armonia
Dal gr. ἁρµονία «unione», «proporzione», «accordo». Concordanza tra elementi diversi che provoca piacere e, in senso più specifico, concordanza di suoni o assonanza di voci.
Secondo la tradizione, è Pitagora a scoprire la progressione armonica delle note, notando come la divisione di una corda tesa in base a numeri interi consecutivi dia luogo a suoni consonanti, ossia piacevoli. Lo stesso accade ai corpi celesti, poiché la distanza tra i pianeti e la loro diversa velocità di rotazione determinano diversi suoni, non percepibili dall’orecchio umano. Si viene così a stabilire una relazione fondamentale tra a. cosmologica, musica e matematica. A Eraclito si deve una seconda concezione di a., l’unificazione della diversità attraverso la concordanza di elementi in sé discordanti, cioè dalla contrapposizione di elementi contrari. Dalla integrazione di queste teorie, dall’idea di simmetria armonica e da quella di proporzionalità tra parti differenti, scaturisce l’equilibrio che è alla base dell’arte greca classica, così come della teoria medica. La medicina greca si inserisce infatti in un naturalismo filosofico che regola il macrocosmo (Universo) e il microcosmo (corpo umano). Così per Ippocrate, come per Galeno, la malattia, in quanto squilibrio tra l’ambiente e il corpo e, nel corpo, tra gli umori, si cura ristabilendo l’armonia. Dal punto di vista strettamente filosofico, sarà Platone a riprendere le riflessioni pitagoriche costruendo, nel Timeo (➔), una nuova cosmogonia basata sull’anima del mondo, intesa come principio del movimento ordinato dell’Universo. Anche in questo caso sono i rapporti numerici, elemento fondante dell’anima del mondo e dell’uomo, che garantiscono la bellezza, l’ordine e la misura del cosmo.
Grazie al Commento di Calcidio al Timeo, l’idea platonica passa al Medioevo, insieme alla concezione musicale, trasmessa da Agostino e Boezio, a alla teoria pitagorica dell’a. delle sfere, attraverso Cicerone e Quintiliano. Grazie a questa molteplicità di fonti, Agostino può utilizzare il concetto di a. come ordine immesso da Dio nel creato, ordine che l’intelletto umano può ripercorrere attraverso lo studio delle arti liberali. All’interno di queste si colloca la musica, che lungo tutto il Medioevo mantiene un posto importante, come è testimoniato anche dalla identificazione tra la musica celeste e i cori angelici e dal ruolo che il canto assume nella liturgia cattolica. L’interpretazione di Eriugena dello pseudo-Dionigi trasmette una visione affine, secondo la quale dall’a. del cosmo deriva la sua bellezza, basata sulla consonanza tra elementi diversi. Se si volesse però riassumere l’idea medievale di a., si potrebbe prendere come paradigmatica la sintesi di Tommaso d’Aquino: secondo l’Aquinate il termine si applica in senso proprio ai suoni, ma il significato viene esteso a indicare ogni debita proporzione o disposizione delle parti, in particolare rispetto all’a. degli elementi nei corpi e, infine, riguardo all’ordine universale che deriva da Dio. La linea platonica e neoplatonica si mantiene anche nel Rinascimento e si inserisce nel contesto della scienza moderna. Mentre Keplero riprende la teoria dell’a. delle sfere e della musica che producono, cercando addirittura di tradurre la velocità dei pianeti in brani musicali, l’a. estetica come proporzione matematica permane negli studi di Leonardo e Dürer.
Il meccanicismo della filosofia moderna contribuisce a rimodellare il concetto di a., mentre si spezza l’unità tra macrocosmo e microcosmo. Tutti gli sforzi del razionalismo saranno indirizzati a ricostruire l’unità nell’uomo e tra uomo e mondo, come farà Leibniz attraverso il concetto di a. prestabilita (➔). Successivamente la scienza moderna ha tentato in vari modi di recuperare il significato di a. perso dalla prospettiva filosofica, per es., nella teoria dei frattali, che cerca di descrivere la complessità armonica del mondo reale.