Nannuzzi, Armando
Direttore della fotografia, nato a Roma il 21 settembre 1925 e morto a Ostia (Roma) il 14 maggio 2001. Tra la seconda metà degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta fu uno dei protagonisti del bianco e nero italiano. La sua fotografia, caratterizzata da uno sguardo barocco e da raffinati chiaroscuri, si muoveva nel solco di una retorica luministica classica, ignorando i segnali di rinnovamento che in quegli stessi anni venivano dalla Nouvelle vague. Trasportò poi nel colore la ricerca dei contrasti e il gusto per la densità dell'immagine. Nel corso della sua carriera ottenne cinque Nastri d'argento.Costretto a lasciare presto la scuola per contribuire al bilancio familiare, a quattordici anni era già apprendista operatore a Cinecittà. Divenne aiuto operatore a partire da La corona di ferro (1941) di Alessandro Blasetti, illuminato da Vaclav Vich, e fece parte delle troupe di alcuni dei maggiori direttori della fotografia italiani, Mario Craveri, Ubaldo Arata, Carlo Montuori, Massimo Terzano. Come operatore alla macchina fu al fianco di Domenico Scala nel 1948 in Sotto il sole di Roma di Renato Castellani e Fuga in Francia di Mario Soldati, e di Arturo Gallea in Due soldi di speranza (1952) di Castellani e Pane, amore e fantasia (1953) e La bella di Roma (1955), entrambi di Luigi Comencini.
Esordì come direttore della fotografia in Lo svitato (1956) di Carlo Lizzani, ma il film che lo rivelò fu La donna del giorno (1957) di Francesco Maselli, uno dei registi italiani più attenti ai valori compositivi dell'immagine. Crebbe professionalmente insieme alla generazione di cineasti che incarnavano il filone più amaro e le ambizioni più nobili della commedia all'italiana, Mauro Bolognini, Antonio Pietrangeli, Comencini (per il quale girò ben undici film). Si impose all'attenzione della critica con due film di Bolognini, Giovani mariti (1958), per il quale ottenne il suo primo Nastro d'argento, e Il bell'Antonio (1960). Nei film di Pietrangeli Adua e le compagne (1960), La visita (1963), La parmigiana (1963), Io la conoscevo bene (1965) rilesse in chiave moderna la lezione dei maestri del bianco e nero italiano degli anni Quaranta, presso i quali si era formato. Ebbe un altro Nastro d'argento per Vaghe stelle dell'Orsa (1965) di Luchino Visconti. Il colore, che padroneggiò perfettamente solo a partire da Incompreso (1966) di Comencini, per il quale ricevette un Nastro d'argento, e soprattutto da Porcile (1969) di Pier Paolo Pasolini, esaltò la vena di sensualità che la sua fotografia già aveva espresso in precedenza. In questo campo il suo capolavoro rimane La caduta degli dei (1969) di Visconti, caratterizzato da un trattamento cromatico quasi espressionista, con violenti tagli di luce che scolpiscono le figure dei protagonisti. Nei primi anni Settanta l'approccio di N. al colore raggiunse una grande maturità che si può apprezzare nel kolossal Waterloo (1970) di Sergej F. Bondarčuk e in Ludwig (1972) di Visconti, in cui le figure 'esplodono' dal nero, ma anche nelle tinte sature e iperrealiste di Valdez, il mezzosangue (1973) di Duilio Coletti e John Sturges. Proprio in quel periodo egli decise di tentare la strada della regia, girando L'albero dalle foglie rosa (1974) e Natale in casa d'appuntamento (1976). Questa parentesi, dai risultati modesti, segnò anche un momento di crisi per la sua carriera di direttore della fotografia. Fu costretto ad accettare film minori e al contempo lavorò in televisione (il suo ultimo Nastro d'argento gli fu assegnato proprio per Gesù di Nazareth, 1977, di Franco Zeffirelli). Solo faticosamente ritrovò piena fiducia nei propri mezzi espressivi, soprattutto in Il mondo nuovo, noto anche come La nuit de Varennes (1982) di Ettore Scola. Tuttavia nei film fotografati da N. dopo gli anni Settanta si avverte una certa incapacità di stare al passo con i mutamenti del gusto figurativo, come se egli avesse smarrito il contatto con la sensibilità dell'epoca. Nel 1986, sul set di Maximum overdrive (Brivido) di Stephen King, perse un occhio in un incidente, ma ciò non gli impedì di proseguire la sua attività.Tra gli altri registi con i quali ebbe modo di lavorare nel corso della sua carriera sono da ricordare Riccardo Freda, Alberto Lattuada, Vittorio De Sica, Vito Pandolfi, Dino Risi, Tonino Cervi, Liliana Cavani, Edouard Molinaro, Giuliano Montaldo e Roger Corman.
Il figlio Daniele (nato nel 1949) ha intrapreso la stessa carriera del padre.
S. Consiglio, F. Ferzetti, Armando Nannuzzi. Quarant'anni di luce, in La bottega della luce: i direttori della fotografia, a cura di S. Consiglio, F. Ferzetti, Milano 1983, pp. 117-29; S. Masi, I maghi della luce: Armando Nannuzzi, in "Ciak si gira", 1986, 12, pp. 110-13.