Vedi Armenia dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
L'Armenia è una repubblica del Caucaso meridionale indipendente dall’Unione Sovietica (Urss) dal settembre 1991. Nonostante l’istanza indipendentistica sia stata, in Armenia, più profonda e diffusa rispetto a quanto avvenuto nelle altre ex repubbliche socialiste sovietiche, l’indipendenza non ha portato a un allontanamento di Yerevan dalla sfera di influenza politica e militare di Mosca: anzi, negli ultimi anni l’Armenia sembra essere divenuta ancora più dipendente dalla Russia. Sebbene non sia stata direttamente interessata dai movimenti secessionistici della regione caucasico-meridionale, il sostegno assicurato ai separatisti armeni nel conflitto del Nagorno Karabach si è tradotto, di fatto, in un conflitto interstatale con l’Azerbaigian. In questo contesto, al sostegno garantito dalla Turchia al vicino azero, ha fatto da contraltare il rilancio dell’intesa strategica tra Russia e Armenia che, se da un lato ha garantito la vittoria militare sul campo e la successiva creazione di un’entità statale de facto in Nagorno Karabach, dall’altra ha finito per intrappolare Yerevan in un gioco di polarizzazioni regionali i cui effetti sono ancora evidenti. La questione nagornina ha ostacolato i primi tentativi di apertura delle relazioni diplomatiche con la Turchia, cementando il legame tra Mosca e Yerevan e facendo sì che l’Armenia non seguisse il percorso filo-occidentale imboccato da Georgia e Azerbaigian. Proprio il Nagorno Karabach è tornato ad essere nuovamente un focolaio di tensioni quando nel luglio del 2014, alcuni scontri al confine tra Armenia e Azerbaigian hanno causato la morte di 16 soldati azeri e 6 armeni. Sebbene nell’agosto dello stesso anno, i capi di stato dei due paesi si siano incontrati nella città russa di Soči nel tentativo di bloccare un’escalation di tensioni, la questione rimane ancora aperta e destinata a rimanere insoluta nei prossimi anni. Il tentativo di rompere l’isolamento geopolitico aveva indotto Yerevan – prima ancora che ad aprire canali di dialogo con Ankara – ad approfondire i legami con la Nato e l’Unione Europea (Eu), con la quale collabora nell’ambito della ‘Politica europea di vicinato’ e del ‘Partenariato orientale’. Grazie anche alla presenza di un’influente diaspora (stimata in circa 8 milioni di armeni), il paese ha tradizionalmente beneficiato di solidi rapporti con gli Usa. Un brusco cambio di rotta rispetto ai tentativi di avvicinamento con l’Occidente è stato rappresentato nel 2015 dall’annuncio dell’ingresso dell’Armenia nell’Unione economica eurasiatica (Eeu).
Alla sfavorevole collocazione geografica del paese si sommano i pericolosi elementi di instabilità politico-istituzionale ed economica armena. L’architettura costituzionale accentra nella carica del presidente della repubblica notevoli poteri e influenza: eletto per un mandato quinquennale rinnovabile una sola volta, determina la politica estera del paese, nomina e revoca l’esecutivo, e può sciogliere il parlamento, oltre che nominare il presidente e i membri della Corte costituzionale e delle Corti d’appello. È una Costituzione rigida e qualsiasi emendamento alla Carta deve essere approvato a maggioranza qualificata e tramite referendum. Si inserisce in questo contesto l’iniziativa del presidente Serzh Sargsyan di emendare la Costituzione, nel tentativo di ottenere un terzo mandato nel 2018, opzione approvata dal 63% della popolazione al referendum del dicembre 2015. Le proteste dell’opposizione, unite a quelle contro il governo Abrahamyan e la crisi economica, rischiano di destabilizzare il paese.
Il parlamento armeno, unicamerale, è composto da 131 deputati, 90 dei quali eletti proporzionalmente sulla base delle liste di partito, mentre i restanti 41 con voto popolare in collegi uninominali. Nella tornata elettorale del maggio 2012, il Partito repubblicano armeno (Rpa), guidato dal presidente Sargsyan, si è confermato come principale forza politica del paese, ottenendo la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari e dando vita a un governo monocolore. Rpa aveva già guidato la coalizione governativa nel quinquennio 2007-12 con il sostegno del partito Stato di diritto e di Armenia prospera (Bhk), oggi all’opposizione. Dalla coalizione di governo uscente si era invece ritirata la Federazione rivoluzionaria armena (Arf), formazione nazionalista. Ulteriore novità introdotta dalle elezioni del maggio 2012 è stato l’ingresso in parlamento del Congresso nazionale armeno (Anc), guidato dall’ex presidente Levon Ter-Petrosyan.
L’Armenia è il paese etnicamente più omogeneo della regione caucasica. Il 95% della popolazione è armena, mentre la restante parte è formata da russi (2%), curdi (2%) e azeri (1%). Si stima tuttavia che circa 200.000 azeri abbiano lasciato il paese a seguito del conflitto in Nagorno Karabach. All’omogeneità etnica corrisponde un’omogeneità confessionale: la quasi totalità della popolazione appartiene alla Chiesa apostolica armena, chiesa autocefala ed elemento centrale dell’identità nazionale. Benché l’Armenia proibisca le attività di proselitismo religioso, la libertà di culto è garantita. Della crescita economica che ha caratterizzato il paese dopo il 2000 non ha beneficiato la gran parte della popolazione: secondo la Banca mondiale, ancora nel 2013 il 32% di essa viveva infatti sotto la soglia nazionale di povertà. Ciò ha comportato un massiccio fenomeno migratorio. Secondo i dati della Banca mondiale, sarebbero oltre 870.000 gli armeni all’estero (soprattutto in Russia, Usa e Ucraina): un numero significativo se confrontato con la popolazione nazionale attualmente residente. Nonostante gli emendamenti costituzionali del 2005 abbiano ridotto i poteri della presidenza e attribuito maggiore indipendenza al potere legislativo e giudiziario, questi ultimi rimangono soggetti alle pressioni politiche dell’esecutivo. Inoltre, con il referendum del 2015 il mandato presidenziale passerà da cinque a sette anni e i poteri del primo ministro saranno rafforzati, nell’eventualità che Sargsyan diventi premier. La corruzione e la commistione tra potere politico ed economico restano problematiche ampiamente diffuse e non efficacemente affrontate dai governi armeni, nonostante le pressioni internazionali. Per quanto ancora lontani dagli standard internazionali, i processi elettorali in Armenia hanno fatto segnare nel corso degli anni un progressivo miglioramento in termini di trasparenza e inclusività. Ciò è emerso in particolar modo dalle elezioni legislative del 2012, appuntamento tanto più delicato in ragione dei violenti scontri di piazza che avevano seguito le elezioni presidenziali del 2008 e si erano prolungati sino al 2011, quando Yerevan è stata teatro di massicce manifestazioni. Il giudizio positivo sulla regolarità delle elezioni del 2012 espresso dagli osservatori internazionali ha rappresentato un rilevante passo avanti, nonostante si tema che l’instabilità possa tornare a caratterizzare l’Armenia in vista dei prossimi appuntamenti elettorali del 2017 e 2018.
Povera di risorse strategiche e vittima del blocco economico turco e azero, l’economia armena si è sviluppata su una base produttiva limitata – legata al settore delle costruzioni e dei servizi. Ciononostante, le riforme economiche introdotte d’intesa con il Fondo monetario internazionale nella seconda metà degli anni Novanta e un massiccio afflusso di assistenza tecnica e finanziaria hanno permesso, dall’inizio del nuovo secolo, una forte crescita economica. Tra il 2002 e il 2007 il pil è cresciuto a tassi annui medi del 13%, salvo subire gli effetti della crisi e crollare, dopo una lieve flessione già nel 2008, di circa 14 punti percentuali nel 2009. La vulnerabilità dimostrata dall’economia armena rispetto alla crisi internazionale è in parte legata al peso delle rimesse, crollate del 25% circa nel 2009. L’economia armena ha scontato anche gli effetti della crisi in Russia, il principale partner commerciale del paese. Nel 2015, il pil è cresciuto del 2,5%, trainato dal settore industriale e minerario. A sostenere la crescita ha contribuito anche la ripresa dei flussi di rimesse dall’estero, che nel 2013 hanno superato i livelli precedenti alla crisi (più di due miliardi di dollari, quasi il 20% del pil).
La produzione energetica si basa sul settore idroelettrico e sul nucleare. Yerevan ha ereditato dall’Urss la centrale nucleare di Metsamor, che fornisce circa il 40% dell’elettricità consumata dal paese. Nonostante le pressioni statunitensi, europee e turche per la chiusura di un impianto obsoleto e la progettazione di uno nuovo (in collaborazione e con capitali russi), le autorità armene hanno escluso la possibilità di decommissionare la centrale entro il 2016. Priva di riserve di idrocarburi, l’Armenia importa circa il 75% del proprio fabbisogno energetico, principalmente dalla Russia. Le tensioni con Azerbaigian e Turchia hanno difatti escluso il paese dalle rotte energetiche tra il Caspio e i mercati occidentali. L’elevata dipendenza da Mosca si è tradotta nella progressiva cessione della rete infrastrutturale energetica e ferroviaria del paese a imprese russe. A mettere a rischio la sicurezza energetica nazionale contribuisce inoltre la dipendenza dallo snodo d’approvvigionamento georgiano. La conseguente vulnerabilità rispetto all’andamento delle relazioni russo-georgiane ha indotto Yerevan ad approfondire la cooperazione energetica con l’Iran. Dal 2009 l’Armenia ha iniziato a importare crescenti quantità di gas dall’Iran – ripagate con esportazioni di energia elettrica – e, dal 2012, anche di prodotti petroliferi.
Sin dal conseguimento dell’indipendenza e in stretta connessione con il conflitto in Nagorno Karabach, le politiche di difesa armene si sono fondate sull’alleanza con la Russia. D’altra parte, le ingenti risorse finanziarie che l’Azerbaigian ha potuto devolvere alla spesa militare, forte dei proventi dal settore energetico, hanno fortemente sbilanciato il potenziale militare dei due paesi. La cooperazione militare armeno-russa si esplica sia sul piano bilaterale, che su quello multilaterale. L’Armenia, infatti, ospita una base militare russa a Gyumri – la più importante dell’area con i suoi 3000 uomini in servizio – in seguito a un accordo venticinquennale del 1995 rinnovato, nel 2010, fino al 2044. Inoltre, in base ad un memorandum di cooperazione strategico-militare firmato nel 2013, Mosca implementerà la sua presenza militare nel paese in cambio di assistenza tecnica e della vendita di armi a Yerevan. Il paese fin dal maggio 1992 è tra i firmatari del Trattato di sicurezza collettiva della Comunità degli stati indipendenti (Cis), sostenendo la sua istituzionalizzazione in organizzazione internazionale, il Csto, nel 2002 e i successivi tentativi di ampliarne le prerogative.
Nel tentativo di attuare un ‘principio di complementarità’ nelle politiche di difesa che consentisse all’Armenia di perseguire un più bilanciato corso di cooperazione internazionale alla sicurezza, a partire dal 2005 Yerevan ha rafforzato l’interazione con la Nato, collaborando principalmente alla riforma del settore della difesa e sicurezza attraverso la sottoscrizione di Individual Partnership Action Plans biennali (2005, 2008 e 2011). Dal 2004 l’Armenia contribuisce alla missione Kfor in Kosovo e dal 2010 a quelle Isaf e Resolute Support in Afghanistan. A seguito della conclusione delle operazioni militari in Iraq e sino a tutto il 2008, l’Armenia ha inoltre contribuito alla missione di stabilizzazione del paese, con contingenti militari operanti sotto comando polacco.
Dopo gli anni Novanta e con l’implosione dell’Unione Sovietica, l’Unione Europea (Eu) ha provato ad espandere la propria influenza penetrando nello spazio post-sovietico. Grazie alla politica di Partenariato orientale (Eap), Bruxelles ha impostato relazioni amichevoli e stabili con Armenia, Azerbaigian, Georgia, Moldavia, Ucraina e Bielorussia. Tra questi stati, l’Armenia e l’Ucraina giocano ancora oggi un ruolo di primo piano nel braccio di ferro geopolitico tra l’Eu e la Russia, dato l’interesse manifestato da Bruxelles di voler legare Yerevan allo spazio comune europeo. Tuttavia, anche per questioni dettate dall’opportunità politica, Yerevan si è sempre più connessa con le organizzazioni regionali di cui la Russia è promotrice rinunciando, almeno per il momento, alla prospettiva europea. Si inserisce in questo contesto l’ingresso di Yerevan nell’Unione economica eurasiatica (Eeu), insieme a Russia, Kazakistan, Kirghizistan e Bielorussia. A spingere l’Armenia verso una maggiore integrazione con i meccanismi regionali russi hanno influito da un lato le difficili relazioni con i vicini turchi e azeri, dall’altro le tensioni nagornine e i temi legati alla dipendenza energetica.