Vedi ALESSANDRINA, Arte dell'anno: 1958 - 1973
ALESSANDRINA, Arte (v. vol. i, p. 218)
L'arte a. rimane ancora un capitolo assai oscuro dell'arte ellenistica; ma è un fatto positivo che intorno ai problemi di essa vanno facendosi nuovamente vivi gli interessi, più criticamente articolate le discussioni e, quel che più importa, che la documentazione va diventando sempre più ricca e significativa, illuminando problemi già posti e ponendone di nuovi. In linea generale sono stati più volte ribaditi negli ultimi anni (Adriani) i seguenti concetti intorno ai quali non dovrebbe esservi ormai dissenso fra gli studiosi. Contro la vecchia affermazione che l'arte greca fosse venuta in Egitto, dopo la fondazione di Alessandria, per presto morirvi, sta il fatto che da allora essa vi pose stabilmente le radici attraversando l'ellenismo, l'età romana e quella cristiana. Le particolarissime condizioni ambientali fanno si che, a partire dalla fine del IV sec. a. C., la produzione d'arte dell'Egitto, disparatissima per qualità, si svolga in molteplici e spesso contrastanti direzioni: quella tradizionale egiziana, quella puramente greca e quella eclettica greco-egizia. Quest'ultima acquista, poi, aspetti diversissimi a seconda degli elementi che prevalgono nella sua genesi, che possono essere formali o soltanto tematici, prevalentemente egizi o prevalentemente greci, di carattere intellettualisticamente composito o di spregiudicato carattere popolaresco. Bastano questi fatti per dimostrare a priori, quanto sia fallace l'assunto di chi vorrebbe assorbire l'arte a. in una generica (e, in realtà, molto relativa) koinè dell'arte ellenistica.
1. Scultura. - L'auspicata raccolta sistematica dei documenti della plastica alessandrina ha avuto inizio con la pubblicazione (A. Adriani) dei due primi volumi di un Repertorio d'Arte dell'Egitto greco-romano (serie A). Fra i documenti pubblicati, non pochi di singolare interesse stilistico, si segnaleranno quelli che ci mostrano le officine alessandrine impegnate nella creazione di nuovi tipi iconografici (di Serapide, di Iside, del Nilo, di Euthenia, di Nemesi, di Afrodite nelle diverse redazioni dell'Anadiomène, di Afrodite che si allaccia il sandalo, di Afrodite accovacciata, ecc.). Mentre per il Nilo appare accertato che la grandiosa statua del Vaticano dipende effettivamente, con i rilievi della sua base, da un celebre originale alessandrino, per il Serapide trova qualche resistenza la tesi dell'attribuzione del suo tipo canonico a qualche officina alessandrina piuttosto che allo scultore attico Bryaxis. Se lo stile sfumato di intonazione prassitelica risulta sempre più largamente documentato, importanti testimonianze del barocco alessandrino possono riconoscersi nel complesso delle sculture di Memfi, la cui cr0nologia alta al iv-iii sec. a. C. (Picard) va quasi certamente abbassata al ii sec. a. C. (Matz). Nel campo della ritrattistica, accanto a nuove proposte identificazioni di ritratti di Tolemei (spesso, in verità, su basi piuttosto labili) va segnalata la pubblicazione di un ritratto di Claudio (museo di Alessandria) per le sue spiccate caratteristiche alessandrine di stile e di tecnica. Con altre opere posteriori essa è una delle più significative testimonianze del persistere in età romana di una tradizione stilistica propriamente alessandrina.
Crescente interesse ha sollevato la serie di ritratti realistici di stile greco-egizio, specialmente in rapporto ad una loro non improbabile influenza sulla formazione del ritratto romano di età repubblicana. Ma appare sempre più evidente la necessità di un più approfondito studio comparativo di questi ritratti che, lungi dal costituire una classe omogenea, assumono aspetti e significati assai diversi.
Nel campo della produzione del grottesco e dei soggetti caricaturali, sarà da segnalare che essa appare sempre più chiaramente, attraverso gli studi e la pubblicazione di nuovi esemplari, come una delle determinanti degli aspetti dell'arte alessandrina. Va ricordata particolarmente la documentazione raccolta a conferma dell'alessandrinismo dei buffoni di Mahdia, del Placentarius pompeiano, dei bicchieri degli scheletri di Boscoreale (fra l'altro una danza di scheletri appariva disegnata su una porta di loculo alessandrina, oggi perduta). Per il rilievo paesistico, v. appresso.
2. Pittura. - Un metodico riesame della documentazione superstite (stele, porte di loculo, mosaici, decorazioni parietali) è stato compiuto da Bl. Brown, che ha creduto di potere individuare quattro fasi stilistiche fra la fine del IV e il I sec. a. C. La documentazione superstite appare in verità troppo esigua e modesta per poterne dedurre giudizi da estendere allo sviluppo della grande pittura perduta e specialmente per poter accettare la conclusione della Brown circa la inesistenza di uno stile pittorico propriamente alessandrino. Particolare interesse riveste la scoperta di dipinti figurati (I sec. d. C.) in una tomba della necropoli occidentale (oggi al museo di Alessandria), unici nel loro genere per i soggetti, che rappresentano scene campestri (coppia di buoi azionanti una grande ruota idraulica; personaggio sotto un pergolato, erma di Pan con cancelletto ligneo, stagno con motivi acquatici) in uno stile pittorico rapido e lieve, sorretto da un disegno ad abbozzo. Altre due tombe dipinte di età romana sono state scoperte nella necropoli orientale (scene e motivi decorativi di stile eclettico greco-egizio) e, ancora, nella necropoli occidentale (personaggio virile in costume dionisiaco, perduto).
Nuovi sostenitori ha trovato l'alessandrinismo di celebri dipinti paesaggistici di ambiente romano e della stessa origine della pittura di paesaggio (Schefold, Picard, Bianchi Bandinelli, Gallina). Nello studio del problema sono anche intervenuti nuovi elementi di giudizio, e cioè un importante gruppo di prodotti della toreutica con rappresentazioni paesaggistiche e di provenienza egiziana (v. appresso). Rinnovato interesse hanno sollevato i ritratti dipinti cosiddetti del Fayūm che, oltre che di scritti minori, sono stati oggetto di un ampio studio critico su problemi di classificazione, di cronologia, di significato e di destinazione, da parte di Kl. Parlasca. Di lui è stato pubblicato il primo volume di un corpus di questi importantissimi monumenti, nella serie (B) del Repertorio d'Arte dell'Egitto greco-romano.
3. Toreutica e glittica. - La pubblicazione di una coppa bronzea, dall'Egitto, con rappresentazioni paesaggistiche (museo di Alessandria), è stato l'avvenimento più saliente non solo nel campo della toreutica alessandrina, ma anche in quello, più vasto, delle rappresentazioni di paesaggio nell'arte ellenistico-romana (rilievo, pittura, toreutica) di discussa derivazione alessandrina. Insieme con un folto gruppo di argenterie trovate a Begram (ma di sicura provenienza egiziana) e in Egitto stesso, la coppa costituisce la invocata prova che in età ellenistica l'arte a. deve aver largamente coltivato un tipo di paesaggio di gusto romantico, che sarà largamente diffuso nella prima età imperiale. Che, d'altro canto, quel tipo di paesaggio avesse avuto sicuramente origine nell'alto ellenismo basta a dimostrarlo la poesia teocritea nella quale troviamo tono, situazioni, motivi particolari strettamente corrispondenti.
Più volte la critica è tornata ad occuparsi di quel cimelio dell'arte a. che è la Tazza Farnese del museo di Napoli. Unanimemente ammessa la sua origine alessandrina (di cui, pure, ad un certo momento si era dubitato) è stato segnalato l'interesse che ha la presenza in essa della notazione paesistica (grande albero al quale si appoggia il Nilo) e si è continuato a discutere sulla sua datazione e sul significato della sua allegoria. La prima oscilla ancora fra il primo ellenismo (Segall) e il II-I sec. a. C. (Charbonneaux, Bastet). Alla vecchia interpretazione di allegoria della fecondità del Nilo, si tende a sostituirne una di carattere storico (allusione alla prosperità auspicata in occasione dell'avvento di un nuovo sovrano, Tolemeo VI o Tolemeo Alessandro). L'altro grande cimelio della glittica antica, la cosiddetta Tazza dei Tolemei, per il tema e il repertorio figurativo continua ad avere ogni possibilità di essere un prodotto della glittica alessandrina anche se, come si propende a credere da taluno (Simon), la sua datazione sia quella del I sec. d. C.
Mentre si è ripreso ad indagare sugli elementi che indurrebbero a ricondurre ad Alessandria l'origine della classe dei cosiddetti vasi megaresi, i vasi "di Hadra" sono stati presi più volte in esame, non solo limitatamente agli esemplari più discussi per le iscrizioni che recano, ma anche nel loro complesso. Uno sviluppo della serie ha tentato di riconoscere L. Guerrini soprattutto in base al variare della forma.
4. Vetri. - Nella categoria dei vetri, quelli dipinti di Begram sono stati riproposti all'esame (v. vetro) e se ne è ribadita l'origine alessandrina; così per il cosiddetto Bicchiere del Faro della stessa provenienza. Ma, mentre per i primi si è sostenuta l'attribuzione al I sec. d. C., per il secondo si è riconosciuta la sua appartenenza alla classe dei diathreta di età tarda. Un vetro dorato dal Caucaso (Mozdock) è stato accertato essere di origine alessandrina e tale origine è stata ammessa per altri esemplari e per il genere stesso del vetro a lamine dorate fra due superfici traslucide.
Il problema delle esportazioni dei prodotti dell'artigianato alessandrino è stato più volte occasionalmente riproposto oltrecché dai citati oggetti di Begram e di Mozdock, da non pochi altri prodotti, specialmente della toreutica (argento di Ingolstadt, kàntharos di Stewensterth e altri). Indizî degli influssi alessandrini esercitati a Roma risulterebbero certi motivi adottati dall'iconografia utficiale romana (doppio corno di abbondanza e aquila, coppia di busti di principi, busto visto di tre quarti e di spalle). La figura di Antonio e gli eventi che si svolsero in Egitto intorno a lui sarebbero stati i veicoli di tali influssi (Moebius).
5. Architettura: v. Alessandria (Supplementi, s. v.).
Bibl.: Scultura: J. Ph. Lauer-Ch. Picard, Les Statues ptolémaïques du Sarapieion de Memphis, Parigi 1955 (cfr. K. Schefold, in Mus. Helv., XIV, 1957, p. 33 ss.; F. Matz, in Gnomon, XXIX, 1957, p. 84 ss.; J. Marcadé, in Rev. Et. Anc., LVIII, 1956, n. 117 ss.; Ch. Picard, in Rev. belge de Philol. et d'Hist., XXXIX, 1961, p. 14 ss.); L. Alscher, Gr. Plast., IV, 1957, p. 179 ss.; L. Castiglione, in Bull. Mus. Nat. Hongrois, XII, 1958, p. 17 ss.; J. Ph. Lauer, in Rev. Arch., 1957, p. 45 ss. (cfr. ibid., 1959, p. 159 ss.); N. Bonacasa, in Ann. Sc. At., XXXVII-XXXVIII, 1959-60, p. 367 ss.; id., in Röm. Mitt., LXVII, 1960, p. 126 ss.; id., in Arch. Class., XII, 1960, p. 170 ss.; N. A. Sidorova, in Travaux du Mus. Pouchkine, Mosca 1960, p. 46 ss. (in russo); H. Jucker, in Genava, VIII, 1960, p. 113 ss.; B. H. Stricker, in Oudheikundige Mededelingen, 41, 1960, p. 18 ss.; B. von Bothmer, H. de Meul-W. Mueller, in Egypt. Sculpt. of the late Per. 800 B. C.to A. D. 100, The Brooklyn Mus., 1960; Th. Kraus, in Jahrb. d. Inst., LXXV, 1960, p. 88 ss.; Ch. H. Jucker, Das Bildnis im Blatterkelch, Olten 1961; J. Marcadé, in Rev. du Louvre, XI, 1961, p. 159 ss.; A. Adriani, Repertorio d'Arte dell'Egitto greco-romano, Serie A, I-II, Palermo 1961; B. Conticello, in Arch. Cl., XIV, 1962, p. 46 ss.; Th. Kraus, in Mitt. Cairo, XIX, 1963, p. 97 ss.; H. Ingholdt, in Journ. o the Americ. Researches Center in Egypt, II, 1963, p. 125 ss.; B. Conticello, in Boll. d'Arte, XLVIII, 1963, p. 289 ss.; H. Jucker, in Jahrb. d. bern. Hist. Mus., XLI-XLII, 1961-62, p. 289 ss.; K. Schefold, in Antike Kunst, VII, 1964, p. 56 ss.; M. Bieber, Alexander the Great in Gr. and Rom. Art, Chicago 1964; G. M. A. Richter, The Portraits of the Greeks, III, Londra 1965, passim; V. M. Strocka, in Ant. Plast., IV, 1965, p. 87 ss.; Ch. Charbonneaux, in Mélanges Michalowsky, 1966, p. 53 ss.; id., in Mélanges Piganiol, Parigi 1966, p. 407 ss.; id., in Mon. Piot, LII, 1962, p. 15 ss.; L. Guerrini, in Oriens Antiquus, VI, 1967, p. 135 ss.; (ibid., p. 139 ss., note 32 ss., bibl. sul problema dei ritratti greco-egizi e il verismo del ritratto romano); Kl. Parlasca, in Jahrb. d. Inst., LXXXII, 1967, p. 167 ss.; N. Bonacasa, in Arch. Cl., XX, 1968, p. 86 ss.; G. Cultrera, in Mem. Acc. Lincei, serie VIII, vol. XIII, 1968, pp. 253 ss.
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Vetri: E. Simon, Die Portlandvase, Magonza 1957; F. Coarelli, I vetri dipinti di Begram e l'Iliade Ambrosiana, in St. Misc., I, 1958-1959 [1961], p. 29 ss.; D. Harden-J. Toynbee, in Archaeologia, XCVIII, 1959, p. 179 ss.; F. Coarelli, in Arch. Cl., XV, 1963, p. 61 ss.; G. D. Weinberg, in Archaeology, XV, 1962, p. 202; H. Jucker, in Ars Antiqua, 8, 1965, p. 46 ss.; A. Greifenhagen, in Muench. Jahrb. d. Bild. Kunst, XVI, 1965, p. 47 ss.; A. Adriani, in Bull. Soc. Arch. d'Alex., XLII, 1967, p. 105 ss.
Alessandria e altri centri: J. Charbonneaux, in Hommages à W. Déonna, Bruxelles 1957, p. 131 ss.; L. Polacco, in Athenaeum, XXXVII, 1959, p. 196 ss.; A. Adriani, in Röm. Mitt., LXVII, 1960, p. 111 ss.; Ch. Picard, in Rev. Arch., 1961, p. 113 ss.; 243: H. Moebius, Alexandria und Rom, Monaco 1964; B. Segall, in Arch. Anz., 1965, c. 553 ss.; J. G. Šurgaia, in Vestnik Drevnej Istorii, XCIV, 1965, p. 126 ss.; A. Adriani, in Bull. Soc. Arch. Alex., XLII, 1967, p. 105 ss.
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