Arno
Numerose volte ricorre nelle opere di D. il nome del fiume reale (anche G. Villani [I 43] così appella l'A.), così definito perché reali sono i fiumi che fanno capo in mare; oltre alle citazioni dirette, si può osservare che quasi tutti i cenni descrittivi sulla Toscana si raggruppano attorno al corso dell'A. e a quello dei suoi affluenti (Revelli, Italia 145).
Nelle Epistole D. usa l'antico toponimo Sarnus: così in quella a Moroello Malaspina (cum primum pedes iuxta Sarni fluenta securus et incautus defligerem, IV 2), in quella ai Fiorentini, scritta in finibus Tusciae sub fontem Sarni (VI 27), in quella all'imperatore Arrigo (verum Sarni fluenta torrentis adhuc rictus eius inficiunt, VII 23), anch'essa compilata in Tuscia sub fonte Sarni (§ 31). Lo stesso toponimo ricorre in Eg II 44 Nonne triumphales melius pexare capillos / et patrio, redeam si quando, abscondere canos / fronde sub inserta solitum flavescere Sarno?, e in VE I VI 3 Nos autem, cui mundus est patria velut piscibus aequor, quanquam Sarnum biberimus ante dentes, mentre in Rime CXVI 62 la citazione è indiretta.
Più numerose le citazioni nella Commedia. In If XIII 146 il passo d'Arno sta a indicare il capo del ponte Vecchio presso al quale " in su uno piliere " (G. Villani III 1) fu posta la statua detta di Marte; in XV 113, ove è nominato Andrea de' Mozzi, A. sta per Firenze, così come Bacchiglione sta per Vicenza; in XXIII 95, con un francesismo, Firenze è chiamata la gran villa posta sovra 'l bel fiume d'Arno; in XXX 65 l'A. è ricordato perché vi si convogliano le acque del Casentino; in XXXIII 83 il nome del fiume ricorre nell'invettiva contro Pisa (v. CAPRAIA). Così anche in Pd XI 106, ove il crudo sasso intra Tevero e Arno è la Verna, situata tra le alte valli dei due fiumi; in Pg V 122 (fiume real) e 126 l'A. è nominato in funzione dell'Archian rubesto che strazia il corpo di Bonconte e lo sospinge in A. (v. ARCHIANO).
Oltre a queste citazioni, fuggevoli e quasi tutte in funzione di altri luoghi, in Pg XIV 16 ss., nell'incontro con i due spiriti di Romagna, D. si sofferma a descrivere tutto il corso del fiume. La descrizione s'inizia con l'origine dell'A. dal Falterona (Capo d'A., a m 1358 nel settore meridionale di tale monte): Per mezza Toscana si spazia / un fiumicel che nasce in Falterona, / e cento miglia di corso nol sazia (vv. 16-18): il diminutivo è usato probabilmente come comparativo con altri fiumi, italiani e no, al cui confronto si ridimensiona la consistenza del fiume real (Pg V 122) e importante rispetto ai suoi affluenti (così Benvenuto: " non est fluvius magnus nec navigabilis, nec piscosus; et tamen famosus quia labitur per famosas terras, et quia viri famosi dederunt sibi famam ipsum describentes "; Per il Daniello invece il diminutivo è usato perché tutti i fiumi all'origine sono piccoli); riguardo alla lunghezza, che D. indica piuttosto genericamente, essa corrisponde a circa 150 miglia toscane.
Nei versi seguenti la descrizione, ripresa per bocca di Guido del Duca (vv. 29 ss.) si presta, in alcuni punti, a diverse interpretazioni. Così ai vv. 31-33 ché dal principio suo, ov'è sì pregno / l'alpestro monte ond'è tronco Peloro, / che 'n pochi luoghi passa oltra quel segno, il segno può intendersi come altitudine, e a ciò si adatterebbe pregno inteso come " panciuto " e quindi " alto " (Ottimo), e allora D. avrebbe errato a causa delle imperfette cognizioni del suo tempo (Scartazzini-Vandelli), o come espansione nel senso dei paralleli, e in tal caso, considerando con il Revelli (Italia 144) che " la testata della valle dell'Arno è veramente in una delle zone dove la massa appenninica raggiunge la sua maggiore espansione (circa 125 chilometri sul parallelo del Mt. Falterona; 150 su quello del Cimone; 175 su quello del Càtria) ", D. avrebbe ben esposto la situazione del luogo; in questo caso, però, resterebbe da spiegare pregno nel significato di " esteso " o di " ampio ". Di facile interpretazione, invece, i vv. 34-36, i quali possono essere messi a confronto con ciò che D. dice a proposito dell'origine e dello scorrere dei fiumi verso il mare in Quaestio VI, VIII. Scorre poi il fiume attraverso la sua valle, abitata da uomini tali che par che Circe li avesse in pastura (v. 42); incontra dapprima brutti porci, gli abitanti del Casentino, tutti o, secondo il Casini, i soli Conti Guidi da Romena per assonanza tra il castello di Porciano, di loro proprietà, e l'aggettivo usato da D. (anche il Revelli [Italia 144] è abbastanza favorevole a questa ipotesi). Sbocca quindi nel piano di Arezzo, ma subito torce il muso dalla città abitata da Botoli /... ringhiosi; incontra poi i lupi fiorentini, e il fiume è ora chiamato la maladetta e sventurata fossa a causa di alcuni tratti incassati del suo corso in Valdarno superiore (Bassermann, Orme 70-71). Incontra poi, a valle di Signa, ove scorre tra meandri incassati, pelaghi cupi, le volpi di Pisa; la foce del fiume, ai tempi di D. più prossima a Pisa di quanto non sia attualmente, è ricordata in If XXXIII 83. La descrizione delle imprese delittuose di Fulcieri da Calboli, compiute in su la riva / del fiero fiume, chiude il passo dedicato all'A, e agli abitanti delle zone circostanti il suo corso.
Bibl. - J.-J. Ampére, La Grèce, Rome et D., Parigi 1870, 261-270.