arte ambientale
locuz. sost. f. ‒ È possibile comprendere sotto la denominazione a. a. numerose ed eterogenee esperienze artistiche (land art, process art, minimal art, arte concettuale ecc.) che presentano come unico elemento accomunante il confronto diretto con l’ambiente considerato nella sua accezione più ampia di contesto spaziale, che va oltre la semplice funzione panoramico-naturalistica per comprendere in sé l’elemento storico, politico, sociale e antropologico. L’opera di a. a. nasce dunque da una sintesi estetica tra medium espressivo, sito e tempo. Ne deriva che il carattere multimediale (registrazione fotografica, video, sonora) è, nella maggior parte dei casi, indispensabile per la fruizione dell’opera spesso concepita per trasformarsi in base alle condizioni climatiche o allo scorrere del tempo. Un’accresciuta coscienza critica, maturata negli ultimi anni, intorno all’ambiente e al paesaggio fa sì inoltre che il richiamo alla coscienza ambientalista rappresenti ormai un prospettiva obbligata anche per la produzione artistica. Infatti al di là della grande utopia della land art americana che, iniziata alla fine degli anni Sessanta del 20° secolo, vede alcuni suoi protagonisti ancora attivi in progetti ambiziosi e visionari (per es. Over the river e Mastaba di Christo e Jeanne-Claude, o il Roden Crater project di James Turrell) e alcune proposte con caratteristiche ludiche e ironiche simili a oggetti ingigantiti neopop (per es. Hollywood, 2001, di Maurizio Cattelan, oppure Hase/rabbitt/coniglio, 2005-2025, del gruppo Gelitin), sempre più gli esperimenti di a. a. risultano filtrati da un orizzonte concettuale che dall’estetica muove verso l’etica: ciò che interessa dell’opera è quindi il senso e la sua ricaduta nel sociale, il suo farsi, a partire dai processi che l’hanno preceduta a quelli che si producono a seguito della sua esistenza. Gli esiti di questa evoluzione sono quanto mai differenziati: dalle installazioni di sapore minimalista di Renée Green e Cesare Pietroiusti alle performance di Massimo Bartolini; dal Giardino delle sculture fluide di Giuseppe Penone (2003-2007) al PAV (Parco d’arte vivente, Torino, 2006) ideato da Piero Gilardi; ma anche proposte come l’Artscape nordland, progetto norvegese vicino all’arte relazionale, le opere concettuali di Simon Starling, i progetti di Lucy e Jorge Orta o quelli più vicini alle tematiche della sostenibilità ambientale che sperimentano processi collaborativi e pratiche interdisciplinari come le complesse ideazioni dell’Atelier Van Lieshout o gli spettacolari artifici di Olafur Eliasson.