ARNOLFO
Nipote di Guido da Velate, nel 1059, durante la missione di Pier Damiani a Milano, di cui egli rese ampia relazione a Ildebrando nell'Actus mediolanensis, fuconsiderato dall'eremita di Fonte Avellana "honestus et prudens", probabilmente perché prestò giuramento dopo lo zio, di osservare le disposizioni romane contro il nicolaismo e la simonia (cfr. Petri Damiani Opera,in Migne Patr. Lat. CXLV, col. 96).
È agevole intravvedere, nella menzione di A. fatta da Pier Damiani, una particolare intimità con il potente arcivescovo milanese, intimità che dovette giocare a suo favore quando nel 1066 Enrico IV appoggiò la sua elezione a vescovo di Cremona, diocesi suffraganea di quella milanese.
In questo fatto non è, per altro, da vedere un atteggiamento sostanzialmente contraddittorio con il giuramento prestato anni innanzi a Pier Damiani, ma una conferma della distinzione ancora operante nelle coscienze tra accettazione dell'investitura laica e ripudio dell'elezione simoniaca. Atteggiamento tipico del clero moralmente onesto, e legato all'impero, che poteva essere apprezzato da un Pier Damiani, ma che non trovava consensi negli ambienti patarinici. Infatti nello stesso anno 1066, secondo la testimonianza di Bonizone da Sutri (Ad Amicum,in Monumenta Germ. Hist., Libelli de lite imperatorum et pontificum romanorum, I,Hannoverae 1891, pp. 596 s.),i patarini cremonesi sotto la guida di "XII viri zelo Dei ducti consilio domni Christophori abbatis" (si tratta dell'abate di S. Pietro e Paolo di Cremona: su cui si vedano notizie anche in P. F. Kehr, Italia Pontificia, VI, 1, Lombardia,Berolini 1913, pp. 285 ss.)espulsero i sacerdoti concubinari e percossero A. che tentava di trattenere un "sacerdotem Paterinorum". In seguito a questi fatti i Cremonesi inviarono un'ambasceria ad Alessandro II esponendo la situazione del loro clero: il papa rispose nel 1067 confermando la decadenza dei sacerdoti, diaconi e suddiaconi simoniaci e concubinari dai loro uffici e dai benefici e permettendo la conservazione degli stessi ai gradi ecclesiastici inferiori, che fossero legati da regolare matrimonio. Il papa invitava anche i Cremonesi a partecipare con loro legati al concilio che avrebbe tenuto dopo la Pasqua del 1068, cioè dopo il 23marzo 1068.Di A. non si faceva parola. Forti di questa approvazione, i Cremonesi avrebbero cacciato il clero indegno, inducendo i Piacentini a far lo stesso. Il Meyer von Knonau ha notato, in proposito, che su questi episodici fatti cremonesi Bonizone si è intrattenuto particolarmente per l'ovvio interesse che portava alle cose di Cremona: ed ha riferito anche le opinioni controverse sorte a proposito di un supposto fraintendimento da parte di Bonizone della lettera di Alessandro II.
Certo è che il 16 dic. 1069 A. investiva i fratelli Baldo e Leone e i loro eredi, in enfiteusi, "de sex perticis terrae aratoriae prope civitatem in Braida de la Pipia" (Codex dipl. crem., I, p.81, n. 150); il 17 giugno 1074 A. investiva "de Calugathe de districtis et Albergaria hominum Anfoningi" (ibid., p. 82, n. 156); il 27 febbr. 1075 investiva "de quarta portione castri Solarioli et silvae a sera parte de ipso castro et terrae aratoriae de loco Robore ad Padum a predicta silva usque ad insulam Landonis antepositis 40 iugeris" (ibid.,p.83, n. 157) Bernardo "de castro Sexpilae" del fu Bernardo ed i nipoti Umberto, Bernardo ed Ubaldo; di un'altra quarta parte investiva Riboldo di Casalbuttano. Lo stesso giorno faceva una permuta con Romano e Angelberga "iugales, lege langobardica".
Ma cose più gravi erano maturate nel frattempo: il 25 genn. 1074 Gregorio VII aveva invitato A. con gli altri suffraganei della diocesi milanese - il cui titolare Gotofredo di Castiglione era scomunicato - ad intervenire all'importante sinodo di quaresima che si sarebbe tenuto a Roma, secondo una consuetudine che proprio il nuovo papa voleva tenacemente applicata. Gli atti di questo concilio sono perduti, ma non pare probabile che A. vi partecipasse. Ma nel sinodo quaresimale del 1078 A. veniva solennemente riconosciuto colpevole di simonia e deposto dal suo ufficio "absque spe recuperationis" e scomunicato "usque ad dignam satisfactionem" (Gregorii VII Registrum,a cura di E. Caspar, Berolini 1920, p. 369); in una bolla del 10 marzo dello stesso anno - e successivamente a questa scomunica, come si può ritenere fondatamente - Gregorio VII, scrivendo a quel Cristoforo abate di S. Pietro e Paolo che già aveva promosso le agitazioni patariniche del 1066, affermava che le ordinazioni dei monaci e dei "clerici" di pertinenza del monastero dovevano essere fatte dal vescovo, ma aggiungeva: "ita tamen si episcopus canonice ordinatus fuerit et ordinationem gratis facere voluerit": in caso contrario l'abate aveva facoltà di rivolgersi, con l'autorizzazione della Chiesa di Roma, a qualsiasi presule (cfr. Arch. stor. lomb., XIII[1886], pp. 127-129).Nell'aprile 1079,tuttavia, in un placito tenuto dal conte Gisleberto di Bergamo, A. "sanctae Cremonensis ecclesiae antistes" (Cod. dipl. crem.,cit., p. 85,n. 167)otteneva una sentenza ai danni di Rustichello di Colognola circa alcuni beni siti "infra" ed "extra" il "castrum de Gabiano", devastati da Rustichello ed assegnati, in esito alla sentenza, ad Arnolfo. Nel 1080A. partecipava al concilio di Brixen, riunito da Enrico IV contro Gregorio VII, e ne sottoscriveva gli atti (cfr. Monumenta Germ. Hist., Leges,sectio IV, Constitutiones imperatorum et regum, I, Hannoverae 1893, pp. 118-120).A. compare ancora menzionato in unplacito di Enrico IV tenuto a Botticino, in epoca imprecisata, tra il 1087 ed il 1091. Nel 1086 si trova menzionato un successore gregoriano, Gualtiero (cfr. per la questione del placito di Botticino e di Gualtiero, Schwartz, pp. 112-113).
Fonti e Bibl.: Codex diplomaticus Cremonae, a cura di L. Astegiano,I,Augustae Taurinorum 1895; G. Meyer von Knonau, Jahrbücher des deutschen Reiches unter Heinrich IV und Heinrich V, I, Leipzig 1890, p. 559 e nota; G.Schwartz, Die Besetzung der Bistümer Reichsitaliens, Leipzig1913, pp. 112 s.; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., IV,col. 638.