Armenia
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(IV, p. 445; App. II, i, p. 253; III, i, p. 132; v. urss, XXXIV, p. 816; App. I, p. 1098; II, ii, p. 1065; III, ii, p. 1043; IV, iii, p. 754; V, v, p. 697)
Geografia umana ed economica
Popolazione
Nel 1998 la popolazione ammontava a 3.536.000 abitanti. Allo sviluppo demografico del paese hanno contribuito il ritorno in patria di Armeni che risiedevano all'estero e il notevole afflusso di profughi del Nagorno-Karabah, provincia autonoma dell'Azerbaigian abitata prevalentemente da Armeni (v. oltre: Storia).
Armeni si trovano tuttora in numero consistente nella Federazione Russa e in altri Stati sorti dalla dissoluzione dell'URSS (come la Georgia), in Turchia, in Iran, nonché in vari paesi dell'Europa occidentale (in particolare in Francia) e negli Stati Uniti. Nella capitale, Erevan, che da sola accoglie più di un terzo della popolazione del paese (anche in quanto meta principale degli emigrati che rientrano), si trovano industrie manifatturiere dei settori alimentare, tessile e meccanico. La città, di origine assai antica, vasta e monumentale, vanta un'elevata proporzione di verde pubblico nonostante la sensibile carenza di acqua. Assai modesti, sotto tutti i punti di vista, sono gli altri centri urbani, compresi i più popolosi (Vanadzor, Kumajri).
Condizioni economiche
Dopo la scomparsa dell'URSS, l'economia armena soffre dell'isolamento tipico di alcuni stati interni, accentuato dalla posizione di estrema periferia nei confronti dei paesi più sviluppati e dalle difficili condizioni geopolitiche derivanti dal contenzioso con l'Azerbaigian, che rendono aleatori sia i diritti di transito sulle ferrovie per gli sbocchi sul Caspio sia i rifornimenti energetici.
L'agricoltura rappresenta ancora un'importante fonte di reddito e, nonostante la modesta piovosità, riesce a ottenere discrete produzioni di cotone e di ortofrutticoli grazie all'irrigazione, lungo il fiume Arasse (che fa da confine con la Turchia e l'Iran) e nei pressi del Lago di Sevan. Qui peraltro le colture irrigue sono in corso di ridimensionamento per la progressiva forte riduzione, accentuatasi nel corso dell'ultimo decennio del 20° sec., della superficie del lago (utilizzato anche per fini idroelettrici). Si producono anche barbabietola, tabacco, cereali, ed esistono discreti vigneti, che alimentano fra l'altro la distillazione di un locale e apprezzato brandy. Lontano dall'acqua, quasi soltanto greggi ovine possono sopravvivere sui magri pascoli.
L'industria, sviluppatasi in epoca sovietica attorno alle miniere di rame di Ailaverdi (A. settentrionale), è attualmente in larga parte privatizzata e rappresenta il settore prevalente dell'economia armena; prevalgono i comparti tessile e calzaturiero, ma non sono trascurabili le produzioni metallurgiche, meccaniche, chimiche, della gomma e alimentari. Queste attività richiedono un sensibile apporto energetico che, in massima parte, l'A. ottiene dalla Federazione Russa e da altri paesi ex sovietici.
L'attività turistica, che potrebbe contare su attrattive archeologiche, monumentali e paesaggistiche non indifferenti, non è che agli albori.
bibliografia
D. Spagnuolo, La Repubblica Armena. Un "classico" della geografia politica, in Geografia nelle scuole, 1994, pp. 138-46; A. Ter Minassian, La diaspora arménienne, in L'Espace géographique, 1994, pp. 115-28; Armenia, un'isola nella montagna, a cura di M. Meini, Bologna 1998.
Storia
di Luisa Azzolini
Già Repubblica socialista sovietica d'A. (il minore degli Stati dell'URSS, sorto nel 1936 dallo scorporamento della Repubblica federativa sovietica transcaucasica), divenne Repubblica di Armenia il 23 settembre 1991 in seguito a un referendum popolare. I primi anni di indipendenza furono condizionati da contrasti interni, in particolare sull'adozione della carta costituzionale e sulla politica di privatizzazione intrapresa dal capo dello Stato, L. Ter-Petrossian del Movimento nazionale armeno (MNA), e dal conflitto con l'Azerbaigian per il Nagorno-Karabah.
Ciò nonostante, a differenza delle altre due repubbliche caucasiche, Georgia e Azerbaigian, l'A. continuò a godere di una relativa stabilità politica, favorita da una parziale ripresa economica a partire dal 1994.
La questione del Nagorno-Karabah, enclave armena in suolo azero, rimase al centro della politica estera dell'A., con significative ricadute sulla situazione interna, anche dopo la firma dell'accordo per il cessate il fuoco del luglio 1994. Nonostante successivi scambi di prigionieri nel corso del 1995 e 1996 e la firma, nell'aprile 1996, di un accordo fra A., Azerbaigian e Georgia per la pacificazione della regione, restavano in sospeso i due problemi fondamentali della restituzione dei territori azeri in mano all'esercito armeno dal 1992-93 e dello status da accordare al Nagorno-Karabah. Alla richiesta di una piena indipendenza del Nagorno-Karabah da parte dell'A., infatti, il governo azero opponeva la concessione di un'ampia autonomia amministrativa. Tuttavia, la repubblica del Nagorno-Karabah (autoproclamatasi nel 1991), pur ricevendo l'aiuto militare armeno, continuava a non venire riconosciuta da Erevan per non compromettere le trattative con Baku e non deteriorare i rapporti con Mosca, ago della bilancia nel gruppo di Minsk, istituito nel 1992 all'interno della CSCE (Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per risolvere diplomaticamente la questione. La linea politica moderata di Ter-Petrossian, poco conciliabile con l'occupazione armena di un quinto del territorio azero, suscitò il malcontento dell'opposizione nazionalista interna, che non condivise neppure la scelta compiuta dal governo di avvicinarsi alla Turchia per spezzare l'asse diplomatico Baku-Ankara rafforzatosi dopo l'offensiva armena in territorio azero, senza chiedere in via preliminare il riconoscimento del genocidio armeno perpetrato dai Turchi nel 1915.
Ulteriore elemento di contrasto fra il governo e le forze di opposizione fu l'adozione, nel novembre 1994, di un programma di riforme di impronta liberale basato sulla liberalizzazione dei prezzi, sulla riduzione del deficit pubblico e sulle privatizzazioni. Tali misure, se promossero il rilancio dell'economia armena, non si dimostrarono sufficienti a migliorare in modo sostanziale le condizioni di vita della popolazione, già provata dallo sforzo militare, dal massiccio afflusso di immigranti provenienti dall'Azerbaigian e dal perdurante blocco energetico imposto da quest'ultimo, solo parzialmente risolto tramite accordi commerciali con il Turkmenistan e l'Iran.
Di fronte alla crescita delle opposizioni Ter-Petrossian impresse una svolta autoritaria al suo governo, mettendo al bando nove partiti, fra cui la Federazione rivoluzionaria armena, la principale formazione d'opposizione (nuovamente legalizzata nel maggio 1998), contestandole in particolare il sostegno a organizzazioni terroristiche. Le prime elezioni politiche dell'era postsovietica, tenutesi nel luglio 1995, registrarono così un prevedibile successo del Blocco repubblicano (alleanza pluripartitica dominata dal MNA) che ottenne 119 seggi su 190. Contemporaneamente un referendum popolare approvava una nuova Costituzione (in sostituzione di quella sovietica del 1978) che accresceva notevolmente le prerogative presidenziali.
In base a essa il presidente della Repubblica, eletto a suffragio diretto e universale per cinque anni, nomina il capo del governo e, su indicazione di quest'ultimo, il Consiglio dei ministri; inoltre ha il potere di sciogliere il Parlamento e di nominare la maggioranza dei membri del Consiglio superiore della magistratura, della Corte costituzionale, i governatori delle regioni e il sindaco della capitale. Il potere legislativo è affidato a un Parlamento monocamerale di 131 membri (59 in meno rispetto a quello eletto nel 1995 secondo la legge elettorale precedente all'adozione della nuova Costituzione).
Le opposizioni denunciarono numerose irregolarità durante lo svolgimento delle elezioni, definite poco eque anche dagli osservatori internazionali. Analogamente vennero denunciati intimidazioni e brogli nelle elezioni presidenziali del settembre 1996, che videro la conferma di Ter-Petrossian con il 51,8% dei voti contro il 41,3% di V. Manukian, leader dell'Unione nazionale democratica. La sostituzione, nel marzo 1997, del capo del governo A. Sarkissian con R. Kocharian, già presidente della Repubblica del Nagorno-Karabah, provocò le proteste del governo azero ostacolando ulteriormente i negoziati in corso. Crebbe al tempo stesso l'opposizione nazionalista nei confronti di Ter-Petrossian, sempre più chiaramente orientato a una soluzione di compromesso con l'Azerbaigian sulla questione del Nagorno-Karabah. Fortemente indebolito dalla defezione di numerosi deputati del Movimento nazionale armeno dal gruppo parlamentare del blocco repubblicano, nel febbraio 1998 Ter-Petrossian si dimise dalla carica di presidente della Repubblica. La vittoria di Kocharian nelle elezioni presidenziali, svoltesi, fra accuse di brogli e intimidazioni, nel marzo 1998, confermò l'ulteriore rafforzamento delle posizioni nazionaliste.
bibliografia
S. Goldenberg, Pride of small nations. The Caucasus and post-Soviet disorder, London-Atlantic Highlands (N.J.) 1994; C. Mouradian, L'Arménie, Paris 1995.