ARPONE o Arpione (dal gr. ἅρπη "falce"; fr. harpon; sp. arpón; ted. Harpune; ingl. harpoon, fish-spear)
È un'arma da caccia, che viene usata, dai primitivi, unicamente contro i mammiferi acquatici e i grossi pesci. È perciò, più che altre armi, un prodotto determinato dalle condizioni locali, e che non può essere riferito ad un solo ciclo culturale. Il fatto di essere stato usato con una punta mobile, in alcuni luoghi, per caccia su terraferma - in Insulindia, per esempio (isole Andamane e Filippine), per la caccia al cinghiale -, non cambia questa condizione generale. Teoricamente si può stabilire per l'arpone la seguente serie di evoluzione:
1. bacchetta rigida semplicemente appuntita;
2. bacchetta rigida tagliata a uncino o a uncini;
3. uncino attaccato ad un'asta (fig.1);
4. punta uncinata a codolo, attaccata o infilata in un'asta (figg. da 2 a 5);
5. punta uncinata a doccia;
6. punta mobile (a codolo o a doccia) attaccata all'asta da una corda;
7. arpioni mobili a pezzi intermedî.
È evidente che gli arponi 1 e 2 furono i primi a essere usati, anteriormente anche a ciò che ci ha dato la preistoria; anche oggi i cacciatori più abili, tra i popoli primitivi, infilano i pesci con un'asta di legno duro appuntita. I più antichi arponi, nella preistoria, datano dall'epoca solutreana. Oltre a piccole punte di selce, che potevano servire ugualmente per zagaglie da guerra o da caccia (punte a cran o a intacco, assai somiglianti all'arpone), nei giacimenti solutreani si trovano alcune piccole punte semi-lunari, di corno di renna, usate come nella fig.1. L'epoca magdaleniana ha tramandato una gran quantità di arponi: sono di corno di renna, a sezione tonda, e si presentano dapprima con una fila di uncini e poi con due; sono terminati alla base da un ingrossamento d'attacco (figg. 2-3). L'epoca aziliana presenta arponi differenti: di corno di cervo, piatti (l'interno spugnoso del corno non permettendo una sezione tonda), e muniti, invece che d'un ingrossamento di attacco, d'un foro alla base (fig. 4). A questi seguono arponi di bronzo, dell'età del bronzo, a codolo o a doccia (per la differenza fra codolo e doccia v. alla voce armi, la fig. 10, nn. 22, 23); se ne sono trovati esemplari in Europa e in Indocina. Oggi un'arma della forma 2 è ancora usata in Australia; ma soprattutto la forma 3 è frequente, sia con punte di ferro, come in Africa, sia con punte d'osso, come in America. Le punte d'osso usate dai Yahgan della Terra del Fuoco (figg. 5-6) sono esempî tipici di tale forma. D'altra parte, tridenti, con o senza uncini (fig. 7), si trovano in diverse parti della terra.
Un lontanissimo discendente dell'arpone preistorico, con cui ha comune la forma e gli scopi, è lo iaculum hamatum romano, una lancia con un uncino, il quale arrestava la cuspide nella ferita.
Se i Fuegini, all'estremo S. dell'America, hanno arponi primitivi, all'estremo N. invece si trovano arponi più complessi, quelli a punta mobile, e spesso a pezzi intermedî, usati dagli Eschimesi; prova questa del contrasto esistente fra quei due popoli di regioni fredde, dei quali il primo ha una civiltà essenzialmente primitiva, mentre il secondo, nella sua primitività, ha raggiunto un'alta tecnica. Anche altri popoli usano la punta mobile; così la si trova, oltre che nell'Insulindia, nell'antico Perù e nel Brasile; nessuno però ha raggiunto la tecnica eschimese, tanto avanzata che la marina inglese ne aveva adottato senz'altro il modello. Vi sono, è vero, diversi modelli eschimesi, ma tutti con la punta sull'asta resa mobile da un'articolazione cardanica; quando la punta entra nella carne, l'asta se ne disarticola restandovi unita da una corda o da un pezzo intermedio, e impaccia così l'animale nella sua fuga; inoltre un galleggiante è attaccato all'asta, cosicché il cacciatore non la perde di vista. L'arpione eschimese non viene lanciato a mano, ma per mezzo di un propulsore (v. armi); il che ne aumenta considerevolmente la forza. Siccome il propulsore est. himese, specialmente quello groenlandese, si è notevolmente perfezionato, la combinazione propulsore-arpone è un'importante combinazione tecnica.
Oggi l'arpone è quasi esclusivamente adoperato dagli Europei per la pesca delle balene e dei grossi cetacei. Consiste in un ferro di lancia triangolare, acuminato e tagliente, fissato all'estremità di un legno o di un ferro cilindrico lungo circa due metri, che termina all'estremità opposta con un anello al quale è annodata una corda. La punta può essere fissa, oppure anche mobile intorno all'asse (toggle-iron). Si hanno spesso anche arponi a più punte. Dapprima l'arpone veniva scagliato a mano, si conficcava profondamente nel corpo del cetaceo, e la nave baleniera, filando la corda, lo seguiva. Poi si adoperò un fucile o un cannoncino: così l'arpone, spesso recante una palla esplosiva, o con le punte divaricabili a scatto, viene lanciato assai più lontano e con maggior precisione. S'introdussero, anche, per un certo tempo, arponi recanti un tubetto di acido prussico che si apriva nel corpo dell'animale, ma presto si abbandonarono perché troppo malfidi. L'arpone viene spesso sostituito con altri mezzi di offesa, come bombe, ecc.
Per l'arpone delle porte e delle finestre, v. cardine.
Bibl.: Per l'arpone antico, v. R. Forrer, Reallex. d. praehist., klass. u. fruhechristl. Altert., Berlino 1907, p. 244; M. Hoernes, L'uomo, storia naturale e preistoria, (trad. V. Zanolli), II, Milano 1913, pp. 171, 173, 177, 204; J. Déchelette, Man. d'archéologie préhist., celtique et gallo-rom., I, Parigi 1908, p. 152; II, Parigi 1910, p. 277; H. Obermeier e A. Götze, in M. Ebert, Reallex d. Vorgesch., V, Berlino 1925, p. 126 segg., e cfr. Armi.