ARPADI
Dinastia che regnò in Ungheria per quattro secoli, fino al 1000 con il titolo ducale e dal 1001 al 1301 con quello reale. La dinastia prende il nome da 〈P5>Arpád - figlio del primo duca Álmos - duca prima dell'894 e fino al 907, con il quale le tribù seminomadi degli Ungari si stabilizzarono nella regione dei Carpazi (la conquista del paese avvenne a partire dall'895).Resta incerta l'ubicazione dei più antichi centri arpadici, ma senza dubbio il più importante fu óbuda (oggi quartiere di Budapest), città della Pannonia romana che accolse la sepoltura di Árpád. Dopo di lui, la successione immediata sembra aver seguito il principio del seniorato almeno fino alla prima metà del 10° secolo. Era l'epoca delle incalzanti scorrerie degli Ungari che devastarono la Germania, l'Italia, la Francia fino al 955 e saccheggiarono l'impero bizantino fino al 970.A giudicare dai pezzi di oreficeria scoperti nei sepolcri, l'arte funeraria della corte dei primi duchi doveva rispecchiare il gusto dei nomadi delle steppe euroasiatiche. Fra le opere note dell'arte di questo periodo, soltanto la spada 'di Carlo Magno' (Vienna, Schatzkammer) potrebbe aver fatto parte del tesoro ducale. Questa spada, che è anche una delle insegne dell'impero romano germanico, sarebbe identica alla spada di Attila, che fu offerta nel 1063 dalla madre del re Salomone d'Ungheria a Ottone, duca di Baviera.Dopo la metà del sec. 10° la politica dei duchi nei confronti del mondo cristiano cominciò a mutare di prospettiva, come dimostra il battesimo di un membro della famiglia ducale e di due alti dignitari di corte a Bisanzio (948), nonché l'arrivo in Ungheria di un vescovo greco (953); tuttavia solo nei secoli successivi la Chiesa orientale avrebbe lasciato la propria impronta sulla vita religiosa in Ungheria. Il duca Toxun, nipote di Árpád (955 ca.- prima del 972), inaugurò nei confronti dei paesi vicini una politica di pace che venne proseguita dal figlio, il duca Géza (prima del 972-997), il quale si avvicinò agli imperatori Ottone I e Ottone II (972); dopo essere stato battezzato, si operò attivamente con il sostegno del clero bavarese per la cristianizzazione del paese, a cominciare dall'ambiente di corte, in particolare a Esztergom e a Székesfehérvár, le principali sedi della dinastia fino alla fine del 12° secolo. In queste sedi fortificate e nell'importante abbazia benedettina di Pannonhalma, le prime costruzioni in pietra, cioè il palatium e la chiesa, risalgono probabilmente all'epoca di Géza. Nell'ultimo decennio del sec. 10°, al gruppo dei primi missionari subentrò s. Adalberto, vescovo di Praga; alla sua opera e a quella dei suoi collaboratori va attribuita l'organizzazione della Chiesa in Ungheria avvenuta sotto Vaik (duca dal 997), figlio di Géza e battezzato con il nome di Stefano. Da allora, nella successione degli A. prevalse il principio della primogenitura che talora condusse anche a lotte per la successione al trono.Stefano I (m. nel 1038) riuscì a farsi incoronare re nel 1001 cingendo la corona consacrata inviatagli da Roma quale simbolo dell'approvazione papale e dell'imperatore; grazie a questa incoronazione ufficiale lo Stato cristiano ungherese fu virtualmente fondato e collegato con il mondo occidentale. Stefano organizzò l'amministrazione del potere secondo un sistema territoriale di ca. quarantotto 'comitati', ciascuno legato a un luogo fortificato. L'organizzazione ecclesiastica del territorio vide la fondazione di due arcivescovadi (Esztergom e Kalocsa), di otto vescovadi, di numerose abbazie benedettine, tra le quali una di rito greco, nonché la creazione di un sistema di 'pievi'. Batté moneta, privilegio che rimase del re e del principe ereditario praticamente fino alla fine dell'epoca degli Arpadi. Sposatosi con Gisella di Baviera (996), sorella dell'imperatore Enrico II, Stefano assunse il modello germanico e imperiale sia per la tipologia delle monete sia per l'architettura religiosa, favorendo la costruzione di edifici con Westwerk (come è stato attestato da scavi a Székesfehérvár e a Kalocsa), e infine con una politica di generose donazioni di arredi liturgici, documentata da fonti scritte. Questi arredi sono oggi quasi interamente perduti; tra i pochi tuttora sussistenti sono da ricordare la croce offerta da Gisella per adornare la tomba della madre (Monaco, Schatzkammer der Residenz) e una casula datata 1031 con la rappresentazione della Maiestas Domini tra figure di apostoli, profeti e angeli, opera da porre in rapporto molto stretto con l'arte dell'ambiente imperiale (Budapest, Magyar Nemzeti Múz.) e di fatto donata dalla coppia reale alla chiesa della Vergine fondata da Stefano a Székesfehérvár (oggi distrutta e conosciuta solo attraverso gli scavi). Tale chiesa, capella propria di Stefano, fu destinata a conservare i tesori e le insegne regie e a ospitare il sepolcro del re; nel 1038 vi fu sepolto Stefano in un sarcofago romano rilavorato con motivi bizantineggianti, collocato davanti all'altare della Santa Croce, ora nella collezione lapidaria della basilica (Székesfehérvár, Romkert). La chiesa raggiunse il prestigio di un santuario dinastico; divenuta chiesa dell'incoronazione nello stesso 1038, nel secolo successivo alla canonizzazione di Stefano (1083) accolse le sepolture dei re.Nella tradizione dinastica degli A., i simboli del potere regale, il trono (da cui il nome di Székesfehérvár) e le insegne regie - corona, globo, lancia e spada - erano associati alla persona del primo re santo. Dalla casula da lui offerta alla chiesa della Vergine fu ricavato un mantello da incoronazione. Al re Stefano si fece risalire anche il culto degli A. per la Vera Croce, che assumeva un ruolo importante nella simbologia regale. Delle prime insegne con cui Stefano era stato raffigurato sulla casula rimane solo la spada, conservata a Praga (tesoro della cattedrale). La lancia scomparve presto dal gruppo delle insegne: sulle bolle e sui sigilli i successori di Stefano furono rappresentati solo con lo scettro e il globo in mano. Anche il ducatus -istituzione caratteristica degli A. nel sec. 11°, che indicava il territorio governato dal principe ereditario - ebbe come insegna del potere una spada, forse identica a quella detta 'di Carlo Magno'.Morto l'unico figlio, Emerico (1031), Stefano escluse dalla successione il cugino Vasul e designò come erede suo nipote, il veneziano Pietro Orseolo. Questa designazione determinò una lotta per il trono tra Pietro (1038-1041 e 1044-1046) e Samuele Aba (1041-1044), anche egli discendente di Stefano in linea femminile. Pietro ricorse all'imperatore Enrico III mettendo a repentaglio l'indipendenza del potere regio creato da Stefano. In seguito il regno venne conquistato dai figli di Vasul rientrati dall'esilio, da cui discesero i futuri re della dinastia.Andrea I (1046-1060) conferì il ducatus al fratello Béla; dopo un periodo di ostilità, Andrea concluse la pace con l'impero germanico (1058) e la suggellò con il matrimonio di suo figlio, il piccolo Salomone, con la sorella di Enrico IV. Dopo il breve regno di Béla I (1060-1063), fondato sul principio del seniorato, Salomone (1063-1074) salì al trono con l'aiuto imperiale. Il suo conflitto con i figli di Béla, signori del ducatus, condusse alla sua detronizzazione, ma la sua presenza in Ungheria non cessò di turbare gli avversari: Géza I (1074-1077) e Ladislao I (1077-1095).Queste lotte per il trono e il pericolo costante dell'intervento germanico influirono sull'arte di corte, soprattutto sulla tipologia delle chiese destinate alle sepolture regie: la scelta di modelli bizantini segnò l'abbandono di quelli germanici nel caso delle chiese fatte costruire da Samuele Aba, Andrea, Béla e Géza, rispettivamente a Feldebrö, Tihany, Szekszárd e Vác. In quell'epoca l'impero d'Oriente intratteneva ottimi rapporti con i re di Ungheria e Géza, sposato con una principessa bizantina, conobbe il favore particolare dell'imperatore pronto a riconoscerne il fragile potere regio; di tale favore è testimonianza la presenza dell'immagine di Géza sulla parte inferiore di una corona offerta da Michele Ducas per l'incoronazione dei re ungheresi (Budapest, Magyar Nemzeti Múz.). Nella ricerca di appoggi contro l'imperatore Enrico IV, Géza si rivolse al papa Gregorio VII. Maggior successo ebbe suo fratello Ladislao I (1077-1095, canonizzato nel 1192), che si alleò a Rodolfo di Svevia e ne sposò la figlia. Sotto il regno di Ladislao e di Colomanno (1095-1116), figli di Géza, vennero stabilizzate la struttura politica ed ecclesiastica e la posizione europea del regno. Alcuni provvedimenti sull'organizzazione ecclesiastica e donazioni importanti fecero apparire Ladislao come il secondo fondatore della Chiesa d'Ungheria; le disposizioni di Ladislao e di Colomanno, queste ultime nello spirito della riforma gregoriana, furono alla base del grande sviluppo architettonico che introdusse nel paese verso il 1100-1120 lo stile romanico.Sostenuto da Gregorio VII, Ladislao ottenne la santificazione di Stefano I e del figlio Emerico (1083); conquistò la parte pannonica della Croazia, paese vassallo del papa (1091), a cui Colomanno aggiunse la Dalmazia, oggetto poi di discordie con Venezia; inoltre nel sec. 13° il vasto territorio noto con il nome di Slavonia divenne appannaggio del principe ereditario. Sepolto in un primo tempo a Somogyvár, fondazione dipendente dall'abbazia di Saint-Gilles in Francia, Ladislao ebbe la sua sepoltura definitiva a Várad nella cattedrale del vescovado da lui stesso fondato. La sua unica figlia Irene, fondatrice tra l'altro del monastero costantinopolitano del Pantokrator, sposò l'imperatore Giovanni Comneno.Colomanno fu uno dei re più colti dell'epoca, tanto da essere chiamato 'lo studioso' dai suoi contemporanei. Egli garantì il passaggio dei primi crociati attraverso il paese (1096-1101), sposò la figlia di Ruggero I di Sicilia, cercò di limitare il sistema della ecclesia propria e diede inizio a un breve periodo di politica anch'essa conforme ai dettami gregoriani, rinunciando al diritto dell'investitura (1106). Scelse la chiesa di S. Stefano a Székesfehérvár come luogo di sepoltura, seguito in questo dalla maggior parte dei re del sec. 12°, fra cui Béla II e Géza II, che ricostruirono la chiesa. Colomanno soppresse inoltre l'istituto del ducatus, ambito di potere del fratello Álmos che gli si era ribellato, dopo averlo fatto accecare insieme con il figlio Béla per garantire il trono al proprio figlio Stefano II (1116-1131). Tuttavia Béla II (1131-1141) assunse ugualmente il potere, esercitato con l'assistenza della moglie serba e del cognato Beloš, principale sostegno degli A. per trent'anni. Il tempo di Géza II (1141-1162), figlio di Béla, segnò l'epoca della stabilizzazione.Divenuta ormai importante potenza dell'Europa centrale, l'Ungheria contava allora settantadue 'comitati'. Vi si installarono le prime colonie sassoni nonché, per iniziativa regia, nuovi ordini religiosi (i Cistercensi e i Cavalieri di S. Giovanni, mentre il primo convento dei Premonstratensi era già stato fondato da Stefano II); lo stesso Géza II fondò un nuovo ordine cavalleresco, quello di S. Stefano d'Ungheria, con centri a Gerusalemme e a Esztergom. Fra le numerose guerre di Géza, le più importanti furono condotte contro l'imperatore Manuele Comneno, nipote di s. Ladislao, che tentava di estendere il suo potere fino all'Ungheria e che, durante il regno di Stefano III (1162-1172), figlio di Géza, mise sul trono due fratelli di quest'ultimo, Ladislao II (1162-1163) e Stefano IV (1163), allevando inoltre a Bisanzio il fratello di Stefano III, il futuro Béla III (1172-1196), erede al trono imperiale fino alla nascita del figlio di Manuele. Salito al trono, pur restando alleato con Manuele (m. nel 1180), Béla consolidò il potere regio attraverso riforme (soprattutto quella della cancelleria) e mediante l'aiuto di colti prelati. Egli riconobbe il senso e il valore della sontuosità bizantina e della simbologia imperiale, dedicando quindi particolare attenzione alle insegne del potere regio. La sua tomba nella chiesa di Székesfehérvár, dove fu sepolto accanto alla prima moglie, Anna di Antiochia, conteneva una serie di oggetti sapientemente composti, probabili sostituti di quelle che furono le insegne di questo re: corona, spada, scettro, speroni, armilla, anello, encolpio, croce processionale. Quest'ultima sostituì probabilmente una croce a doppia traversa, insegna di vittoria e simbolo della reliquia della Vera Croce, ripresa da Béla, per es. sui denari coniati verso il 1190, come allusione alla reliquia posseduta dai re d'Ungheria.La doppia croce di Salisburgo e lo scettro che in seguito fu compreso nell'insieme delle insegne regie ungheresi (Budapest, Magyar Nemzeti Múz.) avrebbero potuto far parte degli effettivi regalia di Béla. La filigrana d'oro che le decora è caratteristica delle opere prodotte da una bottega di orafi di corte attiva probabilmente all'epoca di Béla; dalla stessa proviene forse anche un oggetto di incerta destinazione ornato di smalti bizantineggianti di origine locale. A partire da un'epoca indeterminata e forse posteriore a quella di Béla, questo oggetto formava la parte superiore della corona dei re di Ungheria, identificata con quella di S. Stefano e a partire dal 1256 chiamata 'la sacra corona' (Budapest, Magyar Nemzeti Múz.). A Esztergom le parti ancora conservate del palazzo reale fanno riconoscere in Béla III un committente che seppe scegliere con cura i suoi modelli. I lavori, iniziati verso il 1190 secondo uno stile romanico che testimonia i contatti con l'impero germanico, subirono una svolta con l'edificazione della cappella, opera di maestri provenienti dalla Borgogna e dalla Champagne e aggiornati sull'architettura gotica dell'Ile-de-France. Questo stesso cantiere fu attivo anche per la cattedrale (oggi distrutta) ove la sua opera è individuabile soprattutto nel portale occidentale; questa porta speciosa fu eseguita con incrostazioni policrome secondo un programma che collegava iconograficamente il regnum con il sacerdotium rappresentato a sua volta nel timpano e riferito a Béla e all'arcivescovo Giobbe.Primo fra i contemporanei nell'Europa centrale, Béla trovò un'espressione artistica adeguata alle ambizioni della dinastia, ispirandosi all'arte della corte di Filippo Augusto, divenuto tra l'altro suo cognato nel 1186. In un primo momento l'arte gotica fu strettamente legata in Ungheria alla committenza di corte: Béla ebbe in particolare un ruolo dominante nello sviluppo dell'architettura cistercense, che trasse nuovo slancio proprio dalle fondazioni a lui dovute.Emerico (1196-1204), figlio di Béla, abbandonata Esztergom, residenza preferita dai predecessori, si trasferì a Buda, città destinata a diventare la capitale del regno e suo figlio Ladislao III (1204-1205) fu l'ultimo re della dinastia sepolto nella necropoli regale di Székesfehérvár. Sotto Emerico si verificò, in particolare, un mutamento importante nel formato, nella qualità e nello stile dei sigilli e delle bolle d'oro regie, per influsso dei sigilli gotici francesi. Nel verso delle bolle d'oro di Emerico e sui sigilli di suo fratello Andrea II (1205-1235) lo scudo fasciato con leoni passanti veniva inteso come blasone della famiglia degli A.; le fasce araldiche furono forse riprese dall'Aragona da cui proveniva Costanza, moglie di Emerico e, in seguito, sposa di Federico II di Svevia.Il tentativo di fondare il potere regio su rendite in denaro, intrapreso da Béla III, divenne la principale causa delle molteplici crisi del regno di Andrea II. Pur essendo l'unico fra i re d'Ungheria ad aver preso parte a una crociata in Terra Santa, e pur essendo padre di s. Elisabetta di Turingia, canonizzata nel 1235, Andrea rischiò ugualmente la scomunica per la sua politica, che provocò vive reazioni culminate con l'assassinio della regina Gertrude di Merano, nel 1213, e con il movimento che condusse alla concessione della Bolla d'Oro, la Magna Charta ungherese, nel 1222. La crisi dell'autorità regia di fronte al crescente potere dell'aristocrazia fondiaria ebbe riflessi anche nella produzione artistica: l'arte di corte perse l'esclusività che era stata apporto dello stile gotico francese e il cui ultimo esempio è la tomba di Gertrude nell'abbazia cistercense di Pilis (ca. 1220), avvicinandosi piuttosto agli stili più conservatori dell'Europa centrale, caratteristici degli ambienti aristocratici ungheresi (óbuda, palazzo reale).L'invasione mongola (1241-1242) segnò profondamente la politica di quell'eccellente organizzatore che fu Béla IV (1235-1270), figlio di Andrea II. Appoggiandosi su una élite di aristocratici, Béla riuscì a portare a termine l'opera riformatrice del paese, introducendo nuovi sistemi di vita e rafforzando l'aristocrazia. Béla promosse la costruzione di fortezze e inoltre diede nuovo impulso allo sviluppo delle città, dove gli Ordini mendicanti svolgevano la loro attività sotto la protezione regia fin dal tempo di Andrea II. Nel cantiere della chiesa parrocchiale della Vergine, nella nuova città di Buda, l'arte 'gotica classica' fece la sua comparsa in Ungheria, nel settimo decennio del 13° secolo. Dopo il riuscito tentativo di stabilizzare l'insediamento in Ungheria del popolo nomade dei Cumani, Béla fece sposare una principessa cumana con il proprio figlio, il futuro Stefano V, che regnò in veste di rex junior sulla parte orientale del paese.In seguito a matrimoni dinastici, alcuni importanti pezzi di oreficeria si dispersero per l'Europa, in particolare corone femminili, provenienti dalla bottega di corte; si vedano per es. la corona su una testa-reliquiario di Plock (Muz. Diecezjalne), altre due montate su una croce (Cracovia, tesoro della cattedrale) e una quarta già nella cattedrale di Siviglia. Lo stile, caratterizzato da influssi occidentali e bizantini, è tipico dell'arte di corte dell'epoca. Il gusto bizantino, elemento importante alla corte di Béla IV, era forse dovuto alla mediazione delle regina Maria Laskaris, figlia dell'imperatore di Nicea.Facendo riferimento a un'antica tradizione bizantina ripresa in Ungheria, Béla IV sostituì inoltre, nell'insegna araldica del verso dei sigilli regi, alle fasce la croce a doppia traversa, tipologia che in sfragistica sopravvisse all'epoca degli Arpadi.L'età successiva al regno di Stefano V vide il frazionamento del potere regio e l'affermazione dell'oligarchia. Sotto Ladislao IV (1272-1290), figlio di Stefano, i contrasti dei Cumani con lo Stato cristiano si rivelarono un problema insormontabile culminando nell'assassinio del re, cui succedette Andrea III (1290-1301), nipote di Stefano V, allevato a Venezia e ultimo discendente degli A. in linea maschile. Particolarmente sensibile alle tradizioni dinastiche, fece rappresentare su un altare portatile, eseguito a Venezia (Berna, Bernisches Historisches Mus.), i santi re d'Ungheria, Stefano I, il figlio Emerico e Ladislao I; fregiandosi dei titoli dei suoi predecessori, Andrea si proclamò re d'Ungheria, di Dalmazia, di Croazia, di Rama, di Serbia, di Galizia, di Ladomeria, di Cumania e di Bulgaria: titoli che non tenevano conto del vero territorio del regno, esprimendo piuttosto le pretese feudali vantate dai re d'Ungheria fino alla fine del Medioevo.La dinastia degli Angiò di Napoli, salita al trono ungherese per successione in linea femminile, dopo un periodo di lotte, nel 1308 ottenne la legittimazione del potere regio per opera di Caroberto, con l'adozione delle armi arpadiche (scudo fasciato e scudo con croce a doppia traversa) che anche in seguito restarono a far parte del blasone del regno d'Ungheria.La denominazione 'epoca arpadica', non più accettata dalla moderna storiografia per indicare il periodo storico qui preso in esame, rimane tuttora in uso nella storia dell'arte. Essa designa lo sviluppo artistico durante tutto il regno degli A., dal sec. 11° al 13°, e viene applicata con varia fortuna sia all'attività artistica complessiva sia agli aspetti particolari, benché naturalmente tale periodo sia troppo lungo perché si possa pensare a un fenomeno artistico in qualche modo omogeneo.Dopo un periodo di rallentata produzione artistica, l'avvento al trono degli Angioini verso il 1300 segnò l'inizio di un nuovo sviluppo, soprattutto per quanto riguarda l'attività edilizia.
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