ARMODIO E ARISTOGITONE (᾿Αρμόδιος καὶ ᾿Αριστογείτων)
Cittadini ateniesi, uccisori di Ipparco, il figlio minore del tiranno Pisistrato (514 a. C.). Il ricordo di questi due amici e delle loro gesta è interamente legato a determinati momenti dell'ulteriore sviluppo politico di Atene. Uno di questi momenti fu quello che successe alla cacciata dei fratello di Ipparco, il tiranno Ippia, per opera degli Spartani (510 a. C.); un altro, intorno al 480 e - dopo la cacciata dei cosiddetti Trenta Tiranni - proprio alla fine del sec. V a. C.; in generale, tutte le volte che si diede valore ad una propaganda spiccatamente democratica, A. e A. furono onorati come eroi e il loro monumento fu il simbolo della libertà di Atene. Uno dei gruppi eseguito dagli artisti Kritios e Nesiotes sostituì (477 a. C.) nell'agorà di Atene, all'inizio della strada che conduceva sull'Acropoli, statue in bronzo più antiche eseguite da Antenor, le quali erano state trasportate a Susa dal re dei Persiani Serse dopo la conquista di Atene (480 a. C.) e restituite agli Ateniesi solo dai Diadochi Seleuco I (355 - 281 a. C.) e Antioco I Sotere (325 - 261 a. C.). Copie romane in marmo delle statue di A. e A. sono giunte fino a noi; evidentemente, seguendo l'uso romano, esse erano poste come pendant ai lati di porte. Gli originali corrispondenti possono essere datati, in base a indizî stilistici, ai decenni 490-470 a. C. Gli studiosi non hanno potuto ancora rispondere con sicurezza alle seguenti domande: 1) Tutte queste copie (o la maggior parte di esse) risalgono all'originale più antico o a quello più recente? 2) Come ci si deve immaginare la composizione originale delle due statue? Numerose riproduzioni greche dello schema del 477 a. C., soprattutto in rappresentazioni vascolari, provano che nel gruppo statuario non era rappresentato Ipparco, la vittima dei due amici. Valgono come illustrazione vera e propria soltanto dei quadri che furono dipinti indipendentemente dalla rappresentazione plastica i quali interpretano in maniera libera l'avvenimento.
Le repliche più conosciute delle statue dei "Tirannicidi" sono quelle provenienti dalla collezione Farnese nel Museo Naz. di Napoli; in questo gruppo tuttavia la statua di Aristogitone è priva della testa la quale è stata supplita in gesso. Un esemplare del tipo di testa appartenente ad Aristogitone si trova già da tempo nei Musei Vaticani. La prova inconfutabile della identificazione di questa testa barbata, propugnata in base a motivi puramente stilistici, fu offerta quando, nel 1939, in prossimità di S. Omobono sotto al Campidoglio, fu trovata una replica del corpo dell'Aristogitone napoletano sul quale combacia esattamente la testa del Vaticano. Quest'ultima, per quanto riguarda la capigliatura e la barba, appare strettamente affine ad un'erma-ritratto trovata ad Ostia che, secondo la iscrizione, si riferisce a Temistocle. La replica dell'Aristogitone di S. Omobono è, per fedeltà stilistica, senza dubbio superiore alle repliche fino ad ora conosciute. Per quanto riguarda la riproduzione anatomica del corpo maschile nudo, essa può essere collocata cronologicamente fra i guerrieri del frontone occidentale più antico e quelli del frontone orientale più recente del tempio di Afaia in Egina. Purtroppo questa datazione relativa non può essere intesa in senso assoluto ed essere tale da rendere possibile, per gli originali delle statue di A. ed A., una decisione fra Antenor da una parte oppure Kritios e Nesiotes dall'altra. Se Antenor (il cui stile noi conosciamo da originali di marmo della sua prima epoca) è l'autore, si tratterebbe di un'opera tardiva eseguita circa il 487 a. c.; nel secondo caso sarebbe una delle prime opere di Kritios (v.) e Nesiotes (v.), dei quali conserviamo sei firme originali su basi, mentre non abbiamo la minima idea del loro stile.
Gli scavatori dell'agorà di Atene furono tanto fortunati da trovare un avanzo della base del gruppo originario di Antenor, avanzo sul quale esistono ancora parti dell'epigramma. Questo era formato da quattro righe e consisteva in due distici dei quali il primo, tramandato col nome del poeta Simonide, era da lungo tempo noto (Merrit, in Hesperia, v, 1936, p. 355).
Il giudizio storico sui Tirannicidi fu già espresso da Tucidide (i, 20 vi, 55-59). Sebbene A. e A. non possano essere considerati come liberatori di Atene dal dominio autocratico, non si può negare che il loro operato sia da considerarsi come il simbolo dell'opposizione politica e del sentimento di libertà (Platone, Symposion, 182 c).
Bibl.: St. Brunnsaker, The Tyrant-Slayers of Kritios and Nesiotes, in Opuscula Atheniensia, II, 2, Lund 1957, con tutta la bibl. rel.; aggiungi G. Becatti, I Tirannicidi di Antenore, in Arch. Class., IX, 1957, p. 97 ss.