ARMILLA (lat. armilla, da armus "omero")
Bracciale ordinariamente d'argento, di rado d'osso, costituente una delle decorazioni (praemia, dona militaria) in uso nell'esercito romano per atti di valore e meriti di guerra, delle quali, secondo riferisce Svetonio, l'imperatore Augusto regolò la graduazione, ch'ebbe poi vigore sino ai tempi di Settimio Severo e di Caracalla. Durante l'Impero le armille, che nei documenti epigrafici sono sempre ricordate nel numero plurale, perché comunemente portate a paia su ambedue i polsi, appartenevano insieme con le torques ("collane") e con le phalerae ("borchie") all'ordine di secondo grado (dona minora): come tali venivano conferite a spese dello stato, dal ricavato del bottino di guerra, in nome dell'imperatore, e distribuite con un'allocuzione elogiativa in solenne adunanza dell'esercito. Potevano essere conferite ai soldati semplici (milites gregarii), ai sottufficiali (principales) e ai centurioni (centuriones) delle legioni e delle coorti pretorie, non però a quelli delle truppe ausiliarie, anche due o piü volte (bis, ter, ecc.). Nelle iscrizioni solo talvolta sono elencati i premî sotto il rispettivo grado, mentre di solito ciò avviene in coda all'indicazione della carriera (cursus honorum) e con la formula sommaria: donis militaribus donatus o d(onis) d(onatus) ab imperatore...
Al tempo della repubblica le armille, come gli altri doni militari, erano conferite dal comandante supremo dopo una vittoria, in nome del senato e del popolo romano, senza distinzione di gradi: così in un passo del Chronicon di Zonara, attinto da fonti antiche, forse direttamente da Varrone, in cui si narra del trionfo di Camillo, questi dopo aver lodato i suoi soldati pubblicamente li premia con donativi in denaro e distribuisce decorazioni, tra cui armille (περιβραχιόνια).
La forma delle armille, quale ci appare dai monumenti militari, è assai varia: dal serpente alla larga lamina liscia a cerniera e perno, dal cerchio piatto aperto al cerchio chiuso e all'anello con le estremità finienti in un bottone sul tipo della collana. Talvolta al braccio del decorato non si vede l'armilla ricordata nel titolo: ciò perché essa, aggiunta a colore, andò perduta.
È probabile che l'usanza dei doni militari ricordasse l'antico diritto dei combattenti di aver parte della preda di guerra in armature e in oggetti tolti al nemico vinto; e poiché le armille sono particolarmente congiunte con le collane e tanto le une quanto le altre sono ornamenti nazionali celtici, si può credere che i Romani le abbiano adottate in seguito a vittorie sui Galli; secondo altri invece l'uso ne sarebbe venuto dai Sabini. (Per l'armilla come ornamento, v. braccialetto).
Bibl.: P. Steiner, Die dona militaria, in Bonner Jahrb., 114-115 (1906), p. 1 segg.; C. de la Berge, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, I, p. 438.
Astronomia. - Strumento astronomico antico, formato con anelli (braccialetti, onde il nome) disposti in modo da poter rappresentare i principali circoli della sfera. I fissi (meridiano e orizzonte) erano stabilmente collocati sopra robusti appoggi: i mobili, in essi incastrati, potevano seguire la rotazione diurna. Il padre Souciet attribuisce ai Cinesi tali strumenti, che furono certamente in uso presso gli Alessandrini. Tycho Brahe dice che le armille zodiacali erano tra i principali strumenti adoperati dagli Arabi. Egli stesso ne costruisce e ne applica; ma preferisce ricorrere ad armille equatoriali, che gli dànno le ascensioni rette, le declinazioni e gli angoli orarî. Prima di lui, Gemma Frisius, nel suo Usus annuli astronomici, aveva descritto il principio sul quale si fondano le armille equatoriali. (V. Tav. CIV).