ARSLAN TAŞ, Avorî di
A. T. è una località dell'Assiria corrispondente all'antica Khadatu; negli scavi eseguiti nel 1928 ad A. T. da parte di una spedizione francese diretta da Thureau-Dangin, furono rinvenute, in una sala del palazzo di Tiglatpileser III (745-727 a. C.) numerose placche di avorio lavorato, disposte su terreno in modo tale da far supporre che costituissero il rivestimento di un mobile, e precisamente quello di un letto. Come sappiamo da varie fonti scritte (un'iscrizione di Adad-nirāri III - 809-782 a. C. - e un iscrizione aramaica incisa su uno degli stessi avorî) le placche, attualmente parte al Louvre e parte nel museo di Aleppo, ornavano i mobili di Hazael re di Damasco (IX sec. a. C.) che il suo successore Bar Hadad III dovette cedere come tributo ad Adad-nirāri III di Assiria, il quale li trasportò da Damasco a Khadātu.
Gli avori di A. T. (che in alcuni esemplari recano sul retro dei segni alfabetici, probabilmente per facilitarne l'applicazione secondo un certo ordine) presentano uno stile molto vicino a quello di opere consimili trovate a Nimrud, Megiddo e Samaria, e, come in tutte le opere siro-fenice di quel periodo, vi si riscontrano, oltre a qualche motivo d'ispirazione locale, influssi provenienti dall'Egitto e dall'Egeo. D'ispirazione egiziana è la rappresentazione della nascita di Horus, sul fiore di loto o in mezzo a due sfingi alate, e quella della "donna alla finestra", motivo che forse trae origine dal culto della dea babilonese Kilili, chiamata appunto "dea della finestra"; al mondo egeo ci riportano invece le rappresentazioni di animali (cervi e specialmente il motivo della mucca che allatta il vitello). Unico motivo originale, un uomo barbato in piedi, vestito d'una lunga tunica e con le mani incrociate sul petto.
Bibl.: F. Thureau-Dangin e altri, A.-T., Parigi 1931, pp. 89-141; A. G. Barrois, Manuel d'arch. biblique, I, Parigi 1939, pp. 496-502; G. Contenau, La civilisation phénicienne2, Parigi 1949, p. 181 ss.; C. Decamps de Mertzenfeld, Inventaire commenté des ivoires phéniciens et apparentés, Parigi 1954, pp. 125-139.