Vedi ALESSANDRINA, Arte dell'anno: 1958 - 1973
ALESSANDRINA, Arte
1. Il problema dell'arte A. - Il problema dell'arte A. è ancora fra i più oscuri dell'arte ellenistica. La relativa scarsezza dei monumenti, la dispersione, la imperfetta conoscenza e l'eterogeneità di quelli recuperati, e soprattutto le false posizioni sulle quali si è a lungo indugiata la critica, hanno infatti sollevato, e ancora sollevano, non solo problemi particolari piùo meno gravi, ma addirittura il problema se un'arte A. sia o no esistita.
Di fronte a questo quesito le opinioni sinora prevalenti hanno oscillato intorno a due opposti atteggiamenti. Da un lato si è attribuito ad Alessandria, il più delle volte in base a debolissime o fallaci argomentazioni, un posto preponderante nella storia dell'arte ellenistica, e determinante nei confronti dell'arte posteriore (origini o preponderante influenza alessandrina nella creazione e diffusione del rilievo paesistico, del cosiddetto stile sfumato nella scultura, del soggetto di genere, dei sistemi di decorazione parietale, dei prodotti della toreutica, della glittica, del mosaico ecc.). Dall'altro lato, invece, e quasi sempre per reazione all'opposto atteggiamento, che fu detto del "panalessandrinismo", si è preteso respingere non solo le dette attribuzioni, ma negare, anche, ogni importanza ad Alessandria come centro d'arte ellenistica, e ci si è spinti a immaginare che i Tolomei, per i nuovissimi bisogni della loro corte e della loro politica, si fossero serviti piuttosto che di artisti greci, di artisti indigeni, architetti e scultori, che avrebbero lavorato nello stile tradizionale del paese, o che Alessandria fosse stata un'opulenta città di traffici piuttosto che un centro produttore d'arte.
Entrambi gli atteggiamenti su esposti sono da considerare infondati. Se, infatti, appare ormai certo che Alessandria non ebbe una funzione direttrice o preponderante nella storia dell'arte ellenistica (come, del resto, non possiamo dire l'abbia avuta nessun altro centro), è altrettanto certo che dell'arte ellenistica essa fu un importante centro di irradiazione. Se questo può essere oggetto di discussione per i paesi al di fuori dell'Egitto (e per taluni come la Cirenaica, la Palestina, Cipro, la Russia meridionale ecc. non mancano testimonianze significative), è incontestabile per il resto dell'Egitto stesso. Senza ammettere, infatti, in Alessandria un vitale centro di produzione e di irradiazione dell'arte classica, non è facile spiegarsi come i prodotti e gli influssi di quest'arte siansi aperta, ad un certo momento, la strada attraverso la valle del Nilo fino alla lontana Nubia, e come questo filone d'arte classica traversi tutta l'età ellenistica giungendo fino all'età cristiana. Che, poi, nella tradizione scritta manchino o scarseggino, per il periodo ellenistico, nomi di artisti alessandrini (specialmente scultori) non può avere gran peso in considerazione della impostazione neo-attica delle fonti pervenuteci, se d'altra parte, la tradizione stessa (v. Alessandria) ci parla di un'Alessandria ricca e splendida di opere d'arte e se trovamenti e dati storici ci dicono del carattere ellenico che ebbe o dovette avere la maggior parte del patrimonio d'arte alessandrino.
Bisogna ancora dire che, se è vero che mancano monumenti trovati in Egitto di quantità e carattere tali che giustifichino il punto in,vista del panalessandrinismo, è altrettanto vero che le negazioni non tengono conto né della lacuna gravissima che rappresenta per il nostro giudizio la scomparsa di tutti i grandi monumenti di Alessandria (palazzi reali, edifici pubblici,templi ecc.) né dell'esatto valore quantitativo e qualitativo della documentazione raccolta ad Alessandria stessa enel resto dell'Egitto.
Un problema, dunque, dell'arte A. come è stato dai più posto finora, cioè in angusti termini di una costante antitesi per circoscritte classi di monumenti (origine dei rilievi pittorici, dello sfumato, della toreutica del periodo ellenistico) o di un giudizio a priori sull'importanza di Alessandria come centro d'arte ellenistica, non esiste. Esiste invece il più vasto problema, assolutamente inesplorato, della ricostruzione di quel grandioso e complesso fenomeno culturale ed artistico, di cui Alessandria fu certo il centro, e che fu il subito trapiantarsi e il secolare durare dell'arte classica in Egitto. Ricostruzione che, allo stato attuale dei nostri studî, significa anzitutto raccolta ed elaborazione critica dei documenti superstiti, dati storici e monumentali, e quindi sforzo di stabilire gli aspetti, svariatissimi, che quest'arte greca trapiantata in Egitto vi ha assunto in ogni ramo della produzione; di valutare la sua vitalità e forza di espansione, di studiare le conseguenze nate dal suo incontro con l'arte e le popolazioni egizie, i rapporti che ha mantenuto con gli altri centri dell'arte ellenistica, l'eredità che ha lasciato dietro di sé, e così via.
Solo in questo più ampio quadro, al di fuori delle aprioristiche amplificazioni come delle aprioristiche negazioni, potrà chiarirsi la posizione che hanno avuto Alessandria e l'Egitto nel quadro dell'arte ellenistico-romana; e potrà anche trovarsi una più solida base per riprendere e avviare a soluzione problemi già agitati in astratto, cioè senza un'adeguata valutazione dei dati storici e della documentazione monumentale egiziana, quali quelli del rilievo paesistico, dello stile sfumato o del grottesco.
Che, come s'è detto, la documentazione esistente, nonostante la sua frammentarietà, sia più importante e ricca e significativa di quel che ancor largamente si crede, lo dimostrano già i risultati di quel lavorio critico che da qualche tempo si è iniziato intorno ad essa e che in ogni campo è andato, lentamente ma sicuramente, accrescendo le nostre conoscenze sull'arte alessandrina.
È grazie a quest'opera - per quanto essa sia appena iniziata - che le forme dell'architettura alessandrina cominciano a delinearsi con una certa chiarezza; che la coroplastica dell'Egitto ellenistico-romano si va sempre meglio inquadrando in quella contemporanea del resto del mondo classico; che la conoscenza della pittura parietale si è andata allargando e arricchendo. È grazie agli sforzi recenti della critica che la scultura, a dispetto del silenzio delle fonti, ci è apparsa testimoniata non solo da opere di modesto pregio d'arte, ma da capolavori quali il Gallo di Gīzah, la testa femminile del Serapeo, le sculture dei quartieri reali di Alessandria, il Tolomeo I di Copenaghen, l'Arsinoe III di Mantova, il Tolomeo VI di Alessandria; che sono apparsi pienamente confermati tanto il gusto per la forma sfumata, quanto l'amore per i soggetti di genere e le caricature, intuiti dallo Schreiber e dall'Amelung; che lo studio dei ritratti è andato arricchendosi di esempî importantissimi, e così via.
2. Architettura. - Per le notizie concernenti l'architettura alessandrina, si rimanda alla voce Alessandria, paragrafi 3, 4, 5 e 6.
3. Profilo della scultura alessandrina. - Lo stato delle scoperte archeologiche ci consente di incominciare a scaglionare, lungo il decorso di parecchi secoli, un numero tutt'altro che esiguo di opere che ci fanno vedere la scultura alessandrina partecipe, con più o meno di autonomia, alle vicende generali della scultura ellenistica. Una rapida rassegna dei principali monumenti della plastica alessandrina può qui servire come un frammentario, provvisorio abbozzo della sua storia.
Fra i più antichi monumenti di scultura greca trovati ad Alessandria può essere annoverata una stele funeraria marmorea con due figure femminili, del più puro stile attico del IV sec. a. C. Piuttosto che opera importata, essa può essere opera di uno di quegli artisti attici che dovettero emigrare da Atene dopo il noto decreto di Demetrio di Falero. Accanto ad essa, e specialmente dopo di essa, si aggruppano numerose stele, di più piccole proporzioni e di calcare locale, alquanto disuguali per valore artistico, ma chiaramente comprovanti il trapiantarsi in officine locali, alessandrine, dell'arte funeraria attica.
Ai primi anni del III sec. a. C. sembra si sia giunti, oggi, ad attribuire - ma il risultato non può considerarsi definitivo - l'importantissimo gruppo di sculture di calcare (esedra con figure di poeti e pensatori dell'antica Grecia; figure relative al ciclo dionisiaco) riscavato dopo la seconda guerra mondiale nel Serapeo di Memfi, che altre volte era stato attribuito al medio o al tardo ellenismo e perfino all'età romana.
All'arte classica del IV sec. a. C. si ricollega la statua del Serapide alessandrino anche se, come sembra dimostrato, mancano serie ragioni di attribuirla a Bryaxis. Essa è da ritenere opera di un artista greco che lavorava ad Alessandria per i primi Tolomei e che seguiva forme d'arte piuttosto conservatrici e tradizionalistiche, rispetto a quelle dei tre maggiori artisti del IV sec., Skopas, Prassitele e Lisippo, che più forte influsso ebbero sullo sviluppo dell'arte ellenistica. Già a partire dal III sec. debbono considerarsi creati dall'arte A. alcuni di quei tipi ellenizzati di Iside e di Arpocrate che ebbero poi così grande diffusione nel mondo ellenistico-romano.
Una delle più grandiose creazioni dell'arte A. può considerarsi l'originale, che taluni ritengono a torto una pittura, da cui deriva la grande statua del Nilo del Museo Vaticano. Piuttosto che opera di gusto classicheggiante, da attribuire al I sec. a. C., essa è da considerare opera della migliore tradizione del III sec. a. C., cui il copista romano ha conferito, nella statua vaticana, un'impronta classicheggiante.
Degli inizî del III sec., documento fra i più antichi dell'influsso dell'arte prassitelica in Egitto, è la bella testa barbata del Museo Greco-romano di Alessandria, già identificata con un Asklepios di Bryaxis. Altri documenti della sempre più marcata influenza prassitelica nel corso del III sec. a. C., sono: la testina Naue da Memfi (Copenaghen), una languida testina femminile da Gīzah (Dresda), una statuina femminile del museo del Cairo, nella quale lo sfumato è già assai accentuato, nonché l'Alessandro di Ginevra, da Alessandria, che sembra avere a base un tipo lisippeo trattato alla maniera impressionistica alessandrina (v. alessandro III di macedonia). Al di fuori della scultura in marmo, sono da menzionare, fra gli esempi del gusto prassiteleggiante degli Alessandrini, non poche fra le più fini figure femminili di terrecotta trovate nelle necropoli della città. Non lontana dagli ideali prassitelici di bellezza femminile, ma forse influenzata anche da tradizioni lisippee, è la bella testa bronzea (un ritratto idealizzato?) già Tyszkiewicz, proveniente da Memfi.
Nella scia della tradizione scopadea si inseriscono invece altre opere alessandrine da assegnare al III sec. a. C. Ricordiamo due teste femminili da Abukir, del Museo Greco-romano di Alessandria, una delle quali particolarmente bella e vicina agl'ideali del IV sec. a. C., e un grande gruppo statuario funebre (la defunta e un'ancella) di accentuato contenuto patetico e di forme grandiose e serrate.
L'influsso di Lisippo non dev'essere mancato ad Alessandria; ma di esso non possono addursi esempi che in un fine torso marmoreo del Museo Greco-romano di Alessandria, in qualche bronzetto (dall'Egitto proviene anche il noto piccolo bronzo riproducente, forse, l'Alessandro con la lancia dello stesso Lisippo) e, in un certo senso e per quel contenuto eroico che le anima, nelle più belle e antiche effigi monetali dei Tolomei. Accanto ad esse può collocarsi un grande modello in gesso di emblema argenteo, con la rappresentazione di Tolomeo I e di Berenice, la cui recente conoscenza ha accresciuto l'attendibilità dell'attribuzione a fabbriche alessandrine, d'altronde generalmente ammessa, dei grandi cammei di Vienna e di Leningrado con coppia di monarchi ellenistici, anch'essi ispirati a tradizioni lisippee (v. la Bibliografia).
Fra i ritratti di Tolomei del III sec. eccellono, per valore d'arte, il Tolomeo I di Copenaghen, proveniente dall'Egitto, insigne esempio di quella plastica ellenistica dell'inizio del III sec. a. C. che alla semplicità del linguaggio formale accoppia una forza di ardente contenuto interiore; la fine e sensitiva Arsinoe II del Museo Greco-romano di Alessandria, e, nella seconda metà del secolo, la delicata e quasi classicheggiante Berenice II di Cirene, nonché il Tolomeo III dalla stessa città, altro esempio del gusto alessandrino per la forma indeterminata e sfumata.
Fra la seconda metà del III sec. e il principio del II, si collocano alcune fra le più insigni sculture alessandrine a noi pervenute, che basterebbero da sole a mettere in dubbio il giudizio, spesso ripetuto, di un'arte A. irreparabilmente imbastardita e decadente dopo i promettenti esordi del principio del III sec. Ricorderemo anzitutto il già menzionato complesso di frammenti di grandi sculture provenienti dalla zona degli antichi quartieri reali di Alessandria (seconda metà del III sec. circa). Fra essi emergono un possente torso di Nike e la parte inferiore di una figura drappeggiata seduta che può annoverarsi fra i più begli esempi di drappeggi che ci siano pervenuti dall'antichità. Anche in questo panneggio è ancora assai vivo il ricordo dell'arte prassitelica. Dopo queste opere sono da ricordare due fra i più insigni ritratti di Arsinoe III, il bel bronzo di Mantova, mirabile ritratto in cui le forme individuali sono equilibrate da un temperato idealismo, e la fine testa marmorea da Bubastis, del museo del Cairo, che indulge invece nuovamente agli ideali prassitelici e scopadei della scuola. Seguono la grande testa femminile del Serapeo alessandrino, che accentua e fonde, in un'opera di gusto finissimo e di alta ispirazione lirica, il patetico scopadeo e lo sfumato prassitelico; e una vibrante testa femminile del Museo Greco-romano di Alessandria con acconciatura di boccoli "libici", che se, in un certo senso, può considerarsi come uno dei primi e più felici prodotti di incrocio greco-egizio, si inserisce per la tensione spirituale che la anima e le ampie forme del suo modellato carnoso, fra le più notevoli opere dei medio ellenismo.
È a quest'epoca che appartiene la più potente opera dell'arte A. e uno dei più eccelsi capolavori dell'ellenismo, il cosiddetto Gallo di Gīzah, del museo del Cairo. In esso il gusto alessandrino per la forma pittorica si manifesta in modo diverso dalla più diffusa maniera sfumata, con quel fare impressionistico e ad abbozzo, che è pure proprio dell'ambiente e, inoltre, con una spregiudicatezza e immediatezza del linguaggio formale pari all'impetuosità dell'ispirazione.
È da attribuire presso a poco a questa età l'importante serie di bronzetti da Galiub (Cairo) che servirono come modelli in officine di orefici. Prodotti in sé modesti, essi sembrano avere il pregio di tramandarci tipi e motivi statuari creati dall'arte A.
Fra le opere che più probabilmente sono da attribuire al II sec. a. C. ricorderemo l'Alessandro del British Museum proveniente da Alessandria, il Tolomeo VI del museo di Alessandria, il cosiddetto Eracle del Louvre, la cosiddetta Berenice in bronzo, da Ercolano, del museo di Napoli, la statuina di Ermafrodito di Firenze (Uffizî) e una statuina femminile di Ince (Blundell Hall), entrambe con acconciature egizie e di stile alessandrino, l'importante gruppo delle testine di Tell Timai del museo del Cairo, altre teste di Alessandro di provenienza egiziana, come quelle di Stoccarda (già von Sieglin), di Cleveland, del Museo Guimet a Parigi, ecc. In parecchie di queste opere constatiamo, qui come altrove in questa epoca, un progressivo allentarsi della forma tettonica per forme piuttosto carnose e molli, quasi gonfie, e uno svuotamento di contenuto spirituale (un Apollo bronzeo da Zifteh nella regione del Delta, al British Museum, è forse uno dei piu tipici esempi di questo indirizzo); mentre, d'altro lato, domina sempre più accentuato e manierato l'impressionismo pittorico.
Ad un artista alessandrino di quest'ultimo indirizzo sembra doversi attribuire, fra il II e il I sec. a. C., l'originale dell'Afrodite al bagno da cui derivano la nota, deliziosa statuetta trovata a Rodi e numerose altre repliche trovate in Egitto. Dall'Egitto provengono anche non poche statuette marmoree di Afrodite degli altri tipi diffusi in età ellenistica. Un raro e fine torso argenteo della dea (inedito) è nel museo di Alessandria. Al tardo ellenismo (II-I sec. a. C.) è da attribuire anche il noto gruppo di Dresda con Afrodite e Tritone, di quasi sicura provenienza alessandrina. In esso la testa del Tritone mostra quell'incrocio di espressione patetica e di superfici sfumate che caratterizza tante sculture alessandrine, e di cui e massimo esempio la ricordata testa femminile del Serapeo.
Al II sec. a. C. si assegna oggi, preferibilmente, l'elegante e delicata testa di Iside-Nekhbet da Campo Marzio a Roma, che è uno dei non rari prodotti in cui l'eclettismo di forme greco-egizie ha raggiunto felici risultati di autentico valore d'arte.
Che Alessandria abbia anche conosciuto, a partire dal II sec. a. C., se non prima, una produzione d'arte in cui l'amore per l'osservazione realistica si spinge spesso alla caricatura e alla predilezione pei soggetti di genere e tipi esotici, è inconfutabilmente dimostrato dalle terrecotte e dai piccoli bronzi, molti dei quali finissimi. Più rari sono i pezzi di proporzioni maggiori, ma non mancano. Fra essi ricorderemo una testina di negra, in bronzo, del museo di Alessandria, un torso acefalo, in marino, di contadino dello stesso museo, e il Nubiano in basalto del Museo Naz. di Atene, proveniente dall'Egitto. Strette analogie di soggetti, di tipi e di stile rendono oggi più che fondata l'attribuzione ad Alessandria, più volte proposta per via puramente ipotetica, di autentici gioielli di questo genere d'arte trovati fuori dell'Egitto, quali i bronzetti di Mahdia, il Negretto in bronzo della Bibliothèque Nationale di Parigi, e le quattro statuette di un Placentarius, da Pompei, del Museo Naz. di Napoli. È anche da ricordare che a questa stessa corrente realistica alessandrina sono state talvolta assegnate ipoteticamente parecchie statue di vecchi contadini e pescatori pervenuteci dall'antichità, nonché i celebri ritratti di Omero cieco e dello pseudo-Seneca.
Fra il II e il I sec. a. C. la critica distribuisce un gruppo di ritratti, spesso di forme greco-egizie ed eseguiti in granito o in basalto, in cui ad una povertà di contenuto spirituale si accompagnano forme realistiche di uno stile scarno ed asciutto. A proposito di essi ci si è spesso posto il quesito se il loro stile abbia infinito sul ritratto romano repubblicano di analoghi caratteri stilistici; ma è probabile, piuttosto, che le analogie siano dovute alla diffusione di un comune indirizzo stilistico in parecchie sfere del mondo antico. In questo indirizzo rientrano, oltre alla folta serie di "sacerdoti" per lo più in basalto, distribuiti fra vari musei (Cairo, Alessandria, Londra, Lipsia ecc.), i cosiddetti: Cleopatra Zogheb del Museo Greco-romano di Alessandria, Cesare Stroganoff di New York, Cesare del Museo Barracco a Roma, e infine il Cesare di Berlino, nonché la cosiddetta Cleopatra del British Museum.
Pure un indirizzo d'arte accademico, arcaizzante o classicheggiante, è possibile identificare nel corso della scultura alessandrina. Esso deve cadere press'a poco fra la fine del II e il I sec. a. C. Fra i suoi prodotti, assai vari, del resto, per gli ideali stilistici ai quali s'ispirano, ricorderemo due note teste dei Musei di Berlino, una testa colossale in calcare del Museo Greco-romano di Alessandria con diadema di uraei, l'originale perduto da cui deriva la cosiddetta Principessa egizia degli Uffizî, con le sue due repliche di Parigi e di New York, una statua di Ninfa di cui si conoscono una replica del Museo Greco-romano di Alessandria e una dei Musei Vaticani, un rilievo arcaizzante con Hermes da Canopo (British Museum), ecc. Ma la gemma di questa corrente eclettica e classicheggiante può essere considerata la rappresentazione allegorica della fecondità del Nilo che orna l'interno della celebre tazza Farnese (v.) del Museo Naz. di Napoli, capolavoro della glittica antica che a nessun altro centro potrebbe attribuirsi, né è stata attribuita, più fondatamente che ad Alessandria.
Quanto alla dibattuta questione delle origini e delle influenze che possono aver determinato le forme del cosiddetto rilievo pittorico, è da ricordare che, dopo un periodo di generale e netta reazione alle teorie "panalessandriniste" dello Schreiber, si tende oggi da parecchi a riconoscere ad Alessandria per lo meno una parte di tali influenze. Se, infatti, né ad Alessandria, né nel resto dell'Egitto si è trovato alcuno di quelli che furon detti rilievi pittorici, verso Alessandria ci dirigono più (od oltre) che verso altri centri del mondo ellenistico, indizi culturali e dati monumentali di non scarso peso. I principali fra questi ultimi sono: la lastra di Cartagine (che deriverebbe da un originale alessandrino da cui dipenderebbe anche la lastra della Tellus dell'Ara Pacis) e la lastra bronzea del Philadelphèion di Delo, che sarebbe anche essa da assegnare all'arte A. o al suo influsso. Inoltre monumenti di provenienza egiziana delle cosiddette arti minori, con elementi paesistici, inducono a presupporre l'uso in Egitto di motivi e forme analoghe anche nei monumenti della grande arte. Fra questi monumenti emergono: una coppa bronzea con scene paesistiche del museo di Alessandria (medita), nonché una serie di gessi - per lo più modelli per toreuti - trovati in Egitto (Memfi) o di attendibile provenienza alessandrina (Begram nell'Afghanistan), i quali dimostrano inconfutabilmente le più strette affinità di motivi con i rilievi paesistici.
La produzione egiziana di stile classico o greco-egizio non si arresta con l'inizio dell'età romana. Alessandria ha restituito, fra l'altro, una bella serie di sarcofagi a ghirlande, che sono in genere da assegnare al periodo fra la fine del I sec. e a tutto il corso del II d. C., ma soprattutto numerosa e importante è, in età romana, la produzione dei ritratti. Le loro caratteristiche generali sono, naturalmente, quelle del ritratto romano di età imperiale, ma nel quadro di questo la produzione egiziana acquista spesso una sua propria fisionomia, che risente ora della tradizione del pittoricismo alessandrino, ora, piuttosto, delle tradizioni dell'Egitto faraonico o di correnti genericamente orientali. Della vitalità di quest'arte del ritratto egiziano in età romana sono splendida prova i noti ritratti dipinti del Fayyūm (v. avanti, e alla voce).
All'inoltrato II sec. d. C. è da assegnare un gruppo di sculture marmoree trovate in un tempietto a Ras el-Soda, presso Alessandria. Alcune di esse sono di un freddo stile classicheggiante, mentre una statua di Arpocrate che fa parte del gruppo, ha ancora tutte le caratteristiche dello sfumato alessandrino di derivazione prassitelica e sembra, anzi, derivare da un originale alessandrino di età ellenistica. Nell'età di Caracalla si ritiene oggi eseguito un altro ritratto di Alessandro proveniente dall' Egitto: quello di Boston scavato a Ptolemais.
Ai confini dell'età classica è un gruppo di sculture in porfido, alcune di attestata, altre di supposta provenienza egiziana. Fra le prime sono la colossale statua acefala di personaggio virile seduto del Museo Greco-romano di Alessandria, il busto del cosiddetto Massimino Daza del museo del Cairo e il coperchio di un grande sarcofago con ghirlande (museo di Alessandria), identico a quelli dei sarcofagi di S. Elena e di S. Costanza dei Musei Vaticani. Queste due ultime opere insieme ad altre, come i Tetrarchi di S. Marco di Venezia e della Biblioteca Vaticana, fanno parte appunto delle altre sculture di porfido attribuite ad Alessandria.
Queste opere potrebbero essere messe a suggello della scultura dell'Egitto greco-romano, dopo circa sette secoli da quando, per il tramite di Alessandria, l'arte classica aveva stabilito uno dei suoi centri nella vetusta terra dei Faraoni. Ma è qui anche da ricordare, che per quanto si possa ammettere che vecchie tradizioni di arte indigena, o influenze bizantine, siriane, indiane ecc. riaffiorino e confluiscano nell'arte copta (v.), questa sarebbe inconcepibile senza la secolare tradizione dell'ellenismo alessandrino che ne rappresenta il presupposto necessario.
4. Pittura e arti minori. - Se incerte basi hanno l'esistenza e la fisionomia di una importante scuola di pittura alessandrina, alla quale ad un certo momento si era dato più credito che ad una scuola di scultura, ma che pure era stata ricostruita in base a pochi nomi ricordati dalle fonti (Antiphilos, Polemon, Helene, Demetrios, Serapion e altri), non sembra senza fondamento associare il nome di Antiphilos e l'attività della scuola di pittura alessandrina all'origine e diffusione di quella pittura "compendiana" (v.) - in certo senso, il corrispondente dello stile pittorico che abbiamo visto proprio della scultura - e di quei soggetti caricaturali e di genere, che vediamo poi così cari ai pittori di età romana.
Se la grande pittura è andata irrimediabilmente perduta, in Egitto come altrove, non mancano monumenti pittorici trovati nel paese (stele dipinte, porte di loculi, pitture funerarie, mosaici, ritratti su legno) che attestano il perpetuarsi di una vitale tradizione d'arte classica in Egitto, e che assurgono talvolta, specialmente nel ritratto, al valore di autentiche opere d'arte; comunque, tanto più degni di attenzione in quanto sono gli unici monumenti superstiti di una produzione certo assai più nobile e vasta. Fra le pitture funerarie emerge per la sua singolarità e il suo stile sicuro e franco un pannello-sovrapporta della necropoli di Mustafa Pascià con donne e cavalieri.
Quanto al mosaico, a parte i richiami ad Alessandria che son venuti e vengono da mosaici romano-campani di soggetto egiziano, noi abbiamo solo pochi monumenti trovati in Egitto, ma essi sono tutt'altro che trascurabili. Da segnalare soprattutto un mosaico di assai fine fattura (museo di Alessandria, da Tell Timai, Delta) con testa allegorica di Alessandria, recante la firma dell'artista Sophilos e un mosaico della stessa provenienza e dello stesso museo, con scene nilotiche.
Per quanto riguarda i sistemi di decorazione parietale, va ricordato che mentre si va facendo nuovamente strada fra alcuni studiosi la tendenza a riconoscere ad Alessandria qualche peso nel determinare e diffondere certi tipi, anche le scoperte e lo studio dei monumenti trovati in Egitto cominciano a darci qualche documentazione in questo senso. Si può infatti oggi affermare che è esistito (ed è largamente rappresentato) un più antico sistema di decorazione parietale del tipo cosiddetto a zone (esempi delle necropoli alessandrine oscillanti fra il III sec. e il principio del II a. C.). Nella parte inferiore lo stucco, dipinto o a rilievo, imita la base (zoccolo, ortostati, fascia di copertura) di una parete rivestita o costruita con marmi policromi, mentre nella parte superiore è una zona liscia e continua, bianca o uniformemente colorata, e delimitata da una sottile cornice che corre a circa tre quarti dell'altezza totale della parete. A questo sistema segue quello del cosiddetto I stile, in cui, mentre le parti inferiori restano più o meno quelle del sistema precedente, si ha nella parte superiore l'imitazione di un'opera iso doma, quando non intervenga l'imitazione di un rivestimento di piastrelle di ceramica smaltata. Questo ultimo motivo, che trovasi impiegato anche per intere pareti e per soffitti, è di pretta tradizione egizia.
Per le fasi successive dei sistemi di decorazione parietale mancano esempi di altrettanta importanza e chiarezza. Indizi non pochi e di non piccolo peso sembrano tuttavia dimostrare che il principio della "parete aperta", riformatore del cosiddetto II stile, abbia trovato in Alessandria, nelle forme stesse dell'architettura come in quelle della superstite pittura decorativa, i suoi precedenti; mentre non mancano frammenti di intonaco dipinto che testimoniano anche l'uso (isolato?) dei successivi, più fantastici, sistemi di decorazione.
Per quanto riguarda più propriamente il cosiddetto III stile, è da ricordare che la larga presenza di motivi egittizzanti che lo caratterizza, è spiegata da taluni come prova di origine o di influssi alessandrini, da altri soltanto come una delle manifestazioni del gusto romano per i soggetti esotici.
Analogamente si giudicano i motivi nilotici che, a partire, sembra, dal I sec. a. C. e per lungo tempo in seguito, si diffondono nel mondo romano, nelle pitture, nei mosaici, negli stucchi e nelle arti minori.
Il problema non è mai stato approfondito e, dal punto di vista della storia dell'arte A., urge affrontarlo sia per la dovizia e la eccellenza dei monumenti in discussione, sia per le conseguenze che scaturirebbero da una loro provata derivazione alessandrina per stabilire certi particolari aspetti di quell'arte, come il potere della sua diffusione. Allo stato attuale della ricerca, pur dovendosi respingere, naturalmente, ogni indiscriminata attribuzione di quei monumenti all'arte A., sembra potersi fondatamente affermare, in molti casi, la reale esistenza di modelli alessandrini perduti, se non l'opera di artisti egizi emigrati.
Anche per quanto concerne la toreutica debbono considerarsi superate tanto le troppo larghe attribuzioni "panalessandrinistiche", quanto le negazioni totali. Benché manchino nella tradizione nomi di toreuti alessandrini, la verità è che noi abbiamo testimonianze, nella tradizione letteraria come nei papiri, del largo impiego e della fabbricazione di argenteria nell'Egitto greco-romano. D'altro canto in Egitto sono stati pur trovati vasi in argento (a Karnak, Mendes, Tuk el-Karmus, Hermopolis ecc.), modelli di gesso per toreuti, matrici, vasi di terracotta imitanti quelli di metallo, che attestano l'esistenza di una florida produzione locale.
Questa non solo conta pezzi insigni, ma riveste un interesse assai notevole nel quadro generale della toreutica ellenistico-romana e rende attendibile un'attribuzione ad Alessandria, o ai suoi influssi, di una parte delle argenterie trovate fuori dell'Egitto.
Una delle classi di monumenti più numerose e più significative dell'Egitto greco-romano, è quella delle statuette di terracotta. Accanto ai tipi idealizzati cosiddetti di Tanagra (spesso rappresentati da esemplari finissimi) provenienti dalle necropoli alessandrine della prima età tolemaica, vi sono tipi di accentuato realismo, caricature, soggetti di genere, in minor numero provenienti dalla metropoli, in grande quantità dall'interno, dove l'uso e l'industria della terracotta figurata si diffusero, sotto l'influsso greco, negli strati più umili della popolazione. La maggior parte di questa produzione provinciale è, dal punto di vista dell'arte, di infimo ordine; ma sono tutt'altro che rari gli esemplari di fine fattura che, per la storia dell'arte A., hanno un interesse non ancora considerato nel suo giusto valore. Motivi e forme sono per lo più improntati a quel vivace gusto popolaresco, nato dai contatti dell'elemento greco col mondo egiziano, che è proprio di un aspetto dell'arte A. profondamente diverso da quello di pure tradizioni greche, e che si riflette anche in quelle figurazioni di paesaggi nilotici diffuse nel mondo romano, alle quali si è più sopra accennato.
Per quanto riguarda la ceramica di tipo greco trovata in Egitto, è da ricordare che essa è rappresentata da tutte le categorie della ceramica ellenistica: dagli ultimi prodotti della ceramica a figure rosse (dalla necropoli di Hadra proviene il noto vaso di Berlino col giudizio di Paride), ai vasi del tipo cosiddetto di Gnathia (v.); dai vasi ricoperti di vernice rosso-corallino alle "coppe megariche" (v. megaresi, vasi) e alla ceramica policroma con motivi diversi, ecc. Molta di questa ceramica è certo merce di importazione o di imitazione; ma tre categorie di vasi sono tipiche delle fabbriche di ceramiche egiziane, e sono: i vasi smaltati (fra cui i cosiddetti vasi delle regine); le urne cinerarie del tipo di Hadra, con decorazioni in vernice nera o rosso-bruno sul fondo naturale dell'argilla, o con decorazioni policrome su un rivestimento di latte di calce; i vasi ellenistici a rilievo, spesso imitanti la metallotecnica e di gusto greco-egizio, che sembra siano da assegnare in buona parte ad una fabbrica di Memfi.
Una parte importante si è quasi concordi a riconoscere ad Alessandria nella produzione di due altri rami delle arti minori: quello dei vetri colorati e decorati e quello della glittica, senza che, al solito, sia possibile poterne stabilire fondatamente i limiti. Per la glittica, oltre a gemme minori con ritratti e soggetti alessandrini, basti ricordare i due grandi cammei di Vienna e Leningrado con coppie (non sicuramente identificate) di monarchi ellenistici, e grandi pezzi come la tazza Farnese del museo di Napoli e la cosiddetta coppa dei Tolomei della Bibliothèque Nationale di Parigi, che si ritengono dai più di fabbriche alessandrine.
Quella del vetro fu una delle più fiorenti industrie dell'Egitto greco-romano, nelle più perfezionate tecniche delle paste vitree "millefiori", degli smalti filati, dei vetri filigranati ecc. A fabbriche a. si attribuiscono, fra l'altro, due capolavori dell'arte del vetro antico: il vaso degli amorini vendemmiatori del Museo Naz. di Napoli (il cosiddetto vetro blu da Pompei) e il vaso Portland del British Museum. Di eccezionale interesse sono inoltre i vetri dipinti, certo di origine alessandrina, rinvenuti a Begram (v.), in Afghanistan.
La stessa monetazione dell'Egitto ellenistico-romano costituisce un capitolo importante, ancora inedito, può dirsi, dal punto di vista dello studio dell'arte classica in Egitto.
È da ricordare, infine, che per secoli Alessandria e l'Egitto furono un centro importante per la fabbrica di stoffe e tappeti decorati, che ebbero grande rinomanza nel mondo antico e nei quali si perpetuarono lungamente tradizioni di gusto ellenistico. Il loro impiego ci è documentato nella descrizione della sontuosa tenda di Tolomeo Filadelfo riportata da Ateneo (v, p. 196 A 25). Letti funerari dipinti e soffitti di tombe A. possono già darci un'idea di questa produzione, ma larghii riflessi di essa ci conservano anche in numerosi tessuti di età tarda che sono stati trovati in Egitto (v. Copta, arte e tessuti).
Dall'esposizione che precede appare evidente che, pur con la perdita gravissima del più e del meglio del suo patrimonio artistico, Alessandria possa realmente essere considerata, contro la persistente opinione di molti, come un fervido e fecondo centro d'arte dell'ellenismo, che ebbe, per le particolari condizioni culturali e politiche nelle quali operò una sua propria fisionomia e una sua propria funzione. Se le lacune sulla documentazione non ci consentono di conoscere la storia nei particolari del suo svolgimento, le caratteristiche principali dell'arte alessandrina possono dirsi note. Essa ebbe nel suo lungo corso una singolare pluralità di aspetti; fu arte di pure tradizioni greche e arte eclettica greco-egizia; amò la più sognante idealizzazione come il più crudo realismo; ebbe nella scultura il gusto per la forma sfumata, per l'abbozzo pittorico, come quello per il particolare minuto; fu arte di élites raffinata e decadente e arte popolaresca, quanto altra mai; disuguale nella qualità della sua produzione. Se i suoi influssi in altre parti del mondo antico, ad opera degli studi, cominciano appena ad uscire dal campo delle ipotesi, può già ritenersi fondata l'opinione che da Alessandria si siano diffuse nel mondo romano certe espressioni particolari del rilievo paesistico e del grottesco nella plastica, forse anche dell'impressionismo nella pittura e, soprattutto, quel gusto per i paesaggi e per i motivi nilotici che dilagò e durò lungamente nel mondo antico.
Bibl: Sul problema dell'arte a., in generale: E. Breccia, Alex. ad Aegyptum, Bergamo 1922, p. 36 ss.; A. W. Lawrence, in Journ. of Egypt. Arch., XI, 1925, p. 179 ss.; Ch. Picard, La sculpture ant., II, Parigi 1926, p. 308 ss.; E. Breccia, in Enc. It., II, 1929, p. 306 ss., s. v. Alessandria; I. Noshy, The Arts in Ptol. Egypt, Oxford 1937, p. 83 ss.; A. Adriani, in Enc. It., appendice II, 1948, p. 116 ss., s. v. Alessandria. Agli inizî degli studî sull'arte a. sono i nomi di Th. Schreiber e di W. Amelung specialmente attraverso gli scritti seguenti: Th. Schreiber, Alex. Sculpt. in Athen, in Ath. Mitt., X, 1885, p. 380 ss.; Die Brunnenreliefs aus Palazzo Grimani, Lipsia 1888; Die hellenistischen Reliefbilder, Lipsia 1889-1894 (pubblicato solo in tavole); Der Gallierkopf des Museums in Gize bei Cairo, Lipsia 1896; Die alexandr. Toreutik, in Bonn. Jahrb., XCVI, 1894, p. 273 ss.; Die hellenist. Reliefbilder und die augusteische Kunst, in Jahrbuch, XI, 1896, p. 78 ss.; Studien über das Bildniss Alexanders d. Grossen, Lipsia 1903; Ueber den Charakter d. alexandr. Kunst, in Actes du II congrès arch., Il Cairo 1909; W. Amelung, Sull'arte a., in Bull. Com., XXV, 1897, p. 110 ss. Secondo i loro giudizî, che furono espressi quando gli studî sull'arte ellenistica erano appena agli inizî e sulla base dei primissimi documenti alessandrini che si cominciavano allora a conoscere, caratteristiche della plastica alessandrina erano: il pittoricismo e lo stile sfumato di eredità prassitelica da un lato, e lo spinto realismo (soggetti di genere, caricature) dall'altro; ad Alessandria si attribuiva, quasi esclusivamente in base a dati letterarî, l'arte del cosiddetto rilievo pittorico e una parte preponderante nella fabbrica delle argenterie antiche. Contemporaneamente larghi influssi alessandrini lo Schreiber e altri studiosi riconoscevano in pitture e mosaici campano-romani: Th. Schreiber, Brunnenreliefs, passim; W. Helbig, Untersuchungen über die campan. Wandmalerei, passim; E. Loewy, in Rend. Acc. Linc., V, VI, 1897, p. 27, con precedente bibliografia (in questo senso, G. E. Rizzo, in Boll. d'Arte, V, 1925-26, p. 529 ss., e La pittura ellenistico-romana, Milano 1929, p. 45 ss.). Tali teorie trovarono ben presto seguaci e, talvolta, fin troppo incauti generalizzatori (M. Collignon, S. Reinach, A. J. Reinach, A. Michaelis, E. Courbaud, G. Dickins e altri) ma provocarono anche una netta e tenace reazione che, se talvolta fu giustificata, più spesso fu, piuttosto, troppo spinta e superficiale: Fr. Wickhoff, Arte romana (ed. it.), Padova 1947, p. 49 ss. (prima ediz. 1895); H. Dragendorff, in Bonn. Jahrb., CIII, 1898, p. 106 ss.; R. Delbrück, Die drei Tempel am Forum Holitorium, Roma 1903, pp. 26, 55, 67; A. J. B. Wace, in Ann. Br. Sch. Athens, IX, 1902-3, p. 211 ss.; in Ann. Br. Sch. Athens, X, 1903-4, p. 103 ss.; Journ. Hell. Stud., XXVI, 1906, p. 240 ss.; G. Cultrera, Saggi sull'arte ellenistica, Roma 1907, p. xxxiii ss.; J. Marshall, in Jahrbuch, XXIV, 1909, p. 83 ss.; P. Perdrizet, in Bull. Corr. Hell., XXXVI, 1912, p. 268 ss.; W. Leonhard, in Neapolis, II, 1914, p. 42 ss. e p. 135 ss.; A.W. Lawrence, in Journ. Egypt. Arch., XI, 1925, p. 175 ss.; J. D. Beazley-B. Ashmole, Greek Sculpture and Painting, Cambridge 1932, p. 70; F. von Lorentz, in Pauly-Wissowa, XVI, c. 336, s. v. Mosaik; D. Levi, in Ann. Sc. Ital. Atene, XXIV-XXVI, Roma 1950, p. 293 ss. Questa reazione, che si è spinta fino a negare nuovamente (come già nei libri di L. M. Mitchell, Hist. Anc. Sculpt., Londra 1883, p. 606; H. Brunn, Gesch. griech. Künstl., 2a ed. Stoccarda 1889, p. 353; J. Overbeck, Gsch. gr. Plast. (3a ed. Lipsia 1881-82, II, p. 199) ogni importanza di Alessandria come centro di arte greca, ha avuto indubbiamente un influsso negativo sul progresso degli studî contribuendo a ritardare una più giusta impostazione del problema e un'adeguata valutazione dei nuovi documenti che intanto si andavano accumulando, in buona parte grazie all'attività del Museo Greco-romano di Alessandria. La necessità di un atteggiamento critico di maggiore equilibrio fra le due opposte tendenze fu segnalata da: E. Pfuhl, in Röm. Mitt., XVIII, 1904, p. 14 ss.; da W. Klein, Gesch. griech. Kunst, III, Lipsia 1907, p. 75 ss.; da E. Breccia, Alex. ad Aegypt., cit., p. 36 ss.; in Bull. Soc. Arch. Alex., XVIII, 1921, p. 82 e ibid., XXIII, 1928, pp. 386 e 366; in Enc. It., I, 1929, p. 312; da Ch. Picard, in Mon. Piot, XXVIII, 1925, p. 113 ss.; da Fr. Poulsen, che nel 1938 ripropose tutto il problema dell'arte A. nel suo scritto, Gab es eine alexandrinische Kunst?, in From the Collections of the Ny Carlsberg Glyptothek, II, 1938, p. i ss.; dallo stesso A. J. B. Wace, in Bull. Soc. Arch. Alex., XXXVI, 1946, p. 83 ss. e specialmente da A. Adriani (relazioni di scavo, recensioni, studî monografici, v. infra), con la tendenza a condurre gli studî e i giudizî relativi all'arte A. sul terreno di una sempre più approfondita conoscenza critica della documentazione monumentale largamente intesa. Prematuri, e talvolta già facilmente oppugnabili, appaiono quindi i giudizî più o meno negativi sulla vitalità e il valore dell'arte A. che alcuni studiosi hanno posto a conclusione dello studio di circoscritte classi o gruppi di monumenti: C. Watzinger, Exp. v. Sieglin, II, I B., Lipsia 1927, p. 32; R. Pagenstecher, Nekropolis, Lipsia 1919, p. 204 ss.; G. Kleiner, Tanagra-figuren, in Jahrbuch, XV, Ergänz. Heft, 1942, p. 63 ss.; M. Bieber, The Sculpture of the Hellenistic Age, New York 1955, p. 102.
II. Per la documentazione monumentale sull'arte A. oltre a quella occasionalmente pubblicata in notiziarî, rapporti di scavo etc. (per cui vedi la bibl. s. v. Alessandria), vedi i seguenti cataloghi: C. C. Edgar, Greek Sculpture, Il Cairo 1903; Greek Moulds, Il Cairo 1903; Greek Bronzes, Il Cairo 1904; Graeco-egyptian Glass, Il Cairo 1905; Graeco-egyptian Coffins, Masks and Portraits, Il Cairo 1905; Greek Vases, Il Cairo 1911; (tutti questi volumi dell'Edgar fanno parte del Catalogue général du Musée du Caire); W. Schmidt, De graesk aegyptische Terrakotter i Ny Karlsberg Glyptothek, Copenaghen 1911; P. Perdrizet, Bronzes grecs de la collection Fouquet, Parigi 1911; Les terres-cuites grecques d'Egypte de la collection Fouquet, Parigi 1921: i seguenti volumi della II parte della grande opera Expédition von Sieglin: R. Pagenstecher, Die griech. Aegypt. Sammlung E. von Sieglin, I a, Malerei und Plastik, Lipsia 1923; C. Watzinger, Die griech.-aegypt. Sammlung E. von Sieglin, I b, Malerei und Plastik, Lipsia 1927; J. Vogt, Die griech.-aegypt. Sammlung E. von Sieglin, II, Terrakotten, Lipsia 1924; R. Pagenstecher, Die griech.-aegypt. Sammlung E. von Sieglin, III, Gefaesse in Stein und Ton. Knochenschnitzereien, Lipsia 1913; nonché W. Weber, Die griech. aegypt. Terracotten, Berlino 1914 (nella serie dei cataloghi dei Musei di Berlino); E. Breccia, Terrecotte figurate greche e greco-egizie del museo di Alessandria, 2 voll., Bergamo 1930 e 1934; P. Graindor, Terres-cuites de l'Egypte gréco-romaine, Anvesra 1939; C. S. Ponger, Katalog der griech.-röm. Skulptur im Allard Pierson Museum, Amsterdam 1942.
III. Scultura alessandrina. Tentativi più o meno parziali di tracciare un profilo della storia della scultura alessandrina, oltre quelli inclusi in vecchi manuali di storia dell'arte classica o specialmente ellenistica, e basati, però, quasi esclusivamente su opere attribuite ad Alessandria (Collignon, Klein, Picard, Dickins e altri) si trovano in: A. W. Lawrence, in Journ. Egypt. Arch., XI, 1925, p. 179 ss.; I. Noshy, The Arts in Ptolemaic Egypt, Oxford 1937; Fr. Poulsen, op. cit. (part. i), p. i ss.; A. Adriani, Testimonianze e momenti di scultura alessandrina, Roma 1948. Per i singoli monumenti della scultura sopra citati, vedi: per le stele funerarie, E. Pfuhl, in Ath. Mitt., XXVI, 1901, p. 264 ss.; E. Breccia, in Bull. Soc. Arch. Alex., XX, 1924, p. 251 ss.; id., Le Musée gréco-romain, Bergamo 1931-32, tav. III; id., La Necropoli di Sciatbi, Il Cairo 1912, p. 4 ss.; id., Rapport sur la marche du Musée, 1912, p. 6, tav. X; A. Adriani, in Annuaire du Museé gr.-rom., 1935-39, tav. XLIV, 2; P. Jouguet, in Bull. Soc. Arch. Alex., XXXV, 1942, p. 85 ss.; A. J. B. Wace, ibidem, XXXVI, 1943-44, p. 26 ss. Per il gruppo del Serapeo di Memfi, J. Ph. Lauer-Ch. Picard, Les statues ptolémaîques du Sérapieion de Memphis, Parigi 1956. Per il Serapide, per ultimo, A. Adriani, Alla ricerca di Briasside, in Mem. Ac. Linc., 1948; Ch. Picard, op. cit., p. 82 ss. e passim. Per i tipi di Iside e di Arpocrate, G. Lippold, Griech. Plastik, Monaco 1950, p. 325 ss. e p. 345, con tutta la bibl. precedente. Per il Nilo Vaticano e altri tipi affini: W. Amelung, Die Sculpt. d. atic. VMuseum, I, p. 124 ss.; C. Watzinger, Exp. von Sieglin, II, I b, p. 111 ss.; Fr. W. von Bissing, Antike Plastik, p. 25 ss.; cfr. L. du Jardin, in Mem. Acc. Pont., 1932-33, p. 35 ss. Per la testa barbata "briassidea", A. Adriani, Alla ricerca di Briasside, p. 464 ss. con tutta la bibl. precedente. Testina Naue da Memphis e testina di Gīzah, I. Noshy, op. cit., p. 89, tav. X, i; A. driani, Testimonianze e momenti, p. 15, tav. VII. Statuina del museo del Cairo, G. Kleiner, in Bull. Soc. Arch. Alex., XXXII, 1938, p. 41 ss.; Alessandro di Ginevra, L. Laurenzi, Ritratti greci, Firenze 1941, n. 69. Testa già Tyskiewicz, L. D. Caskey, Boston Mus. Catal. of Gr. and Rom. Sculptures, Cambridge, Mass., 1925, p. 118; teste scopadee di Abukir, Fr. Poulsen, op. cit., p. 25, fig. 25; A. Adriani, in Arti figurative, III, 1947, p. 56 ss. Gruppo funerario di calcare c. d. Berenice, M. Collignon, Statues funéraires 1911, p. 186; A. Adriani, in Arti figurative, III, 1947, p. 56 ss. Sugli influssi lisippei, v. per ultimo l'opera di A. Adriani, Sculture Monumentali del Museo di Alessandria, Roma 1946, p. 27 ss. Modello di emblema con ritratti di Tolomeo I e Berenice, A. Adriani, in Bull. Soc. Arch. Alex., XXXII, 1938, p. 76 ss. Cammei di Vienna e Leningrado, A. Furtwaengler, Ant. Gemmen, tav. LIII, 1 e 2 (cfr. A. Adriani, in Bull. Soc. Arch. Alex., XXXII, 1938, p. 80 e p. 95). Tolomeo I di Copenaghen, L. Laurenzi, Ritr. greci, p. 111, n. 52; Arsinoe II di Alessandria e Berenice II da Cirene, L. Laurenzi, ibidem, p. 119, nn. 70-71. Tolomeo III di Cirene, L. Laurenzi, ibidem, p. 119, n. 72. Per alcuni di questi e per altri ritratti di Tolomei: J. Charbonneaux, in Monum. Piot, XLVII, 1953, p. 99 ss. Sculture dei quartieri reali: A. Adriani, Sculture monumentali del Museo greco-romano di Alessandria, Roma 1946. Testa del Serapeo, Ch. Picard, in Mon. Piot, XXVIII, 1925, p. 113 ss. (cfr. A. Adriani, Scult. monum., p. 34, nota 36). Grande testa femminile del museo di Alessandria con acconciatura egizia, A. Adriani, Testimonianze e momenti ecc., Roma 1948. Ritratti di Arsinoe III (Mantova, Boston, Cairo, Alessandria): E. Pfuhl, in Jahrbuch, XLV, 1930, p. 39 ss. e A. Adriani, in Arti figurative, III, 1947, p. 51 ss. Gallo di Gīzah, id., Testimonianze e momenti, ecc. p. 31. Bronzetti di Galiûb, A. Ippel, Der Bronzefund von Galiûb, Berlino 1922. Teste di Alessandro del British Museum, L. Laurenzi, Ritr. gr., p. 126, n. 86; di Tolomeo VI di Alessandria, L. Laurenzi, Ritr. gr., p. 127, n. 89; c. d. Eracle del Louvre, Fr. Poulsen in, From the Collections of the Ny Karlsb. Glyptotek, III, 1942, p. 144 ss. C. d. testa di Berenice e di Ercolano, statuette di Firenze e di Ince, A. Adriani, Testimonianze e momenti, pp. 7 ss., 17 ss. Sculture di Tell Timai, A. Adriani, ibid., p. 17 e p. 39, nota 24, in Arti figurative, III, 1947, p. 57; A. Giuliano, in Rend. Pont. Acc., XXVII, 1952-1954, p. 207 ss. Teste di Alessandro di Stoccarda, Cleveland, Parigi (Museo Guimet): Arndt-Bruckmann, nn. 922-23 e 1201-2; C. Watzinger, Exp. von Sieglin, II, I b, p. 1 ss. e M. Bieber, in Proc. of Americ. Philosophic Society, XCIII, Filadelfia 1949, pp. 380, 391. (Per queste ed altre teste di Alessandro dall'Egitto, K. Gebauer, in Ath. Mitt., LXII-LXIV, 1938-39, p. 1 ss. e specialmente p. 85 ss.). Statua di Apollo di Zifteh, A. J. B. Walters, British Museum, Selected Bronzes, Londra 1915, tav. XLI. Per i monumenti che più o meno s'inseriscono nella corrente di gusto barocco, v. Fr. Poulsen, Gab es eine Alexandr. Kunst?, p. 40 ss., e A. Adriani, Testimonianze e momenti, p. 15 ss. Statuine di Venere (tipo Rodi e altri), A. Adriani, in Annales Serv. Ant., XLIV, 1945, p. 37 e ss.; Ch. Picard, La Sculpt. Ant., II, 1926, p. 309 (bibl. ivi); C. Anti, in Bull. Mus. Civ. Padova, 1922, p. 10 ss. Afrodite e Tritone di Dresda, v. per ultimo, Fr. Poulsen, Gab es eine alexandr. Kunst?, p. 34; A. L. Pietrogrande, in Afr. Ital., II, 1928-29, p. 175 ss. Testa di Iside-Nekhbet di Roma, A. Adriani, Testimonianze e momenti, p. 19. Per i tipi realistici e i grotteschi, che cominciarono a essere posti in luce con l'articolo di Th. Schreiber, in Ath. Mitt., X, 1885, p. 380 ss., v. la bibl. presso A. W. Lawrence, in Journ. of Egypt. Arch., XI, 1925, p. 179, n. 1, nonché i citati cataloghi di terrecotte e piccoli bronzi, il libro di A. Ippel, Der Bronzefund von Galiûb, Berlino 1922 (passim) e alcuni importanti esemplari in A. Adriani, in Bull. Soc. arch. Alex., XXXII, 1938, p. 106 ss.; in Annuaire, 1935-39 (passim), e in Annuaire, 1940-50 (passim). Testa di negra in bronzo di Alessandria, E. Breccia, in Bull. Soc. Arch. Alex., XV, 1914, p. 18 ss.; statuette di Nubiani di Atene e Parigi, G. Méautis, Bronzes antiques du Canton de Neuchâtel, Recueil d. Travaux d. Univ., Fac. d. Lettres, II, Neuchâtel 1928; E. Babelon-J.A. Blanchet, Catalogue d. bronzes de la Bibl. Nat., p. 440, n. 1010. Bronzetti di Mahdia, A. Merlin, in Mon. Piot, XVIII, 1910, p. 5 ss. Placentarius di Pompei, A. Maiuri, in Boll. d'Arte, V, 1925-26, p. 268 ss. Pescatore di Volubilis, Ch. Picard, in Cahiers techniques de l'art, I, 1948, p. 5 ss.; R. Thouvenot, in Mon. Piot, XLIII, 1949, p. 70 ss. Per il ritratto di Omero e quello già ritenuto di Seneca, L. Laurenzi, Ritratti greci, p. 136, n. 113, e p. 138.
Per il ritratto realistico dell'ultima età ellenistica e per certi prodotti di stile misto greco-egizio, Fr. Poulsen, Gab es, ecc., p. 27 ss.; V. Mueller, in Crit. d'arte, V, 1940, p. 72 ss.; O. Vessberg, Studien zur Kunstgesch. d. röm. Republ., in Acta Inst. Rom. Regni Sueciae, VIII, 1941, pp. 227 e 255; B. Schweitzer, Die bildn. Kunst d. röm. Republ., Lipsia 1948, p. 76 ss. e p. 130; H. Drerup, Aegypt. Bildn.-Köpfe griech. und röm. Zeit, Münster 1950; B. v. Bothmer, in Boston Bull. Mus., XLIX, 1951, p. 69 ss.; G. M. A. Richter, in Journ. Rom. Stud., XLV, 1955, p. 39 ss. "Cleopatra Zogheb", Fr. Poulsen, Gab es eine al. K.?, p. 27; Cesare Barracco, H. Drerup, Aegypt. Bildn. Koepfe ecc., p. 17, tav. 10. Ritratto di Cesare di Berlino, Arndt-Bruckmann, nn. 265-66; C. Blümel, Röm. Bildnisse, Berlino 1933, p. 4, R 9; M. Borda, in Rend. Pont. Acc. Arch., XX, 1943-44, p. 361; "Cleopatra" del British Museum, L. Laurenzi, Ritratti greci, p. 135, n. 111.
Per il c. d. rilievo paesistico, oltre la bibliografia raccolta nei citati scritti generali sull'arte alessandrina (Breccia, Lawrence, Picard, Noshy), v. G. Méautis, Bronzes antiques du Canton de Neuchâtel, Neuchâtel, 1928; Ch. Picard, in Am. Journ. Arch., XXXVIII, 1934, p. 137 ss.; in Mélanges Maspéro, II, Il Cairo 1935-37, p. 313 ss.; A. Ippel, Guss und Treibarbeit in Silber, in XCVII. Berl. Winckelmannspr., Berlino 1937 (cfr. A. Adriani, in Bull. Soc. arch. Alex., XXXII, 1938, p. 189 ss.); G. Moretti, Ara Pacis, Roma 1950, p. 232 ss.; D. Levi, in Ann. Sc. It. Atene, XXIV-XXVI, 1950, p. 293 ss.; Ch. Picard, in Bull. Corr. Hell., LXXVI, 1952, p. 61 ss.; in Actes du IVe Congrès int. Ét. byzant., 1948, II, pp. 331 ss.; in Ant. Class., XXI, 1952, p. 332 ss.; A. Adriani, in Arch. Class., VII, 1955, p. 124 ss. V. anche, più avanti, la bibl. per la pittura e la toreutica. La pubblicazione della coppa bronzea con scene paesistiche del museo di Alessandria è annunciata nella serie dei Documenti e Ricerche d'arte alessandrina, di A. Adriani.
Per la corrente accademica e classicheggiante, per ultimo A. Adriani, Testimonianze e Momenti ecc., p. 18 ss. e p. 42, nota 69; Fr. Hauser, Neu-att. Reliefs, Stoccarda 1889, p. 136 ss.; Fr. Wickhoff, Arte romana (ed it.), Padova 1947, p. 63 ss. (prima ed. 1895). Teste di Berlino, Arndt-Bruckmann, nn. 217-18; A. Adriani, Testimonianze e Momenti, p. 20; R. Horn, in Röm. Mitt., LIII, 1938, p. 87. Principessa degli Uffizî, Regina-Iside del museo di Alessandria, A. Adriani, Testimonianze e Momenti, p. 19 ss. Statua di Ninfa, A. Adriani, in Bull. Arch. Alex., XXXIII, 1939, p. 336 ss.; G. Lippold, Skulpt. d. Vatic. Mus., III, Berlino 1956, p. 183. Rilievo di Canopo, E. Breccia, Monum. Egypte gr.-rom., I, Bergamo 1926, tav. XXVII, i. Tazza Farnese, A. Furtwaengler, Antike Gemmen, Lipsia 1900, II, p. 253; A. Adriani, Testimonianze e Momenti, p. 20; Ch. Picard, in Ant. Class., XX, 1951, p. 362. Per due grandi bronzi (c. d. Apollo da Zifteh del British Museum e Dionisio da Sakha del museo del Cairo) che pure potrebbero entrare nell'indirizzo eclettico-classicheggiante alessandrino, v. per ultimo F. Chamoux, in Bull. Corr. Hell., 74, 1950, p. 71 e ss.
Sarcofagi a ghirlande, E. Breccia, Rapport sur la marche du Musée, 1922-1923, p. 10 ss. Sarcofago figurato, A. Adriani, in Bull. Soc. Arch. Alex., XXXIX, p. 5 ss. Ritratti di età imperiale romana, P. Graindor, Bustes et Statues-portraits de l'Egypte romaine, Il Cairo, s.d., ma 1937; V. Mueller, in Crit. d'Arte, 1940, p. 72 ss.; A. Adriani, in Annuaire, 1935-39, p. 132 ss., tav. LXII.
Sculture di Ras el-Soda, A. Adriani, in Annuaire, 1935-39, p. 136 ss. Alessandro di Boston, M. Bieber, in Am. Journ. Arch., XLIX, 1945, p. 425 ss.; idem, in Proc. Amer. Philos. Society, XCIII, Filadelfia 1949, p. 425. Tarde sculture in porfido, K. Michalowski, in Röm. Mitt., XLIII, 1928, p. 132 ss.; R. Delbrück, Ant. Porphyrwerke, Berlino-Lipsia 1932; G. Lippold, Skulpt. d. Vatic. Mus., III, Berlino 1936, nn. 566 e 589; P. Graindor, Bustes et statues-portraits, Il Cairo s. d., nn. 23-24.
Per una parte dei monumenti sopraricordati e per altri di probabile attribuzione all'arte a., si vedano i capitoli relativi a quest'arte in G. Lippold, Griechische Plastik, Monaco 1950, e M. Bieber, The Sculpture of the Hellenistic Age, New York 1955.
Per la tecnica delle parti completate in stucco, in legno o in calcare e per quella della doratura, particolarmente diffuse nella scultura di marmo alessandrina, v. Fr. Poulsen, in From the Collections of the Ny Karlsberg Glyptotek, II, 1938, pp. 8-48 e ss., e III, 1942, p. 146; G. Lippold, Griech. Plastik, Monaco 1950, p. 310.
IV. Pittura e arti minori. In generale, per la pittura, E. Pfuhl, Mal. u. Zeichn., Monaco 1923, p. 828 ss.; G. E. Rizzo, La pittura ellenistico-romana, Milano 1929, p. 45 ss. e p. 56 ss.; A. Reinach, Textes grecs et latins relat. à l'hist. de la peinture anc., nn. 26 ss.; 513 ss.; 536 ss.; G. A. Mansuelli, Ricerche sulla pittura ellenistica, Bologna 1950, p. 57 ss.; G. Lippold, Antike Gemälderkopien in Abhandl. d. Bayer. Akad. d. Wiss., XXXIII, 1951, Monaco 1951, p. 153 ss. Per Antiphilos e la pittura compendiaria, v. G. Becatti, Arte e gusto negli scrittori latini, Firenze 1951, p. 176(bibl. ivi) e s. v. compendiaria, pittura in questa enciclopedia. Per la pittura di paesaggio, che è legata al gusto di alcuni rilievi paesistici, dopo gli studî di M. Rostowtzew, Die hellenist.-röm. Architekturlandschaft, in Röm. Mitt., XXVI, 1911, p. 100 ss. e di R. Pagenstecher, Über das landschaftliche Relief bei den Griechen, in Sitzungber. d. Heidelb. Akademie, I, 1919; l'argomento è stato trattato nel suo insieme da Ch. Dawson, Romano-campanian mytological Landscape Painting, in Yale Classic. Stud., 1944 (nuovamente contrario alla tesi alessandrina). Cfr. anche G. Lippold, in Pauly-Wissowa, XII, c. 622 ss.; R. Bianchi Bandinelli, Storicità dell'arte classica, Firenze 1950, passim. In favore dell'alessandrinismo di pitture romano-campane, di paesaggio ed altre, si erano invece precedentemente pronunciati G. Bendinelli, in Bull. Soc. Arch. Alex., XXIV, 1939, p. 21 ss. e ibidem, XXVI, 1932, p. 227 ss.; G. E. Rizzo, Le pitture della casa dei Grifi, Mon. Pitt. Ant., Roma, I, Roma 1936; id., Le pitture dell'aula isiaca di Caligola, Mon. Pitt. Ant., Roma, II, Roma 1936; id., Le pitture della casa di Livia, Mon. Pitt. Ant., Roma, III, Roma 1936; A. Maiuri, Le pitture della casa di F. Amandius ecc., Mon. Pitt. Ant., Pompei, II, Roma 1938; G. Bendinelli, Le pitture del colombario di Villa Pamphili, Mon. Pitt. Ant., Roma, V, Roma 1948; O. Elia, Le pitture del tempio d'Iside, Mon. Pitt. Ant. Pompei, III-IV, Roma 1941; E. Aletti, Lo stile di Ludio e l'impressionismo ellenistico-romano, Roma 1948.
Per le stele e porte di loculi dipinte: il catalogo (fino al 1919) ne è dato da R. Pagenstecher, Nekropolis, p. 32 ss. Per gli anni successivi: E. Breccia, in Bull. Soc. Arch. Alex, XXV, 1930, p. 99 ss.; Le Musée gr.-rom., 1925-1931 e 1931-32 (passim); A. Adriani, in Annuaire, 1935-39 e 1940-50 (passim); in Bull. Soc. Arch. Alex., XXXII, 1938, p. 112 ss.
Per la sovrapporta della necropoli di Mustafa Pascià, A. Adriani, in Annuaire, 1935-39, p. 109 ss. (cfr. M. Rostovtzev, Soc. Ec. Hist. of Hell. World, p. 408; R. Bianchi Bandinelli, Storicità dell'arte classica, Firenze 1950, p. 193). Per alcune pitture funerarie della provincia, Sami Gabra, Rapport sur les fouilles d'Hermoupolis ouest, Il Cairo 1941, p. 67 ss. Per la stele di Helixo e altri monumenti che le si associano a proposito dei precedenti del II stile pompeiano, H. G. Beyen, Pomp. Wanddekoration, L'Aja 1938; A. Adriani, in Bull. Soc. Arch. Alex., XXXII, 1938, p. 112 ss.; (cfr. R. Bianchi Bandinelli, Storicità dell'arte classica, p. 276; Chr. M. Dawson, Romano-camp. Landsc. Paint., cit, p. 17 e passim).
Per i mosaici, non ancora esaurientemente studiati né singolarmente né nell'insieme, J. Clédat, in Annales Serv. Ant., XV, 1915, p. 15 ss.; E. Breccia, Alex. ad Aegypt., Bergamo 1922, passim, in Bull. Soc. Arch. Alex., XIX, 1923, p. 158 ss.; Le Musée gr.-rom., 1925-31, tav. LII ss.; A. Adriani, in Annuaire, 1935-39, p. 149, tav. LXI; D. M. Robinson, Excav. at Olynthos, XII, 1946, p. 328 ss.; M. Rostovtzew, Soc. Ec. Hist. of Hell. World, 128, 254 e passim.
Per i ritratti su legno, E. Pfuhl., Mal. u. Zeichn., p. 840 ss.; H. Drerup, Die Datierung der Mumienportraets, Paderborn 1933: K. A. Neugerbauer, in Die Antike, XII, 1936, p. 155 ss.; E. Coche de La Ferté, Les portraits romano-égyptyens du Louvre, Parigi 1952.
Per i sistemi della decorazione parietale e le questioni relative, R. Pagenstecher, Nekropolis, p. 168 ss. e p. 187 ss.; A. Adriani, in Annuaire, 1933-1935, p. 113 ss.; in Bull. Soc. Arch. Alex., XXXII, 1938, p. 112 ss.; in Annuaire, 1935-39, pp. 88 e 126; in Annuaire, 1940-50, p. 47 ss. Sami Gabra, Rapport sur les fouilles d'Hermoupolis ouest, passim. Per il c. d. terzo stile e i monumenti con motivi nilotici, v., oltre le opere sulla pittura ellenistico-romana sopra citate: A. Ippel, Der dritte pomp. Styl, Berlino 1910; R. P. Hinks, Catal. of the Paintings and Mosaics in the Brit. Mus., Londra 1933, p. xxv ss.; F. von Lorentz, in Pauly-Wissowa XVI, i, c. 342, s. v. Mosaik; E. Pernice, Hellenist. Kunst in Pompeji, VI, Berlino 1938, p. 56, p. 90 ss. e passim; D. Levi, in Ann. Sc. Ital. Atene, XXIV-XXVI, Roma 1950, p. 293 ss. In particolare, per i mosaici di Palestrina, che sono tra i più importanti, A. Rumpt, Handb. d. Arch. Mal. u. Zeichn., Monaco 1952, p. 167; G. Gullini, I mosaici di Palestrina, Roma 1956.
Toreutica. G. Lippold, in Pauly Wissowa, VI a, 2, 1937, c. 1766 ss. (ivi bibl. precedente); A. Adriani, in Bull. Soc. Arch. Alex., XXXIII, 1939, p. 350 ss.; Le Gobelet en argent des amours vendangeurs du Musée d'Aléxandrie, Alessandria 1939 (v. bibl. a p. 37, n. 77); A. Ippel, Guss und Treibarbeit in Silber, cit. (par. II); M. Rostovtzew, Soc. Ec. Hist. Hell. World, p. 375 ss. e passim; B. Segall, Record of the Mus. of Historic Art, Princeton Univ., IV, 2, 1945, p. i ss.; J. Hackin, Nouvelles recherches arch. à Begram, Parigi 1954, p. 110 ss., cfr. A. Adriani, in Arch. Class., VII, 1955, p. 124 ss.
Terrecotte. V. i cataloghi citati al paragr. II (Documentazione monumentale) nonché il citato studio di G. Kleiner, Tanagrafiguren, Berlino 1942, pp. 26 ss. Cfr. M. Rostovtzew, Soc. Ec. Hist. of Hell. World, pp. 212, 416 e passim.
Ceramica. Oltre ai cataloghi relativi citati al par. II (Documentazione monumentale) e ai documenti occasionalmente pubblicati nelle relazioni di scavo (specialmente dal Breccia e dall'Adriani), v., per i vasi di Hadra, Ch. Picard, in Bull. Soc. Arch. Alex., XXXII, 1938, p. 5 ss. (con la bibl. precedente); A. Di Vita, in Boll. d'Arte, XLI, 1956, p. 97 ss. Per i vasi a rilievo, F. Courby, Les vases grecs à relief, Parigi 1922, p. 499 ss.; M. Rostovzew, Soc. Ec. Hist. of Hell. World, p. 367 ss.; K. Parlasca, in Jahrbuch, LXX, 1955, p. 129 ss. Per la ceramica smaltata, H. Wallis, Egyptian Ceramic Art, Londra 1839; F. W. v. Bissing, Fayence Gefässe (Catal. du Musée du Caire, IV), Vienna 1902.
Glittica. A. Furtwaengler, Ant. Gemmen, Lipsia-Berlino 1900, III, p. 155 ss. e passim; O. Rossbach, in Pauly-Wissowa, VI, 1912, c. 1078 ss.
Vetri. H. Bluemner, in Pauly Wissowa, VII, 1912, c. 1382 ss.; G. Sangiorgi, in Encicl. Ital., XXXV, 1937, p. 272 ss.; R. Zahn, in Die Antike, V, 1929, p. 45 ss.; D. Silvestrini, in Boll. d'Arte, XXXI, 1937, p. 430 ss.; A. Adriani, Le Gobelet en argent ecc., p. 14; M. Rostovtzew, Soc. Ec. Hist. Hell. World, p. 370 ss.; Ch. Picard, in Rev. Arch., XXV, 1946, p. 173 ss.; J. Hackin, Nouvelles recherches, cit., p. 95 ss.
Monete. R. St. Poole, Br. Mus. Catal. Alexandria and the Nomes, Londra 1892; G. Dattari, Numi Augg.-Alexandrini, Il Cairo 1911; I. N. Svoronos, Τὰ νομίσματα τοῦ κράτους τῶν Πτολεμαίων, Atene 1904-1908. Per la monetazione tolemaica studiata dal punto di vista stilistico e in rapporto con la scultura, si vedano, in parte, E. Pfuhl, in Jahrbuch, XLV, 1930, p. i ss.; R. Horn, in Röm. Mitt., LII, 1937, p. 140 ss.; e LIII, 1938, p. 70 ss.
Stoffe e Tappeti. V., per ultimo, Cl. Préaux, Economie Royale des Lagides, Bruxelles 1939, pp. 110-111; M. Rostovtzew, Soc. Ec. History, cit., p. 376 ss. e passim; M. Abd el-Aziz Marzouk, in Bull. Soc. Arch. Copte, XIII, 1948-49. p. 111 ss.; A. Adriani, in Annuaire, 1940-50, pp. 111 e 115.