PANNARTZ, Arnold
PANNARTZ, Arnold. – Nacque forse a Praga; sono ignoti la data di nascita e i nomi dei genitori.
All’inizio degli anni Sessanta del Quattrocento, insieme con Conrad Sweynheym, lasciò Magonza, dove molto probabilmente i due avevano lavorato nella bottega di Johannes Gutenberg. La tesi tradizionale, secondo cui si sarebbero allontanati dalla Germania perché costretti a fuggire in seguito all’occupazione di Magonza da parte di Adolfo II di Nassau (27 ottobre 1462), non sembra fondata.
Giunsero in Italia per distribuire e vendere i libri stampati in Germania da Johann Fust e Peter Schöffer (Davies, 2007) e, intorno al 1464, impiantarono presso il monastero benedettino di S. Scolastica a Subiaco quella che forse fu la prima tipografia della penisola.
Il primato di Subiaco sull’esordio della stampa in Italia è in verità discusso. Sostenuto da Paolo Veneziani (2010), è contestato da Piero Scapecchi, che considera come la più antica testimonianza della stampa a caratteri mobili in Italia il cosiddetto frammento Parsons-Scheide, appartenente alle Meditazioni sulla Passione di Cristo (traduzione italiana di un originale Leiden Christi in tedesco), opera impressa forse presso Ferrara o Bologna. Per una precoce testimonianza sull’introduzione della stampa in Italia, Bertolini (2010) ha segnalato un passo del De temporibus suis del pisano Mattia Palmieri, il cui manoscritto autografo (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Conventi soppressi, 133) risalirebbe al 1459 o poco dopo.
Sono ancora poco chiare le ragioni per cui i due stampatori si fermarono a Subiaco. Sono state fatte diverse ipotesi: una committenza da parte del monastero e dell’abate commendatario, Giovanni Torquemada; l’intenzione da parte dei monaci, anch’essi in gran parte tedeschi, di servirsi della nuova ars imprimendi per esigenze di studio e formazione, a beneficio del proprio monastero e forse dell’intera congregazione benedettina; un invito da parte di Niccolò da Cusa, che si era recato più di una volta a Magonza e aveva preso contatto con la nuova tecnica. È stata anche sottolineata la necessità di stabilirsi in un luogo dove poter mantenere la segretezza su tecniche tipografiche e macchinari di nuova invenzione. Quel che è certo è che nella ricca biblioteca di S. Scolastica Pannartz e il socio poterono trovare i manoscritti da cui attingere i testi da trasferire in stampa e che la vicinanza di Roma ebbe un ruolo notevole, perché sin dall’inizio la città fu il vero mercato cui destinare i libri prodotti.
I due tipografi dovettero avere diversi collaboratori, che si resero poco a poco indipendenti e iniziarono a stampare per proprio conto. È possibile che abbiano lavorato nella loro officina Sixtus Riessinger, Georg Sachsel e Adam Rot. In base a una precoce testimonianza sulle tecniche di stampa contenuta in un passo del proemio del De componendis cyfris di Leon Battista Alberti, Rot e Leonaro Dati potrebbero avere visitato l’officina tipografica sublacense (l’opuscolo albertiano, finora collocato negli anni 1466-67, sarebbe stato scritto «non più tardi del 1464» secondo Galimberti, 2010, p. 206).
Gli incunaboli sicuramente prodotti dai due prototipografi presso il monastero benedettino di Subiaco sono quattro. A prima del 1465 dovrebbe risalire il Donatus «pro puerulis», o Donato minore, forse di una dozzina di carte, di cui non rimane alcun esemplare e per il quale si è ipotizzata una prima realizzazione mediante tecnica xilografica. Il De oratore di Cicerone fu terminato prima del 30 settembre 1465 o già prima del 3 dicembre 1464, se è questo il testo a stampa a cui Alberti allude nel citato proemio del De cyfris. Un volume con opere di Lattanzio (De opificio hominis, De ira Dei, De divinis institutionibus adversus gentes) era pronto il 29 ottobre 1465, ma era entrato in tipografia il 3 dicembre dell’anno precedente. È stato ipotizzato (Branciani, 2010; v. anche Galimberti, 2010, p. 195 n. 81 p. 203 n. 108) che il libro fosse terminato già il 30 ottobre 1464, diversamente da quanto riportato nel colophon, e questo ne farebbe il primo libro databile congetturalmente impresso in Italia. Il De civitate Dei di s. Agostino fu terminato il 12 giugno 1467.
Nello stesso anno Pannartz e il socio lasciarono Subiaco e si trasferirono a Roma, non è noto se per propria iniziativa o perché chiamati a esercitare lì il loro mestiere. Portarono con sé le copie loro spettanti del De civitate Dei, mentre altre copie furono lasciate ai monaci di S. Scolastica, probabilmente insieme con materiale tipografico.
Il fatto che più tardi i monaci introdussero nel mercato romano sessanta esemplari dell’edizione (trasportati in città il 28 gennaio 1468, come si ricava dai registri doganali), dimostra che il monastero aveva partecipato agli utili derivati dalla vendita di almeno una parte dei libri stampati a Subiaco (si può supporre per l’affitto dei locali adibiti a tipografia). Pochi anni dopo la partenza di Pannartz e Sweynheym, grazie alla conoscenza della nuova tecnica di stampa e all’attrezzatura lasciata dai due prototipografi, i monaci organizzarono a Subiaco una loro stamperia, come attesta il cosiddetto Memoriale di Melk impresso nel 1471.
A Roma, Pannartz e Sweynheym impiantarono un’officina vicino Campo de’ Fiori, nel rione Parione, in un locale di proprietà dei fratelli Pietro e Francesco Massimo, esponenti della famiglia di mercanti e banchieri più importante della città, impegnata anche nel commercio di piombo, stagno, antimonio e carta, tutti materiali necessari in tipografia. Il contributo dei fratelli Massimo dovette riguardare solo l’affitto dei locali, per il quale partecipavano forse agli utili della tipografia stessa. Per indicare il luogo di stampa, Pietro fu spesso menzionato nei colophones dei libri, in alcuni casi insieme con il fratello Francesco.
Nell’Urbe la nuova tecnica di produrre libri ‘con le forme’ si diffuse prima che in altre città italiane, e Roma divenne presto un polo di attrazione per i tipografi e un centro di diffusione della stampa. All’arrivo di Pannartz e del socio era già attiva la tipografia di Ulrich Han da Ingolstadt (familiaris di Paolo II sin dal 1466) e forse erano presenti anche altri stampatori. Due contratti notarili dimostrano che una società tipografica si era già costituita prima dell’autunno del 1466; ne fecero parte lo scrittore apostolico Domenico da Lucca (poi sostituito da Simone Cardella), Enrico, figlio di Ulrich Han, e Clemente Donati di Urbino (Modigliani, 1997, p. 41).
Nell’Urbe, Pannartz e Sweynheym poterono raggiungere un vasto numero di acquirenti e trovare finanziatori, editori e curatori di testi, biblioteche con opere varie e diversificate da mandare in stampa e operai che – a differenza dei monaci di Subiaco – non dovevano dividere la giornata tra lavoro e preghiera. La prima edizione romana furono le Epistolae ad familiares di Cicerone (1467). I titoli successivi mostrano una forte continuità con le scelte editoriali di Subiaco: furono replicati i titoli sublacensi e altri testi famosi e collaudati, ritenuti di facile vendita: opere patristiche, classici pagani, ma anche titoli di autori contemporanei. I due prototipografi tedeschi, così come altri loro colleghi stranieri della prima generazione, vennero tenuti in grande considerazione da umanisti e uomini di Curia. I cultori degli studia humanitatis furono direttamente coinvolti nella produzione del libro e iniziarono a collaborare come curatori editoriali per rivedere e correggere i testi da mandare in stampa. Emblematico di questo legame tra editoria romana e cultura umanistica fu il ruolo di Giovanni Andrea Bussi (vescovo di Aleria e dal 1471 bibliotecario papale grazie a Sisto IV), che curò gran parte delle edizioni romane di Pannartz e Sweynheym. Grazie al sodalizio, inaugurato dalla nuova edizione delle Epistolae di s. Girolamo (13 dicembre 1468) e concluso nel 1472, in pochi anni venne licenziato un corpus di opere fondamentali della tradizione classica e di quella cristiana. Molto spesso queste edizioni furono precedute dalle prefazioni dello stesso Bussi, formalmente dedicate soprattutto a Paolo II.
Presto Pannartz e Sweynheym dovettero affrontare un periodo di crisi, dovuto alla difficoltà a smerciare libri in un mercato già saturo per un certo settore di opere. Il 1o gennaio 1472 risultano tra coloro che avevano richiesto benefici ecclesiastici e lo stesso anno rivolsero una supplica a Sisto IV per tramite di Bussi. Questi, dopo avere riportato una petizione dei due prototipografi nella dedica a papa Della Rovere nell’ultimo tomo di Niccolò da Lira (stampato il 26 maggio 1472), nella sua qualità di referendario presentò la supplica direttamente al pontefice. Non è noto quale esito abbia avuto l’iniziativa per Pannartz, mentre sappiamo che Sweynheym ottenne una prebenda dal 29 gennaio 1474 fino alla morte. Nella prefazione a Niccolò da Lira e nella supplica a Sisto IV (Arch. Segreto Vaticano, Reg. Suppl., 670, c. 77v) Pannartz e Sweyn-heym sono menzionati come clerici, rispettivamente delle diocesi di Colonia e di Magonza. Per superare la crisi, furono ristampate le edizioni già curate da Bussi, ma senza le lettere di dedica dell’umanista. Dal settembre 1472 scomparve dai colophones anche la menzione dei Massimo.
Conclusasi l’esperienza con Bussi, iniziò la collaborazione con un altro umanista, Niccolò Perotti, aspramente polemico con le prefazioni e le edizioni del predecessore, ma il sodalizio ebbe breve durata: dalla fine del 1472 alla primavera dell’anno seguente. In questo periodo videro la luce alcune novità: l’editio princeps della traduzione latina di Polibio e dei Rudimenta grammatices, entrambe opere di Perotti, inoltre Marziale e Plinio il Vecchio in edizioni da lui curate.
Il sodalizio tra Pannartz e Sweynheym si concluse nel 1473. L’ultima edizione firmata insieme è il Plinio il Vecchio, che reca la data del 7 maggio 1473. Pannartz proseguì da solo l’attività nel locale dei Massimo, che tornarono a essere menzionati nei colophones. Pubblicò una ristampa dei Rudimenta grammatices di Perotti (2 dicembre 1474), quindi diede alle stampe Sallustio, Seneca, Stazio e le Elegantiae linguae Latinae di Lorenzo Valla. Inoltre novità degne di nota: Erodoto, Ierocle, Giuseppe Flavio curato da Bartolomeo Sacchi (il Platina), s. Tommaso curato dal domenicano Giovan Francesco Veneto e il commento di Domizio Calderini alle Silvae di Stazio (contenente anche un breve estratto delle Observationes, polemiche nei confronti di Perotti).
Pannartz morì a Roma prima del 17 aprile 1476, mentre era in corso la stampa delle Epistolae di s. Girolamo: firmò solo il primo volume, datato 28 marzo 1476, il secondo fu stampato nel 1479 da Georg Lauer.
Fonti e Bibl.: V. Schölderer, The Petitio of Sweynheym and P., in Fifty Essays in XV and XVI Century Bibliography, Amsterdam 1969, pp. 72-73 (edizione della supplica a Sisto IV); G.A. Bussi, Prefazioni alle edizioni di Sweynheym e Pannartz prototipografi romani, a cura di M. Miglio, Milano 1978; B. Frank, Tipografia monastica sublacense per una confederazione benedettina, in IlSacro Speco, LXXIV (1971), pp. 69-73; G.P. Carosi, La stampa da Magonza a Subiaco, Subiaco 1976, ad ind.; A. Modigliani, Tipografi a Roma prima della stampa. Due società per fare libri con le forme (1466-1470), Roma 1989, ad ind.; A. Esch, Deutsche Frühdrucker in Rom in den Registern Papst Pauls II, in Gutenberg Jahrbuch, LXVIII (1993), pp. 44-52; M. Miglio, Il nero sulla carta bianca ovvero l’anello di Angelica, in Gutenberg e Roma. Le origini della stampa nella città dei papi (1467-1477). Catalogo della mostra, a cura di M. Miglio - O. Rossini, Napoli 1997, pp. 22-28; A. Modigliani, Tipografi a Roma (1467-1477), ibid., pp. 41-48; M. Miglio, Saggi di stampa. Tipografi e cultura a Roma nel Quattrocento, a cura di A. Modigliani, Roma 2002, ad ind.; P. Scapecchi, Foligno e l’introduzione della tipografia in Italia, in La prima edizione a stampa della Divina Commedia. Studi, III, a cura di G. Alessandri - R. Landi, Foligno 2004, pp. 45-51; Editori ed edizioni a Roma nel Rinascimento, a cura di P. Farenga, Roma 2005, ad ind.; A. Esch, Deutsche Frühdrucker in Rom in den Registern Papst Sixtus IV, in Manoscritti, editoria e biblioteche dal medioevo all’età contemporanea. Studi offerti a Domenico Maffei per il suo ottantesimo compleanno, a cura di M. Ascheri et al., I, Roma 2006, pp. 286, 298; U. Israel, Romnähe und Klosterreform. Oder: Warum die erste Druckerpresse Italiens in der Benediktinerabtei Subiaco stand, in Archiv für Kulturgeschichte, LXXXVIII (2006), pp. 279-296; A. Esch, La prima generazione dei tipografi tedeschi a Roma (1465-1480). Nuovi dati dai registri di Paolo II e Sisto IV, Roma 2007, ad ind.; L. Bertolini, Mattia Palmieri e la stampa, in Subiaco, la culla della stampa. Atti dei Convegni (Abbazia di Santa Scolastica, 2006-2007), Roma 2010, in partic. pp. 278-283 e 288; L. Branciani, Il secolo di Gutenberg nei protocenobi sublacensi tra produzione manoscritta ed i più antichi testi a stampa: strumenti per una sintesi dell’ambiente culturale, ibid., pp. 247-248 e 252 n. 58; A. Esch, I prototipografi tedeschi a Roma e a Subiaco. Nuovi dati dai registri vaticani su durata del soggiorno, status e condizioni di vita, ibid., pp. 53-62; P. Farenga, Le viedella stampa: da Subiaco a Roma, ibid., pp. 39-51; N. Galimberti, Il «De componendis cyfris» di Leon Battista Alberti tra crittologia e tipografia, ibid., pp. 167-239; P. Veneziani, Sweynheym e P. rivendicati, ibid., pp.19-37; P. Scapecchi, Scheda 52, in Roma nel Rinascimento, 2011, pp. 235-239.