GINANNI CORRADINI (Ginna), Arnaldo
Nacque a Ravenna il 7 maggio 1890 dal conte Tullo e da Marianna Guberti; il padre, noto avvocato di fede repubblicana, fu deputato e sindaco di Ravenna.
Iscritto all'Accademia di belle arti di Ravenna, il G. (Verdone, 1985) studiò scultura sotto la guida di A. Massarenti; di tale esperienza restano alcuni ritratti di carattere socio-umanitario.
Nel 1908, durante un breve periodo di malattia, eseguì la prima composizione astratta, un acquerello dal titolo Nevrastenia, cui seguirono, l'anno successivo, i dipinti Passeggiata romantica e Accordo cromatico, che, come la maggior parte delle sue opere, sono conservate in collezioni private e riprodotte nel catalogo del 1985.
Del 1910 è la redazione, insieme con il fratello Bruno Corradini - che già firmava con lo pseudonimo di Corra -, del primo scritto di qualche impegno teorico (Metodo, Ravenna), nel quale emerge un preciso interesse per lo studio dell'occultismo e delle filosofie orientali nonché per quanto attiene alla sfera delle forze psichiche, interesse che restò costante per tutto l'arco della sua carriera di artista e di scrittore. A Metodo era collegato un opuscolo anonimo (Vita nova, ibid. 1910).
In esso i due fratelli lanciavano la proposta di una nuova scienza detta Cultura umana, atta a "sviluppare ogni qualità, ogni funzione, ogni facoltà, ogni capacità e potenzialità", in vista di un "uomo superiore".
Sempre nel 1910 fu pubblicato Arte dell'avvenire. Paradosso (ibid.; 2ª ed. ampliata, Bologna 1911), sempre firmato da ambedue i fratelli, ma certamente ispirato in massima parte dal Ginanni.
Partendo dal presupposto che "l'essenza delle arti è una, vari sono i mezzi d'espressione" e che "tra tutte le arti esiste un parallelismo e una corrispondenza di forme assoluti", gli autori sviluppavano una originale teoria delle forme fondamentali alle quali tutte le arti si rifanno: accordo, motivo, accordo-imagine, motivo-imagine. L'idea di fondo che anima questo scritto è quella di una pittura, non necessariamente figurativa, tesa alla rappresentazione di stati psichici, alla concretizzazione degli stati d'animo "in immagini ben definite".
Tale nozione di arte totale trovò un immediato riscontro negli esperimenti di cinepittura del biennio 1910-11, oggi perduti, concepiti a partire da G. Segantini, J.L.F. Mendelssohn-Bartholdy e S. Mallarmé, o in dipinti come Musica della danza (1912). La componente musicale dell'ispirazione ebbe sempre un enorme rilievo in tutta la sperimentazione visiva del G., contraddistinta dall'obiettivo esplicito della creazione di accordi cromatici e sinfonie di colori.
Trasferitosi a Firenze - dove, nel 1912, si diplomò all'Accademia di belle arti e fece la prima esperienza espositiva prendendo parte alla mostra allestita presso la Società fiorentina di belle arti -, entrò in contatto dapprima con gli ambienti d'avanguardia raccolti attorno alle riviste La Difesa dell'arte e Il Centauro - quest'ultima fondata e diretta dal fratello insieme con E. Settimelli e M. Carli -, poi con il movimento futurista milanese. Il legame con F.T. Marinetti e compagni fu stabilito grazie alla mediazione del maestro F.B. Pratella, anch'egli romagnolo, ma fu segnatamente U. Boccioni, assai incuriosito dalle teorie esposte in Arte dell'avvenire, a caldeggiarlo. Nonostante la sua ricerca in senso astratto provocasse perplessità tra alcuni futuristi (C. Carrà, in particolare, considerava troppo letterari i suoi esiti pittorici), il G. partecipò, su invito di Boccioni medesimo, alla Esposizione libera futurista internazionale che si tenne a Roma presso la Galleria futurista, diretta da G. Sprovieri, nell'aprile-maggio 1914.
In quella occasione adottò definitivamente lo pseudonimo Ginna - sebbene nel catalogo figuri come Arnaldo Corradini (p. 12) -, suggeritogli da G. Balla con riferimento alla ginnastica (mentre Bruno si chiamò Corra, con riferimento alla corsa).
Allo stesso 1914 risale l'opera pittorica che, forse meglio di altre, riassume il connubio tra futurismo, astrattismo e occultismo, Forza di un seme sulla terra. La sua poetica, comunque, si definì interamente nel 1915, con la redazione del manifesto Pittura dell'avvenire (poi pubblicato a Firenze nel 1917).
Il G. riprese e sviluppò l'idea di una "pittura occulta" che riconosce l'"astrazione" come meta, per giungere alla quale l'artista deve porsi in uno stato di "subcoscienza cosciente". Di fatto, rispetto alla via maestra intrapresa da altri pittori appartenenti al movimento futurista, il G. si spinse molto più avanti verso le zone ancora scarsamente esplorate, se non altro in Italia, dell'inconscio e dei movimenti interiori dell'animo umano, con il sostegno del pensiero occulto (Elena P. Blavatsky, C.W. Leadbeater) e dell'antroposofia di R. Steiner.
Nello stesso 1915, diede alle stampe i primi testi di carattere creativo, cioè tre "sintesi" teatrali - in cui l'azione scenica è contratta in rapide battute - incluse nella raccolta Il teatro futurista sintetico, curata da Marinetti ed edita a Milano. La prima, Alternazione di carattere (scritta con il fratello Bruno) è una fulminante parodia del dramma borghese di coppia, mentre Uno sguardo dentro di noi e Dalla finestra (in collaborazione con E. Settimelli) si configurano come "stati d'animo sceneggiati", di impostazione alquanto surreale. Nell'estate del 1916, dietro indicazione di Marinetti, diresse il film Vita futurista, del quale fu insieme produttore, regista e operatore.
Alla realizzazione della pellicola, che si svolse tra numerose difficoltà di ordine economico e organizzativo, parteciparono alcuni membri del movimento futurista, tra i quali lo stesso Marinetti, Balla, R. Chiti e L. Venna: vi si rappresentavano otto scene sintetiche dedicate ad alcune delle problematiche peculiari del futurismo. Rifacendosi ai propri esperimenti antecedenti, il G. utilizzò numerosi artifici tecnici, dal viraggio in colore alla colorazione manuale della pellicola.
Proiettato in prima assoluta a Firenze il 28 genn. 1917, quindi a Roma, il film suscitò il clamore abituale di ogni iniziativa pubblica dei futuristi; dal canto suo, la censura impose la soppressione dell'ultimo episodio, violenta satira contro l'imperatore Francesco Giuseppe. Nel tentativo di recuperare almeno il denaro speso, il G. autorizzò A.G. Bragaglia a vendere la pellicola, ma l'operazione non ebbe successo. Delle poche copie stampate non restano oggi che alcuni fotogrammi.
Mentre girava il film ideò il Manifesto della cinematografia futurista, pubblicato (11 sett. 1916) sulla neonata rivista L'Italia futurista (1916-18) e firmato da Marinetti, Corra, Settimelli, Balla, Chiti e dal G., il quale esercitò un influsso decisivo.
A lui sono infatti senza dubbio riconducibili proposte come le "ricerche musicali cinematografate", così come appare in linea con il suo lavoro d'artista e con la sua poetica l'idea di un cinema quale "sinfonia poliespressiva" che, in quanto coinvolge tutte le arti, risulta essere il "mezzo di espressione più adatto alla plurisensibilità di un artista futurista".
Di poco precedente è il Manifesto della scienza futurista (15 giugno 1916), redatto dal gruppo futurista fiorentino al completo: nella vicenda della cosiddetta "pattuglia azzurra", il G. ebbe un ruolo eminente; non solo aveva partecipato alla fondazione dell'Italia futurista, di cui divenne direttore all'inizio del 1917, ma in prosieguo contribuì non poco a determinare i caratteri specifici della poetica del gruppo, a cominciare dall'attenzione verso l'onirismo e i fenomeni medianici (attestata dall'articolo Il coraggio nelle ricerche di occultismo e dalla prosa Paesaggio di un'anima, entrambi apparsi su quel periodico nel 1917).
L'apporto recato dal G. alla rivista fu, in effetti, molto consistente e spaziò dal terreno propriamente artistico (con incisioni, disegni e caricature, e con l'ideazione di un "Primo mobilio italiano futurista") a quello letterario, con tavole "parolibere" e brevi racconti, fino alla polemica politica immediata, come nel caso delle campagne, improntate a un accentuato nazionalismo bellicista (a quanto risulta, comunque, il G. non partecipò direttamente al conflitto), in favore dei prodotti italiani, che costituiscono forse il momento di maggiore contiguità politica tra il futurismo fiorentino e il futurismo nell'accezione marinettiana.
Nel dicembre 1917 il G. fu tra i fondatori del Gruppo pittorico futurista fiorentino. Del 1919 è la pubblicazione della raccolta di prose Le locomotive con le calze (Milano), nella quale si dispiega una scrittura fortemente intrisa di elementi che hanno fatto parlare di protosurrealismo. La prosa del G. appare, di fatto, incline all'onirismo e a un grottesco che si colloca "tra il comico a crepapancia e l'orrore di un colpo di ghigliottina", chiamando sovente in causa l'elemento infantile, ludico, evidente anche nelle immagini che corredano il libro (eseguite anche da R. Rosà). La grafica, del resto, non fu affatto, per il G., un'attività episodica: nel corso di circa un ventennio illustrò opere di G.P. Lucini, Corra, Settimelli e M. Carli.
A differenza del fratello, nel periodo tra le due guerre mondiali il G. non abbandonò il futurismo, seguendo quegli esponenti del gruppo fiorentino che dalla stretta osservanza futurista erano attivamente passati al fascismo: negli anni Venti e Trenta, infatti, collaborò assiduamente, con racconti e articoli, al quotidiano L'Impero, fondato da Carli e da Settimelli, e, soprattutto a Futurismo (sulle cui pagine, nel 1933, presentò, tra l'altro, il manifesto della Scienzarte); cinema e radio furono, comunque, gli argomenti più frequentemente trattati nei suoi scritti di questo periodo.
Il cinema, soprattutto, benché non lo vedesse più coinvolto dal punto di vista creativo (il G. elaborò comunque alcuni soggetti mai realizzati), rimase uno dei punti fermi della sua riflessione teorica fino agli anni Trenta inoltrati. Il G. accolse con favore l'avvento del sonoro e vi scorse la possibilità di nuovi esperimenti, come, per esempio, il "film lirico nuovo", ennesima incarnazione di quella interazione tra le varie arti che egli andava ricercando sin dagli esordi.
Nel 1932, con l'intervento Critica futurista (in Futurismo), fissò i principî di una critica cinematografica ancora evidentemente futurista, basata su valori numerici. Infine, nel 1938, insieme con Marinetti, pubblicò su Bianco e nero il manifesto La cinematografia, nel quale si proponevano, attraverso l'approfondimento e l'amplificazione di concetti già espressi nel manifesto del 1916, alcuni procedimenti tecnici quali l'uso di suoni indipendenti dal film, la tecnica fluida del cartone animato, la simultaneità e il paroliberismo in movimento. Nondimeno, lo scritto più impegnativo degli anni Trenta fu L'uomo futuro. Investigazione futurfascista (pubblicato dapprima a puntate su Futurismo nel 1933, poi edito in volume a Roma lo stesso anno), dal taglio vistosamente militante, nel quale il G. tentò di coniugare dal punto di vista teorico futurismo e fascismo (circostanza sottolineata dalla prefazione di Marinetti e dalla dedica a B. Mussolini).
I due movimenti sarebbero accomunati dalla "spinta verso un continuo divenire", per cui "l'uomo nuovo è il fascista ideale". Per tali ragioni, il fascismo si delinea, secondo l'autore, come "applicazione pratica" del futurismo, inteso non nella mera accezione artistica, bensì in quella più vasta di autentica filosofia di vita.
La stretta collaborazione con Marinetti diede vita anche al manifesto del naturismo futurista, presentato al primo Convegno nazionale naturista nel settembre 1934 e pubblicato su Stile futurista lo stesso anno.
Tale documento deplorava polemicamente "l'immobilità contemplativa", "i piaceri sedentari" e "il nudismo assoluto", in favore di un rinnovato rapporto con la natura e con la macchina, da rafforzare attraverso l'alimentazione leggera e la ginnastica quotidiana. Istanze analoghe, collegate in modo più evidente alle pratiche yoga, il G. le sviluppò attraverso il periodico Il Nuovo, di cui fu direttore.
Nel secondo dopoguerra, il G. si dedicò quasi esclusivamente alla pittura, rimanendo però estraneo alle principali correnti artistiche e alle maggiori rassegne espositive; nel 1970 propose nuovamente l'incrocio tra grafica e scrittura con la cartella di litografie e poesie Le quattro stagioni. Trascurata per circa un ventennio, verso la fine degli anni Sessanta la figura del G. si trovò al centro di una riscoperta cui recò un contributo determinante M. Verdone.
I passaggi più significativi di tale risveglio di attenzione da parte della critica furono le mostre dedicategli a Roma nel 1961 e 1971, a Macerata nel 1969, nonché la ristampa di Le locomotive con le calze (Milano 1976). Nella primavera del 1985 si tenne a Ravenna, presso la Loggetta Lombardesca, un'esauriente retrospettiva postuma della sua opera
Il G. morì a Roma il 26 sett. 1982.
Oltre a quanto già ricordato, opere del G. sono state riproposte, o inserite in raccolte, a partire dagli anni Sessanta; in particolare si veda ancora: Note sul film d'avanguardia "Vita futurista", in M. Verdone, Anton Giulio Bragaglia, Roma 1965; Teatro sintetico e fantasie grottesche, in Il Caffè, XV (1968), 1, pp. 59-77; Le quattro stagioni, Roma 1970; L'Italia futurista(1916-1918), a cura di M.C. Papini, ibid. 1977; Manifesti futuristi e scritti teorici (con B. Corradini), a cura di M. Verdone, Ravenna 1984; A. Ginanni. Tra astrazione e futurismo, a cura di M. Verdone, ibid. 1985.
Fonti e Bibl.: G. Sprovieri - M. Scaligero - A. Ginna, A. G., un pioniere dell'astrattismo, Roma 1961; C. Belloli, Poetiche e pratiche del cinema d'avanguardia dalle origini agli anni Trenta, in La Biennale di Venezia, XIV (1964), 54, pp. 37-40; M. Verdone, Cinema e letteratura del futurismo, Roma 1968, ad indicem; Id., Il "misterioso Ginna", in Il Caffè, XV (1968), 1, pp. 56 ss.; G. Lista, Ginna e il cinema futurista, in Il Lettore di provincia, XVIII (1987), 69, pp. 17-25; M. Verdone, Ginna e Corra, ibid., pp. 69-80; G. Bendazzi, Cartoons. Il cinema d'animazione 1888-1988, Venezia 1988, pp. 18-20; A. Bertoni, Elementi innovatori del futurismo emiliano-romagnolo: le "periferie" di Ravenna e Ferrara, in Futurismo in Emilia-Romagna, a cura di A.M. Nalini, Modena 1990, pp. 83-90; A. Lora Totino, Di alcune sperimentazioni verbo-foniche di Ginna e Corra, ibid., p. 94; G. Lista, I caratteri specifici del futurismo emiliano-romagnolo e le loro ripercussioni nel campo dello spettacolo, ibid., pp. 97 s.; M. Pasquali, in La pittura in Italia. Il Novecento, I, 1900-1945, I, Milano 1991, ad indicem; G. Uzzani, ibid., II, p. 911 (con bibl.); M. Pratesi - G. Uzzani, L'arte italiana del Novecento. La Toscana, Venezia 1991, ad indicem; M.E. Moras, Contro l'"immobilità contemplativa" e i "piaceri sedentari": il naturismo futurista (Manifesto futurista, 1934) di F.T. Marinetti e A. Ginna, in La scrittura dispersa, a cura di M. Dell'Aquila, Pisa 1995, pp. 141-150; S. Cigliana, Futurismo esoterico, Roma 1996, passim; Il futurismo attraverso la Toscana (catal., Livorno), a cura di E. Crispolti, Milano 2000, pp. 48, 193-195.