SAPORI, Armando.
– Nacque a Siena l’11 luglio 1892 da Giuseppe e da Zuleika Lenzi. Il padre, originario di Montieri (Grosseto), era un impiegato del Monte dei Paschi di Siena, mentre la madre, casalinga, era figlia di un magistrato di Foiano della Chiana (Arezzo) di ideali risorgimentali e massonici.
Giuseppe, che grazie al suo stipendio assicurava alla famiglia – di cui faceva parte anche il secondogenito Azelio (1898-1983) – una discreta agiatezza, si adoperò con determinazione affinché i figli studiassero. Armando ebbe una brillante carriera scolastica al termine della quale, nel 1910, dovette però accantonare la sua inclinazione per l’arte e la letteratura e iscriversi a giurisprudenza, l’unico corso di studi umanistici presente allora a Siena. Compensò tale rinuncia con lo studio del violino e l’attività di giornalista (1910-17) nel quotidiano politico-letterario di tendenze liberali La Vedetta senese. Fu probabilmente anche a causa di questi impegni che si laureò solo nel 1919, con una tesi in diritto penale sull’infanticidio.
Nel giro dei due anni successivi la vita di Sapori ebbe due svolte: nel 1920 il matrimonio con la senese Cadira Nervegna, figlia di un tecnico della Società italiana per le strade ferrate del Mediterraneo, che sei anni più tardi gli avrebbe dato l’unica figlia, Giuliana; nel 1921 vinse il concorso per «aiutante in prova» nell’Amministrazione degli Archivi di Stato presso la sede di Firenze, città in cui decise di trasferirsi con la moglie. Qui entrò in rapporti con la Deputazione toscana di storia patria, di cui divenne socio nel 1924, cominciando a collaborare con la redazione dell’Archivio storico italiano, e soprattutto, nel giro di poco meno di un decennio, percorse i gradini della carriera funzionariale, divenendo nel 1930 «primo archivista». Ma, nella prospettiva della sua esistenza successiva, l’archivio fiorentino, con la straordinaria ricchezza delle sue fonti e la presenza di colleghi come Antonio Panella, Antonio Anzilotti e Bernardino Barbadoro, propiziò un’evoluzione ancora più importante, la scelta in favore della ricerca storica.
Tra il 1922 e il 1925 Sapori avviò infatti le prime indagini sulle società mercantili-bancarie fiorentine del tardo Duecento e della prima metà del Trecento, ricerche sfociate già nel 1926 nella pubblicazione di La crisi delle compagnie mercantili dei Bardi e dei Peruzzi. Il libro ottenne numerose recensioni che, a fronte di qualche rilievo, ne sottolineavano la solidissima base documentaria, la capacità di cogliere le interazioni fra economia e politica, l’importanza nel dibattito sul «capitalismo medievale». Tra i recensori vi erano Gino Luzzatto, con il quale Sapori instaurò subito un dialogo storiografico destinato a diventare anche una solida amicizia, e il medievista francese Marc Bloch, cui non era sfuggita la novità del volume.
Nel frattempo la sua spiccata capacità di allacciare fecondi rapporti scientifici e umani, cui non fu di sostanziale ostacolo neppure il discreto, ma fermo dissenso che mantenne sempre nei confronti del fascismo, lo aveva posto in contatto con esponenti di primo piano dell’establishment politico-culturale dell’epoca: da Fausto Nicolini, archivista e studioso di storia della letteratura italiana, tramite il quale conobbe Benedetto Croce, a Gioacchino Volpe; da Giovanni Gentile, che lo chiamò a collaborare con l’Enciclopedia Italiana e divenne per lui un riferimento importante, ad Angelo Sraffa, giurista e personaggio di rilievo nell’ambiente dell’Università commerciale Luigi Bocconi di Milano.
Negli anni successivi Sapori intensificò le sue ricerche sulle strutture e i protagonisti della vita economica fiorentina del tardo Medioevo, sia attraverso la prima di una serie di impeccabili edizioni di fonti contabili (I Libri di commercio dei Peruzzi, 1934), sia grazie a saggi di sicuro rilievo, come Una compagnia di Calimala ai primi del Trecento (1932), allargando poi il suo campo d’interesse fino a costruire – con La cultura del mercante medievale italiano (1937) e Mercatores (1941) – una storia a tutto tondo degli uomini d’affari fiorentino-toscani e più latamente italiani. Nel 1940 raccolse il frutto di oltre un quindicennio di ricerche nel volume Studi di storia economica medievale, riedito nel 1946 in versione ampliata e ancora accresciuto nell’edizione del 1955, ora in due volumi e con il titolo di Studi di storia economica. Secoli XIII, XIV, XV.
Gli anni Trenta, in effetti, videro la sua definitiva consacrazione. Nel 1932, realizzando un desiderio che coltivava da tempo, Sapori lasciò l’impiego di archivista per l’Università, dove approdò come vincitore del concorso per la cattedra di storia delle dottrine e delle istituzioni economiche e finanziarie presso l’Università di Ferrara: a quarant’anni iniziava una carriera accademica che si sarebbe subito rivelata intensa e multiforme. Già a partire dal 1933 infatti, su proposta di Gentile, allora vicepresidente della Bocconi, cominciò a insegnare storia economica nell’Ateneo milanese, mentre nello stesso anno ottenne l’affidamento del corso di storia delle istituzioni politiche presso l’Istituto superiore di scienze sociali e politiche Cesare Alfieri di Firenze, per poi ricoprire dal 1935, chiuso definitivamente il periodo ferrarese, la cattedra di storia economica alla facoltà di economia e commercio della città toscana.
Intanto, anche grazie ai suoi magistrali interventi ai Congressi internazionali di scienze storiche di Varsavia (1933) e Zurigo (1938), era sempre più noto fuori dalla penisola. Fin dal 1928 – stando alla documentazione dell’archivio Sapori – era entrato in rapporti epistolari con Henri Pirenne, che poté poi conoscere di persona a Firenze, e dal 1933 con Bloch, che lo invitò a contribuire alle Annales d’histoire économique et sociale e al quale Sapori espresse il suo entusiasmo per l’avventura della nuova rivista. L’allargamento della sua rete di relazioni è ben testimoniato dall’epistolario, in cui compaiono sempre più spesso i nomi dei maggiori studiosi stranieri di storia economica o economico-sociale di allora.
Alla metà degli anni Trenta, tuttavia, soffrì anche perdite dolorose, come la morte della madre, nel 1934, e l’anno successivo della moglie, che lasciava una figlia ancora bambina. Furono anni non facili anche per il clima generale di incertezza, l’inasprirsi del regime fascista, lo scoppio del secondo conflitto mondiale.
Nel dopoguerra la passione civile che lo aveva contraddistinto fin da ragazzo divenne un impegno politico formalizzato: nel 1946 fu eletto consigliere comunale a Firenze come indipendente nelle liste del Partito comunista italiano, mentre nel 1948 entrò in Senato come esponente del Fronte popolare, e vi rimase fino al 1953 occupandosi soprattutto di questioni relative all’istruzione e alla scuola. Ciò non gli impedì di continuare la sua attività di docente e di studioso, che anzi conobbe una nuova fase grazie all’incontro con Lucien Febvre, allora direttore delle Annales, e la creazione di più forti legami con quella storiografia, che pure – a differenza di quanto talvolta si legge – Sapori aveva seguito e apprezzato fin dalle sue origini. In quegli anni, per occasioni scientifiche e amicali, fece diversi viaggi in Francia, dove fu insignito della laurea honoris causa dall’Università di Poitiers (1950) e dalla Sorbonne (1960). Nel 1952, intanto, pubblicava Le marchand italien au Moyen Age, in cui aveva raccolto una serie di conferenze tenute nel 1949 presso l’École pratique des hautes études di Parigi, mentre nel 1956 affidava alle Annales un denso contributo in cui, con taglio innovatore, affrontava questioni quali il Rinascimento economico, il rapporto tra fenomeni economici e culturali, il declino dell’Italia.
Nel 1952 Sapori divenne magnifico rettore della Bocconi, che guidò per un quindicennio impegnandosi nell’allargamento dell’offerta didattica, nel potenziamento delle strutture, nella sempre più effettiva applicazione del diritto allo studio. Nel 1953 ricevette il premio Einaudi dell’Accademia nazionale dei Lincei, che tre anni più tardi lo accolse come socio nazionale.
Nel 1957, in occasione dei suoi venticinque anni di insegnamento, fu celebrato con due volumi cui parteciparono un’ottantina di colleghi italiani e stranieri. Presentando gli studi, Fernand Braudel lo paragonò a Bloch e a Pirenne, un riconoscimento che non poteva non renderlo orgoglioso, e non solo per l’altezza del confronto: Sapori considerava infatti quest’ultimo uno dei suoi maestri d’elezione, così come Gino Luzzatto, Gaetano Salvemini e, in qualche misura, Werner Sombart. Rispetto a ognuna di queste grandi figure, tuttavia, aveva coscienza della propria originalità di studioso cresciuto al di fuori delle scuole e impegnato a conciliare ciò che difficilmente coesiste. Interessato alla vita economica, inseguiva una visione ‘unitaria’ e ‘globale’ del processo storico; formatosi sulle contabilità aziendali, teorizzava l’impiego del più ampio ventaglio di fonti; critico rispetto alla tradizione di studi ‘positivi’ della scuola economico-giuridica, crocianamente consapevole della contemporaneità di ogni storia, chiedeva allo storico intelligenza, fantasia, immaginazione e sensibilità, ma anche coerenza fra pensiero, parola e azione.
Nel decennio che intercorse tra la pubblicazione dei volumi in suo onore e la conclusione della sua carriera universitaria, Sapori licenziò ancora numerose pubblicazioni, tra cui vari saggi su temi di metodologia, storiografia e storia della mentalità poi confluiti nel 1967 nel terzo volume degli Studi di storia economica. In seguito i suoi contributi scientifici si diradarono, ma non si può dire che rimanesse inoperoso. Già da qualche tempo, infatti, aveva cominciato a disegnare, eseguendo soprattutto ritratti a matita, e dal 1971 anche a modellare figure in creta: epilogo perfetto per una personalità che amava compiacersi di somigliare, come storico e come uomo, «a un artigiano del buon tempo antico» (Lopez, 1976, p. 309).
Morì a Milano il 6 marzo 1976.
Fonti e Bibl.: Per l’elenco completo delle opere dello storico – circa 360 titoli – cfr. la Bibliografia degli scritti di A. S., a cura di G. Sapori, in Catalogo della biblioteca di A. S., a cura di A.M. Bertolla et al., I, Montepulciano 1982, pp. 19-49. Un valore speciale, per la ricostruzione della vita e dell’attività di Sapori, rivestono i due volumi autobiografici – Mondo finito, Roma 1946, e Cose che capitano, Milano 1971 – raccolti, sempre nel 1971, sotto il titolo A. S. ricorda.
L’archivio di Armando Sapori, il cui nucleo principale è costituito dalla corrispondenza ricevuta, e la sua biblioteca sono conservati presso la Biblioteca comunale degli Intronati di Siena; i principali contributi sulla sua figura e la sua opera sono quelli di L. Febvre, Profil d’A. S., in Studi in onore di A. S., I, Milano 1957, pp. IX-XX; G. Luzzatto, A. S. storico, ibid., pp. XXI-XXXV; D. Cantimori, Ritratti critici di contemporanei: A. S., in Belfagor, XVII (1962), 6, pp. 886-700; N. Valeri, La polemica sul Rinascimento nell’opera di A. S., in Nuova rivista storica, XLVII (1963), pp. 187-194; A. De Maddalena, Ricordo di A. S., in Giornale degli economisti e Annali di economia, XXXV (1974), 9-10, pp. 527-540; R.S. Lopez, Storici e storia: A. S., in Rivista storica italiana, LXXXVIII (1976), 2, pp. 307-309; E.-R. Labande, Un historien qu’on ne saurait oublier: A. S. (1892-1976), in Le Moyen Age, LXXXIV (1978), 3-4, pp. 557-568; G. Cherubini, A. S. storico del Medioevo, in Bullettino senese di storia patria, XC (1983), pp. 249-262; F. Franceschi, A. S. e la storia economica à part entière, in Storia economica, XVII (2014), pp. 367-383; A. S., a cura di S. Moscadelli - M.A. Romani, in corso di stampa (in partic. il saggio di S. Moscadelli, A. S.: un profilo biografico).