ARNALDO
Primo presule aretino che si sottoscrisse "episcopus et comes", A. compare menzionato a capo della diocesi di Arezzo, per la prima volta il 17 giugno 1052, in un privilegio dell'imperatore Enrico III, in cui venivano confermate tutte le concessioni imperiali alla Chiesa aretina, sia circa le proprietà della stessa, sia circa la giurisdizione sulla città e sul comitato, concessioni che comprendevano anche il diritto di battere moneta.
Le vicende di A. sono legate all'attività svolta nella contesa con la diocesi di Siena per il possesso delle parrocchie che Arezzo rivendicava in territorio senese.
Ottenuta la conferma dei diritti su tali parrocchie da Vittore II nel 1057, A. se li vedeva negati, a favore di Giovanni, vescovo di Siena, durante il sinodo romano del 1059, in quanto Niccolò II decretava che il vescovo di Siena dovesse mantenere quelle parrocchie sino a quando A., assente dal concilio, non avesse promosso e vinto un ricorso contro la decisione papale. Soltanto l'8 giugno 1070, Alessandro II avrebbe confermato alla Chiesa aretina, di cui era capo il vescovo Costantino, i diritti sulle parrocchie in territorio senese.
Notevole fu anche l'attività di A. a favore dei canonici di S. Donato e dei monasteri di S. Maria di Prataglia e di S. Fiora. A. infatti concedeva ai primi metà della corte e del castello di Cerritolo, la terza parte della selva di Escleto e tre parti delle decime spettanti all'episcopio (6 nov. 1057; marzo 1060; al monastero di S. Maria di Prataglia l'intera decima della corte di Bibbiena aprile 1053) e all'abate di S. Fiora la rimanente metà della corte e del castello di Cerritolo (6 nov. 1057). Se queste donazioni rientrassero in un programma di aumento dell'autonomia economica dei canonici e dei monaci nei confronti del vescovo, nelle linee di una politica perseguita dai pontefici della riforma o mirassero piuttosto a legare ancora di più il clero aretino al vescovo è difficile dire: certo è che di una disposizione non favorevole verso A. da parte di alcuni ambienti riformatori potrebbe essere testimonianza, oltre la già accennata sentenza di Niccolò II, anche, e di più, la narrazione di Pier Damiani circa l'improvvisa morte di A., colpito dalla maledizione divina per aver sottratto alla chiesa di Arezzo un calice. Il successore di A., Costantino, sedeva nel 1064.
Fonti e Bibl.: Documenti per la storia di Arezzo,a cura di U. Pasqui, I, Firenze 1899, pp. 251-271; IV, Arezzo 1904, pp. 278 s.; S. Petri Damiani Opusculum XXXIV: Terribile exemplum Arnaldi episcopi Aretini calicem dominicum alienantis et ab Ecclesia subtrahentis, in Migne, Patr. Lat., CXLV, coll. 573 s.; F. Ughelli-N. Coleti, Italia Sacra, I,Venetiis 1717, col. 416; R. Davidsohn, Forschungen zur älteren Geschichte von Florenz, I, Berlin 1896, p. 43; G. Schwartz, Die Besetzung der Bistümer Reichsitaliens, Leipzig 1913, p. 201; R. Davidsohn, Storia di Firenze,I, Firenze 1956, pp. 304, 324.