Armamenti
di Carlo Jean
Armamenti
sommario: 1. Armi, sistemi d'arma e 'sistemi di sistemi'. 2. Gli anni novanta come periodo di transizione dal punto di vista sia geopolitico che tecnologico. 3. La 'nuova rivoluzione negli affari militari'. 4. La difesa antimissili. 5. Gli armamenti convenzionali. a) Generalità. b) Armamenti terrestri. c) Armamenti navali. d) Armamenti aerei e missilistici. e) Armamenti spaziali. f) Armi per la guerra elettronica e informatica. g) Armi chimiche, biologiche e nucleari. h) Armi non letali o a ridotta letalità. 6. Considerazioni conclusive. □ Bibliografia.
1. Armi, sistemi d'arma e 'sistemi di sistemi'
Negli anni novanta, oltre alla drastica riduzione degli arsenali convenzionali e nucleari avvenuta dopo la fine della guerra fredda, si è verificata anche una profonda riconversione delle strutture e degli armamenti delle forze armate. Al giorno d'oggi, non si può più parlare di armi in senso stretto, poiché la rivoluzione elettronica e, successivamente, quella informatica non solo hanno accresciuto enormemente il livello di interdipendenza delle varie componenti - sottosistemi e sistemi montati sulle varie piattaforme - ma hanno anche reso necessario valutare l'efficacia dei vari sistemi d'arma nell'ambito dei 'sistemi di sistemi' (v. Owens, 1995; v. Pierantoni e Pierantoni, 1996). Infatti, le prestazioni operative di ciascun sistema sono modificate in modo determinante dalla loro integrazione con i 'moltiplicatori di potenza', ossia con i sistemi RSTA-C4I2 (Reconnaissance, Surveillance, Target Acquisition-Command, Control, Communication, Computers, Intelligence, Informatics), da cui dipende sempre di più la capacità effettiva di una forza militare nell'attuale era della 'cyber-guerra'.
2. Gli anni novanta come periodo di transizione dal punto di vista sia geopolitico che tecnologico
La fine della guerra fredda ha modificato la geopolitica mondiale, provocando una simultanea trasformazione delle ragioni, degli obiettivi e degli strumenti bellici, intendendo con questi ultimi le forze militari, i loro armamenti e i loro equipaggiamenti (v. Freedman, 1998). L'elegante semplicità del mondo bipolare è finita. Il compito principale delle forze armate occidentali, e in particolare di quelle europee, non consiste più nella difesa territoriale e nel combattere guerre ad alta intensità, sia operativa che tecnologica, contro un avversario grosso modo simmetrico. Oggi esse devono affrontare una vasta gamma di missioni, misurandosi contro avversari più imprevedibili e asimmetrici, quando non addirittura extra-sistemici, che impiegano, cioè, componenti della stessa società civile per attaccarla, come è avvenuto con gli aerei-bomba dell'11 settembre 2001 (v. Coker, 2002). La stabilità derivata dalla dissuasione nucleare tra le due superpotenze non determina più gli equilibri strategici mondiali. Si è entrati nella 'seconda era nucleare', in cui l'effettivo uso delle armi nucleari è sempre più possibile. Già negli anni novanta, a partire dalla guerra del Golfo, esso venne esplicitamente ipotizzato per dissuadere dall'impiego di altre armi di distruzione di massa (cioè di quelle chimiche e biologiche). Nella strategia preventiva e in quella anticipativa (pre-emptive), annunciate dal presidente Bush, se ne prevede l'uso anche per distruggere depositi e posti di comando situati a grande profondità e, quindi, non vulnerabili alle armi convenzionali oggi disponibili.
I nuovi armamenti degli anni novanta, inoltre, hanno impiegato in misura crescente componenti commerciali. Al contrario di quanto accadeva in passato, sono state per lo più le tecnologie civili ad avere delle ricadute su quelle militari. La superiorità politico-strategico-economica occidentale, segnatamente quella degli Stati Uniti, è divenuta pressoché totale, nonostante la riduzione dei bilanci militari intervenuta negli anni novanta. Come sempre, la potenza militare non va valutata in termini assoluti. Tale affermazione va peraltro qualificata: in primo luogo, le capacità militari del principale competitore degli Stati Uniti - cioè dell'URSS - sono collassate; in secondo luogo, le forze ad alta tecnologia americane sono grandemente superiori a quelle di un avversario simmetrico, ma non sono altrettanto risolutive contro uno asimmetrico. Va inoltre considerato che, nei dieci anni successivi alla fine della guerra fredda, l'inter-operabilità tra le forze degli Stati Uniti e quelle dei membri europei della NATO è diminuita. L'impiego delle forze, infine, è divenuto un optional e non rappresenta più un obbligo politico. Poiché esse vengono impiegate per la difesa di interessi percepiti come non vitali, è difficile ottenere il consenso delle opinioni pubbliche. Diventa perciò imperativo ridurre le perdite e i danni collaterali (v. Luttwak, 1995), e ciò condiziona pesantemente la strategia e il ricorso alla potenza a disposizione, in particolare l'utilizzo della tecnologia militare più sofisticata teoricamente disponibile.
L'imprevedibilità del nemico da combattere rende più complessa la pianificazione militare. Pertanto, sono sorti accesi dibattiti sulle priorità da assegnare ai nuovi sistemi d'arma e alle diverse componenti delle forze armate. Circa i nuovi armamenti da acquisire, si possono distinguere una tendenza modernista e una più tradizionalista. La prima è propria dei fautori della cosiddetta 'nuova rivoluzione negli affari militari' (RMA) - dominante nei centri civili di ricerca strategica degli Stati Uniti - e si basa sull'enorme sviluppo delle tecnologie dell'informazione. Per contro, i più tradizionalisti, che si trovano soprattutto nell'establishment militare degli stati maggiori, tendono a privilegiare i sistemi d'arma in servizio, proponendo di aggiungere alle attuali piattaforme sottosistemi avanzati di informazioni e di combattimento che ne accrescano le prestazioni.
Il mutamento degli equilibri geostrategici mondiali ha ridotto l'importanza del controllo degli armamenti rendendo inaffidabili le verifiche, che consentono di contare le piattaforme ma non di valutare la qualità dei sistemi e quindi le loro effettive prestazioni. Con l'inizio del XXI secolo, con la nuova amministrazione repubblicana negli Stati Uniti e con gli attacchi dell'11 settembre 2001 a New York e Washington, il contesto strategico è nuovamente mutato. Mentre negli anni novanta la vittoria nella guerra fredda aveva determinato il passaggio dal containment alla grande strategia ottimistica dell'engagement and enlargement adottata dalle due amministrazioni Clinton (v., 1996), lo shock subito dagli Stati Uniti l'11 settembre ha diffuso una sensazione di grande vulnerabilità e ha fatto nascere la volontà di ridurla nell'unico modo possibile, cioè distruggendo le potenziali minacce prima che siano messe in atto. Ciò comporta, in primo luogo, una più aggressiva proiezione di potenza a livello mondiale; in secondo luogo, il rafforzamento della sicurezza del territorio e della difesa civile all'interno; infine, una ristrutturazione delle forze militari che consenta loro di far fronte in modo più efficace alle nuove esigenze di sicurezza e ai conflitti asimmetrici.
Il mutamento del contesto strategico ha contribuito al cambiamento degli strumenti della guerra (specificamente degli armamenti) reso possibile a sua volta dall'evoluzione tecnologica. Tale evoluzione è stata sostenuta da tre fattori: dal fatto che i fondi per la ricerca e lo sviluppo siano stati generalmente ridotti in proporzione inferiore rispetto alla diminuzione complessiva dei bilanci militari; dal ricorso, per i sistemi d'arma, a componenti, sottosistemi o equipaggiamenti completi direttamente reperibili sul mercato (off the shelf); infine, dalla tendenza a fare affidamento (anche in modo eccessivo) sulla tecnologia per fronteggiare le nuove esigenze di sicurezza effettive o percepite come tali. Va notato sin d'ora che tale tendenza è pericolosa, poiché induce a considerare la potenza militare e l'uso della forza indipendentemente dal contesto politico reale in cui vanno impiegati. Le nuove priorità strategiche, l'evoluzione scientifico-tecnologica e la contrazione degli approvvigionamenti dei sistemi d'arma (soprattutto subito dopo la fine della guerra fredda), nonché le successive crisi finanziarie che hanno colpito i paesi tradizionalmente importatori di armi, hanno modificato profondamente la domanda, imponendo ristrutturazioni radicali nelle industrie degli armamenti sia americana che - seppure in ritardo e in modo incompleto - europea.
Le trasformazioni hanno riguardato soprattutto le forze armate occidentali, i cui nuovi compiti prevedono la proiezione di potenza anche a grande distanza, l'effettuazione di 'operazioni di supporto alla pace' e la conduzione di guerre asimmetriche. La Russia non è ancora riuscita a realizzare la pur necessaria riforma militare. Le forze armate dei paesi del resto del mondo non hanno modificato sostanzialmente i propri compiti e le proprie strutture, che sono rimaste a livello industriale o preindustriale-agricolo (v. Toffler e Toffler, 1993).
L'insieme delle trasformazioni geopolitiche, geostrategiche e tecnologiche ha caratterizzato gli anni novanta come un periodo di transizione, durante il quale si è verificata una vera e propria 'rivoluzione negli affari strategici' (RSA) (v. Freedman, 1998; v. Coker, 2002). I principali sviluppi degli armamenti nel corso dell'ultimo decennio hanno riguardato i settori della RMA e della difesa antimissili balistici. Beninteso, in tutti i settori lo sviluppo scientifico-tecnologico ha comportato innovazioni anche notevoli, ma non vere e proprie soluzioni di continuità.
Dopo aver esaminato più nel dettaglio i due settori sopra ricordati, si procederà a una rapida valutazione delle evoluzioni avvenute negli anni novanta.
3. La 'nuova rivoluzione negli affari militari'
Il termine 'rivoluzione' indica più di un semplice cambiamento. Vuole suggerire una vera e propria discontinuità, anche se i mutamenti avvengono solitamente in modo graduale e continuo, finché i loro effetti quantitativi provocano modifiche qualitative. Nel campo degli armamenti, essi non riguardano solo la tecnologia, ma anche la dottrina e la cultura militari che ne utilizzino al meglio le caratteristiche (come quella del Blitzkrieg realizzato con l'integrazione tra il carro armato, il cacciabombardiere, la radio e la 'tattica del compito' propria della tradizione militare tedesca). Nel corso della storia, di solito, le RMA sono state determinate dall'evoluzione interna delle società e del contesto internazionale in cui si realizzano e che contribuiscono allo stesso tempo a condizionare. In tal senso, dovrebbero essere denominate RSA, o 'rivoluzioni in campo strategico' (v. Freedman, 1998).
La RMA in corso negli Stati Uniti mira a trasformare in potenza militare effettiva l'enorme vantaggio che questo paese possiede nel settore delle tecnologie dell'informazione e dell'integrazione sistemica, allo scopo di garantirgli la superiorità militare nel XXI secolo a costi accettabili e con perdite molto ridotte. Essa collega sistemi d'arma di grande gittata e precisione (aerei, terrestri e navali) con una rete informativa capillare - in gran parte basata nello spazio, ma infittita da sensori posti a bordo di aerei o di velivoli non pilotati, oppure situati a terra - come è avvenuto in Afghanistan con l'impiego di nuclei delle forze speciali equipaggiati con designatori laser o satellitari. La RMA mira a dotare gli Stati Uniti della capacità di distruggere il nemico con il fuoco a distanza, mantenendosi al di fuori del raggio d'azione delle armi avversarie, realizzando così una protezione completa delle proprie forze in quanto viene evitato il combattimento di contatto. L'obiettivo primario della battaglia in profondità, che avverrebbe contemporaneamente o addirittura precederebbe il combattimento di contatto, sarebbe quello di paralizzare l'avversario con bombardamenti convenzionali e con attacchi elettronici e informatici, annientandone i sistemi di comando, controllo, comunicazione e informazione. Il nemico perderebbe ogni coerenza e capacità di azione, riducendosi a una serie di obiettivi puntuali che verrebbero via via eliminati (v. Ullman e Wade, 1997). L'enorme precisione acquisita dalle bombe intelligenti (dai missili Cruise imbarcati su navi e sommergibili, la cui gittata si misura in migliaia di chilometri, agli ATACMS - Army Tactical Missile System - la cui gittata è di centinaia di chilometri, ai nuovi proiettili di artiglieria con una gittata di decine di chilometri) permette di ridurre l'entità delle forze e di alleggerire in misura cospicua il peso logistico; quindi consente una maggiore rapidità di intervento su scala globale, sostituendo il trasporto aereo a quello marittimo. La RMA mira così, grazie alla superiorità nel campo dell'informazione, a oltrepassare i condizionamenti imposti dallo spazio e dal tempo (v. Libicki, 1997).
I più convinti fautori della RMA sostengono l'opportunità di una radicale ristrutturazione delle forze americane, con una drastica riduzione delle componenti 'pesanti' (carri armati e artiglieria per l'esercito; portaerei e principali navi da battaglia per la marina; cacciabombardieri per l'aeronautica) a favore delle forze speciali e di mezzi più leggeri facilmente aerotrasportabili, di 'navi arsenale' (vere e proprie batterie galleggianti), di bombardieri cui i rifornimenti in volo assicurerebbero un raggio d'azione globale, di Cruise e di robot terrestri e aerei.
Gli esponenti più moderati o conservatori degli stati maggiori preferirebbero procedere con maggiore cautela, incorporando il progresso tecnologico in modo selettivo nelle piattaforme esistenti per aumentarne l'efficacia. In particolare, essi sostengono che le forze armate strutturate ed equipaggiate esclusivamente secondo i concetti della RMA sarebbero troppo poco flessibili e avrebbero ridottissima efficacia contro avversari che non possiedono una tecnologia sofisticata, in particolare nel settore elettronico e informatico.
Anche alla luce degli esiti deludenti sortiti dai bombardamenti effettuati durante la crisi del Kosovo - e ancor più per la forte resistenza sia degli stati maggiori che delle lobbies delle industrie produttrici di armamenti pesanti - sembra che sia prevalso l'approccio meno radicale, nonostante la RMA fosse sostenuta vigorosamente dal segretario alla Difesa dell'amministrazione Bush (v. Rumsfeld, 2001). I consistenti aumenti del bilancio della Difesa degli Stati Uniti, deliberati in seguito agli attacchi terroristici dell'11 settembre, dovrebbero tuttavia dare un forte impulso alle nuove tecnologie della RMA, consentendo al tempo stesso la prosecuzione di programmi più tradizionali.
4. La difesa antimissili
Il programma di ricerca sulla difesa antimissili (SDI, Strategic Defence Initiative), lanciato dal presidente Reagan nel 1983, si proponeva l'ambizioso obiettivo di proteggere con sistemi a testata convenzionale il territorio statunitense da un massiccio attacco nucleare sovietico (10.000 testate strategiche). Esso si limitò a un poderoso sforzo di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico le cui ricadute civili non sono state estranee alla crescita dell'economia americana degli anni novanta.
Negli ultimi dieci anni si sono susseguiti vari progetti di difesa antimissili. Ricordiamo il GPALS (Global Protection Against Limited Strikes), sostituito a metà degli anni novanta dal National Missile Defence (NMD). Ognuno di tali programmi comportava una violazione del Protocollo ABM (Anti-Ballistic Missile) che, per stabilizzare la dissuasione nucleare basata sulla possibilità di una sicura distruzione reciproca o MAD (Mutual Assured Destruction), poneva limiti molto precisi sia ai sistemi antimissili balistici strategici, sia alle ricerche tecnologiche per il loro sviluppo. Terminata la guerra fredda, il pericolo maggiore che gli Stati Uniti devono fronteggiare è rappresentato dalla proliferazione di missili e di armi di distruzione di massa (chimiche, biologiche e nucleari). Con l'avvento dell'amministrazione Bush, il progetto di difesa ha ricevuto un notevole impulso, anche se non si è ancora deciso quale tipo di 'architettura' verrà adottato. Varie soluzioni sono all'esame. La prima ipotizza missili basati a terra, capaci di distruggere per impatto diretto (hit-to-kill) le testate intercontinentali nel tratto extra-atmosferico della loro traiettoria. Sono previste due stazioni di rilevamento, una delle quali in Alaska, orientata a seguire i missili lanciati dall'Estremo Oriente, e l'altra nel Regno Unito, per i missili provenienti dal Medio Oriente. Una seconda soluzione considera la dislocazione su navi dei missili antimissili (sistema Navy Wide o Aegis Standard II Bloc 4) in grado di colpire i missili nella loro fase di lancio o in quella post-propulsiva (prima, cioè, che il missile attaccante abbia raggiunto il punto di inizio della sua traiettoria balistica nello spazio). Quest'ultima soluzione appare più idonea a estendere la difesa anche ai paesi alleati degli Stati Uniti. La terza opzione, che rimane aperta, è quella di sistemare almeno parte dei sistemi di difesa a bordo di satelliti; dallo spazio, essi sarebbero capaci di colpire i missili nemici nelle fasi di lancio, di post-lancio e di traiettoria balistica extra-atmosferica.
Solo un sistema multistrato - dotato cioè di diverse 'fasce' di difesa - può garantire una ragionevole protezione, attaccando le armi avversarie durante tutta la loro traiettoria anziché solo in uno dei suoi tratti. Un tale sistema renderebbe anche più difficile l'adozione di efficaci misure di inganno, che comunque richiedono l'impiego di parte del carico utile del missile e ne complicano la struttura. Ancor più importante è il fatto che anche difese antimissili non perfette vengono oggi ritenute importanti, politicamente e strategicamente. L'abbattimento del 90% delle 10.000 testate strategiche sovietiche non avrebbe evitato la distruzione degli Stati Uniti, mentre la stessa percentuale riferita a 10-20 testate attaccanti limiterebbe i danni in misura notevole e permetterebbe a Washington di non essere dissuasa da minacce degli Stati 'proliferatori'.
L'amministrazione Bush ha ulteriormente accresciuto i fondi destinati ai programmi antimissili e il 13 dicembre 2001 ha annunciato la decisione di avvalersi anche della sua facoltà di ritirarsi unilateralmente dal Protocollo ABM del Trattato SALT 1 del 1972. La complessità del programma rende improbabile uno schieramento di difesa ragionevolmente efficace prima del 2010. I costi valutati per lo schieramento di un sistema antimissile capace di proteggere con elevata probabilità il territorio americano dal lancio di 10-30 missili intercontinentali sarebbero di 60-100 miliardi di dollari, assorbibili senza particolari problemi da un bilancio della Difesa che è stato aumentato di oltre 50 miliardi di dollari all'anno dopo l'11 settembre 2001 e che dovrebbe raggiungere nel 2007 il 4% del PIL, superando i 500 miliardi di dollari annui. Beninteso, non è in discussione l'utilità di disporre di un sistema di difesa antimissili balistici, bensì il suo 'costo di opportunità' rispetto ad altri programmi volti a contrastare minacce portate al territorio degli Stati Uniti con altri mezzi, da quelli clandestini tipici del terrorismo internazionale ai Cruise lanciabili anche da piccole navi e guidabili con precisione utilizzando le costellazioni di posizionamento satellitare (GPS, General Positioning System).
Progressi assai più significativi rispetto alle difese strategiche sono stati realizzati nel settore delle difese antimissili di teatro, il cui sviluppo e schieramento sono stati consentiti dagli emendamenti al Protocollo ABM concordati tra Stati Uniti e Russia nel 1997. Tali difese (ATBM, Anti-Tactical Ballistic Missile) sono volte a proteggere sia i corpi di spedizione oltremare degli Stati Uniti e dei loro alleati, sia i territori degli Stati alleati vulnerabili anche a missili a gittata corta o intermedia. Esse rappresentano concettualmente un'estensione delle difese aeree e la loro necessità è ampiamente riconosciuta. Molti programmi sono in corso, taluni in cooperazione con gli alleati europei e giapponesi, nel settore delle difese sia 'di area' che 'di punto'. Si ricordano i due programmi a cui partecipa l'Italia: il MEADS (Medium Extended Air Defense System), con gli Stati Uniti e la Germania, e l'ASTER (Advanced Spaceborne Thermal Emission and Reflection Radiometer), con la Francia e la Germania. Altri sistemi sono in fase di avanzata realizzazione in Russia e in Israele. In sostanza, lo sviluppo di difese antimissili strategici e di teatro è coerente con i nuovi concetti di dissuasione post-bipolare e di contro-proliferazione missilistica e di armi di distruzione di massa. Gli Stati Uniti ritengono che la proliferazione non possa essere impedita da limitazioni e controlli e che, dunque, l'attenzione debba spostarsi dall'anti-proliferazione alla contro-proliferazione e dalla dissuasione 'pura' - basata sulla minaccia di rappresaglie e quindi solo su armi offensive - a una dissuasione più tradizionale che comprenda un insieme coordinato di azioni e mezzi offensivi e difensivi, senza escludere neppure attacchi preventivi contro le componenti più pericolose degli arsenali militari dei potenziali avversari.
Tale tendenza si è accentuata dopo gli attentati dell'11 settembre e sta determinando tensioni tra gli Stati Uniti e i loro alleati europei, indebolendo la stessa struttura dell'Alleanza Atlantica.
5. Gli armamenti convenzionali
a) Generalità
Da quando la NATO ha adottato la strategia della risposta flessibile, attribuendo maggiore importanza alle difese convenzionali, l'Occidente ha sempre puntato sul proprio vantaggio tecnologico sia per compensare la propria inferiorità quantitativa rispetto al Patto di Varsavia, sia per fronteggiare l'eventualità di un attacco a sorpresa. Tale tendenza ha dato luogo a successive 'iniziative' che sono sempre state imposte dagli Stati Uniti ai loro alleati europei, meno propensi a investire fondi ingenti nella difesa anche perché portati a fare affidamento sulla garanzia nucleare americana. Il divario tecnologico fra le forze americane e quelle europee della NATO si è progressivamente allargato e le diverse capacità hanno determinato una divisione di fatto dei compiti fra i paesi dell'Alleanza: gli Stati Uniti effettuano le operazioni a più alta intensità operativa e tecnologica, mentre i paesi europei quelle a più alta intensità di manodopera. In altre parole, in modo molto semplicistico, si può affermare che "gli Stati Uniti vincono le guerre; gli Europei le paci". Poiché chi decide della guerra decide anche della pace, gli Europei si trovano progressivamente emarginati a svolgere compiti solo ausiliari. Sono divenuti meno importanti per gli Stati Uniti di quanto questi ultimi lo siano per l'Europa. La situazione sta diventando inaccettabile ed è destinata a peggiorare. Gli Stati Uniti, infatti, spendono normalmente in ricerca e sviluppo 25.000 dollari per soldato alle armi, contro i 4.000 dollari dei paesi europei. Tale divario nella spesa tra le due sponde dell'Atlantico non dipende solo dagli armamenti e dai bilanci militari, ma anche e soprattutto dalla differenza tra le culture politico-strategiche europea e americana. Inoltre è anche riconducibile alla diminuita inter-operabilità delle forze europee con quelle statunitensi, particolarmente evidente nei settori a più alta tecnologia (v. Lindley-French, 2002).
Nel summit NATO di Washington dell'aprile 1999 è stato lanciato un nuovo ambizioso programma denominato Defense Capabilities Initiative (DCI), riguardante 58 settori in cui i membri europei della NATO dovrebbero migliorare le proprie capacità militari per diventare inter-operabili con le forze americane e quindi significativi per gli Stati Uniti. Tale programma, tuttavia, non è stato attuato. Oltre che ridimensionato, esso deve essere coordinato con gli obiettivi che si è posta l'Unione Europea per la creazione di una Forza Europea di Reazione Rapida.
È prevedibile che, nonostante una maggiore armonizzazione delle pianificazioni della difesa e la ristrutturazione delle industrie degli armamenti dell'Europa, il divario con gli Stati Uniti si accresca e che i suoi effetti politici negativi sulla coesione transatlantica possano essere superati solo con un nuovo 'contratto' tra Stati Uniti ed Europa che adegui i ruoli di ciascuno alle rispettive capacità reali, in pratica con la formalizzazione di una 'direzione del lavoro' che finora gli Europei hanno rifiutato.
b) Armamenti terrestri
Le tendenze principali evidenziatesi nell'ultimo decennio nel settore degli armamenti terrestri riguardano l'alleggerimento dei mezzi corazzati per consentire una più elevata mobilità strategica. Ciò contrasta in particolare con la richiesta di una maggiore protezione, specie contro le armi anticarro guidate, ormai largamente diffuse in tutto il mondo. Si è registrata un'evoluzione nel settore delle corazze multistrato (metalli e ceramiche), la cui realizzazione è stata resa possibile dalle tecnologie dei nuovi materiali, e delle corazze attive, prodotte anche con 'camicie esplosive' che deviano, riducendoli, gli effetti delle cariche cave. La protezione viene perseguita anche attraverso la diminuzione della marcatura infrarossa dei nuovi mezzi corazzati e con l'adozione di motori molto brillanti che permettono fortissime accelerazioni. L'incorporazione di sensori di vario tipo e di telemetri laser, nonché l'aumento della precisione dell'armamento principale conferiscono ai moderni carri una probabilità di andare a segno al primo colpo che si aggira intorno al 90%, pari cioè a quella delle migliori 'armi intelligenti' (smart bombs o PGM, Precision Guided Munitions).
Ulteriori sviluppi hanno avuto le artiglierie e i lanciarazzi multipli, mentre si è generalizzato l'impiego degli elicotteri con vari ruoli. Particolarmente perfezionati sono stati gli elicotteri da combattimento. Si è poi sviluppato l'uso di robot terrestri, soprattutto con compiti di sminamento, anche se i progressi in tale campo non sono raffrontabili a quelli di cui si sono giovati i robot aerei, dai drones agli RPV (Remotely Piloted Vehicles), largamente impiegati nelle operazioni in Afghanistan.
L'innovazione più radicale riguarda però l'associazione dei nuclei di forze speciali con le forze aeree, che ha determinato una vera e propria rivoluzione nel combattimento terrestre - oltre che la sua estensione dalla fascia di contatto a tutte le profondità del teatro di operazioni. Finora la potenza di fuoco della fanteria era condizionata dalla necessità di trasportare le armi a distanza di tiro dal nemico, compito reso difficile anche dal peso delle armi trasportabili. Inoltre, per colpire il nemico, la fanteria doveva scoprirsi e quindi subiva perdite a causa delle reazioni del nemico, che generalmente disponeva di armi con le medesime caratteristiche.
La nuova fanteria è dotata di designatori laser e satellitari che dirigono le bombe e i missili Cruise lanciati da aerei, rimanendo invisibili al nemico e fuori dalla portata delle sue armi. La potenza della nuova fanteria è svincolata dalla necessità di trasportare le armi su terreni spesso difficili. Inoltre, dato che il designatore non viene rilevato dal difensore, ques'ultimo non può reagire con le proprie armi, arrecando perdite alle forze attaccanti. Forse, una delle principali innovazioni del decennio è stata per l'appunto quella di avere trasformato il fante in un vero e proprio sistema d'arma. È questo il settore cui dovrebbe essere data la priorità da parte delle forze armate europee, perché in esso - a costi compatibili con l'entità dei bilanci - esse potrebbero acquisire capacità almeno interessanti, se non competitive con quelle degli Stati Uniti. Infatti, la principale debolezza degli Stati Uniti è rappresentata proprio dalla fanteria, come dimostrato anche in Afghanistan, nelle operazioni Anaconda e nei rastrellamenti del massiccio di Tora Bora.
c) Armamenti navali
Contrariamente a quanto sostenuto da taluni esperti (v. Gray, 1999), il periodo del dominio delle grandi portaerei dotate di aerei pilotati non è ancora tramontato. I 12 gruppi di grandi portaerei nucleari continuano a costituire l'ossatura delle capacità di proiezione globale di potenza degli Stati Uniti, unitamente alle loro tre grandi divisioni di Marines (ciascuna di 50.000 uomini e con un centinaio di aerei di appoggio diretto). Sono però in corso di elaborazione nuovi concetti di 'nave arsenale' (arsenal ship), una sorta di batteria di missili Cruise capace di erogare un enorme volume di fuoco su obiettivi situati a grande profondità dalle coste, senza la complicazione e la vulnerabilità dei gruppi portaerei.
La diffusione di mine marine sempre più sofisticate aggiunge una nuova dimensione alla tradizionale contrapposizione tra la terra e il mare e, come si era già visto nella guerra del Golfo, rende particolarmente importante una ampia disponibilità di dragamine e cacciamine, settore in cui l'Europa potrebbe dare un utile contributo alla capacità di proiezione globale di potenza degli Stati Uniti.
d) Armamenti aerei e missilistici
L'evoluzione degli armamenti aerei negli ultimi decenni è stata molto dinamica in tutti i settori. Uno sviluppo particolare è stato registrato nelle tecnologie stealth, che riguardano una serie di elementi - dalla forma alla vernice, alla schermatura delle emissioni di calore di scarico, ecc. - capaci di rendere gli aerei invisibili ai radar e ai sensori all'infrarosso.
In continuo aumento è il numero delle armi di precisione, a guida laser o ad autoguida satellitare, e di quelle stand-off, in grado di colpire un obiettivo restando al di fuori del raggio di azione delle sue difese dirette.
Sta attenuandosi la distinzione tra l'aviazione strategica e quella tattica. In Afghanistan, per colpire gli stessi obiettivi sono stati impiegati bombardieri B2 decollati dagli Stati Uniti e cacciabombardieri imbarcati sulle portaerei che incrociavano nel Mare Arabico.
Significativo sviluppo hanno avuto i missili da crociera lanciati da navi e da sommergibili, oppure aviotrasportati. L'impiego del GPS per la loro guida ne aumenta la precisione e, quindi, l'importanza strategica.
È in corso di realizzazione un sistema intermedio tra l'aereo e l'elicottero, denominato 'convertiplano', che consente di integrare la flessibilità e le prestazioni di entrambi.
Infine, grandi progressi si sono registrati nel campo dei velivoli non pilotati, che vengono impiegati non solo per compiti di ricognizione strategica, ma anche per la guida di bombardieri e cacciabombardieri o per l'attacco diretto di obiettivi di opportunità. Essi presentano il grande vantaggio di poter rimanere a lungo in volo (oltre 24 ore) e, quindi, di consentire una sorveglianza continua e dettagliata delle zone in cui si presume possano esservi obiettivi. Taluni di essi (Predator e Global Hawk, largamente utilizzati in Afghanistan) portano a bordo anche missili con cui attaccare immediatamente obiettivi di opportunità, prima che possano defilarsi.
e) Armamenti spaziali
Lo spazio è divenuto una nuova dimensione della competizione strategica e dunque della superiorità strategica. Dall'inizio degli anni sessanta, sono stati lanciati oltre 3.500 satelliti militari, prevalentemente di telecomunicazione e di osservazione della Terra, ma anche di posizionamento satellitare e di allarme contro il lancio di missili balistici.
I satelliti sono diventati una componente essenziale della potenza militare. Essi permettono alle medie potenze una certa autonomia rispetto alle grandi. A seconda dell'altezza a cui vengono collocati nello spazio, i satelliti si distinguono in geostazionari oppure a orbita alta, media o bassa. In funzione delle loro dimensioni e del loro peso, si distinguono inoltre in satelliti pesanti e leggeri, fino a giungere ai minisatelliti di poche decine di chilogrammi, suscettibili di lanci di opportunità. Gli attuali satelliti di osservazione hanno un potere di risoluzione di pochi centimetri. Grande interesse ha rivestito negli anni novanta la possibilità di uso militare dei vari tipi di satelliti civili. Tale opportunità, tuttavia, non permette di prescindere dai satelliti militari 'dedicati', non tanto per operazioni contro avversari dotati di ridotte capacità tecnologiche, quanto contro quelli in grado di neutralizzare con misure attive i satelliti commerciali, che non dispongono di protezioni particolari nei confronti di contromisure elettroniche o di attacchi con impulsi elettromagnetici.
Nello spazio sono ormai collocate componenti essenziali delle capacità militari moderne. In via di sviluppo sono anche armi antisatelliti (ASAT, Anti-Satellite), sia missilistiche, sia laser. Le difese antimissili si basano largamente sulla superiorità nello spazio. Le loro componenti attive avrebbero comunque non solo capacità antimissili, ma anche ASAT.
f) Armi per la guerra elettronica e informatica
La crescente importanza degli aspetti elettromagnetici e informatici della potenza militare ha comportato la messa a punto di vere e proprie armi finalizzate non solo a intercettare e localizzare le sorgenti di emissione, ma anche a interferire con i sistemi di comando, controllo, intelligence, comunicazione, ecc., dell'avversario, sia per neutralizzarli che per distruggerli.
Nel campo elettromagnetico si è sviluppato un gran numero di 'contromisure elettroniche' (ECM) volte a disturbare e a neutralizzare le emissioni (sia comunicazioni, come quelle delle radio, sia non comunicazioni, come i radar) avversarie. La difesa contro di esse viene realizzata mediante le 'contro-contromisure elettroniche' (ECCM), anch'esse sempre più sofisticate. Per le ECM e le ECCM sono impiegate piattaforme terrestri, aeree e navali specializzate.
Nel campo informatico si stanno mettendo a punto hackers e virus capaci di distruggere il software dei calcolatori, da cui dipende sempre più la potenza militare moderna. Circuiti elettronici e banche dati informatiche possono poi essere neutralizzati da impulsi elettromagnetici in grado di disattivare le reti satellitari e neutralizzare i 'sistemi di sistemi', su cui si basa l'attuale superiorità strategica degli Stati Uniti.
g) Armi chimiche, biologiche e nucleari
Le armi chimiche non hanno registrato significative evoluzioni rispetto al periodo precedente. Quelle biologiche, invece, sono in costante sviluppo - nonostante le vigenti limitazioni internazionali - per i rapidissimi progressi della microbiologia e, in genere, delle biotecnologie. La capacità di produzione di massa di microrganismi e le possibilità di una loro migliore conservazione - con la liofilizzazione e le manipolazioni genetiche - ne facilitano l'impiego anche per attacchi terroristici e le rendono sempre più efficaci.
Negli anni novanta, anche le armi nucleari hanno conosciuto un notevole sviluppo qualitativo, accompagnatosi a una consistente riduzione quantitativa (dopo la fine della guerra fredda) nelle loro componenti sia strategiche che tattiche. Lo sviluppo qualitativo - coerente con le nuove dottrine d'impiego della 'seconda era nucleare' (v. Iklé, 1998) - riguarda sia la miniaturizzazione, sia la specializzazione delle armi. Oltre a quelle neutroniche (bombe N) sviluppate sin dagli anni settanta e volte a concentrare la massa dell'energia prodotta dall'esplosione nei suoi effetti di radioattività immediata, l'attenzione - almeno negli Stati Uniti - è rivolta alla produzione di armi nucleari di penetrazione in profondità. Nel quadro della strategia di contro-proliferazione e di attacco preventivo, esse sono destinate a colpire depositi di armi di distruzione di massa, silos missilistici e posti comando interrati, fortemente protetti.
h) Armi non letali o a ridotta letalità
Le armi non letali o a ridotta letalità comprendono un'ampia gamma di mezzi che possono neutralizzare temporaneamente il personale nemico, senza ucciderlo, o componenti del sistema industriale dell'avversario, senza arrecare danni permanenti. Nell'ultimo decennio esse sono state notevolmente migliorate, e continueranno a esserlo a causa della rilevanza che tali tipi di armi assumono per le operazioni di supporto alla pace (v. Pierantoni, 2000).
Tra le armi anti-personale vanno ricordati gli ultrasuoni, le colle, le reti, le pallottole di gomma, le bombe flash o acustiche (impiegate anche nelle operazioni per la liberazione di ostaggi), le bombe lacrimogene, e così via. Tra quelle che hanno per obiettivo il sistema industriale dell'avversario vanno citate le bombe a grafite, con cui le forze della NATO hanno neutralizzato le centrali elettriche serbe durante la crisi del Kosovo. Armi non letali possono essere considerati molti dei mezzi impiegati per il mantenimento dell'ordine pubblico e per le operazioni anti-sommossa, nonché i defolianti, largamente utilizzati nella guerra del Vietnam.
Secondo i loro fautori, queste armi consentirebbero operazioni militari 'umanitarie' riducendo il numero delle vittime tra la popolazione civile e consentendo di contrastare operazioni condotte da forze paramilitari che si avvalgano della copertura di donne e bambini per attaccare. Il dibattito sulle armi non letali resta però aperto. Esse comunque non segnano l'inizio di un nuovo tipo di guerra, anche perché coloro contro cui saranno impiegate generalmente non ne disporranno e quindi reagiranno con l'uso di armi tradizionali, cioè letali. Secondo taluni esperti, poi, le armi non letali sarebbero addirittura controproducenti, anche sotto il profilo umanitario. Infatti, esse riducono l'effetto dissuasivo delle armi letali, costringendo alla fine a usare un livello di violenza superiore a quello che sarebbe sufficiente con l'impiego tempestivo di armi letali o semplicemente con la minaccia del loro utilizzo.
In sostanza, benché possano integrare le armi tradizionali per particolari compiti e in specifiche situazioni, le armi non letali non possono sostituirle, neppure nelle operazioni di mantenimento della pace.
6. Considerazioni conclusive
Ogni epoca è caratterizzata dai propri tipi di guerre e di armamenti. Questi ultimi sono connessi non solo alle tecnologie disponibili, ma anche al tipo di organizzazione sociale e ai compiti che vengono affidati alle forze armate.
La storia degli armamenti costituisce una parte non trascurabile della storia politico-sociale dei vari popoli, e non può essere considerata separatamente da essa. Il rapidissimo progresso in campo industriale e la necessità per le forze occidentali di adeguarsi al nuovo contesto strategico, nonché l'accentuata diffusione delle tecnologie dovuta anche alla globalizzazione, fanno presumere che nei prossimi decenni assisteremo a un'evoluzione particolarmente dinamica nel settore degli armamenti.
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