DE MARI, Arrigo (Enrico)
Appartenente alla famiglia genovese che già aveva offerto due ammiragli alla flotta imperiale di Federico II negli anni tra il 1240 e il 1250, nacque probabilmente verso la metà del XIII secolo. Appare fra gli ammiragli di Carlo I d'Angiò nel 1282 o nel 1283, a secondo della fonte, angioina o genovese, alla quale si ricorre.
Nel 1283, essendosi recato nella città ligure il vescovo di Bisarchio, nella Sardegna settentrionale, per proporre ai Genovesi di impossessarsi di Sassari, il Comune decise di inviare tre galee e cinque taride sotto il comando del D. per trasportare cavalieri e fanti in direzione dei Logudoro. Nel mese di dicembre il D. eseguì lo sbarco a Castel Genovese (futuro Castel Sardo), insieme con un'altra flottiglia genovese agli ordini di Pietro Arcanto, che trasportava anch'essa truppe a piedi e a cavallo. Vi soggiornò per qualche giorno prima di ripiegare a Bonifacio, dove lasciò tre taride con un equipaggio costituito da marinai provenienti dall'entroterra ligure e quindi con minore esperienza marinara e meno agguerriti. Il D. stesso si recò con il resto della flotta nel golfo di Cagliari, dove restò tre settimane.
Nello stesso tempo i Genovesi avevano approfittato dell'inverno per sopprimere il devetum in vigore, proibizione ufficiale di navigazione per tutti i mercanti, specie verso il Levante, principale fonte di ricchezze commerciali sia per Genova sia per Pisa, ma destinazione divenuta pericolosa per il conflitto allora in corso tra queste due repubbliche. Nell'aprile del 1284 alcuni uomini d'affari armarono cinque galee che avrebbero dovuto trasportare in Romania un ricco carico di metalli preziosi (argento non coniato). Questi mercanti appartenevano a cinque delle più ricche famiglie del patriziato genovese: Doria, Zaccaria, De Marini, Usodimare e Fallamonica. Per precauzione il convoglio fu scortato da undici galee e due galeoni agli ordini del D., oltre che da quattro galee del Comune di Genova.
Questa flotta di quasi venti navi cominciò a compiere scorrerie nel canale di Piombino. Avendo il D. saputo che Bonifazio Della Gherardesca conte di Donoratico, nominato comandante generale dei Pisani in Sardegna, navigava verso di lui, alla testa di una flotta equivalente che comprendeva anche una nave battente bandiera veneziana, cercò lo scontro. Dopo averlo inseguito, lo catturò, il 10 maggio 1284, vicino all'isola di Tavolara a nordest della Sardegna (durante una tempesta, secondo la testimonianza del cronista detto il Templare di Tiro), ma poi il grosso della flotta pisana affrontò i Genovesi, sempre al largo della Sardegna. I combattimenti durarono un giorno e una notte; tredici galee pisane furono prese e una fu affondata. Questa brillante vittoria navale - che anticipò quella della Meloria nell'agosto dello stesso anno - procurò grande fama al D. e spiega gli onori tributatigli, specialmente da parte angioina. Il D. ritornò da trionfatore a Genova dove lasciò i prigionieri, mentre la carovana commerciale genovese proseguiva il suo cammino verso il Levante riportando altri successi. Sempre durante il 1284, la cattura di un naviglio veneziano, che combatteva dalla parte di Pisa e che il D. fece dare alle fiamme, portò ad uno stato di tensione diplomatica tra Genova e Venezia con scambio di ambascerie a riguardo dei risarcimenti richiesti dalla Repubblica di S. Marco.
La fama conquistata con la vittoria sui Pisani indusse gli Angioini di Napoli, impegnati nella guerra contro gli Aragonesi, a chiamare il D. al loro servizio. Nelle file angioine il D. partecipò, nel settembre 1285, alla battaglia che ebbe luogo al largo della costa catalana, presso lo scoglio di Las Hormigas o forse nell'ansa di San Feliu. Fu una grave sconfitta per gli Angioini di Napoli ma, mediante uno stratagemma, il D. riuscì a fuggire con alcune galee, eludendo la sorveglianza della flotta siculo-catalana.
Due anni più tardi, nel giugno del 1287, riuscì di nuovo a scappare con le sue galee genovesi in seguito a un'altra sconfitta navale inflitta agli Angioini da Ruggero di Lauria, ammiraglio della flotta aragonese, nel golfo di Napoli, tra Castellammare e Sorrento. Il D. fu praticamente il solo comandante di alto rango a sfuggire alla cattura (circa cinquemila i prigionieri, tra cui l'ammiraglio Narjaud de Toucy, su quarantadue galee). Forse già dal 1289, sicuramente nel 1290, ritornò al servizio della flotta genovese mentre, specialmente in Corsica, riprendevano le ostilità su grande scala tra Genova e Pisa.
Nel giugno del 1290 il D. comandava una squadriglia di sei galee e di un galeone, con cui bloccò Porto Pisano. Questa flottiglia catturò alcuni piccoli bastimenti nemici: tre chiatte, barche cariche di grano che servivano al commercio tra Porto Pisano e Pisa, all'imboccatura dell'Arno. In seguito fu presa una barca proveniente da Porto Pisano su cui viaggiavano due domenicani, recanti le ultime offerte di pace da parte dei Pisani, rifiutate dai Genovesi senza esitazione. Intanto, nel luglio dello stesso anno un'armata comandata da Nicola Boccanegra, in sostituzione del vicario generale in Corsica Luchetto Doria, fu inviata nell'isola. La flotta, che trasportava il corpo di spedizione di cavalieri e di balestrieri, ricevette dalle autorità comunali l'ordine di devastare l'isola d'Elba, che si trovava sotto il dominio pisano, con l'aiuto del De Mari. L'isola fu facilmente conquistata e il D. ricevette a bordo i quaranta ostaggi consegnati dagli Elbani a garanzia della loro fedeltà. Egli li trasportò a Porto Pisano da dove li mandò poi a Portovenere, mentre Nicola Boccanegra continuava la sua rotta verso la Corsica.
Nel 1292 un accordo con il re Giacomo II d'Aragona stabilì che i Genovesi dovessero vietare ai propri cittadini di portare aiuto navale ai nemici della Corona aragonese: un chiaro riferimento ad una precedente promessa riguardante il D., fatta al re Pietro III. Alla fine dello stesso anno, nel contesto dell'accresciuta ostilità tra le due città marinare, un'ambasceria veneziana si trovava a Genova per chiedere risarcimento per una serie di aggressioni navali genovesi, tra le quali la cattura di una nave veneziana da parte del D. al largo di Civitavecchia. La risposta genovese fu negativa perché la nave trasportava soldati e cavalli da Civitavecchia in Sardegna, tenuta sotto blocco navale dai Genovesi a causa della guerra che li opponeva a Pisa. P questa una delle ultime volte che il D. viene ricordato come comandante di navi.
Non è nota con certezza la data della sua morte, da collocare comunque attorno al 1300.
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