HAUSER, Arnold
Storico e sociologo dell'arte, inglese e di origine ungherese, nato a Temesvár (oggi Timiçsoara, Romania) l'8 maggio 1892, morto a Budapest il 28 gennaio 1978. A Budapest, dove iniziò gli studi di storia dell'arte, fece parte della cerchia degli intellettuali progressisti, come K. Mannheim, B. Balász e altri, che si raccoglieva attorno a G. Lukács; aderì al Partito comunista ungherese e si trovò in prima fila nel 1919 durante l'effimera repubblica dei consigli di B. Kun. A Berlino, nei primi anni Venti, studiò G. Simmel, W. Sombart ed E. Troeltsch. A Vienna, dove visse dal 1924, approfondì la conoscenza dei vari indirizzi della scuola viennese, e fu particolarmente influenzato dall'interpretazione della storia dell'arte come Geistesgeschichte e dagli studi sul manierismo di M. Dvořák; allo stesso tempo s'intensificarono i suoi interessi per il teatro e, in particolare, per il cinema. Nel 1938 emigrò in Inghilterra dove insegnò all'università di Leeds; fu anche visiting professor negli Stati Uniti alla Brandeis University e alla Ohio State University.
Insieme a F. Antal, suo conterraneo, H. è l'esponente più importante della storia sociale dell'arte di orientamento marxista: comuni a entrambi sono le esperienze culturali formative, le convinzioni ideologiche e soprattutto la volontà di superare l'approccio formalistico, fino ad allora predominante, fondando una storia dell'arte improntata sull'analisi dei rapporti tra i fenomeni artistici e il loro retroterra socio-economico. A differenza di Antal, però, H. (che pubblicò la maggior parte delle sue opere più tardi) fa aperto ricorso alla terminologia marxista e cita abbondantemente gli scritti sia di Marx ed Engels sia degli autori marxisti successivi; non si limita a un singolo artista o a un periodo specifico, ma studia le grandi correnti, i grandi sviluppi, spaziando dalla preistoria all'epoca moderna; e inoltre, pur ponendo al centro delle sue ricerche le arti figurative (molto meno l'architettura), tratta in modo spesso altrettanto esauriente la letteratura, ma anche la musica, il teatro e, nell'epoca moderna, il cinema, il che conduce non di rado a parallelismi generici e a spiegazioni schematiche non sorrette dall'evidenza documentaria a disposizione.
L'opera più nota e più discussa di H. è Sozialgeschichte der Kunst und Literatur, 1953 (ma già nel 1951 ne era uscita la traduzione inglese, con il titolo The social history of art), tradotta in moltissime lingue (trad. it., 1955). In particolare le osservazioni critiche di P. Francastel e, soprattutto, di E. H. Gombrich (1953), oltre a mettere in evidenza l'ineguale trattazione dei temi in riferimento alle diverse epoche, hanno sottolineato i limiti metodologici dell'impostazione hauseriana. Il pendant teoretico-metodologico di quest'opera è la Philosophie der Kunstgeschichte (1958; trad. it. con il titolo Teorie dell'arte: tendenze e metodi della critica moderna, 1969).
In essa H., partendo dal principio "che nella storia tutto è realizzazione di individui, ma che gli individui si trovano sempre in una situazione condizionata temporalmente e spazialmente, e che la loro condotta è il risultato sia delle loro disposizioni personali che di questa situazione", analizza i principali approcci interpretativi alla storia dell'arte (sociologico, psicologico e di "filosofia della storia dell'arte") e precisa fini e limiti dell'interpretazione sociologica.
L'unica opera di H. dedicata a un periodo stilistico delimitato è Der Manierismus: die Krise der Renaissance und der Ursprung der modernen Kunst (1964; trad. it., 1965) in cui, riallacciandosi alle analisi del suo maestro Dvořák, sviluppa la tesi che il manierismo è "l'espressione artistica della crisi che sconvolge l'intera Europa occidentale durante il xvi secolo e si estende a tutti i campi della vita politica, economica e culturale". L'ultima opera di H. è la vasta Soziologie der Kunst (1974; trad. it., 1977), in cui egli riprende, in modo sistematico, l'esposizione dell'apparato di concetti sviluppato nella Philosophie der Kunstgeschichte, precisando e modificando tuttavia il significato di alcuni di essi (come per es. quello di dialettica), e descrive i vari aspetti dei rapporti tra arte e società, per finire con i problemi dell'arte contemporanea (arte di massa, cinema, televisione, "fine dell'arte").
Bibl.: E. H. Gombrich, rec. di The social history of art, in Art bulletin, 35 (1953), pp. 79-84, rist. in Meditations on a hobby horse and other essays, Londra 1963, pp. 84-94 (trad. it., 1971, pp. 131-43); W. E. Kleinbauer, Modern perspectives in Western art history, New York 1971, pp. 76-82, 95-98 e passim.