programma di a. nucleari in violazione del Trattato di non proliferazione.
L’opinione largamente condivisa che i trasferimenti internazionali di armi debbano essere posti sotto controllo ha portato nel 2013 una grande maggioranza di Stati ad adottare il Trattato sul commercio delle armi (ATT, Arms Trade Treaty), il primo trattato internazionale volto a disciplinare il commercio delle armi; esso è entrato in vigore nel dicembre 2014 e vieta a qualunque Stato vi abbia aderito di autorizzare trasferimenti di armi nel caso sia a conoscenza del fatto che le armi trasferite sarebbero utilizzate per commettere genocidi, crimini contro l’umanità o crimini di guerra. Inoltre, il trattato prevede che uno Stato possa autorizzare le esportazioni di armi solo se ha valutato la loro potenzialità di minare la pace e la sicurezza o il loro possibile utilizzo per commettere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario o del diritto internazionale in materia di diritti umani. Tuttavia, mentre gli embarghi delle Nazioni Unite sulle armi prevedono chiari divieti che descrivono in dettaglio quali armi non possono essere trasferite a Paesi o entità specifici, l’ATT, in sostanza, prevede soltanto che gli Stati abbiano un sistema di controllo dell’esportazione di armi che utilizza le linee guida generali dell’ATT per adottare le decisioni a livello nazionale circa le esportazioni di armi.
È risaputo che gli embarghi sugli a. imposti dalle Nazioni Unite o da altre organizzazioni multilaterali così come le normative nazionali sulle esportazioni di armi vengono regolarmente violati, e l’attenzione generale si è concentrata sulla scoperta di vari casi di ampie operazioni di contrabbando di armi verso aree di conflitto in diverse parti del mondo. Di conseguenza, si ritiene che i flussi illegali di armi siano il canale principale per la fornitura di quelle armi che alimentano i conflitti. Poiché tali flussi avvengono clandestinamente è estremamente difficile valutarne la frequenza, il volume, le tendenze e gli effetti. Anche se le informazioni sulle intercettazioni di traffici di armi potrebbero far luce sulla questione, tali dati non vengono raccolti su scala mondiale. Le considerazioni secondo le quali il commercio illegale internazionale di armi avrebbe un valore di almeno un miliardo di dollari all’anno sono estremamente incerte, mirano unicamente a fornire una stima approssimativa e non garantiscono una base per valutarne le tendenze e le caratteristiche paragonabile alle informazioni deducibili dai dati sul commercio legale di armi. Un’ulteriore complicazione è data dalle varie forme che il commercio illegale di armi può assumere relativamente ai prodotti e agli attori coinvolti. Esso può riguardare il flusso di armi verso gruppi criminali, per es., le armi leggere vendute di contrabbando ai cartelli della droga responsabili dell’uccisione di decine di migliaia di persone in Messico. Nel contesto dei conflitti in Africa vi sono prove evidenti di un regolare contrabbando di armi in piccoli contingenti, usualmente armi leggere e munizioni, che vengono trasferite da uno Stato all’altro e sono destinate sia ai gruppi armati organizzati sia agli individui. Questi casi minori di contrabbando, definiti commercio delle formiche, sono forse di maggiore importanza rispetto ai trasferimenti di grossi quantitativi provenienti da Paesi esterni alla regione. In altri casi è risaputo che le forze ribelli hanno potuto contare sugli aiuti militari dei governi; è per es. discutibile se le forniture di armi da parte della Francia alle forze ribelli al regime di Gheddafi nel 2011 fossero legali ai sensi del diritto nazionale e internazionale.
Vi è ancora un altro tipo di commercio di a. che comporta l’acquisizione illegale da parte degli Stati di armi, dei loro componenti o di tecnologia militare. Per es., l’Irān ha messo in piedi reti di approvvigionamento segrete per ottenere pezzi di ricambio per le sue principali armi maggiori, i componenti e i materiali per la produzione di missili, il tutto in violazione delle sanzioni delle Nazioni Unite. La Cina è sospettata di avere utilizzato spie e tecnologie avanzate per procurarsi la tecnologia militare dagli Stati Uniti e di aver acquisito piccoli contingenti di armi dalla Russia con la sola intenzione di copiarle illegalmente.
Anche se la dimensione dei flussi illegali di armi convenzionali è generalmente considerata solo una frazione di quella del flusso di armi legali fra gli Stati, non vi è dubbio che essa può avere un impatto notevole sulla pace e sui conflitti.
R. Stohl, S. Grillot, The international arms trade, Cambridge-Malden 2009; P.D. Wezeman, S.T. Wezeman, L. Béraud-Sudreau, Arms flows to Sub-Saharian Africa, Stockholm 2011; Graduate institute of international and development studies, Small arms survey 2014: women and guns, Cambridge 2014; SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), SIPRI Yearbook 2014: armaments, disarmament and international security, Oxford-New York 2014. Si veda inoltre: D. Fruchart, P. Holtom, S.T. Wezeman, United Nations arms embargoes: their impact on arms flows and target behaviour, 2007, http://books.sipri.org/files/misc/UNAE/SIPRI07UNAEprelims.pdf(18 marzo 2015).