ACHEMÈNIDE, Arte
Gli Achemènidi, una dinastia originaria della Persia, dalla metà del VI al IV sec. a. C. (330 a. C., morte di Dario III) regnarono su gran parte dell'Asia Anteriore.
Lo stato degli Achemènidi si formò nel periodo in cui veniva maturando la più grande trasformazione politica e culturale subìta dall'antico Oriente anteriore: nel 612 a. C. cadeva Ninive, sotto gli sforzi combinati del risorto stato babilonese retto da Nabopolassar (625-605 a. C.) e del giovane regno iranico dei Medi saldamente guidato da Ciassare (633-584 a. C.). La distruzione della capitale poneva praticamente fine all'impero assiro; e la sconfitta subìta a Carchemish dagli Egiziani poco dopo (605 a. C.) ad opera dei Babilonesi di Nabucodonosor, segnava la decadenza dell'altro grande impero che aveva controbilanciato nell'Asia Anteriore i varî complessi politici mesopotamici. Scomparsi dalla scena storica i due massimi protagonisti, altri organismi poterono giungere a considerevole potenza, ma essi ebbero vita effimera: lo Stato babilonese, praticamente un sopravvissuto, sarebbe scomparso poco dopo; quello medo, creazione inadeguata d'un popolo nuovo, avrebbe tosto lasciato il posto all'impero achemènide.
Lo stato persiano degli Achemènidi, fondato da Teispe, figlio del capostipite Achemene, verso la metà del VII sec. a. C. nella regione di Anshan (parte sud-occidentale dell'Elam), si affermò con Ciro I (557-529 a. C.), che dopo aver riunito sotto il suo scettro tutte le popolazioni iraniche ponendo fine al regno dei Medi, combatté vittoriosamente dapprima contro l'Occidente, assoggettando la Lidia (546 a. C.), quindi contro l'Oriente, giungendo fin nell'Afghanistan; nel 539 conquistava la stessa Babilonia. Quando poi il suo successore Cambise nel 525 estese il dominio persiano nell'Egitto, si attuò la massima aspirazione politica dell'Oriente antico: l'impero universale, dal Mediterraneo all'Indo. Tuttavia l'intrinseca debolezza d'un tale impero, si manifestò fin dalla morte di Cambise (521 a. C.), con le sollevazioni di province, che puntualizzavano regolarmente la morte di ogni sovrano, e con le congiure di palazzo. Così, quando avvenne l'urto con la nuova civiltà occidentale, personificata da Alessandro, l'immensa costruzione creata dagli Achemènidi crollò.
È stato scritto, a proposito dell'arte a., che "l'incendio di Persepoli appiccato dalla torcia di Alessandro, non è l'interruzione tragica di uno svolgimento artistico, ma il rogo su cui si consumano i resti di un sopravvissuto" (Monneret de Villard); immagine che ben riassume la natura di quell'arte. L'arte a. fu difatti l'ultima espressione dell'arte mesopotamica, arricchita di elementi nuovi tratti dai diversi ambienti culturali coi quali i Persiani vennero a contatto; onde è possibile percepire accanto a motivi babilonesi e assiri, motivi egiziani, greci, iranici e anatolici, senza contare l'apporto, meno facilmente individuabile, di più lontane culture, quali quella caucasica e quella delle steppe. È del resto risaputo che artisti di ogni parte dell'impero lavorarono per Dario.
L'architettura a. rivela, in maniera più appariscente delle altre arti, le innovazioni rispetto ai modelli mesopotamici: le terrazze artificiali sulle quali sorgevano i palazzi si ispirano, almeno in parte, alle spianate artificiali delle costruzioni babilonesi, ma l'analogia finisce qui: l'uso della pietra come materiale da costruzione in luogo dei mattoni d'argilla (tuttavia ancora adoperati a Susa, geograficamente più vicina alla Mesopotamia) e l'impiego, anzi la profusione di colonne in legno e in pietra, quasi sconosciute nella Valle dei Due Fiumi, contribuirono a dare alle costruzioni a. un carattere di originalità. Particolare il sistema di lavorazione della pietra: porte e finestre, ad esempio, non erano ricavate mediante blocchi giustapposti e sovrapposti, ma mediante escavazione d'un blocco monolite, che serviva poi da sostegno alle altre parti. Costruzioni caratteristiche della Persia a. furono le grandi sale delle udienze, chiamate apadāna (v.): grandi sale con tetto sorretto da numerose colonne, che da sole potevano costituire un intero edificio; sebbene sia incerta la loro origine, non fu estraneo al loro sviluppo l'esempio egiziano delle sale ipostile, che però con le loro colonne, più tozze e troppo ravvicinate, non possiedono l'eleganza di quelle persiane. Originali sono le colonne e il capitello a.: la colonna, generalmente scanalata, poggiava su uno zoccolo quadrato o a forma di campana; in alto si allargava a guisa di loto, come nelle colonne egiziane, sopra il quale era posto il capitello che presentava talvolta, come nell'esemplare di Susa ora al Louvre, la forma di due protomi di toro. Anche l'architettura funeraria s'ispirava all'Egitto; la tomba detta di Ciro, a Pasargade, non è altro che un monumentale sarcofago a tetto spiovente, elevato su una serie di scalini; le tombe di re a. a Naqsh-i Rustam, scavate nella roccia a una certa altezza dal suolo secondo un modello pre-a., hanno la facciata scolpita, con la porta incorniciata da colonne in rilievo; sempre a Naqsh-i Rustam, un'altra singolare costruzione, che, nonostante pareri discordi, è probabilmente da identificare con una tomba, presenta la forma di un edificio quadrato piuttosto tozzo, con un'apertura quasi a mezza altezza e finestre cieche sulle facciate; una decorazione architettonica sobria e non priva di originalità conferisce all'edificio una certa eleganza.
Nell'arte a. è quasi completamente assente la scultura a tutto tondo: da Persepoli provengono un piccolo leone in pasta di lapislazzuli, nel quale sono chiaramente visibili influssi anatolici, e una minuscola testa, dello stesso materiale, raffigurante un giovane principe; il preziosismo del trattamento dei capelli e la mancanza d'una qualsiasi espressione nel viso rivelano l'aulicità che ha improntato tutta l'arte a., accentrata intorno ai palazzi reali. Qui, nei numerosi rilievi che ornano i lati delle terrazze artificiali su cui sorgevano le costruzioni, si rivela appieno il carattere dell'arte a., ufficiale e freddo nella sua eleganza. Come nei rilievi dei palazzi reali assiri, viene celebrato il monarca e la vita di corte, ma la diversa sensibilità dei sovrani Achemènidi preferisce, alle crudeli, ma artisticamente vive, scene di guerra e di caccia, l'esaltazione della potenza del re nella raffigurazione dell'omaggio dei sudditi, provenienti da tutte le province dell'impero; nei rilievi dell'apadāna di Persepoli si succedono teorie interminabili di figure tutte della medesima altezza, poste l'una accanto all'altra secondo lo schema assiro, prive di ogni espressione, a volte addirittura identiche; soltanto nell'effetto decorativo dell'insieme queste figure hanno una validità artistica. Occorre tuttavia rilevare, in tali rilievi, l'influsso dell'arte ionica, percepibile in generale nella concezione del rilievo, che ha acquistato una plasticità sconosciuta al bassorilievo assiro da cui deriva, in particolare nel trattamento del panneggio. L'arte a. non ignorò totalmente una tecnica cara ai Babilonesi, e cioè l'uso dei rilievi su mattoni smaltati e colorati. A Susa l'influsso mesopotamico si manifesta nella serie di arcieri e di leoni che ornavano il palazzo di Dario.
Poco ci è pervenuto delle arti minori, ma quanto resta è sufficiente a dare un'idea della ricchezza e del gusto dell'arte achemènide. L'influsso greco si rivela in due stambecchi alati (di cui uno è al Louvre, l'altro a Berlino) che costituivano i manici di un vaso ed hanno come supporto una palmetta e una maschera silenica, ma è assente nel piatto d'argento dorato rinvenuto a Persepoli, decorato con un motivo stellare al centro, o nei cavalli in bronzo del museo di Teheran. La predilezione mesopotamica per gli animali fantastici si ritrova infine nel frammento del rivestimento in oro delle porte del palazzo di Persepoli scoperto nel 1941, nel quale è raffigurata una serie di cavalli alati con un corno in fronte (v. anche assira, arte; iranica, arte).
Bibl: F. Sarre, Die Kunst des alten Persien, Berlino 1925; E. Herzfeld, Archaeological History of Iran, Londra 1935; A Survey of Persian Art, Oxford 1938; E. Herzfeld, Iran in the Ancient East, Londra 1941; G. Contenau, Mémoirs de la mission archéologique en Iran, vol. XXIX, Parigi 1943, p. 167 ss.; M. Rutten, Arts et styles du Moyen-Orient ancien, Parigi 1950, p. 144 ss.; H. Frankfort, Ancient Orient, Harmondworth 1954, pp. 213-233; U. Monneret de Villard, L'arte iranica, Verona 1954, p. 31 ss.; Mostra d'arte iranica (Ist. Ital. per il Medio ed Estremo Oriente, Roma), Milano 1956, pp. 135-148; H. H. von der Osten, Die Welt der Perser, Stoccarda 1956, pp. 50-102.