GORKY, Arshile
(nome d'arte di Adoian, Vosdanig Manoog)
Pittore, nato a Khorkom (Armenia turca) il 15 aprile 1904, morto a Sherman (Connecticut) il 21 luglio 1948. Dopo un'infanzia difficile, pervasa dal dramma dei massacri turchi nei confronti degli Armeni, nel 1920 emigrò negli Stati Uniti. Compiuti gli studi a Providence, frequentò la New School of Design di Boston. È del 1924 il primo dipinto noto firmato con lo pseudonimo Arshele Gorky, divenuto poi Arshile Gorky. Stabilitosi a New York nel 1925, insegnò fino al 1931 alla Grand Central School of Art dopo avervi studiato per breve tempo. Strinse una profonda amicizia con St. Davis e W. De Kooning; nel 1932 entrò a far parte del gruppo Abstraction-Création; tenne quindi le prime personali a Filadelfia e a New York e collaborò con il Works Progress Administration Federal Art Project. Dal 1942 trascorse lunghi periodi a Hamilton in Virginia; più tardi si stabilì a Sherman. Conobbe R.S. Matta e A. Bréton e vari artisti europei in esilio a New York, quali A. Masson, F. Léger, M. Ernst, J. Miró e Y. Tanguy. Fu proprio Bréton a presentare nel 1945 la sua mostra alla Julien Levy Gallery di New York. Una serie di disgrazie (l'incendio di varie sue opere, un tumore, la paralisi al braccio destro in seguito a un incidente d'auto) esasperò la già angosciata condizione esistenziale di G. fino al suicidio. Nel 1951 il Whitney di New York organizzò una sua grande retrospettiva, riproposta poi in altri musei.
Sui primi quadri figurativi d'impronta cézanniana, s'innesta, alla fine degli anni Venti, una fase cubista, picassiana, con forti componenti classiche. Nel 1926, sotto un'iniziale influenza di Ingres e di Picasso e nella memoria ancestrale di una sua fotografia, intraprende il dipinto L'artista e sua madre, un tema che lo vedrà impegnato in maniera quasi ossessiva per lunghi anni nelle due versioni ora al Whitney Museum of American Art di New York e alla National Gallery di Washington. Verso la metà degli anni Trenta la sua pittura comincia a orientarsi verso forme organiche. Attraversando il surrealismo ma travalicandone la componente psicoanalitica di automatismo inconscio, egli, nella scia di Kandinskij e Miró, inventa un suo proprio sistema di segni astratti, crittogrammi avulsi da una specifica semanticità, espressi con un andamento fluente in uno spazio indefinito. Attento assimilatore delle novità linguistiche, con il suo ricco patrimonio intellettuale G. è tramite fondamentale tra la cultura europea e la nascente arte americana: nelle opere degli ultimi anni, creazioni di alta sostanza pittorica, con assoluta libertà egli adotta il gesto di far spandere il colore magro, talora quasi acquoso, oltre i contorni delle immagini che, come immerse in un liquido e animate dal ritmo interno del divenire, evidenziano un accadimento sospeso e denso di emotività in una poetica dimensione spazio-luministica. Vedi tav. f.t.
Bibl.: E. Schwabacher, Arshile Gorky, New York 1957; H. Rosenberg, Arshile Gorky: the man, the time, the idea, ivi 1962 (trad. it., Milano 1972); W. C. Seitz, Arshile Gorky: paintings, drawings, studies, Museum of Modern Art, ivi 1962; J. Levy, Arshile Gorky, ivi 1966; R. F. Reiff, A stylistic analysis of Arshile Gorky's art from 1943-1948, ivi 1977; K. Mooradian, Arshile Gorky Adoian, Chicago 1978; Id., The many worlds of Arshile Gorky, ivi 1980; D. Waldman, Arshile Gorky 1904-1948, A retrospective, The Solomon R. Guggenheim Museum, New York 1981; J. M. Jordan, R. Goldwater, The paintings of Arshile Gorky, A critical catalogue, ivi 1982; H. Rand, Arshile Gorky: the implications of simbols, New Jersey 1982; M. P. Lader, Arshile Gorky, New York 1985; L. Corrin, J. Golding, R. Storr, M. Spender, Arshile Gorky, Fundación Caja de Pensiones, Madrid-Whitechapel Art Gallery, Londra 1990; Arshile Gorky. Opere su carta, a cura di P. Rylands, M. Spender, Collezione Peggy Guggenheim, Venezia 1992.