FIORETTI, Arnaldo
Nacque a Montegiorgio (Ascoli Piceno) il 15 luglio 1890, da Alessandro e da Emidia Neri. Si laureò in medicina ed esercitò come chirurgo presso gli Ospedali riuniti di Roma. Partecipò alla prima guerra mondiale come sottotenente medico del 93° reggimento di fanteria e restò invalido. Il 30 marzo 1922 entrò nella federazione romana del Partito nazionale fascista.
In questi anni aveva iniziato a lavorare come giornalista e si era impegnato nel mondo sindacale, diventando uno dei più stretti collaboratori di E. Rossoni. Nel 1923 fece parte della redazione di Polemica fascista, un settimanale romano di frazione, insieme con A. Crò e G. Cipriani. Sempre nel 1923 con il nuovo ordinamento delle corporazioni (8 novembre) fu nominato segretario generale della Corporazione nazionale sanitaria ed entrò a far parte del direttorio nazionale delle corporazioni.
Qualche mese dopo la sua nomina l'omicidio di G. Matteotti (giugno 1924) aprì nel fascismo una profonda crisi che investì in modo significativo anche il mondo sindacale. Durante gli ultimi mesi dell'anno la crisi nel sindacato raggiunse il suo culmine ed iniziò a farsi strada l'idea di rendere le corporazioni indipendenti dal fascismo.
Il direttorio nazionale, che in un primo momento si era dichiarato contrario allo sganciamento, dopo il II congresso nazionale delle corporazioni (Roma, 24-26nov. 1924) sposò la tesi contraria, e il F. diventò il portavoce dell'ipotesi a favore dello sganciamento. Il 3 dic. 1924 il Nuovo Paese pubblicava una sua intervista, nella quale egli criticava la politica tenuta dal governo nei confronti del sindacato e più in generale nei confronti delle classi medie e del proletariato. L'intervista suscitò vivaci discussioni, ma non ottenne alcuna risposta ufficiale.
Lo stato d'animo espresso dal F., però, venne allo scoperto in occasione della riunione del direttorio nazionale delle corporazioni del 30-31 dic. 1924, durante il quale il problema di un eventuale distacco delle corporazioni dal fascismo venne apertamente discusso. In quell'occasione E. Rossoni tacciò di "tradimento e viltà chi in quel momento avesse voluto abbandonare Mussolini o il partito" (Roma, Arch. centr. dello Stato, Segr. part. del duce, Cart. ris. [1922-1943], b. 91, fasc. "E. Rossoni", verbale delle sedute di direttorio tenute nei giorni 30, 31dic. 1924). Il F. nella sua replica, pur dichiarando di non voler "muovere guerra al Duce e al Fascismo", si dichiarava ancora una volta favorevole "all'autonomia delle Corporazioni dal Partito Fascista".
Dopo il discorso di Mussolini del 3 genn. 1925 cambiò la situazione politica e svanì ogni proposito di scissione. Da quel momento il F. si staccò dalla schiera degli stretti collaboratori di E. Rossoni e criticò la linea della politica sindacale, portata avanti da quest'ultimo. Nonostante ciò. nel 1926 venne nominato capo redattore del Lavoro d'Italia, l'organo della Confederazione nazionale dei sindacati fascisti diretta da E. Rossoni.
Nel 1928la Confederazione venne scissa in sette associazioni diverse (il cosiddetto "sbloccamento"), corrispondenti alle grandi branche di attività produttiva. Con questa operazione iniziava la totale fascistizzazione e subordinazione dei sindacati al partito e al governo e il loro esautoramento politico e sindacale. Da allora "il vecchio gruppo dirigente sindacalista ormai rappresentato soprattutto dal F. e da Razza e pochissimi altri, cominciò a perdere sempre più velocemente importanza e prestigio" (De Felice, 1968, p. 336).
Il F. venne nominato presidente della Confederazione nazionale dei sindacati fascisti dell'industria e ne assunse ufficialmente la carica il 9 dic. 1928. Come presidente della Confederazione nazionale entrò a far parte del Gran Consiglio il 21 genn. 1929, rimanendone membro per tutta la durata della carica. Divenne inoltre condirettore del Lavoro fascista, il cui comitato direttivo era composto da tutti i presidenti delle confederazioni dei lavoratori.
Appena nominato presidente, tentò di rilanciare la struttura organizzativa della Confederazione nazionale dei sindacati fascisti, ma senza ottenere grossi risultati a causa soprattutto dell'attenta vigilanza che sulle strutture sindacali esercitava il partito. La sua opera si limitò, quindi, a difendere la residua autonomia del sindacato, ponendosi così più volte in contrasto con le direttive del partito. Poco dopo aver assunto la carica si schierò a favore dell'avvicinamento del sindacato all'Opera nazionale dopolavoro, sottratta alle dipendenze dei sindacati nel 1925 e saldamente in mano al partito fascista.In occasione del I congresso interprovinciale dei sindacati fascisti (Milano, 1° luglio 1929) il F. intervenne, riconoscendo che attraverso i provvedimenti sociali elargiti dalle aziende "si era facilitata la politica delle falcidie dei salari", e deplorò il "distacco" tra sindacati e dopolavoro, che a suo modo di vedere "non doveva avvenire" (De Grazia, p. 105). Il discorso venne aspramente criticato dallo stesso Mussolini, che parlò di "intonazione demagogica del congresso milanese".
Ben più grave fu la polemica che si aprì nell'agosto dello stesso anno, in seguito alla richiesta portata avanti dalla Confederazione per il riconoscimento giuridico dei fiduciari di fabbrica. La questione venne pubblicamente promossa dal F. con un articolo pubblicato sul Lavoro fascista, nel quale si attribuiva l'origine della vertenza all'uso, avvalso tra gli industriali, di licenziare i rappresentanti dei sindacati nelle fabbriche che denunciavano le inadempienze contrattuali degli imprenditori.
Secondo il F. il ruolo dei fiduciari doveva essere di collegamento tra sindacati e maestranze, perché "le inadempienze al patto di lavoro" venissero tempestivamente conosciute dai sindacati e perché le organizzazioni sindacali avevano "il dovere di esercitare un controllo politico e sindacale sui luoghi di lavoro..." (Una questione non drammatica: i flduciari, in Il Lavoro fascista, 9 ag. 1929). Contro le dichiarazioni del F. intervenne addirittura Arnaldo Mussolini dalle colonne del Popolo d'Italia (cfr. Salvemini, III, 1974, p. 75).
La questione venne risolta, il 9 sett. 1929, dal Comitato intersindacale centrale, che respingeva all'unanimità l'istituzione dei fiduciari e varava speciali commissioni per la conciliazione delle vertenze individuali dei lavoro. Di fronte alla boccia tura della sua battaglia, il F. non ritenne di dover insistere nella polemica e giudicò la soluzione "sostanzialmente buona", riservandosi di esprimere un parere definitivo dopo aver visto le commissioni all'opera (Il problema del rispetto dei patti di lavoro avviato verso la risoluzione, in Il Lavoro fascista, 11 sett. 1929).
Intanto il F. venne eletto deputato nella XXVIII legislatura alle elezioni del 24 marzo 1929, le prime a collegio unico nazionale. Sarebbe stato deputato anche nella XXIX legislatura, eletto il 25 marzo 1934, e dal 23 marzo 1939 al 2 ag. 1943 avrebbe fatto parte della Camera dei fasci e delle corporazioni.
Come presidente della Confederazione nazionale dei sindacati fascisti diresse dal gennaio del 1930 sino alle sue dimissioni il periodico Lavoro industriale. Bollettino della Confederazione dei sindacati fascisti dell'industria. Il 28 nov. 1930 il governo attuò la prima riduzione generale dei salari, con un taglio dell'8% delle paghe di oltre due milioni e mezzo di lavoratori dell'industria. La Confederazione nazionale dei sindacati, e per essa il F., in un primo momento acconsentì alla manovra, credendola parte di un'operazione complessiva per la riduzione del costo della vita. Quando, però, divenne chiaro che l'accordo non contemplava nessun impegno del governo in quel senso, il F. si oppose fermamente all'operazione. L'accordo si concluse ugualmente, ma al costo delle dimissioni forzate del F., volute dal ministro delle Corporazioni G. Bottai. Il F. lasciò la Confederazione il 12 nov. 1930, e quando nel 1934 vennero istituite le corporazioni (legge n. 163, 5 febbr. 1934) il suo giudizio sulla nuova normativa fu decisamente critico. Accusò Bottai di essere il maggior responsabile dell'istituzione delle corporazioni e affermò che esse, le cui attribuzioni sarebbero state "meramente consultive", non erano state "prese sul serio" dal ministero delle Corporazioni (Cilona, p. 282).
Nel corso dell'anno entrò comunque a far parte di una delle sette corporazioni, essendo stato nominato membro dei Consiglio della Corporazione dello spettacolo, in rappresentanza dei lavoratori dell'industria. Sarebbe rimasto membro del Consiglio della Corporazione dello spettacolo sino al 1943 e grazie a questa carica entrerà sia nel Consiglio nazionale delle corporazioni che nella Camera dei fasci e delle corporazioni.
Nel 1943 fu inoltre chiamato a ricoprire la carica di membro della consulta del Governatorato di Roma e dopo l'8 settembre aderì alla Repubblica Sociale Italiana.
Finita la guerra, rientrava attivamente nella vita sindacale organizzando nel 1946 il Movimento sindacalista, insieme con A. De Ambris. Costituito ufficialmente a Roma nel novembre del 1947, il F. fu nominato membro della giunta esecutiva. Dal 1946 scrisse su Rassegna del lavoro, il periodico portavoce del Movimento e ne diventò condirettore nel 1949.
Il F. morì a Roma il 24 apr. 1967.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio ordinario, fascc. 518.853, 509.784, 534.027: "Fioretti A."; Ibid., Carteggio riservato, b. 84, fasc. "Fioretti A."; Roma, Arch. stor. della Camera dei deputati, Consiglieri nazionali, b. 18, fasc. "A. Fioretti"; B. Uva, La nascita dello Stato corporativo e sindacale fascista, Assisi-Roma s.d., pp. 90 s., 174 s; C. Camoglio, La nuova camera fascista. Profili e figure dei deputati della XXVIII legislatura, Roma 1929, pp. 326 s.; Atti del Parlamento italiano. Attività parlamentare dei deputati. Indice alfabetico, Legislatura XXVIII, 20 apr. 1929-9 genn. 1934, Roma 1934, pp. 164 s.; Legislatura XXIX, 20 apr. 1934-2 marzo 1939, ibid. s.d., p. 189; Indice alfabetico dell'attività parlamentare dei consiglieri nazionali della XXX legislatura (23 marzo 1939-2 ag. 1943), Roma s.d., pp. 158 ss.; Chi è? Diz. degli Italiani d'oggi, Roma 1936, p. 376; E. Savino, La nazione operante..., Novara 1937, p. 399; A. Aquarone, La politica sindacale del fascismo, in Il Nuovo Osservatore, novembre-dicembre 1965, pp. 875 s., 880 s.; Id., L'organizzazione dello Stato totalitario, I, Torino 1965, ad Indicem; R. De Felice, Mussolini il fascista, I, La conquista del potere 1921-1925, Torino 1966, ad Indicem; II, L'organizzazione dello Stato fascista 1925-1929, ibid. 1968, ad Indicem; Id., Mussolini il duce, I, Gli anni del consenso 1929-1936, Torino 1974, ad Indicem; G. Salvemini, Scritti sul fascismo, III, Milano 1974, pp. 75 s., 287; V. De Grazia, Consenso e cultura di massa nell'Italia fascista, Roma-Bari 1981, pp. 104 s.; A. Lyttelton, La conquista del potere. Il fascismo dal 1919 al 1929, Bari 1982, ad Indicem; M. Missori, Gerarchie e statuti del P. N. F., Roma 1986, ad Indicem; O. Cilona, La Confederazione fascista dei lavoratori dell'indusuia negli anni Trenta, in Annali della Fondaz. L. Einaudi, XXII (1988), pp. 267-270, 282; E. Gentile, Storia del partito fascista 1919-1922. Movimento e milizia, Roma-Bari 1989, p. 574; F. Cordova, Le ongini dei sindacati fascisti 1918-1926, Firenze 1990, ad Indicem.