NUCLEARI, ARMI
(App. IV, II, p. 614)
La più nuova e più nota a. n. è la cosiddetta bomba N, le cui prime notizie si ebbero nel 1977 sulla base di un'indiscrezione giornalistica relativa al loro possesso da parte degli USA; poi, nel novembre dello stesso anno, anche l'URSS rivelò di avere sperimentato il nuovo ordigno e negli anni successivi analoghe informazioni si ebbero dalla Francia. I primi studi statunitensi sulla bomba N, contraddistinta in sede NATO con la sigla ERRBW (Enhanced Radiation Reduced Blast Weapon, cioè ''Arma a radiazione accresciuta e a deflagrazione ridotta''), risalgono ai primi anni Cinquanta. Nel 1957 era stata stabilita la possibilità teorica della fattibilità dell'ordigno e ne erano stati stimati gli effetti attesi. Per vari motivi gli studi furono accantonati e, ripresi negli anni 1975-76, portarono, nella primavera del 1978, al raggiungimento delle capacità di produzione in serie di cariche per missili LANCE (cariche aventi energie di una frazione di kton o di 2 kton) e per obici da 203 mm (cariche aventi energie tra 0,02 e 2 kton).
È estremamente probabile che il funzionamento di un ordigno N sia basato su un processo di fusione, per es. con una reazione del tipo: 1H2+1 H3→2He4+0n1+17,58 MeV, che, rispetto ad altre reazioni possibili, presenta un innesco meno difficoltoso e produce neutroni più energetici (14 MeV). Per quanto attiene all'innesco sono state fatte varie ipotesi, tra le quali l'uso di fasci laser o di particelle cariche accelerate; in considerazione però dell'impiego della bomba N anche da parte di artiglierie è ragionevole pensare che l'innesco sia dovuto a un ordigno a scissione con energia di frazioni di kton (appare probabile un'energia di 0,03 kton, ottenibile con masse critiche di circa 10 kg di 235U o di 5 kg di 239Pu). Tale innesco fornisce l'energia in grado di portare il sistema a temperature di milioni di °C per vincere la repulsione elettrostatica tra i nuclei di deuterio e di trizio. È stato ipotizzato anche l'impiego di Curio o di Americio che sembrerebbero assicurare una massa critica ancora minore di quella del 239Pu.
Effetti della radiazione nucleare rinforzata. − Gli effetti di una bomba N confrontati con quelli di un ordigno a scissione sono evidenziati nella tabella. Dal confronto dei dati si può notare come la radiazione nucleare iniziale sia sei volte superiore nella bomba N, mentre gli altri effetti risultano minori.
Nel testo vengono usate le unità di misura del Sistema Internazionale (SI), che, a seguito di Direttiva CEE del 1976, sono state adottate anche dall'Italia (dPR 12 agosto 1982 n. 802, Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 303 del 3 novembre 1982). Le unità d'irraggiamento sono: 1) Bq (Becquerel) (dimensioni s−1) per l'attività dei radionuclidi; 2) Gy (Gray) (1 Gy=1 Joule di energia per kg di elemento esposto) per la dose assorbita. È temporaneamente ammesso l'uso delle vecchie unità di misura: 1) Ci (Curie) (1 Ci=37·109 Bq=37 GBq); 2) R (Roentgen) (1 R=258·10−6 Coulomb/kg=258 μι/C/kg; 3) rad (100 rad=1 Gy).
Per quanto riguarda la radiazione, un ordigno N da 1 kton dà luogo a una dose di almeno 10.000 cGy (tessuto organico) in un raggio di 850 m; le dosi diminuiscono per distanze maggiori. La stessa dose alla stessa distanza (850 m) sarebbe provocata da un ordigno a scissione da 10 kton; in questo caso però gli effetti d'urto e lumino-termico sarebbero notevoli e distruggerebbero tutto in ampie zone. Si capisce quindi perché l'ordigno a radiazione nucleare rinforzata sia stato pensato quale arma principale da impiegare contro le formazioni di carri armati delle truppe del Patto di Varsavia in caso di attacco nella Germania Occidentale: cercare di fermare le formazioni corazzate nemiche per mezzo delle alte dosi di radiazioni senza dover distruggere intere aree a causa degli effetti d'urto e lumino-termico.
Dosi molto elevate di radiazioni provocano effetti letali sull'uomo. Secondo prove condotte negli USA su scimmie Rhesus, una dose di 8000 cGy provoca una inabilitazione immediata permanente. Un combattente sottoposto a 8000 cGy sarebbe reso inabile entro pochi minuti e morirebbe entro uno o due giorni. Per dosi inferiori la dottrina della NATO considera l'inabilitazione immediata transitoria che sarebbe provocata da dosi tra 2500 e 3000 cGy. Una dose di 3000 cGy renderebbe inabili entro 5 minuti, ma con possibilità di riacquistare in parte le proprie capacità dopo alcuni minuti, pur restando condannati a morire entro alcuni giorni. Nei moderni carri armati, che prevedono anche una protezione dalle radiazioni neutroniche (fattori di protezione di 0,3÷0,5), una inabilitazione immediata permanente sarebbe provocata da dosi tra i 16.000 e i 24.000 cGy, riscontrabili a diverse centinaia di metri dal punto di scoppio.
Gli ordigni a radiazione nucleare rinforzata provocherebbero dosi elevatissime anche oltre gli 850 m dal punto di scoppio e nel contempo produrrebbero effetti collaterali (urto ed effetto lumino-termico) notevolmente ridotti rispetto a un ordigno a scissione. Questo è l'argomento principale addotto dai fautori dell'impiego di tale arma in un eventuale conflitto. Occorre però considerare che l'allora dottrina del Patto di Varsavia prevedeva un attacco con i carri armati avanzanti in due scaglioni, con i carri di primo scaglione distanti 100 m l'uno dall'altro e con quelli di secondo scaglione a una distanza di circa 3 km. Per fermare un attacco massiccio occorrerebbe impiegare un numero elevato di ordigni N, provocando quindi, oltre agli elevati danni fisiologici, anche notevoli distruzioni a causa degli effetti collaterali che, se pur ridotti, avrebbero la loro azione amplificata dal grande numero di ordigni impiegati. Un altro aspetto fondamentale del quale occorre tener conto è che proprio la minor quantità di effetti collaterali può portare più facilmente all'impiego di tali ordigni, con ciò abbassando la soglia che separa una guerra nucleare da una guerra convenzionale. In quest'ottica occorrerebbe tener presenti anche le possibili azioni preventive o in ogni caso le reazioni dell'avversario che, vedendo bloccato un attacco di carri, potrebbe impiegare ordigni nucleari tattici sia come azione preventiva sia come reazione. In definitiva l'ordigno N è più ''pulito'' (perché rilascia minori prodotti di scissione) e meno distruttivo di un ordigno a scissione che provochi le stesse dosi di radiazioni, cioè in esso sono aumentati gli effetti radiologici e diminuiti gli altri effetti. Questa è la ragione che lo ha fatto giudicare un ordigno ''demoniaco'' che uccide gli esseri viventi e lascia intatte le cose, sempre che sia valido, in caso di armi, il concetto di ''migliore, più umano, meno diabolico''. Al fine di un eventuale impiego della bomba N occorre non solo conoscerne bene le caratteristiche ma anche valutare la possibilità di una escalation che porti un conflitto da convenzionale a nucleare.
Accordi e trattati internazionali. − La ricerca di possibili accordi per il controllo degli armamenti nucleari iniziò nel 1946, con il cosiddetto piano Baruch (politico e finanziere statunitense, dal 1946 rappresentante USA all'ONU per l'energia atomica) che però fu abbandonato nel 1948 principalmente a causa delle incomprensioni insorte tra USA e URSS. Nel 1957 venne presentato all'ONU, dal ministro degli Esteri polacco A. Rapacki, un piano innovativo, che prevedeva la creazione di una zona (comprendente le due Germanie, la Polonia e la Cecoslovacchia) nella quale fosse vietata la presenza di ordigni nucleari, ma anche questo piano non ebbe successo. Dal 1946 la ricerca di accordi è continuata per oltre 40 anni, ma la tendenza di USA e URSS a cercare di negoziare da posizioni più favorevoli ha provocato continui potenziamenti dei rispettivi arsenali, tali da comportare, poco dopo la metà degli anni Ottanta, una consistenza di oltre 50.000 ordigni nucleari, sufficienti a distruggere varie volte la Terra. Nonostante questo clima di competizione al rialzo sono stati raggiunti diversi accordi sia bilaterali, sia multilaterali regionali e sia multilaterali su scala globale, mentre nel 1987 si è avuto un radicale cambiamento di tendenza tra le due superpotenze con il Trattato sui sistemi nucleari intermedi (INF, Intermediate Nuclear Force), con il quale, per la prima volta, USA e URSS hanno stabilito la distruzione di ordigni nucleari e accettato reciproche limitazioni di sovranità legate ai controlli sul trattato stesso.
Agli inizi degli anni Novanta la situazione dei vari accordi era la seguente:
Trattato antartico: multilaterale regionale, pronto per la firma il 1° dicembre 1959; è entrato in vigore il 23 giugno 1961 e a esso hanno aderito 38 paesi. Stabilisce che l'Antartide è regione demilitarizzata e vieta l'installazione di apprestamenti militari, l'effettuazione di manovre e di sperimentazioni di armamenti, le esplosioni nucleari e il deposito di scorie e residui radioattivi a sud del sessantesimo parallelo dell'emisfero meridionale.
Trattato sul bando parziale degli esperimenti nucleari: multilaterale globale, sottoscritto a Mosca il 5 agosto 1963 dai ministri degli Esteri di Regno Unito, Stati Uniti e Unione Sovietica, alla presenza del Segretario generale delle Nazioni Unite; a esso hanno aderito 116 paesi tra i quali non figurano la Francia e la Repubblica Popolare Cinese che però hanno sospeso, rispettivamente dal 1974 e dal 1980, gli esperimenti nucleari nell'atmosfera. Il trattato vieta le esplosioni nucleari capaci di causare contaminazioni radioattive sui territori di altri paesi e quindi vieta gli esperimenti nucleari nell'atmosfera, nello spazio esterno e sotto la superficie del mare; il trattato avrebbe potuto essere completato con il bando degli esperimenti nucleari nel sottosuolo, ma fu impossibile accordarsi sulle necessarie ispezioni di controllo nei paesi interessati. Successivamente sono stati firmati i seguenti accordi: il Trattato sulla limitazione degli esperimenti di armi nucleari nel sottosuolo (1974), trattato bilaterale che vieta le esplosioni a scopi militari di ordigni di potenza superiore a 150 chilotoni, e il Trattato sulle esplosioni a scopi pacifici nel sottosuolo (1976), trattato bilaterale che limita a 150 chilotoni la potenza delle singole esplosioni nucleari a scopi pacifici (per es., escavazioni nel sottosuolo), con limitazione a 1500 chilotoni della potenza complessiva di esplosioni di più cariche, ciascuna di potenza non eccedente i 150 chilotoni.
Trattato sull'esplorazione e l'uso dello spazio: multilaterale globale, firmato il 27 gennaio 1967; a questo trattato hanno aderito 88 paesi. Esso viene qui considerato perché vieta, tra l'altro, la sperimentazione di armi di qualsiasi genere sui corpi celesti e la dislocazione di armi di distruzione di massa (e quindi anche a. n.) su orbite terrestri e sui pianeti.
Trattato per l'interdizione di armi nucleari nell'America latina (Trattato di Tlatelolco): multilaterale regionale, prende il nome da una città azteca oggi compresa nell'abitato di Città di Messico; è stato firmato il 14 febbraio 1967 e a esso hanno aderito 25 paesi, 23 dei quali lo hanno ratificato. Il trattato vieta di acquisire, sperimentare, produrre, trasportare, dislocare, impiegare a. n. sui territori dell'America latina fino ai paesi del Mare delle Antille; in tal modo costituisce una prima zona denuclearizzata in una regione densamente popolata. Il trattato non vieta le esplosioni sperimentali e l'impiego dell'energia nucleare a fini pacifici, ma le esplosioni possono essere effettuate solo previa notifica all'IAEA (International Atomic Energy Agency) e all'OPANAL (Organismo para la Proscripción de las Armas Nucleares en la América Latina), organismo costituito ad hoc, e con le regolamentazioni, le ispezioni e la presenza di osservatori dei due enti suddetti.
Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (NPT): multilaterale globale, firmato il 1° luglio 1968, entrato in vigore il 5 marzo 1970, al quale hanno aderito 141 paesi; prevede conferenze di revisione a intervalli quinquennali e una conferenza generale da tenersi nel 1995 per decidere se il trattato dovrà perdurare a tempo indefinito o se dovranno essere previsti periodi di durata; le conferenze di revisione sono state tenute a Ginevra nei mesi di maggio 1975, agosto e settembre 1980, agosto e settembre 1985, agosto e settembre 1990. Il trattato persegue l'obiettivo della non proliferazione delle a. n., impegnando i paesi detentori di a. n. a non trasferire ai paesi che ne sono privi le conoscenze, l'assistenza tecnica e ogni altro aiuto che possa mettere questi ultimi in condizioni di procurarsi un armamento nucleare e impegnando i paesi non detentori a non procacciarsi detto armamento. Sebbene il trattato sia elemento fondamentale degli accordi internazionali aventi lo scopo di prevenire la diffusione delle a. n. e di favorire il disarmo, e sebbene a esso abbiano aderito molti paesi, è stato spesso criticato, e il suo successo, anche se grande, non è stato completo. Le critiche, affiorate anche nelle conferenze di revisione, provengono soprattutto dai paesi non detentori di armamenti nucleari in ragione di una presunta condizione d'inferiorità militare (maggiore vulnerabilità di fronte a possibili azioni intimidatorie) e civile (maggiori difficoltà a perseguire iniziative in campo nucleare per scopi pacifici, nonostante le assicurazioni previste nel trattato). Il parziale insuccesso deriva dalla non adesione di paesi importanti come la Francia e la Repubblica Popolare Cinese, ma soprattutto dal moltiplicarsi di paesi che hanno acquisito o si sospetta stiano per acquisire conoscenze e capacità sufficienti per dotarsi di a. n.: in passato si è parlato di India, Israele, Pakistan, Repubblica Sudafricana, mentre ultimamente notizie di stampa hanno fatto riferimento anche alle due Coree, all'Iran (per via di una possibile acquisizione di a. n. provenienti dalle Repubbliche islamiche ex sovietiche del Kazakhistan e del Tagikistan), all'῾Irāq.
Trattato sui fondali marini: multilaterale globale, in vigore dal 18 maggio 1972, è stato sottoscritto da 80 paesi. Questo trattato vieta la collocazione di armi di distruzione di massa (quindi anche quelle nucleari) sui fondi marini e consente ai paesi aderenti la reciproca ispezione sull'attività sottomarina oltre il limite che è stato fissato a 12 miglia dalle coste.
Trattati sulla limitazione delle armi offensive strategiche (SALT i e SALT ii): trattati bilaterali che fissano limiti per le due superpotenze per quanto riguarda le dotazioni dei missili balistici intercontinentali sistemati a terra, ICBM (InterContinental Ballistic Missile), e di quelli imbarcati su sottomarini, SLBM (Submarine Launched Ballistic Missile). Il SALT i, del 1972, valido cinque anni, stabiliva i seguenti limiti: per gli USA 1054 ICBM e 710 SLBM; per l'URSS 1618 ICBM e 950 SLBM, mentre il SALT ii, del 1979, fissava il limite massimo di 2400 vettori strategici (missili e bombardieri) per parte, da ridurre a 2250 dal 1° gennaio 1981, dei quali missili non più di 1320 dotabili di testata multipla a rientro indipendente, cosiddetti MIRV (Multiple Independently-targeted Re-entry Vehicle). Anche se il trattato non è stato ratificato, USA e URSS avevano dichiarato di ritenersi impegnate al suo rispetto, cosa che, in pratica, non si è verificata, a causa del successivo ammodernamento delle forze nucleari strategiche che ha comportato l'adozione di nuovi ICBM dotati di 10 testate nucleari potenti e precise.
Trattato per la denuclearizzazione del Sud Pacifico (Trattato di Rarotonga): multilaterale regionale, firmato il 6 agosto 1985, entrato in vigore l'11 dicembre 1986, al quale hanno aderito 9 paesi. A divieti analoghi a quelli del trattato di Tlatelolco aggiunge quello di scaricare residui radioattivi in una grande area denuclearizzata del Pacifico estendentesi dall'equatore all'area denuclearizzata dell'Antartide e dall'Australia all'America latina. Gli impegni previsti di non effettuare esperimenti nucleari nell'area da parte dei cinque paesi dotati di armamento nucleare (Francia, Regno Unito, Repubblica Popolare Cinese, Stati Uniti e Unione Sovietica) non sono stati condivisi da Francia, Regno Unito e Stati Uniti.
Trattato sui sistemi nucleari intermedi (INF): bilaterale, sottoscritto l'8 dicembre 1987, entrato in vigore il 1° giugno 1988; non è un accordo di limitazione ma è il primo accordo di disarmo nucleare, poiché prevede l'eliminazione di tutti i sistemi missilistici balistici e da crociera dislocati su basi terrestri e aventi portata compresa tra 500 e 5500 km. A metà 1990, il numero totale dei missili eliminati, a fronte di quelli da eliminare, risultava di 486 su 846 per gli USA e di 1615 su 1846 per l'Unione Sovietica.
Trattato sulla riduzione delle armi strategiche (START): bilaterale, sottoscritto da G. Bush e da M. S. Gorbačëv a Mosca il 31 luglio 1991; prevede la riduzione di circa il 30% dei sistemi nucleari strategici in dotazione alle due superpotenze, con i seguenti limiti: 1600 vettori strategici, comprendenti missili balistici intercontinentali (ICBM), missili balistici lanciabili da sottomarini (SLBM) e bombardieri pesanti. Le quattro Repubbliche ex sovietiche aventi sul proprio territorio l'armamento missilistico strategico (Bielorussia, Kazakistan, Russia e Ucraina) il 23 maggio 1992 hanno sottoscritto a Lisbona un protocollo di partecipazione al trattato START. Successivamente alla firma del trattato, anche in seguito ai notevoli mutamenti politici verificatisi nell'ex URSS, si sono avute dichiarazioni unilaterali di entrambe le superpotenze di voler ridurre i suddetti sistemi in maniera più incisiva di quanto disposto dal trattato; tali impegni costituiscono la parte principale del Trattato START-2, firmato a Mosca da Bush e da B. N. El'zin il 3 gennaio 1993. Tale trattato, per le riduzioni di sistemi, le reciproche informazioni e i reciproci controlli, secondo dichiarazioni rilasciate da un alto funzionario del Dipartimento di Stato al momento della firma, "elimina una volta per tutte la possibilità che uno stato infligga all'altro un primo colpo nucleare".
Sulla base di questo elenco si può fare qualche considerazione. Mentre gli ordigni nucleari si facevano più potenti e più numerosi e aumentavano la portata e la precisione dei relativi vettori, nel quadro mondiale si manifestava e prendeva vigore un impegno, soprattutto da parte delle due superpotenze, per limitare prima e ridurre poi gli armamenti e limitarne la proliferazione. Molti accordi sono stati raggiunti, risultati di rilievo sono stati conseguiti e si è mantenuto un certo equilibrio tra i due blocchi contrapposti, anche in taluni momenti di crisi, forse in base proprio al cosiddetto equilibrio del terrore, cioè al timore reciproco della catastrofe nucleare. Dopo i profondi cambiamenti politici verificatisi nell'Unione Sovietica e in tutto l'Est europeo non esiste più una contrapposizione di due blocchi, ma forse non esiste più quell'equilibrio, che ha fatto conoscere all'Europa uno dei più lunghi periodi di pace. Negli anni Novanta si è in presenza di fermenti non controllabili alla stregua del passato, e soprattutto s'intravedono possibili pericoli d'impiego incontrollato di a. n.: il trattato di non proliferazione nucleare, infatti, non è riuscito a impedire che diversi paesi si dotassero di ordigni nucleari o almeno della capacità di procurarsene; così diversi stati sono dotati attualmente di vettori nucleari, gli arsenali dell'ex URSS si trovano nella condizione virtuale di poter rifornire diversi paesi, e inoltre a molti scienziati sovietici potrebbero essere avanzate allettanti offerte per ottenerne l'impegno in progetti militari; intanto sullo scenario mondiale si registrano ovunque focolai di guerra per ragioni politiche, etniche e religiose.
Bibl.: S. Glasstone, P. J. Dolan, The effects of nuclear weapons, Tunbridge Wells 1980; L. Ruehl, Political and strategic scenarios in war in Europe, Swedish National Defense Research Institute, Stoccolma 1982; Military Balance, 1984-1985 (rivista dell'International Institute for Strategic Studies di Londra); Soviet military power 1985, a cura dell'United States Department of Defense, Washington 1985; R. L. Garthoff, Detente and confrontation: American-Soviet relations from Nixon to Reagan, ivi 1985; L'Europa e le armi nucleari intercontinentali a raggio intermedio e tattiche, Roma, aprile-giugno 1985, vol. 31 della collana di documenti SIOI-ISTRID (Società Italiana per la Organizzazione Internazionale - Istituto Studi e Ricerche Difesa), ivi 1985; Treaties and alliances of the world, a cura di N.J. Rengger, Harlow (Essex) 1990.