BORGHI, Armando
Nacque il 6 apr. 1882 a Castel Bolognese (Ravenna) da Domenico e da Antonia Ortolani.
Il padre, piccolo negoziante di pellami e di ferraglie, mazziniano e poi bakuniano, amico di A. Costa prima della conversione di questo al socialismo, era stato partecipe del clima politico di Castel Bolognese, centro anarchico tra Imola socialista e Faenza repubblicana, e non di rado aveva offerto rifugio nella propria casa a perseguitati dalla polizia. A sua volta la madre, discendente di un insorto romagnolo contro il governo pontificio morto di stenti in carcere, era nipote di un repubblicano, Domenico Budini, condannato all'ergastolo per aver ucciso un avvocato del luogo, passato dalla fede repubblicana a quella monarchica.
Dall'ambiente familiare e dalla specifica realtà della Romagna fine secolo - dove l'insurrezione popolare contro il governo pontificio, repressa più duramente che altrove, si riproduceva senza soluzione di continuità nella protesta e nella ribellione delle masse subalterne contro lo Stato monarchico e conservatore - il B. trae la sua prima consapevolezza politica e sociale. Attraverso i numerosi giornali e opuscoli internazionalisti e anarchici conservati dal padre, egli viene prestissimo a conoscenza dei movimenti di avanguardia in Italia, delle loro origini, crisi e persecuzioni. Ma è soprattutto su L'Agitazione, settimanale anarchico fondato nel '97 ad Ancona da E. Malatesta, che il B. compie la propria formazione, secondo una linea di ortodossia bakuniana, quale quella espressa dal Malatesta, contro le deviazioni individualiste e contro quelle revisioniste di S. Merlino. Dalla impostazione teorica del Malatesta il B. - che presto ne diviene amico fraterno e compagno di lotta - non si distaccherà mai, anche se nella prassi talvolta dissentirà in futuro dal maestro.
Dotato di ottime qualità oratorie, il B. inizia prestissimo a parlare nei comizi in nome degli anarchici e a partecipare alle più importanti manifestazioni della regione. Spostatosi, dopo i moti nel Ravennate del maggio '98, da Castel Bolognese a Imola, e poi, per poter meglio sfuggire alla polizia, a Bologna (dove lavora come lavapiatti e integra gli iniziali studi di elettrotecnica partecipando ad alcuni corsi universitari), in seguito all'attentato a Umberto I rompe gli indugi che frenavano socialisti, repubblicani e i leaders dello stesso movimento anarchico, insorgendo pubblicamente in difesa del Bresci; costretto a lasciare Bologna e a rifugiarsi nelle campagne, in occasione del nuovo clima instaurato dal ministero Zanardelli-Giolitti fa ritorno al capoluogo (marzo 1901), dove partecipa attivamente alla campagna antimilitarista promossa dal movimento anarchico. Nel 1902, per avere in una dimostrazione incitato alla renitenza alla leva, il B. viene arrestato: è questa la sua prima esperienza delle "patrie galere", destinata a ripetersi durante il periodo giolittiano quasi annualmente.
Erano questi gli anni in cui il movimento operaio, grazie al tacito accordo del riformismo socialista con il liberalismo giolittiano, avanzava e rafforzava le proprie posizioni; ma durante i quali, anche, larghe masse subalterne - soprattutto contadine e sottoproletarie - venivano emarginate ed escluse dai benefici dell'accordo, tendente a favorire gli strati più avanzati del proletariato. Della protesta e della ribellione di questi ceti più arretrati si faceva espressione il movimento anarchico che, forte soprattutto nell'Emilia e nelle Marche, in alcune regioni della Toscana, della Liguria e delle Puglie, portava avanti una tenace campagna contro il legalitarismo socialista. Di questo nuovo ruolo dell'anarchismo, contraddistinto da un consapevole programma di inserimento nelle lotte proletarie e dalla volontà di superare le resistenze individualistiche attraverso un'azione associativa e organizzativa, il B. è il principale fautore. Sempre in prima linea nelle agitazioni della regione, in pubblici comizi e sulla stampa egli conduce una critica violenta al riformismo confederale, battendosi per portare la lotta operaia oltre gli immediati obiettivi economici e gli interessi di categoria. Alla teoria della conquista legale dei pubblici poteri, propria della corrente riformista del PSI, contrappone quella dell'azione diretta insurrezionale che, secondo gli anarchici, doveva emergere spontaneamente dalla coscienza e dalla volontà rivoluzionaria delle masse. Grazie al B. il movimento anarchico si inseriva così nella lotta politica, a fianco della corrente socialista intransigente, con la quale tuttavia un profondo motivo di dissenso era costituito dalla opposta valutazione della funzione del partito: in esso il B., concordemente alla dottrina anarchica, ravvisava infatti esclusivamente una burocratica e artificiosa costruzione, tendente a impedire il libero esprimersi degli organismi di base, i sindacati. La sua posizione veniva pertanto a intrecciarsi con quella dei sindacalisti rivoluzionari che, rifacendosi al Sorel, contrapponevano al riformismo la strategia dello sciopero generale rivoluzionario, concepito come azione diretta volta a rovesciare il sistema borghese. Anche con questi tuttavia non mancavano motivi di dissenso, soprattutto riguardo al sindacato, che gli anarchici consideravano non, come i sindacalisti, il nucleo di una futura organizzazione statale, ma un semplice strumento di selezione di quadri.
Contemporaneamente il B. si inseriva nel dibattito ideologico interno all'anarchismo, contribuendo alla polemica contro quelle correnti dell'individualismo cosiddetto "puro" che traducevano i principî nietzschiani e del darwinismo sociale nell'affermazione della libertà assoluta e illimitata dell'individuo, oppresso dalla morale borghese, e nell'esaltazione della sua volontà di potenza. Sul settimanale anarchico ravennate L'Aurora - che, uscito dal carcere nel maggio 1906, egli aveva iniziato a dirigere - prendendo lo spunto da una conferenza tenuta a Ravenna da Libero Tancredi pubblicava una serie di articoli (poi fusi in opuscolo: Il nostro e l'altrui individualismo. Riflessioni storico critiche sull'anarchia, Brisighella 1907). Qui il B., riprendendo la polemica avviata dal Malatesta nel '91, proclamava la nessuna parentela ideologica con gli stirneriani "negatori del concetto di società" e affirmava la necessità per gli anarchici di organizzarsi. Sugli stessi argomenti tornava l'anno successivo al primo congresso anarchico del secolo (Roma, 16-20 giugno 1907) con la relazione Gli anarchici e l'individualismo stirneriano.
Trasferitosi nel luglio 1907 da Ravenna a Bologna, il B. iniziava la vera e propria attività sindacale assumendo l'incarico di segretario del sindacato provinciale degli edili, autonomo dalla Federazione nazionale (allora diretta dal riformista Quaglino) e dalla C.G.d.L., incarico che manterrà per tre anni emezzo. Nel frattempo si faceva promotore di una piccola azienda editoriale, la "Biblioteca Lux", la cui principale funzione era la pubblicazione di opuscoli e volantini antimilitaristi spronanti all'insubordinazione e alla rivolta. Incriminato per un articolo a favore di A. Masetti - l'anarchico che al grido di"viva la rivoluzione" aveva sparato contro il proprio colonnello - pubblicato sull'Agitatore, il B. riesce a sfuggire all'arresto e a trovare rifugio a Parigi.
Qui prende contatto con gli ambienti della Bataille syndicaliste, di ispirazione libertaria, di Les temps nouveaux, diretto da J. Grave, e di Le libertaire, di P. Martin, pubblicando numerosi articoli sulla reazione in Italia (cfr. ad es. Le libertaire, 27 genn. 1912 e 5 apr. 1913, La bat. synd., 5 giugno 1912, sulla guerra tripolina, le sue cause ed effetti), ed è in stretta relazione con S. Faure, J. Guillaume, e A. Cipriani. È in questo periodo ammiratore del sindacalismo francese, soprattutto per il suo rifiuto di subordinare il sindacato al partito; su di esso e sulle analogie che, a suo parere, esistono con quello anarchico italiano, scrive un anno più tardi in carcere in Fernand Pelloutier nel sindacalismo francese e in Italia (Bologna 1913; ristampato successivamente a Brooklyn, N.Y., s.d.): ricollegandosi all'idea operaistica dell'internazionale di Bakunin, il B. ribatteva sulla necessità di sostituire alla predicazione spirituale, essenzialmente d'élite, un'azione volta a collegare l'ideale anarchico con gli interessi specifici delle masse subalterne.
Zelantemente seguito dalla polizia, che gli attribuisce lo scopo occulto di cercare in Francia e in Svizzera - dove il B. si reca nel luglio del 1912 per tenere una serie di conferenze - soggetti pronti a compiere un "gran colpo" anarchico in Italia, espulso dalla Svizzera e tornato nuovamente in Francia, rientra in Italia grazie al decreto di amnistia del dicembre 1912, ma è arrestato nuovamente nel gennaio del '13, per un comizio contro gli eccidi proletari.
Nel frattempo, mentre il B. è in Francia, i sindacalisti, che a differenza degli anarchici erano entrati nel 1906 nella C.G.d.L. e ne erano usciti nel 1907, superato il disorientamento iniziale ed anzi rafforzatisi dopo la guerra di Libia, avevano deciso di costituire un organismo sindacale autonomo, l'Unione sindacale italiana, con segretario Alceste De Ambris (Congr. naz. di azione diretta, Modena, 23-25 nov. 1912). All'USI, che ha la sua roccaforte a Parma, aderiscono nel 1913 seicentoquarantuno leghe con 101.729 organizzati, per quasi la metà dell'Emilia. Il B. - come tutto il movimento anarchico - vi aderiva, anche se convinto che la scissione formale, sancita dalla costituzione di un nuovo organismo, fosse, seppur necessaria, dannosa al movimento operaio: da ciò, in futuro, il suo tentativo di ricreare, su un piano rivoluzionario, l'unità del movimento sindacale.Col 1914 iniziava l'anno della prova di forza e della maggiore sconfitta dell'anarco-sindacalismo e della teoria dello sciopero generale rivoluzionario: la campagna antimilitarista promossa dagli anarchici, diffusasi ormai in tutta Italia, culminava nel giugno nella "settimana rossa", l'episodio insurrezionale più significativo dell'Italia giolittiana, che ebbe nell'USI uno dei più attivi centri di forza. Al B. - che era stato il principale relatore al II convegno dell'USI nel 1913 sullo sciopero generale - si dovette l'iniziativa di trasformare il 7 giugno, festa dello Statuto, in manifestazione pro' Masetti e di reagire, in caso di eccidio, con lo sciopero e l'insurrezione: dilagato lo sciopero in tutta Italia, egli è continuamente attivo a Bologna, Imola, Faenza, ovunque incitando a proseguire la lotta. Esauritasi l'insurrezione, riusciva per il momento a sfuggire all'arresto (sarà incarcerato nel novembre e liberato, per sopraggiunta amnistia, nel gennaio 1915) e veniva provvisoriamente nominato, segretario di un comitato nazionale pro' ferrovieri con sede a Bologna.
Lo scoppio della guerra mondiale, pur interrompendo l'ondata di reazione contro i protagonisti della "settimana rossa", vedeva d'altra parte andare in frantumi l'alleanza tra anarchici, sindacalisti, repubblicani e socialisti rivoluzionari: l'adesione alla guerra dei partiti dell'Internazionale, e in campo anarchico di alcune delle personalità più venerate, il mito della guerra rivoluzionaria di cui in Italia si fanno portavoce leaders indiscussi - da De Ambris alla Rygier a Corridoni - spingono infatti molti ad esprimersi a favore dell'intervento. Tra questi non è il B. che, anzi, fermamente contrario all'impresa militare, svolge contro di essa un incessante propaganda.
Di fronte all'ambiguità del PSI, che si adagerà poi nella posizione centrista del "né aderire né sabotare", e di fronte al filointerventismo della C.G.d.L., grazie al B. il solo organismo che traduca la tendenza antibellicista del proletariato in termini non dissimili da quelli leninisti è l'USI: questa infatti al convegno generale del 13-14 sett. 1914 a Parma approva l'o.d.g. presentato dal B. contro quello interventista di De Ambris. La minoranza deambrisiana, che annoverava tutto lo stato maggiore del sindacalismo rivoluzionario, usciva allora dall'USI, portando con sé i due centri più forti, Parma e Milano. L'USI trasferiva la propria sede a Bologna e nominava il B. segretario: il nuovo organo di stampa, in luogo dell'Internazionale, rimasta al De Ambris, è Guerra di classe, diretto, e praticamente interamente redatto dal Borghi.
Nell'agosto del 1915 il B. si trasferisce a Modena, dove diviene segretario della locale cooperativa braccianti. Allontanato dalla città per l'intensa propaganda antipatriottica e rimpatriato a Bologna, nel novembre si stabilisce a Piacenza dove, temporaneamente segretario della Camera del Lavoro, svolge incessante attività organizzativa ai fini di combattere in quelle zone l'influenza dei deambrisiani. Per tale sua attività il B., descritto dalla polizia come "uno dei più pericolosi propagandisti di tutto il Regno", nell'aprile 1916è inviato in internamento a Firenze e da qui all'Impruneta, insieme alla sua compagna, un'operaia tipografa che morirà nel gennaio del '17 di tisi, e da cui nel '14 il B. ha avuto un figlio, Comunardo. Da Firenze, dopo Caporetto, il B. è trasferito ad Isernia; durante il periodo di internamento egli riuscirà sempre a mantenere i contatti con il movimento anarchico, prima attraverso alcuni ferrovieri, il cui sindacato autonomo simpatizzava con l'USI, in seguito attraverso una giovane militante anarchica, Virgilia D'Andrea, che diverrà la sua fedele compagna di vita e di lotta. Prosciolto dall'internamento nel dicembre 1918, dopo un giro di propaganda si trasferisce a Firenze e poi nel gennaio del '19 a Bologna.
La comune opposizione alla guerra aveva fatto maturare nel movimento anarchico la convinzione dell'opportunità di un accordo con il partito socialista, superando i dissidi ideologici degli anni precedenti. Soprattutto dopo i convegni internazionali di Zimmerwald (settembre 1915)e di Kienthal (aprile 1916), la tesi dell'alleanza con la corrente intransigente di Serrati e dell'Avanti! trovava un fautore molto convinto nel B., il quale, dopo la Rivoluzione di febbraio in Russia, sollecitava l'organizzazione di un grande sciopero generale e incitava il movimento anarchico a tenersi pronto a scendere in piazza, non appena il partito socialista lo avesse deciso (cfr. Arch. Centr. d. Stato, Cas. pol.centr., sf. 2). A tal fine ancora nel febbraio del '18 il B., eludendo la sorveglianza, si incontrava a Roma con Serrati e Morgari (ibid., sf. 3). Tale linea veniva approvata dal convegno anarchico del giugno 1916 (Ravenna) e in quelli dell'USI del maggio '17(Milano) e del febbraio '18 (Firenze).
Essa veniva riproposta e vivacemente propugnata dal B. nel dopoguerra quando, esplosa la crisi del sistema borghese e maturata nelle masse una nuova coscienza e volontà di lotta, la situazione italiana sembrava potere offrire immediati sbocchi rivoluzionari. Dietro la spinta vertiginosa del movimento di classe, anche l'USI aumentava i propri iscritti che, sotto la guida del B., raggiungevano ormai il mezzo milione. Il polo di attrazione del movimento operaio rimaneva tuttavia il partito socialista con la sua nuova direttiva rivoluzionaria. La Rivoluzione d'ottobre, del resto, come punto di riferimento della lotta proletaria, emarginava il campo di influenza dell'anarchismo, i cui principi dell'insurrezionalismo e della rivolta spontanea, il rifiuto di tradurre in termini di potere l'azione rivoluzionaria del proletariato e l'opposizione al partito come guida del movimento di classe apparivano ormai superati e contraddetti dall'esempio russo. Nel dopoguerra il movimento anarchico si troverà costretto pertanto a subire prevalentemente l'iniziativa del partito socialista, pur agendo costantemente su di esso come pungolo con incitamenti alla rivolta e all'insurrezione.
Nel dicembre 1918 il B., a nome dell'USI, rifiutava un accordo sindacale con la C.G.d.L. - contrapponendo a una proposta confederale di unità mediante l'adesione dell'USI alla C.G.d.L. (convegno di Roma, 15 genn. '19) quella, più radicale, dello scioglimento delle leghe e della convocazione di una costituente sindacale, con elezione, dalla base, di un nuovo organismo -; e dopo l'incendio dell'Avanti! da parte dei fascisti nell'aprile del '19 proponeva al contrario la formazione di un comitato rivoluzionario, formato da cinque membri tratti dall'USI, dall'Unione Anarchica Italiana (fondata nell'aprile del '19, e diretta, dal 1920, dal Malatesta, tornato dall'esilio), dal partito socialista, dalla C.G.d.L. e dal Sindacato ferrovieri.
L'accordo con il partito socialista, se si realizza nella prassi - durante il biennio gli anarchici sono presenti in tutte le agitazioni e le lotte -, non diviene mai formale, e anzi presto sorgono i primi dissidi, a causa dell'atteggiamento incerto e contraddittorio della direzione socialista: per il B. infatti, convinto che la rivoluzione fosse "nelle cose" e che l'arma dello sciopero generale fosse sufficiente a realizzarla, l'atteggiamento dilatorio dei socialisti non aveva giustificazioni e serviva solo a permettere alla reazione di organizzarsi (cfr. in particolare La collana senza filo, in Guerra di classe, 3 luglio 1920, articolo per il quale il B. sarà poi incriminato); il primo scontro avveniva in occasione dei moti del carovita del giugno-luglio 1919 e dello "scioperissimo" del 21 luglio (alla vigilia del quale il B. e l'intero comitato centrale dell'USI vengono precauzionalmente arrestati): mentre il B., per il quale i tumulti annonari rappresentavano una reale occasione rivoluzionaria, spronava al proseguimento delle agitazioni, il partito socialista tendeva, al contrario, a frenarle. La polemica, che si traduce in un aspro contraddittorio tra il B. e il Serrati sulle pagine della Vie ouvrière (cfr. Guerra di classe, 27 settembre, e anche 14 e 26 luglio, 9 ag. 1919), si rinnova ad ogni episodio di azione diretta: così a proposito dello sciopero generale del febbraio 1920 a Milano, degli scioperi e degli eccidi della primavera, della rivolta di Ancona, dell'occupazione delle fabbriche.
Il dissenso con gli esponenti ufficiali del partito socialista portava piuttosto gli anarchici a guardare con simpatia alle soluzioni avanzate dalla sinistra socialista. Al III congresso nazionale dell'USI (che si svolge a Roma dal 20 al 22 dic. 1919 e che decide lo spostamento della sede a Milano, dove poco dopo il B. si trasferisce) una particolare attenzione veniva rivolta alla proposta torinese dei consigli di fabbrica, cui il congresso dava la propria adesione, confermata dall'UAI nel luglio successivo. Già da novembre su Guerra di classe il B. aveva espresso pieno favore ai consigli, in quanto organi tecnici dell'espropriazione e strumenti di autogestione del proletariato, pur sottolineandone le possibili involuzioni e deviazioni collaborazionistiche in una fase non rivoluzionaria. In realtà, l'adesione degli anarchici all'esperienza consiliare - che si traduce, come è noto, anche in diretta partecipazione al movimento torinese e all'occupazione delle fabbriche - si basava sulla convinzione che essa costituisse una soluzione antitetica allo statalismo e pertanto un riconoscimento implicito del sindacalismo anarchico. Un'analoga ambiguità era riscontrabile nell'iniziale consenso del B. alla corrente bordighiana - di cui egli condivideva la tesi astensionista e quella circa l'espulsione dei riformisti dal partito - che non mancò di risolversi presto in aperto contrasto: nel '19 su Guerra di classe e su Il Soviet si susseguono articoli del B. e di Bordiga (che non aveva mai corrisposto alla simpatia dimostratagli dagli anarchici) sempre più polemici (per la posizione dell'USI vedi in particolare: Guerra di classe, 13 e 27 settembre, e Pro e contro la dittatura, del B., ibid., 4 ottobre).
La radicale divergenza tra l'impostazione anarchica e quella marxista rispetto ai modi d'attuazione e delle finalità della rivoluzione si rivelava infine chiaramente nella valutazione del bolscevismo. Sebbene all'inizio l'USI e l'UAI avessero aderito entusiasticamente alla Rivoluzione (convegni dell'USI del 19-21 genn. 1919 a Firenze e 24-26 giugno a Bologna; congresso UAI del 12 aprile a Firenze), e ancora nel '20 numerose fossero le iniziative a favore del regime dei soviet e contro l'aggressione imperialista, più tardi la critica prendeva il sopravvento, fino a trasformarsi progressivamente in aperta ostilità. Se tale processo è individuabile nel movimento anarchico soprattutto dal '21, e in particolare dopo la condanna delle deviazioni anarchiche e sindacaliste da parte del X congresso del partito bolscevico, nel B. - che pure era stato uno dei più ferventi ammiratori della Rivoluzione - si sviluppa precedentemente, in coincidenza al viaggio compiuto in Russia.
Nel luglio del 1920 il B. viene invitato come rappresentante dell'USI (che per la sua intransigenza godeva a Mosca di maggiori simpatie della C.G.d.L.) a partecipare alla costituzione della Internazionale dei Sindacati Rossi, che doveva sorgere in contrapposizione alla Federazione Sindacale Internazionale "gialla", ricostituita nell'agosto del 1919 ad Amsterdam; al congresso erano stati invitati anche i rappresentanti confederali e del partito socialista. Il viaggio del B. si svolge tra numerose peripezie (la causa non è chiara, dal momento che, contrariamente a quanto sostiene in Mezzo secolo..., p. 223, era munito di regolare passaporto: cfr. Arch. Centr. d. Stato, Cas. pol.centr., sf. 4): vestito da soldato russo e fingendosi sordomuto, riesce ad imbarcarsi su una nave tedesca a Stettino e a raggiungere l'Estonia e poi il confine russo. Giunto a Pietrogrado, s'incontra con Zinoviev, al quale illustra la situazione italiana, sostenendo la necessità di creare "il circuito rivoluzionario prestissimo", a rischio di favorire altrimenti la reazione. Le stesse cose il B. ripete a Lenin, con il quale ha un breve colloquio che verte soprattutto sulla compatibilità della centralizzazione con la rivoluzione e la libertà. Giunto in ritardo per il congresso sindacale di Mosca, partecipa solo a titolo informativo alle riunioni diun comitato dell'I.S.R., appena costituito, ma subito si trova in dissenso con gli altri partecipanti. L'incontro conprofughi e varie personalità del mondo anarchico, tra cui V. Serge e P. Kropotkin, che gli espongono le loro impressioni negative sulla nuova Russia, contribuisce a rafforzare il suo convincimento di un'evoluzione in senso autoritario della Rivoluzione. Dopo uno scontro con Bucharin circa il rapporto e la dipendenza del movimento sindacale dalle direttive del partito, il B. nonaderisce all'I.S.R. e poco dopo, giuntagli la notizia dell'occupazione delle fabbriche in Italia, lascia la Russia (sull'episodio, oltre a Mezzo secolo..., cfr. del B. Alla scoperta della Russia, in Umanità Nova. 18 nov.-23 dic. 1951).
Il 20 settembre, quando rientra in Italia, l'occupazione volge al termine. A Milano, a Sestri e a Verona egli tiene comizi per incitare a non abbandonare gli stabilimenti e, a nome dell'USI, rifiuta infine la proposta governativa di un rappresentante nella commissione di controllo operaio, distinguendosi in tal modo nettamente dai socialisti. Anche in conseguenza di ciò, nell'ambito dell'ondata repressiva successiva alla sconfitta operaia, il 13 ottobre viene arrestato, in esecuzione di un mandato di cattura per oltraggio emesso il 20 luglio.
L'arresto è esteso poco dopo anche al Malatesta e ad altri venti militanti anarchici: su tutti grava l'accusa di cospirazione contro lo Stato, associazione a delinquere e reati a mezzo stampa e parola. L'avvenimento solleva un'indignata protesta dell'opinione pubblica, che presto ottiene l'effetto della scarcerazione dei più e della limitazione dell'imputazione al reato di stampa e di parola per il B., Malatesta e Quaglino. Tardando tuttavia il processo, su iniziativa del B., i tre iniziano lo sciopero della farne: ma il 24 marzo, mentre in tutta Italia si estende l'agitazione in loro favore, con scioperi nel Valdarno, a Carrara ecc., una bomba, posta nel teatro Diana (dove si credeva si trovasse il questore Gasti) da un gruppo di anarchici individualisti milanesi, provoca la morte di numerosi spettatori; l'episodio - che il B. e il Malatesta condannano - offre il pretesto a immediate rappresaglie e ad arresti di anarchici e fa cessare la campagna in favore degli incarcerati. Tuttavia, processati il 26 luglio, grazie anche alla brillante autodifesa del B., vengono assolti (cfr. E. Malatesta, A.B. e compagni davanti ai giurati di Milano, a cura di T. Tagliaferri, Milano 1921; il resoconto stenografico del discorso del B. fu pubblicato anche separatamente: A.B. davanti ai giurati di Milano, ibid. 1921).
Uscito dal carcere, il B. si stabilisce a Milano e riprende la direzione dell'USI e di Guerra di classe. Ma il clima politico era radicalmente mutato rispetto all'autunno precedente: ora l'illegalità fascista dilagava, costringendo il movimento operaio ad una azione preminentemente difensiva. Ormai sfumata, dopo il fallimento dell'occupazione delle fabbriche, ogni speranza insurrezionale, il dissidio ideologico tra anarchici e marxisti emergeva in piena luce: il contrasto, che verteva essenzialmente sulla valutazione della Rivoluzione bolscevica, coinvolgeva una serie di problemi vecchi e nuovi, tra cui quello del ruolo del sindacato nel processo rivoluzionario e del suo rapporto con il partito, ora messo nuovamente in evidenza dalla costituzione del Partito comunista d'Italia. Molti anarchici simpatizzavano apertamente per i comunisti e propugnavano un'alleanza sanzionata anche sul piano internazionale dall'entrata dell'USI nell'I.S.R.; anzi una delegazione dell'USI nel luglio '21, mentre il B. era ancora in carcere, aveva firmato a Mosca un documento di unità con i comunisti e aveva aderito all'I.S.R. con la sola condizione che essa restasse indipendente dall'Internazionale comunista. Il B. si schiera immediatamente contro tale direttiva, che sconfessava la posizione da lui sostenuta un anno prima a Mosca, e al congresso nazionale dell'UAI (Ancona, 2-4 nov. 1921) riferisce pubblicamente per la prima volta le sue impressioni sulla Russia, sostenendo la trasformazione della Rivoluzione in "dittatura dei capi del partito comunista che organizzano il loro potere" (Umanità Nova, 27 ott. 1921), e trovando contrario lo stesso Malatesta, propenso a distinguere tra rivoluzione, da difendere, e politica del partito bolscevico, da condannare. All'interno dell'USI le polemiche divengono accesissime, sino a mettere in discussione l'esistenza stessa dell'organizzazione. Il B. riesce a ottenere una prima vittoria al convegno generale dell'USI dell'ottobre, che conferma l'adesione condizionata all'I.S.R., ma rinvia l'accettazione di un posto nel consiglio centrale. Tuttavia, per potersi meglio impegnare in conferenze e in contraddittori contro i comunisti, egli si dimette dalla segreteria dell'USI, venendo sostituito da A. Giovannetti. La battaglia definitiva si svolge al IV (ed ultimo) congresso sindacale: qui la corrente favorevole all'I.S.R., che era capeggiata da N. Vecchi e da G. Di Vittorio, si trova in minoranza rispetto a quella del B., Giovannetti e C. Nencini, che condanna ufficialmente l'I.S.R. e la politica comunista.
Divisa l'USI in due tronconi, il B. sentiva la necessità di chiarire ulteriormente la propria posizione: in Anarchismo e sindacalismo, conferenza tenuta il 3 apr. 1922 a Roma e poi ivi pubblicata nello stesso anno, riproponeva i principi antiautoritari e antistatalisti dell'anarchismo e su questa base condannava il bolscevismo e il comunismo, ribadendo l'assoluta indipendenza del sindacato da ogni movimento politico, ivi compresa l'UAI. Era la fine del tentativo unitario propugnato negli anni precedenti dal Borghi. Condannato all'isolamento, il B. veniva progressivamente accentuando il proprio anticomunismo, secondo la tipica caratterizzazione della polemica anarchica contro il burocratismo.
L'ultimo atto politico del B. prima dell'esilio è l'adesione all'Alleanza del Lavoro, sorta nel febbraio del '22 su iniziativa di gruppi anarchici e repubblicani romani. Ad essa aderirono tutte le organizzazioni operaie, ad eccezione dei comunisti, a causa dell'esclusione dall'Alleanza delle minoranze della C.G.d.L. e dell'USI che avevano aderito all'I.S.R. presto minato da dissidi interni, il nuovo organismo si mostrava tuttavia strumento tardivo ed inadeguato, sicché lo sciopero generale proclamato per il 1º agosto segnava solo un trionfo dell'illegalismo fascista e la fine di ogni speranza di resistenza per il movimento operaio. Poco dopo la marcia su Roma il B. lasciava l'Italia per recarsi il 28 dicembre a Berlino, dove aveva luogo il congresso di una nuova internazionale sindacale, a carattere libertario. Iniziava così l'esilio del B., che si sarebbe protratto per più di un ventennio. Al suo allontanamento definitivo - sottoposto più tardi a critiche soprattutto da pane comunista (cfr. L'unità, 12 sett. 1925), contribuiva anche il sequestro nel febbraio del '23 di tutte le sue carte da parte della polizia.
A Berlino il B. si inserisce nel mondo dei profughi anarchici, per lo più russi, e si dedica attivamente all'organizzazione dell'internazionale libertaria, l'Associazione Internazionale dei Lavoratori, di cui era stato uno dei principali fautori; costituitasi nel '22, l'Associazione aveva sede a Berlino e raggruppava le correnti dell'Europa e dell'America latina, dissidenti dall'I.S.R. e dalla F.S.I.; Come rappresentante dell'Associazione si reca nel '22 a Parigi, nel '24 a Santarém in Portogallo, nel '25 prima ad Amsterdam (dove tiene, insieme alla D'Andrea, numerose conferenze contro il fascismo) e poi a Madrid, ovunque rinnovando gli attacchi alla politica sovietica; la sua posizione si scontra a Madrid con quella spagnola, favorevole all'alleanza con i comunisti. Intanto, dalla fine del 123 si era trasferito, insieme alla D'Andrea, a Parigi.
L'ambiente parigino si presenta al B. profondamente diverso da quello conosciuto dieci anni prima; delle pubblicazioni anarchiche di un tempo restava solo Le libertaire;con molti vecchi militanti i rapporti si erano raffreddati per il favore da essi dimostrato alla guerra; altri si erano più o meno dichiaratamente allineati con i comunisti. Preoccupazione principale del B. - che per mantenersi compie una serie di lavori saltuari - è di riorganizzare il movimento anarchico, superando le divergenze tra individualisti (prevalenti in Francia) e organizzatori, e di mantenerlo fuori dalle alleanze sia con i comunisti che con i partiti antifascisti e le "legioni" garibaldine. Pertanto, formatosi dopo il delitto Matteotti un comitato d'azione antifascista su iniziativa del circolo anarchico P. Gori, ne usciva quando vi entravano i rappresentanti della Lega dei diritti dell'uomo con De Ambris e Ricciotti Garibaldi. Rispetto al fronte unico proletario il B. divergeva dal Malatesta, a esso favorevole, sostenendo l'impossibilità per quella via di difendere l'autonomia politica del movimento anarchico (su ciò, e in genere sulla posizione del B. riguardo all'organizzazione degli anarchici in Francia, cfr. la lettera inviata al Malatesta il 20 ag. 1926, in Arch. Centr. d. Stato, Cas. pol. centr., sf.4).
Alla fine del '26, invitato dal periodico sindacalista di New York Il proletario a tenere alcune conferenze, lascia Parigi, e dopo una breve sosta in Canadà, riesce ad entrare negli Stati Uniti, seguito poco più tardi da Virgilia D'Andrea (che morirà nel maggio 1933 di tumore) e nel '32 dal figlio. A New York, dove si stabilisce, il B. trova l'ambiente degli emigrati italiani largamente simpatizzante verso il fascismo, e il movimento anarchico totalmente disorganizzato. È merito del B., durante la sua lunga permanenza negli Stati Uniti, non solo di avere ridato impulso al movimento anarchico, ma anche, mediante innumerevoli conferenze in tutti gli Stati, di aver contribuito a far conoscere all'opinione pubblica la verità sul regime fascista. Egli svolge la sua attività soprattutto con il gruppo anarchico dell'Adunata dei refrattari di Newark (N.J.): la sua linea è sempre quella di una tenace opposizione ad ogni alleanza, sia con le correnti dell'antifascismo democratico, sia, e soprattutto, con i comunisti (cfr. a proposito, Glianarchici e le alleanze antifasciste, che il B. pubblica a New York nel 1927), spesso entrando anche in vivace polemica, con altri gruppi anarchici - in particolare con quello di Il martello di C. Tresca - perseguenti una opposta politica.
Date le sue posizioni, preferisce non partecipare direttamente alla guerra civile in Spagna, dove si era recato il figlio, nonostante il già ricevuto lasciapassare (le informazioni di polizia, tuttavia, lo farebbero presente a Barcellona dal 3 aprile al 13 maggio 1937).
Per la sua attiva campagna antifascista, la polizia italiana chiede fino dall'inizio l'arresto del B. e la sua deportazione in Italia, attuando continue pressioni, attraverso l'ambasciata, sulle autorità americane. Arrestato nel giugno del '27, durante l'agitazione in favore di Sacco e Vanzetti, ma rilasciato dietro cauzione, mentre al suo caso si interessava ampiamente la stampa americana e si formava addirittura un Comitato pro-Borghi, nell'aprile del '30, durante una conferenza nella quale il B. affrontava i problemi del dopoguerra in Italia, la polizia interveniva per arrestarlo: il B. riusciva a fuggire, ma un giovane anarchico rimaneva ucciso. In seguito a ciò era costretto a vivere clandestino, sotto il falso nome di Miraglia (del resto noto alla polizia), limitando la propria attività politica alla pubblicazione sotto pseudonimo di numerosi articoli contro il fascismo, e ad una serie di conversazioni tenute in un circolo di Brooklyn ogni settimana.
La particolare vigilanza a cui il B. era sottoposto era stata determinata anche dalla pubblicazione (New York 1927)in lingua italiana del Mussolini in camicia, che ottenne enorme diffusione e suscitò grande scalpore (il volume ebbe un'edizione francese: Paris 1928;una olandese: Amsterdam 1932;inglese: London 1936 [col titolo di Mussolini red and black]e New York 1938;accolto ovunque con favore dalla stampa, in Inghilterra fu fortemente criticato e sparì presto dalla circolazione). L'opera poneva con efficacia e lucidità in ridicolo il regime fascista. Di Mussolini il B. offriva un'immagine ben diversa da quella della propaganda ufficiale: vanitoso, spaccone e pusillanime, pronto a vendersi e a tradire gli amici e i compagni di lotta - i socialisti prima, i fiumani poi - pur di conquistare un potere che era poi incapace di esercitare da solo, senza l'appoggio prima delle tradizionali gerarchie politiche ed economiche, e infine, di quelle vaticane. Il volume fu pubblicato in Italia nel dopoguerra (Bologna 1947e Napoli 1961).
Nel 1940, in seguito all'Alien Registration Act, il B. doveva uscire dalla clandestinità: ma il 30 novembre di quello stesso anno veniva arrestato e incarcerato insieme, ad alcuni esponenti fascisti. Liberato solo dopo quattro mesi, grazie all'intervento di Arturo e Walter Toscanini e di G. Salvemini, al quale soprattutto il B. era legato da profonda e personale amicizia, tentava inutilmente di fare ritorno in Italia nel luglio del '44, in base al vecchio mandato di deportazione. Ottenuto un netto rifiuto, poteva imbarcarsi solo il 16 ott. 1945.
In Italia il movimento anarchico, disperso durante il fascismo e praticamente assente dalla lotta clandestina, con i suoi leaders trattenuti in campo di concentramento anche durante il governo Badoglio, stava lentamente riemergendo e riorganizzandosi: nel 1945 al congresso di Carrara (15-19settembre) era sorta la Federazione Anarchica Italiana. Tuttavia la tradizionale tematica antiautoritaria e antistatalista, l'opposizione ad una diretta partecipazione al potere non potevano trovare risonanza nella situazione del dopoguerra, dove l'entusiasmo per la caduta del fascismo prendeva forma nella volontà di partecipazione diretta popolare e dove il partito comunista - oggetto al pari dei partiti moderati della critica anarchica - costituiva il punto di riferimento della lotta proletaria antifascista e delle speranze di riscossa. Molti degli stessi militanti anarchici avevano partecipato alla Resistenza a fianco dei comunisti, e consideravano pertanto indispensabile il proseguimento dell'alleanza.
Se inizialmente, quando il B. torna in Italia, grazie al prestigio della sua persona e all'efficacia di un'oratoria che si adattava all'atmosfera piena di fermenti e di entusiasmo, riceve calorose accoglienze in tutte le regioni nelle quali tiene comizi e contraddittori, presto tuttavia la sua aperta denuncia del "connubio socialcomunista con i preti" e, soprattutto, la sua polemica, ricorrente contro i "miti unitari" trovano numerose resistenze. All'interno del movimento anarchico, inoltre, motivo di contrasto costituiva la netta opposizione del B. a dare al movimento stesso una base organizzativa: fortemente influenzato dall'impostazione individualista dell'anarchismo americano, diffidava ormai di ogni struttura permanente e si opponeva pertanto sia alla ricostituzione dell'USI sia all'inserimento di norme vincolanti nello statuto della FAI. A sostegno della sua tesi antiorganizzativa e antialleanzista portava l'esempio delle vicende spagnole e delle deviazioni burocratiche là verificatesi (cfr. Cons. gen. FAI, Bologna 29-30 sett. 1946).
Svanita ogni speranza d'una soluzione insurrezionale, dopo essere stato attivo nella campagna contro la Costituente che gli anarchici conducevano all'insegna del "né eletti né elettori", e aver inutilmente proposto nel giugno '46 un blocco delle "sinistre malcontente", nel '48 faceva ritorno negli Stati Uniti.
Di nuovo in Italia pochi giorni prima del V congresso della FAI (Civitavecchia, 19-22 marzo 1953), vi faceva approvare una sua mozione sulle "basi fondamentali dell'anarchismo": dopo aver ribadito il principio dell'antiautoritarismo, la mozione riaffermava l'opposizione al comunismo e la solidarietà tra i popoli "contro i fautori delle distruzioni delle vite umane e della guerra, senza eccezione tra Occidente e Oriente". Tale posizione veniva tuttavia parzialmente modificata dopo gli avvenimenti del luglio '60, sicché il congresso del '61 (Livorno, 8-10 dicembre), pur confermando l'opposizione di principio al comunismo, ammetteva la possibilità di una lotta comune contro la reazione.
Nominato nel 1953 direttore di Umanità Nova, il B. da quelle colonne condusse la sua polemica all'interno e all'esterno del movimento anarchico fino al 1965. Particolare interesse riveste il suo atteggiamento nei confronti della rivoluzione cubana, che gli anarchici, dopo un iniziale favore, avevano aspramente criticato. Ma in seguito al tentato sbarco (Baia dei Porci) di elementi anticastristi appoggiati dagli Stati Uniti, il B. prendeva le difese del nuovo regime (cfr. Giù lemani da Cuba, in Umanità Nova, 28 ott. 1962), onde le vivaci accuse di filocomunismo che gli furono mosse da una parte dello stesso movimento anarchico. Questo accettava tuttavia al congresso di Senigallia (7-9 dic. 1962) la linea del B., che pur non negando che vi fosse la tendenza a una involuzione totalitaria nel castrismo, esortava il movimento anarchico a non tradurre la propria opposizione al comunismo in una attenuazione della polemica antiamericana per non trovarsi affiancato ai reazionari.
Riapertasi tuttavia la polemica nel 1964, a seguito di nuovi attacchi al regime castrista mossi da esuli anarchici a cui il B., concordemente all'Adunata dei refrattari, negava ogni credito, nel congresso della FAI tenutosi a Carrara nel 1965 (31 ottobre-5 novembre) si decideva, in contrasto con gli orientamenti del B., di dare alla federazione una formale base statutaria con norme vincolanti per gli associati e di affidare la direzione di Umanità Nova a M. Mantovani e U. Marzocchi.
Il B. si ritirava allora a vita privata e si dedicava alla preparazione di un volume di memorie sull'anarchismo, quando, dopo lunga malattia, moriva a Roma il 21 apr. 1968. È sepolto a Castel Bolognese.
Opere: Incalcolabile il numero di articoli sulla stampa italiana e straniera. Figura più di militante che di teorico, al B. si debbono opere preziose per la ricostruzione di fatti e avvenimenti di cui egli fu direttamente partecipe. Sotto tale aspetto particolare interesse offre Mezzo secolo di anarchia, scritto in America dal '40 al '43 dietro personale insistenza di Salvemini e pubblicato a Napoli nel '54: prendendo le mosse dalla Romagna fine secolo, attraverso la vivace rievocazione di personaggi, ambienti e situazioni, il B. ricostruisce cinquant'anni di storia italiana, da lui vissuta coerentemente tra lotte e persecuzioni. Il volume sollevò vivo interesse sia in sede storiografica (cfr. per es. G. Quazza, in Rass. stor. d. Ris., XLII [1955], pp. 667 s.; g.l., in Nuova riv. st., XXXIX[1955], pp. 533 s.; M. Bortolotti, in Emilia, VII [1955], pp. 95 s.; G. Arfè, in IlPonte, II [1955], pp. 908 ss.; G. Granata, in Il Mondo, 4 genn. 1955) che politica, riattivando la polemica, tra anarchici e comunisti (cfr. O. Pastore, in Rinascita, XII[1955], pp. 444 s., 579 s.). Oltre agli scritti già citati nel testo, sono da ricordare: del periodo precedente alla prima guerra mondiale gli opuscoli Verso l'anarchismo va la storia (Ravenna 1907) e Verso il comunismo anarchico va la storia (Bologna 1908); sul periodo aventiniano è Il banchetto dei cancri, Parigi s.d. [1925] e Brooklyn, N.Y., 1925; sempre a Parigi scrive nel 1925 L'Italia tra due Crispi, cause e conseguenze di una rivoluzione mancata (ripubblicato a Milano nel '64 con il solo titolo di La rivoluzione mancata)in cui, prendendo in esame gli avvenimenti tra Crispi e Mussolini, attribuisce ai dirigenti socialisti e comunisti, alle loro incertezze, discordie e divisioni, la responsabilità della mancata rivoluzione e della susseguente reazione. Del '33 è Enrico Malatesta in 60 anni di lotte anarchiche. Storia critica, ricordi, pubblicato a New York: l'edizione italiana (Milano 1947, Errico Malatesta)è corredata di un dossier della polizia di Ancona. Ancora del periodo americano sono Mischia sociale (New York 1934, raccolta di discorsi); Due bozzetti contro il fascismo. 1º Dante processato all'inferno. 2º Gli italiani che ascoltano la radio dall'America, s.n.t. [New York 1940]; Contro gli intrighi massonici nel campo rivoluzionario, New Jersey 1939; Il tramonto di Bakunin?, ibid. 1939;pubblicato a puntate nel '45 sull'Adunata dei refrattari (e poi in opuscolo a Forlì s.d.) è Colloqui con Kropotkine su l'anarchia, serie di colloqui immaginari nei quali il B. ribadiva il concetto, dell'opposizione anarchica allo Stato, fosse esso dittatoriale che rappresentativo. Delle sue impressioni sull'Italia del dopoguerra il B. scrive in Conferma anarchica (Forlì 1949).Con brani di memorialistica collaborò assiduamente a Il Mondo e a Il Ponte. Nel 1966 a Bologna, a cura di E. Emiliani, è stata pubblicata una antologia di scritti già editi, Vivere da anarchici.
Fonti e Bibl.: Non esiste una biografia del B., e scarsissime sono pure le pubblicazione sul movimento anarchico in generale. Oltre che dai suoi stessi scritti, ampie notizie si traggono dalle carte di polizia: cfr. in particolare Archivio Centrale dello Stato, Casellario politico centrale, fasc. Borghi Armando, sff.1-6; riferimenti anche Ibid., Min. Int., P.S., Divis. aff. gen. e riserv. (1916-26), serie K1, ad annos; Ibid., Ibid. (1903-49), serie G1, b. 29, Sf. Unione Sindacale Italiana; bb. 28, 44; Min. Int.,P.S., Ufficio Centrale Investigazioni, fasc. 1937, 1983, 3500; Carte Orlando, Miscellanea, fasc. Firenze;e altrove.
Vedi inoltre i necrologi: M. Mantovani, in Umanità Nova, 27 apr 1968; U. Marzocchi, ibid., 4 maggio 1968 (nello stesso numero sono riportati vari brani del B.); M. Tito, in La Stampa, 23 apr. 1968; L'Astrolabio, 28 apr. 1968; L'Unità, 23 apr. 1968; vedi ancora: P. C. Masini, Anarchici e comunisti nel movimento dei consigli a Torino, Torino 1951, passim; Un trentennio di attività anarchica, Cesena 1953, passim (cronologia dal 1914 al 1945); A. Garosci, Storia dei fuorusciti, Bari 1953, p. 148; E. Santarelli, Aspetti del movimento operaio nelle Marche, Milano 1956, p. 124; U. Fedeli, L. Galleani, Cesena 1956, pp. 72, 163, 164; Id., Breve storia dell'Unione Sindacale Italiana, in Volontà, X (1957), pp. 518-24, 595-99, 645-54; E. Santarelli, Il socialismo anarchico in Italia, Milano 1959, pp. 28, 40 n., 135 s., 138, 155 s., 170; C. Costantini, Gli anarchici durante la prima guerra mondiale, in Il movimento operaio e socialista in Liguria, VII (1961), n. 2, pp. 110 s., 121 n.; G. Bianco, L'attività degli anarchici nel biennio rosso,ibid., VII (1961), n. 2, pp. 125, 133 e n., 136 e n., 141 e n., 145, 150, 155 n.; L. Ambrosoli, Né aderire né sabotare, Milano 1961, pp. 35, 64, 123; G. Salvemini, Scritti sul fascismo, I, Milano 1961, pp. 15 n., 18 n., 61, 378 n., 506 n., 508 n.; II, ibid. 1966, pp. 180, 209; P. C. Masini, Gli anarchici it. e la riv. russa, in Riv. st. del soc., V (1962), n. 15-16, pp. 144 s., 164, 167; G. Perillo, I comunisti e la lotta di classe in Liguria negli anni 1921-22, in Mov. op. e soc., VIII (1962), n. 3-4, pp. 286, 287 e n.; IX (1963), n. 2-3, p. 227; Federazione anarchica italiana. Congressi e convegni 1944-1962, a cura di U. Fedeli, Genova 1963, pp. 152, 157, 161, 173, 218 e passim; P. Spriano, L'occupazione delle fabbriche, Torino 1964, pp. 141, 142 n.; E. Santarelli, Le Marche dall'Unità al fascismo, Roma 1964, pp. 222 n., 240 n., 246 n.; G. Arfè, Storia del socialismo italiano Torino 1965, p. 203; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, Torino 1965, p. 237; L. Lotti, La settimana rossa, Firenze 1965, pp. 56, 117 s., 249 n., e passim; G. Trevisani, Lineamenti di storia del mov. op. ital., III, Milano 1965, pp. 128 s., 195 n., 200, 201, 207, 268, 269, 270, 271 n.; H. Rolland, Alcuni commenti a "mezzo secolo" di glorie di A. B., Genova s.d. (ma 1965); Ch. F. Delzell, I nemici di Mussolini, Torino 1966, pp. 102 e n., 103, 149; B. Vigezzi, L'Italia di fronte alla prima guerra mondiale, I, Napoli 1966, pp. 295 s., 401 n., 857 n., 876, 926 s.; P. Spriano, Storia del partito comunista italiano, I, Torino 1967, pp. 72 e n., 192 n., 197 n.; R. Vivarelli, Il dopoquerra in Italia e l'avvento del fascismo (1918-1922), I, Napoli 1967, pp. 437 ss., 441 n., 450; E. Santarelli, Storia del movimento e regime fascista, Roma 1967, I, p. 237; B. Anatra, in Enc. dell'antifascismo e della resistenza, I, Milano 1968, pp. 337 s., sub voce; G. Cerrito, L'antimilitarismo anarchico in Italia nel primo ventennio del secolo, Pistoia 1968, pp. 17, 19, 27, 28 n., 36 n., 47, 51, 54, e passim; P. C.Masini, Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta, Milano 1969, pp. 360 ss., 365; A. Andreasi, Anarchismo e sindacalismo nel pensiero di A. B. (1907-22), (relazione ciclostilata al Convegno di studi sull'anarchismo, a cura della Fondazione L. Einaudi, Torino 5-7 dic. 1969); O. Lupo, I sindacalisti rivoluzionari nel 1914, in Riv. storica del social., X (1970), n. 32, passim.