ARMARIUM
Dal lat. classico arma, indica un ripostiglio o più spesso una nicchia ricavata in una parete per custodirvi armi, strumenti e più tardi libri; dall'Alto Medioevo l'a. designa generalmente la biblioteca. "Claustrum sine armario est quasi castrum sine armamentario": alla fortuna di questo detto, che torna di frequente nella letteratura del sec. 12°, è legata l'identità della biblioteca monastica, depositaria privilegiata e tradizionale referente della cultura medievale. Di regola modesta per dimensioni e numero di libri, era contenuta nello spazio di un unico mobile, l'a. o arca, spesso destinato ad accogliere i pochi libri di una piccola comunità e insieme, talvolta, strumenti per scrivere (tavolette cerate, stili e ancora fogli di pergamena, raschietti, calami e inchiostri), utensili chirurgici e filtri di farmacopea. Ne restituisce l'immagine un soggetto ricorrente nei frontespizi di molti manoscritti medievali, soprattutto negli evangeliari carolingi e bizantini, dove, alle spalle dell'autore, compaiono a. stipati di libri e di strumenti scrittori.La definizione dell'a. come luogo di conservazione di libri ha tuttavia origini classiche. Plinio il Giovane scrive a proposito della sua biblioteca: "Armarium parieti in bibliothecae speciem insertum" (Ep., II, 17, 8). Una nicchia ricavata nella parete di un ambiente di studio rispondeva del resto perfettamente alle necessità di spazio proprie di una piccola raccolta privata, come presumibilmente ne dovevano esistere nelle case di molti intellettuali dell'aristocrazia romana. Proprio questo modello, lo stipo di piccole dimensioni colmo di volumina, sarebbe stato associato al tema del filosofo antico fra i suoi libri, poi filtrato nel ritratto dell'evangelista o del santo dottore medievale.Sin dall'Antichità, la tipologia delle biblioteche pubbliche e certamente, alla fine dell'Impero, quella adottata dalle prime grandi raccolte nell'Occidente cristiano era articolata per a.: a questo schema si sarebbero uniformate la biblioteca pontificia fondata da papa Damaso (366-384), più tardi trasferita nei palazzi Lateranensi, e ancora la biblioteca di Agapito (535-536) al Celio. Di quest'ultima, insediata dal pontefice nella propria residenza e probabilmente inglobata, pochi decenni più tardi, da Gregorio Magno nel complesso del monastero di S. Andrea, si possiede un profilo piuttosto preciso grazie agli studi ricostruttivi di Marrou (1931). I resti che se ne conoscono appartenevano a un vasto ambiente absidato a pianta rettangolare; gli a. dovevano con buona probabilità essere dislocati lungo le pareti; in alto si snodava un fregio dipinto dove apparivano, assisi, il costruttore e gli auctores delle opere conservate nei mobili sottostanti. A questo ciclo di ritratti, singolare via di mezzo tra l'arredo decorativo e l'indicazione topografica, si accompagnava una teoria di legendae riportate dalla silloge di Einsiedeln (fine sec. 8°). A un arredo sostanzialmente analogo doveva essere pertinente il ritratto di s. Agostino (fine sec. 6°) ritrovato nei sotterranei del nucleo più antico dei palazzi Lateranensi e generalmente riferito all'età di insediamento della raccolta in Laterano, attribuita con una certa approssimazione al pontificato di Gregorio Magno.Ancora a questa formula avrebbe fatto appello Cassiodoro per la struttura della biblioteca impiantata a Vivarium, nella quale si riconosce generalmente il primo grande esempio di biblioteca monastica medievale. Distribuito in a. numerati per argomento, nella raccolta vivariana era riunito uno straordinario patrimonio testuale; vi trovavano spazio, accanto alle Sacre Scritture, i Padri della Chiesa latini e greci - in armario octavo (Inst., I, 8; 14) -, l'esegesi contemporanea e ancora opere d'interesse scientifico e tecnico, secondo un progetto di unità del sapere non più ripetuto almeno sino alla rinascita carolingia. Esperimento di pochi decenni, presto disperso, la biblioteca di Vivarium avrebbe esercitato un eccezionale fascino sulla fisionomia delle biblioteche medievali, soprattutto attraverso la tradizione manoscritta delle Institutiones cassiodoriane, vera bibliographie analytique (Courcelle, 1948) dei codici vivariani. Tramite altomedievale di questa tradizione verso l'Europa carolingia sarebbero stati i centri del monachesimo insulare; nelle fonti britanniche, tra l'altro, l'identità tra biblioteca e a. sembra conoscere una particolare fortuna. Un'idea abbastanza precisa circa l'aspetto dei contenitori di libri altomedievali è fornita da alcune raffigurazioni. Si trattava in genere di mobili in legno piuttosto bassi, provvisti di ripiani e di ante. A questo modello rispondono i caratteri dell'a. riconoscibile accanto a s. Lorenzo in una delle lunette a mosaico del mausoleo di Galla Placidia a Ravenna (sec. 5°). Alcuni esemplari più capienti potevano raggiungere in altezza l'estensione dell'intera parete; un a. di questo tipo, splendidamente intarsiato, compare nel frontespizio del Codex Amiatinus (Firenze, Laur., Amiat. 1), testo ispirato con buona probabilità a un prototipo vivariano.In altri casi la biblioteca poteva identificarsi con una sorta di cassa, l'arca, nella quale trovavano spazio, insieme ai libri, paramenti, suppellettile liturgica, documenti: in una parola il thesaurus ecclesiae. La rappresentazione di un mobile di questo tipo introduce, nel codice cassinese di Rabano Mauro, il cap. De Bibliotheca (Montecassino, Bibl., 132, pp. 94-95). A questo stesso uso doveva presumibilmente essere destinata una cassa lignea intagliata (sec. 11°) proveniente da Terracina (Roma Mus. del Palazzo di Venezia).Per definizione non luogo di consultazione ma semplice deposito di libri, elemento di puro arredo, difficilmente l'a. risulta condizionante nell'architettura di un monastero altomedievale. Alcune importanti ma significative eccezioni costituiscono pochi esempi carolingi raccolti da Horn, Born (1979) intorno al modello riportato nel piano di San Gallo (Stifsbibl., 1092). Nel nuovo monastero di San Gallo, come a Centula e a Saint-Wandrille, alla conservazione dei libri risulta destinato un ambiente autonomo sovrapposto e organicamente connesso allo scriptorium e come questo innestato all'estremità est dell'aula abbaziale, stretto fra l'abside e il braccio nord del corpo trasverso. A questa stessa radice, scaturita da una suggestione forse non remota dei grandi precedenti carolingi, è apparentata l'"aediculam [...] parvulam sed competentem plane, in qua libri reconderentur" (Chronica Monasterii Casinensis, III, 10) che avrebbe inaugurato due secoli più tardi la campagna ricostruttiva della Montecassino desideriana.In generale, anche nei casi più rilevanti si trattava di ambienti di piccole dimensioni, sufficienti a contenere un numero di volumi che restava piuttosto limitato. Le sole conoscenze quantitative in proposito sono affidate ai cataloghi medievali. Questi rappresentano nel loro insieme una fonte documentaria di un genere ibrido, che spazia dall'indice di consultazione all'itinerario colto, al nudo inventario patrimoniale; repertori che in ogni caso difficilmente superano le poche centinaia di titoli: nel sec. 9° la raccolta più ricca, registrata a Lorsch, assomma poco più di cinquecento voci. A ridurre ulteriormente le dimensioni di questo scarno corredo può contribuire una seconda osservazione: gli item dei cataloghi medievali sono generalmente ripartiti sulla base del numero delle opere o degli autori disponibili in una raccolta, quantità che non si traduce necessariamente in altrettanti volumi; elemento principe delle biblioteche di questo periodo è infatti spesso il volume miscellaneo.Il passaggio dal mobile o dal semplice vano in una parete al piccolo ambiente - processo che si verifica in modo sempre più frequente in età romanica - in molte situazioni poteva essere favorito dalla particolare vitalità di un centro di produzione libraria. Un'eccezionale esemplificazione di questo fenomeno si manifesta nell'evoluzione delle biblioteche cistercensi. Presenza costante già nei primi monasteri dell'ordine, l'a. era in origine costituito da una o più nicchie ricavate nella parete ovest del chiostro a ridosso dell'ingresso della chiesa conventuale. A questo modello, proprio dei complessi più antichi e sopravvissuto nelle fondazioni più piccole (ne sono state ritrovate tracce a Fontenay, ma anche a Silvanès e a Bonport), nell'arco di pochi decenni potevano subentrare veri e propri vani più o meno capienti; è quanto avvenne a Clairvaux, dove il rapido accrescimento della biblioteca rese necessaria in pochi decenni la divisione dei libri tra l'a. del chiostro e lo studio di s. Bernardo, per arrivare, alla fine del sec. 13°, nella costruzione di una piccola sala.L'aspetto degli a. affacciati nei chiostri sembra essere stato piuttosto semplice; chiusi da una doppia anta assicurata da una serratura, questi nicchioni erano spartiti da ampie scaffalature delle quali, all'interno del vano, sono spesso visibili le cerniere di sostegno. Accorgimenti erano adottati per difendere i libri dall'umidità: "Armarium, in quo libri reponuntur, intrinsecus ligno vestitum esse debet, ne humor parietum libros humectat vel inficiat" (Obs. Barnwell, 64, ca. 1295-1296, in Dictionary of medieval Latin, 1975, p. 126).La custodia dei libri e con essa le chiavi dell'a. di un monastero erano affidate a una figura precisa, l'armarius o bibliothecarius, spesso identificato con il primo cantore e/o il magister della comunità. Questi, insieme all'abate, sovrintendeva alla distribuzione dei volumi tra i monaci prescritta dalla Regola benedettina in caput Quadragesimae (Regula monachorum, 48, 15); l'armarius provvedeva anche alla compilazione del catalogo dei volumi. La struttura di questi elenchi, nati come rudimentali note d'inventario, venne assumendo nelle sue manifestazioni più tarde il carattere di più o meno efficienti indici di consultazione; a questo scopo dovevano servire alcuni esempi tardomedievali di cataloghi murali, dipinti o riportati su grandi fogli di pergamena affissi in prossimità delle ante dell'armarium.Il definitivo maturare del catalogo, che divenne sempre più decisamente uno strumento di consultazione individuale, affrancato dalla mediazione del bibliotecario, procedette in parallelo alla crisi tardomedievale dell'a. monastico. A partire dal sec. 13°, soprattutto nelle nuove fondazioni degli Ordini mendicanti, si affermò un nuovo modello di biblioteca: al nicchione della parete si sostituì la libraria, un grande ambiente di consultazione, dove i libri, saldamente assicurati ai banchi da catene, erano però offerti alla libera consultazione. Conclusa la parabola altomedievale dell'a., penetrarono anche nei monasteri le forme e gli ambienti dello studium universitario e con essi la cultura della città.
Bibl.:
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Fonti. - Cassiodoro, Institutiones, a cura di R.A.M. Mynors, Oxford 1937, pp. 32, 41; Benedetto da Norcia, La Regola (Regula monachorum), a cura di A. Lentini, Montecassino 1980, pp. 426-429; Chronica Monasterii Casinensis, a cura di H. Hoffmann, in MGH. SS, n.s., XXXIV, 1980, p. 372.
Letteratura critica. - s.v. Armarium, in Du Cange, I, 1883, p. 389; H. Marrou, Autour de la Bibliothèque du Pape Agapit, MAH 48, 1931, pp. 124-160; E. Lesne, Les Livres, ''Scriptoria'' et Bibliothèques (Histoire de la Proprieté Ecclésiastique en France, 4), Lille 1938; J. W. Thompson, The Medieval Library, Chicago 1939 (New York-London 19672); M. Aubert, L'architecture cistercienne en France, Paris 1947, II; P. Courcelle, Les Lettres grecques en Occident. De Macrobe à Cassiodore (BEFAR, 199), Paris 1948, p. 373 ss.; A. Mundò, ''Bibliotheca'', Bible et Lecture de carême d'après Saint Benoît, Revue Bénédictine 60, 1950, pp. 65-92; P. Jeulin, Les transformations topographiques et architecturales de l'abbaye de Clairvaux, in Mélanges Saint Bernard, Dijon 1953, pp. 325-341; s.v. Armaria, in Lexicon mediae et infimae latinitatis Polonorum, a cura di M. Plezia, I, Warszawa 1953, coll. 753-754; s.v. Armaria, in Glossarium Mediae Latinitatis Sueciae, a cura di U. Westembergh, I, Stockholm 1968, p. 67; A. Petrucci, La concezione cristiana del libro fra VI e VII secolo, SM, s. III, 14, 1973, pp. 961-984; s.v. Armaria-Armarius, in Dictionary of medieval Latin from British Sources, a cura di R.E. Latham, I, London 1975, pp. 126-127; A. Momigliano, s.v. Cassiodoro, in DBI, XXI, 1978, pp. 494-504; A. Derolez, Les catalogues des bibliothèques médiévales (Typologie des sources du Moyen Age occidental, 31), Turnhout 1979; W. Horn, E. Born, The Plan of St. Gall. A Study of the Architecture and Economy of, and Life in a paradigmatic carolingian Monastery, Berkeley 1979, I, pp. 145-151; A. Vernet, La Bibliothèque de l'Abbaye de Clairvaux du XIIe au XVIIe siècle, I, Catalogues et Répertoires, Paris 1979, pp. 11-22; G. Binding, s.v. Armarium, in Lex Mittelalt., I, 1980, col. 964; K.W. Humphreys, The Early Medieval Library, in Palaeographie, "Colloquium du Comité Intérnational de Paléographie, München 1981", München 1982, pp. 59-70; A. Petrucci, Le biblioteche antiche, in Letteratura italiana, a cura di A. Asor Rosa, II, Produzione e consumo, Torino 1983, pp. 527-554: 527-537; id., Dal libro unitario al libro miscellaneo, in Tradizione dei classici. Trasformazioni della cultura, Bari 1986, pp. 173-187, 271-274; G. Cavallo, Dallo scriptorium senza biblioteca alla biblioteca senza scriptorium, in Dall'eremo al cenobio (Antica Madre), Milano 1987, pp. 331-422; Le biblioteche nel mondo antico e medievale, a cura di G. Cavallo, Roma-Bari 1988.L. Speciale