ARPIA
Nome generico di alcune divinità mostruose di genealogia incerta. Esiodo le dice figlie di Taumante e di Elettra, figli a loro volta, rispettivamente, di Gaia e Ponto e di Oceano; il loro numero è di due, presso i Greci (Esiodo), e di tre presso i Romani (Virgilio). In principio, le A. non hanno un aspetto fisico ben definito: Omero, pur parlandone, non le descrive; Esiodo le dice vergini alate, ed è così che esse sono raffigurate su alcuni vasi con la leggenda di Fineo (v.): sempre in numero di due e mai con faccia o aspetto mostruoso (Furtwängler-Reichhold, i, pp. 209-226, t. 41; Ann. Inst., xvii, 1845, pp. 1-12; Mon. Inst., iii, t. 49; C. V. A., Gr. Brit., 298, 3 a, al British Museum; 303, 2 a-b, ivi). Su altri vasi si trovano isolate, ma sempre con lo stesso aspetto ed in numero di due (Arch. Zeit., 1882, p. 197, t. 9-10 vicino alle figure è scritto AREPYA; Jahrbuch, iv, 1889, t. 5).
Le A. sono essenzialmente genî funerarî, e perciò spesso vengono confuse con esseri affini, specialmente con le Sirene. Da questa confusione nasce per contaminazione il tipo dell'A.-uccello, che non è sempre facile distinguere dall'altro di Sirena-uccello (A. Furtwängler, Gemmen, iii, p. 103). Così si trovano sul monumento di Xanthos, raffigurate mentre, secondo l'opinione di alcuni, rapiscono le figlie di Pandaro eludendo la sorveglianza degli dèi (Odyss., xx, 60; Brunn-Bruckmann, pp. 146-7). Identico significato funerario ha un'A.-uccello che rapisce due uomini (A. Andrén, Arch. Terracottas, p. 497, t. 153, 519) ed un uccello dalla faccia mostruosa, con quattro ali e che, con le braccia, solleva due uomini (Jahrbuch, i, 1886, p. 210).
Dalle precedenti figurazioni, e specialmente dal monumento di Xanthos, derivano alcune gemme raffiguranti uccelli con testa femminile e dotati di braccia che trasportano piccoli esseri umani (A. Furtwängler, Gemmen, viii, 26 e 30; xix, 73; xx, 42; Arch. Anz., ix, p. 74: vaso di alabastro, cfr. Jahrbuch, 43, 1928, p. 190).
Un'A.-uccello o Sirena-uccello è effigiata sulle monete di Creta (Arch. Zeit., v, 1847, p. 148, t. x, 24).
Bibl.: Duc de Luynes, Mémoire sur les Harpyies, in Ann. Instit., XVII, 1845, pp. 1-12; V. Bernard, in Dict. Ant., s. v.; R. Engelmann, in Roscher, I, cc. 1842-1847, s. v. Harpyia; Sittig, in Pauly-Wissowa, VII, 1912, cc. 2417-2431, s. v. Harpyien.