armi di distruzione di massa
armi di distruzióne di massa locuz. sost. m. pl. – Armi potenzialmente in grado di uccidere indiscriminatamente in pochi istanti una grandissima quantità di persone e provocare danni irreversibili all’ecosistema nel raggio di centinaia di chilometri. Sono suddivise in tre categorie: nucleari, chimiche e biologiche. Messe a punto a partire dagli anni Trenta del 20° secolo, possono agire sia sotto forma di ordigno convenzionale che di virus. La definizione armi di distruzione di massa è stata usata per la prima volta nel 1937, a seguito del bombardamento di Guernica durante la guerra civile spagnola, ma dal secondo dopoguerra in poi ha indicato prevalentemente armi nucleari e batteriologiche. Dall’inizio del 21° secolo una delle maggiori preoccupazioni dei Paesi occidentali concerne la possibilità che organizzazioni terroristiche internazionali riescano a entrare in possesso di testate nucleari, soprattutto quelle appartenute al disciolto blocco sovietico. Nel settembre 2001, una settimana dopo gli attentati alle Torri gemelle e al Pentagono, negli Stati Uniti vennero recapitate diverse lettere contenenti spore di antrace, un batterio letale, che causarono il decesso di cinque persone, scatenando una psicosi collettiva sul rischio di attentati con armi chimiche. Nel marzo 2003 gli Usa attaccarono militarmente l’Irāq affermando di avere le prove che il regime di Ṣaddām Ḥusayn possedesse ancora armi distruzione di massa come quelle usate contro il popolo curdo nel 1987. Tuttavia, gli ispettori inviati in Irāq poco prima del conflitto dall’IAEA (International atomic energy agency), e dall’UNMOVIC (United Nations monitoring, verification and inspection commission), rispettivamente M. el-Baradei e H. Blix, non ne accertarono la presenza concordando sulla necessità di prolungare le indagini. Le pressioni degli Stati Uniti ebbero la meglio e all’inizio di febbraio il segretario di Stato degli Stati Uniti Colin Powell presentò di fronte al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite le prove (intercettazioni telefoniche, fotografie satellitari, testimonianze) del possesso da parte del regime iracheno di armi biologiche e chimiche. Tali prove non trovarono però riscontro sul terreno durante la guerra (2003-2011). L’Unione Europea e le Nazioni Unite, rispettivamente nel 2003 e nel 2004 (con la risoluzione 1540 del Consiglio di sicurezza) hanno richiamato gli Stati al loro impegno per impedire la proliferazione delle armi di distruzione di massa, sottolineando il rischio che organizzazioni terroristiche possano acquisire materiali chimici, biologici, radiologici o fissili per minacciare la pace internazionale.