ARREDAMENTO (IV, p. 577)
Il concetto che dell'arredamento si aveva fino alla vigilia dell'epoca attuale - e cioè, a un di presso, fino al periodo che precedette la guerra mondiale - si è venuto in questi anni radicalmente modificando.
Secondo il modo di vedere tradizionale - se per tradizione s'intende, come più o meno consapevolmente intendono i laudatores temporis acti, quella formatasi con lo scadimento del gusto nella seconda metà dell'Ottocento - esisteva una netta distinzione fra l'architettura dell'interno e l'arredamento, fra il vano ambiente e le sue suppellettili. In passato l'architettura dell'interno, la decorazione degli ambienti, delle aule, delle corsie era qualche cosa di permanente e spesso di solenne, aveva rispondenze dirette e importanti con l'architettura, ossia con l'organismo costruttivo del fabbricato - si trattasse di una chiesa, di un castello o di un palazzo - mentre l'arredamento era talvolta provvisorio, e persino inessenziale a quell'organismo. Esistevano legami di stile, naturalmente, e il mobile, l'oggetto da arredamento in genere, poteva talvolta assumere importanza di squisita opera d'arte; ma spesso si trattava di un oggetto - sia pure raffinatissimo e adattissimo - immesso nell'ambiente e ad esso non necessario. Come un quadro poteva essere appeso alle pareti di una galleria, sopra la porta di una stanza, in una sala da ricevimento, in un vestibolo, indifferentemente, così una tavola, uno scaffale, un armadio potevano indifferentemente essere portati da una stanza all'altra, da un appartamento all'altro, da una casa all'altra.
Con l'avvento delle nuove idee, del cosiddetto funzionalismo, e del cosiddetto, e mal detto, razionalismo, la casa assume, prima all'interno che all'esterno, una fisionomia nuova e caratteristica, mentre acquista un'importanza forse sconosciuta in tutta la storia dell'architettura, il problema della sua abitabilità, ossia della coordinazione delle sue varie membrature e della perfezione dei suoi servizî. L'appartamento nella grande casa d'affitto, come il quartierino nella casa popolare o nella casa minima, come l'interno della piccola casa unifamiliare, non sono più un'accozzaglia più o meno numerosa di ambienti più o meno vasti secondo che il caso e la borsa e le contingenze portino, ma diventano un organismo vivo, caratteristico, i cui elementi sono differenziati, adatti all'uso specifico cui sono destinati e, perciò appunto, non più intercambiabili.
È questo e soltanto questo il valore della definizione anche troppo famosa di Le Corbusier della casa come "machine à habiter".
Ogni appartamento - per piccolo che sia - si costituisce di due parti nettamente distinte e caratterizzate: una parte diurna e una parte notturna. La prima parte - se l'appartamento è sufficientemente complesso - si distingue in locali o, meglio, in spazî destinati alla vita diurna (stanza di soggiorno, da ricevimento, da pranzo, studio, biblioteca), allo svago e agli esercizî fisici (giardino, terrazze, balconi, solarium), ai servizî (cucine, guardaroba, ecc.); la parte notturna, meno varia, si compone soltanto degli ambienti destinati al riposo (letto) e ai servizî igienici. Come è chiaro, queste distinzioni sorgono direttamente dallo studio e dalla valutazione degli atti che l'uomo compie, ossia dalla vita ch'egli vive nella casa.
In una casa così concepita, in un organismo così studiato fin nei particolari più intimi, era naturale che l'arredamento assumesse una funzione peculiare, del tutto diversa da quella tradizionale.
L'approfondimento sostanziale del carattere dell'abitazione aveva portato alla determinazione di certi canoni tecnici e funzionali e all'esatta differenziazione dei varî elementi dell'abitazione; parallelamente, l'approfondimento tecnico e funzionale dei varî mobili condusse a una loro sempre maggiore caratterizzazione, necessario riflesso della caratterizzazione degli ambienti.
Questa è certo la prima e più tipica conquista dell'arredamento moderno, che non è più un intruso o un'aggiunta utile e tuttavia indifferente anzi persino pleonastica, ma assume caratteri di esatta coordinazione e di perfetta coerenza con l'ambiente, così da entrare naturalmente nell'ordine gerarchico di cui è il primo gradino: mobile, ambiente, alloggio, casa, città.
In diretta dipendenza da quanto si è osservato è la chiara tendenza a concepire l'arredamento sempre meno come decorazione e sempre più come architettura, sempre meno come episodio ornamentale, accidentale, e sempre più come gioco di volumi, come contrappunto necessario di puri elementi geometrici: linee, piani, prismi; nitore di spigoli, equilibrio di spazî, ordine ideale di masse
Ed ecco che ci siamo staccati dal piano della mera giustificazione pratica, funzionale o tecnica, per accennare a una necessità estetica e, quindi, alla vera determinante suprema delle forme, ossia dello stile.
Accanto, dunque, alla netta caratterizzazione che abbiamo già notato e proprio in stretta correlazione con la concezione architettonica e totalitaria dell'arredamento, si fa strada una tendenza che si potrebbe chiamare negativa: quella di far sparire i "mobili" intesi nel senso tradizionale di oggetti relativamente leggieri e asportabili. Conseguenza certo della ristrettezza degli ambienti abitabili imposta dal costo dei terreni e dei materiali da costruzione, ossia conseguenza del bisogno di rendere più ampî questi ambienti liberandoli da ogni ingombro superfluo; ma prima di tutto e soprattutto ideale conseguenza del nuovo concetto dell'arredamento, che conduce a unificare con l'ambiente il mobile il quale cessa pertanto di essere "mobile" e s'incorpora con la muratura (armadî, scaffali, ripostigli, sedili fissi, elementi a mensola fissa), diventando proprio parte integrante e ineliminabile dell'ambiente.
Così, mentre una parte del mobilio diventa addirittura muro, l'altra, quella che muro non può diventare, tende a sparire o, quando sparire non è possibile, ad alleggerirsi al massimo, materialmente ed esteticamente: conquista di un ordine, di uno spazio, di una luce diversi e maggiori.
Nell'arredamento nuovo si sono venute nettamente distinguendo tre categorie di mobili in rapporto con la loro funzione. Quelli della prima categoria - e cioè gli armadî, gli scaffali, le scansie, le credenze, le dispense, ecc. - sono destinati, come si diceva, a sparire in quanto mobili e a incorporarsi definitivamente con l'architettura degli ambienti; processo, del resto, che si è iniziato ab antiquo con l'istituzione del tradizionale armadio a muro. Ora la tendenza è divenuta un canone fisso, e spesso, come nel caso degli armadî per vestiti, quello ch'era un mobile s'è trasformato in elemento stabile di un ambiente, in quinta, in parete divisoria, in tramezzo fra un locale e l'altro.
Quanto alla seconda categoria - tavole, mensole (quelle che nel secolo scorso si dicevano consolles), letti, ecc. - la tendenza di cui si diceva si manifesta solo per alcuni elementi e precisamente per le mensole il cui uso si è anzi generalizzato (necessità di minore ingombro certamente; ma anche orientamento del gusto verso le strutture di cemento armato e di ferro); così si hanno credenze pensili, cioè a mensola, tavoli a mensola o sospesi al soffitto, vetrine a mensola, sedili a mensola, e così via. Generalmente mobili sono rimasti invece i tavoli di varia struttura e di vario ingombro a seconda dell'uso cui sono destinati (tavoli da lavoro, da disegno, da pranzo, scrivanie, tavolini bassi e leggieri per il tè, tavolini a rotelle per il servizio, ecc.), nonché i letti, quando si astragga, per questi ultimi, da eccezioni curiose e aberranti, come quella dei letti di cemento ideati e costruiti sibi et suis da Konstantin Melnikov.
Le novità più tipiche e appariscenti si sono infine manifestate nella terza categoria comprendente sedie, sgabelli, poltrone, ecc., che è poi la categoria degli elementi squisitamente mobili, cioè fatti apposta per essere spostati.
Caratteristiche notevoli in relazione con la funzione di questi elementi sono: l'adeguamento anatomico del sedile (sia nel caso della sedia, sia nel caso della poltrona normale e della poltrona a sdraio) e la ricerca di una leggerezza sempre maggiore.
L'adeguamento anatomico promosso con molta diligenza e con scrupolo tecnico da W. Gropius e da Le Corbusier, condusse a un'esatta casistica dimensionale e all'adozione di forme del tutto nuove (tipica la poltrona a sdraio studiata da Le Corbusier e brevettata da Thonet) giustificate solo dal comportamento del corpo umano in riposo.
Di eccezionale importanza sono i risultati raggiunti per questa via nell'arredamento dei locali destinati a usi speciali: per es. nell'arredamento scolastico.
La ricerca della leggerezza materiale ed estetica ha trovato un mezzo ideale nell'adozione delle strutture tubolari. La sedia metallica non è - a rigore - una novità assoluta; esistevano le sedie metalliche da giardino, nell'arredamento di ogni villa borghese dell'ultimo Ottocento e del primo Novecento; esistevano anche letti di tubo metallico; diremo di più, gli Etruschi impiegarono il tubo di bronzo per costruire sedili: rimane l'esempio di una sedia di questo tipo in Vaticano, nel Museo gregoriano.
Tutto ciò, comunque - astrazion fatta dal mobile etrusco che però è del tutto eccezionale - non ha nulla a che vedere con il sedile elastico di tubo d'acciaio inventato nel 1925 da Marcel Breuer. Invenzione codesta che sulle sorti dell'arredamento moderno ha pesato notevolmente come fattore pratico e, forse anche più, come fattore estetico.
L'arabesco complicato e brillante, leggiero, elastico, esatto della struttura tubolare, ha un poco suggestionato tutto il vocabolario formale del nuovo arredamento.
Quanto al "mobile", poi, va pure tenuta nel debito conto l'influenza dei materiali adottati; dei materiali nuovi o resi per la prima volta largamente accessibili. Cosi il vetro e il cristallo nella composizione del mobile moderno hanno una parte notevolissima, eguale o anche superiore a quella tenuta dal tubo d'acciaio.
Nella composizione degli ambienti, tenute presenti le categorie cui prima si accennava, è del tutto caratteristica la tendenza a eliminare - fin che possibile - i compartimenti stagni: un vasto locale, variamente diviso da tende, da quinte, da scaffali o da vetrine, sostituisce un gruppo di tre o quattro locali; è questa una manifestazione notevole di quel senso di continuità che è nella sostanza di tutta l'arte moderna.
La graduale eliminazione delle tappezzerie, sia di stoffa sia di carta, è pure caratteristica dell'arredamento moderno, che tende a rivestimenti murali di natura più solida, rivestimenti che vanno dalla tinta a colla, al masonite, dall'intonaco ruvido alla lincrusta, al marmo, dal tekko allo stucco, e dalla pergamena naturale al legno, mentre l'impiego della stoffa, che ognora più si ravviva, diventa più libero e ricco valendosi di nuovi tessuti e di nuovissime gamme di possibilità, come ad esempio quelle svariatissime offerte dai tessuti a rete di Anita Pittoni, dai tessuti di paglia, di rafia, di rayon, di canapa, dalle stuoie di cocco, dalla iuta.
Per l'arredamento più corrente e normale, gli architetti moderni tendono alla produzione in serie, all'intercambiabilità, alla scomponibilità dei mobili. A questo proposito fu compiuto uno studio assai interessante - anche per la sua immediata esemplificazione pratica - dagli architetti F. Albini, R. Camus, P. Clausetti, I. Gardella, G. Mazzoleni, G. Minoletti, G. Mucchi, G. C. Palanti, G. Romano, i quali esposero i risultati delle loro esperienze alla mostra dell'abitazione della VI Triennale milanese (1936).
Questi architetti, riprendendo in particolare il concetto della produzione "standard" propugnato da Le Corbusier, e i principî di normalizzazione delle misure diffusi dai tedeschi come Gropius e anche volgarizzati, ora, in un libro fortunato del Neufert, si proponevano di presentare un programma atto a stabilire, in rapporto alle funzioni e alle dimensioni dell'uomo, le migliori forme normali dei varî elementi dell'arredamento, così da giungere a una tipologia corrente atta a migliorare la produzione industriale di serie, sia dal punto di vista funzionale, tecnico ed estetico, sia dal punto di vista economico.
Canoni programmatici di questi studi sono - abbiamo detto - la produzione di serie (imposta dalla necessità di rendere economicamente utile il processo industriale) nonché l'intercambiabilità e la scomponibilità degli elementi dell'arredamento. Queste due ultime qualità parrebbero in contrasto con quanto dicevamo prima della caratterizzazione degli arredi dei varî ambienti; ma il contrasto, in effetti, non esiste. La scomponibilità e l'intercambiabilità degli elementi-modulo proposta in questo caso non tocca la differenziazione - sempre rispettata - dei varî ambienti dell'abitazione moderna, bensì adatta i mobili alle varie dimensioni degli alloggi e al numero dei locali, di cui di volta in volta si dispone. I mobili della stanza di soggiorno, quelli della camera da letto o quelli del guardaroba non potranno pertanto essere intercambiabili; potranno invece essere trasformati, per capienza, per numero di elementi, per diversa disposizione delle parti di cui si compongono, entro il raggio del loro settore funzionale.
Certo questa scomponibilità e intercambiabilità di elementi che tocca soprattutto la categoria da noi elencata per prima perderebbe ogni interesse il giorno che questi mobili venissero definitivamente incorporati nella muratura degli ambienti.
Circa l'arredamento moderno permangono tuttora curiose incomprensioni. C'è chi ne parla come del trionfo della "clinica" e dell'"economia", c'è chi non vede in esso, in sostanza, che un'irrazionale illazione del gratuito e del nuovo per il nuovo.
Abbiamo già mostrato come l'impostazione del nuovo arredamento si appoggi invece su ragioni profonde sia di carattere estetico (corrispondenza stilistica e anzi permeazione stilistica in rapporto all'architettura), sia di carattere funzionale, tecnico, economico e sociale, tanto che il nuovo allestimento della casa e dell'alloggio, corrisponde in definitiva a una nuova maniera di abitare e proprio a un nuovo stile di vita.
D'altra parte ai timorosi del livellamento, osserveremo che l'arredamento moderno, pur entro i limiti del suo rigore tecnico e funzionale, mentre ha sempre consentito la soluzione di eccezione, non sopprime di regola né mortifica quei caratteri per i quali ogni casa assume e deve assumere la sua particolare fisionomia. Anzi diremo che il sorgere di un più adeguato concetto della modernità intesa come spirito informatore non come meccanica giustapposizione di elementi inediti, e la morte dei canoni accademici, delle false simmetrie, delle infinite soggezioni a presunte leggi di corrispondenze stilistiche e così via, lasciando al gusto degli architetti la possibilità dei più audaci accostamenti, permettendo ch'essi si giovino di elementi anche antichi purché belli, hanno aperto la strada alla più libera fantasia e a creazioni della più sciolta e schietta eleganza. Tanto più che le nuove possibilità fisiche (tecniche e materiali nuovi) erano là ad eccitare, talvolta anche troppo, ogni più modesta immaginazione.
L'arredamento moderno, come l'architettura, muove naturalmente - pure opponendovisi - da taluni tentativi anteriori alla guerra mondiale: liberty, floreale, Jugendstil, Sezession viennese. Quest'ultimo movimento, con Otto Wagner, ma assai più con Josef Hoffmann, ha avuto per la creazione dell'arredamento moderno un'importanza di prim'ordine.
Josef Hoffmann con la fondazione delle "Wiener Werkstätte", vere università delle arti decorative, impose un gran numero di idee e di modi che, anche se superati oggi, hanno avuto enorme influenza su taluni settori del gusto e, in particolare, hanno profondamente agito sul tono dell'arredamento austriaco, nel quale anche oggi con Fritz Gross, con Clemens Holzmeister, con Ernst Plischke, con Fellerer sono evidenti quei caratteri di estrema raffinatezza, di ricchezza e di eleganza che discendono appunto dalla lezione del maestro. Accanto all'influenza di Josef Hoffmann e ai relitti del gusto "Sezession" occorre ricordare altre fonti di ispirazione.
In primo luogo, le estetiche post-impressioniste, e cioè il cubismo, il dadaismo, il futurismo che imposero un particolare senso dei volumi e un più libero gioco degli elementi linea, massa, colore; poi, il liberty di marca francese alla Ruhlmann, infine, notevolissima, la Bauhaus, cioè il gusto e le teorie di Walter Gropius e della sua scuola, gusto e teorie che in Le Corbusier trovarono un propagatore solerte e un interprete talora genialissimo, e negli olandesi del gruppo "De 8 Opbouw" seguaci brillantissimi come Duiker, come J. J. P. Oud, come Van Eesteren.
Questi elementi ispiratori non sono, naturalmente, i soli; sono però i più salienti; non è nemmeno detto che tutti siano positivi. Ve n 'è qualcuno, anzi, certamente negativo che tuttavia per questo appunto deve essere ricordato in una valutazione complessiva dei varî fattori che contribuirono alla formazione di quel gusto unitario, e, diciamo finalmente la parola, di quello stile, che informa ormai non solo l'arredamento, ma tutta l'arte decorativa dei nostri giorni.
Non è qui il luogo di una completa rassegna dell'arredamento attuale. Ci limitiamo a ricordare fatti e nomi essenziali. Di Josef Hoffmann si è detto; la sua opera, in Austria e fuori, ha avuto grandissimo peso soprattutto nel campo dell'arredamento. Tutta la raffinatezza lievemente bizantineggiante e sempre squisita degli arredatori austriaci, nasce un po' da lui, anche quando arriva ai risultati notevolissimi di un Oskar Strnad o di un Oswald Haerdtl.
Fuori dell'Austria, ma sempre nei paesi tedeschi, può essere considerato vicino alla raffinatezza e talvolta alla leziosità di un Hoffmann, Emil Fahrenkamp. Ludwig Mies Van der Rohe rappresenta - forse - la massima vetta lirica raggiunta dall'arredamento moderno: la sua casa Tugendhat, stupendo giuoco di vetri, marmi, metalli, è un esemplare di capitale importanza. Al gusto di Gropius, s'è accennato. Nel suo clima, che è quello del massimo rigore tecnico e di una fantasia duramente controllata, nascono il mobile di tubo d'acciaio inventato da Marcel Breuer, il mobile standard predicato da Le Corbusier, il mobile esatto come un utensile propagandato da Moholy-Nagy e dallo stesso Le Corbusier e applicato con finezze di gusto controllatissimo dai fratelli Luckhardt, da Alfons Anker, dagli olandesi del gruppo "De 8 Opbouw".
La Francia, fatta eccezione per Le Corbusier e per i suoi seguaci numerosissimi e fantasiosi come Jean Ginsberg come Ch. Perriand, come Alice Sognot, come R. Mallet-Stevens, cova sempre in seno i relitti di un gusto florealeggiante che ebbe fasti grandissimi con Ruhlmann e con Lalique, ma è oggi del tutto scaduto nelle strane leziosaggini dello studio "Primavera" e nelle strane "finesses" di certo decorativismo teatrale del tutto provvisorio anche quando è spiritoso.
Fra gli arredatori inglesi citeremo S. Chermayeff, F. R. S. Yorke, Tecton, Maxwell Fry, e fra i nordici ricorderemo il finlandese Alvar Aalto.
L'Ungheria ha una vasta produzione nel campo dell'arredamento contemporaneo e da tempo vi porta un accento suo proprio che, talora, non sa sottrarsi a qualche accenno folcloristico, come in Lajos Kozma, in Gyula Kaesz, in F. Langer, in v. Bierbauer.
In Italia, dopo la moda neoclassica, che ebbe contatti con certe predilezioni svedesi e che fu rappresentata dal gruppo del Labirinto (G. Muzio, Gio Ponti, E. Lancia, A. Alpago-Novello, M. Marelli, T. Buzzi) l'arredamento ha preso strade del tutto diverse.
Ricordiamo Gio Ponti fra i più attivi e solerti "internisti" italiani, e Gustavo Pulitzer-Finali fra i più consumati e raffinati arredatori navali: la motonave Victoria (1931), il Conte di Savoia (1931), la Neptunia, l'Oceania e la Calitea rimangono come modelli del genere. Di Melchiorre Bega va segnalata la vasta produzione come arredatore di negozî e di locali pubblici. Fra i più giovani si sono dedicati all'arredamento, con qualche libertà e con aperta fantasia, specialmente Luciano Baldessari Gino Levi Montalcini, E. Paulucci, Luigi Moretti, Adalberto Libera, Gherardo Bosio, G. L. Giordani, Agnoldomenico Pica, Luigi Vietti, Piero Bottoni.
Nell'ambito del più rigoroso razionalismo hanno creato ambienti di alto interesse Luigi Figini e Gino Pollini, Giuseppe Terragni, Albini e gli altri già citati, L. Belgioioso, E. Peressutti, E. Rogers e G. L. Banfi.
Negli Stati Uniti si diffuse per alcuni anni un modo piuttosto banale e vanamente lussuoso di concepire l'arredamento, sulla falsariga del gusto francese, ma inquinato di megalomania. Solo ora un nuovo indirizzo per opera specialmente di architetti come R. J. Neutra e W. Lescaze, sta mettendo su un piano assai diverso l'arredamento nordamericano.
In Giappone qualche motivo tradizionale (mobili di bambù, tavole basse, griglie e stuoie) è entrato con una freschezza nativa nella gamma delle possibilità moderne.
Bibl.: Le Corbusier, L'art décoratif d'aujourd'hui, Parigi 1925; W. Gropius e Moholy-Nagy, Bauhausbücher, Monaco 1926-1930; A. Koch, Einzelmöbel und neuzeitliche Raumkunst, Darmstadt 1930; C. A. Felice, Arte decorativa d'oggi, Milano 1930; L. Deshairs, L'art décoratif français, Parigi 1930; G. C. Palanti, Mobili tipici moderni, Milano 1933; R. Aloi, L'arredamento moderno, Milano 1934; A. Schuhmacher, Ladenbau, Stoccarda 1934; G. Pulitzer-Finali, Navi e case, Milano 1935; Canesi e Cassi Ramelli, Architetture luminose, Milano 1935; M. Labò, Architettura e arredamento del negozio, Milano 1936; G. Pagano, Tecnica dell'abitazione, ivi 1936; C. A. Felice, Arti industriali d'oggi, ivi 1937; The Architectural Review, fasc. dedicato all'arredamento, Londra, dicembre 1937. - Riviste specializzate sono: Innendekoration (Darmstadt); Moderne Bauformen (Stoccarda); House beautiful (Londra); Art et décoration (Parigi); Domus (Milano).