ASSIRA, Arte
L'Assiria, cioè la regione che si estende dal fiume Khābūr alla zona ad E del corso superiore del Tigri (v. cartina sotto Mesopotamia), non ebbe fino alla seconda metà del II millennio a. C. un'arte veramente autonoma, almeno per quanto possiamo giudicare dalle scarse vestigia giunte a noi. Provincia culturale, e talvolta anche politica, della Babilonia, essa ripeté per molti secoli i motivi artistici della più alta cultura del tempo, quella sumerico-babilonese; ma non mancavano neppure motivi hittiti e hurriti, ed è probabile che proprio dall'insieme di tanti diversi influssi culturali sia nata un'arte locale abbastanza distinta dalle altre. Tuttavia, solo negli ultimi secoli del II millennio, quando la Babilonia ebbe esaurito lo slancio della propria vitalità, cominciò a emergere l'Assiria, la cui cultura ci appare una cosciente rielaborazione di elementi disparati, organizzati in nuova, vigorosa sintesi. La nuova arte a., che ebbe il suo centro nelle città di volta in volta capitali dell'impero (Assur, Kalkhu, Ninive, Dūr Sharrukīn), accompagnò poi la vittoriosa espansione politica, improntando di sé culture diverse, nelle quali non è agevole scindere l'elemento originale da quello assiro. L'arte a. va dunque distinta in tre periodi: il paleo-assiro, nel quale predomina l'imitazione delle opere degli artisti sumeri e accadi; il medio-assiro, che va fino al 1000 circa a. C.; il neo-assiro, fino alla caduta dell' Impero, avvenuta poco dopo la distruzione di Ninive nel 612 a. C.
Dell'epoca paleo-assira abbiamo varie statue trovate ad Assur: una statua di donna di forma cilindrica, rivestita di un mantello ignoto all'arte sumerica antica, alcune statue di uomo, col kaunàkes (il caratteristico abito a volants) e le mani intrecciate sul petto. Qualche altra statua, della metà circa del III millennio, porta un mantello lungo con frange, con alcuni particolari estranei all'arte sumerica. Una statua d'uomo, trovata essa pure ad Assur, porta una collana attorno al collo ed ha la muscolatura ben rilevata ed è un esempio dell'arte a. primitiva; essa risale al principio del II millennio. All'epoca di Akkad sembra risalire una magnifica testa maschile in bronzo, trovata a Ninive, di fattura perfetta, con lunga barba, i cui riccioli l'artista ha voluto indicare minutamente; è una delle più perfette opere d'arte dell'Asia occidentale antica; si conserva nel museo di Bagdad.
Non molto è rimasto dell'architettura medio-assira; a Tukulti-Ninurta I (1243-1207 a. C.) si deve un rifacimento del tempio di Ishtar ad Assur e specialmente la costruzione di una città, Kār-Tukulti-Ninurta, che da lui prese il nome e che sorgeva presso Assur, sulla riva opposta del Tigri. Le ziqqurat ebbero in tale periodo notevole importanza e furono costruite in complessi originali, ricostruibili nella pianta ma del tutto ignoti quanto al resto, data la loro rovina e i rifacimenti posteriori; si ricorderà il tempio di Assur, a Kār-Tukulti-Ninurta, con la ziqqurat posta di fronte al tempio stesso, e quello doppio di Anu-Adad, ad Assur, con la duplice ziqqurat (v. anu). Nella tecnica architettonica l'arte a. subì fortemente l'influsso anatolico, come rivela l'uso di rivestire con pietra la parte inferiore degli edifici.
A questo periodo appartiene un bassorilievo con la figura di un dio in veduta frontale, che, sebbene trovato ad Assur, non appartiene, secondo il Furlani, all'arte assira, ma a quella hurrita (v. Hurrita, arte). Un portasimboli in marmo, proveniente da Assur ed ora nel museo di Istanbul, reca un rilievo col re assiro, in costume nazionale, con il braccio destro nell'atto di adorazione; ai lati del re due uomini, o eroi, con le facce viste di fronte e sul capo due grandi ruote quali simboli del Sole, tengono due lunghe pertiche con in cima gli stessi simboli. Il re è Tukulti-Ninurta I. Tiglatpileser I (1112-1074) ha fatto incidere sulla roccia, vicino alla sorgente del Tigri, un rilievo che lo raffigura colla mano alzata nel gesto di comando o di precazione. Questo gesto diventerà un motivo molto comune nell'arte assira. Un torso scolpito di donna, dei tempi di Ashshur-bēl-kāla (XI sec. a. C.), trovato a Ninive, è. di fattura rozza e non oltrepassa il livello di un prodotto dell'artigianato. Ancorché i sigilli dell'epoca medio-assira siano rari, alcune impressioni ci fanno vedere l'alto livello artistico raggiunto dalla glittica assira. Dopo la fioritura che questo tipo di arte aveva avuto nel periodo accadico (v. accadica, arte), con l'armonica disposizione simmetrica delle figure e la purezza del disegno, i sigilli del periodo cassita, contemporaneo di quello medio-assiro, rivelano una mediocrità messa ancor maggiormente in risalto dalla splendida produzione a. dell'epoca, erede, non soltanto formale, di quella babilonese: i motivi tradizionali degli animali, più o meno fantastici, affrontati araldicamente, della loro lotta con l'eroe nudo, della caccia, dell'"albero sacro", ricompaiono sui sigilli medio-assiri con vivacità e slancio nuovi, lontani dall'eleganza un pò fredda e compassata di quelli accadici. Talvolta, e ciò è in perfetto. carattere con il gusto assiro, la scena rivela un certo amore per le crudeltà, come in un sigillo del tempo di Ashshur-uballiṭ (1363-1328 a. C.) in cui si vedono due dèmoni alati, colla testa d'uccello rapace e con una corona adorna di piume, che affondano due grandi coltelli nel basso ventre di un leone che essi tengono per le cosce posteriori. Del re Tukulti-Ninurta I si sono conservati magnifici dipinti a Kār-Tukulti-Ninurta.
Con le opere eseguite sotto Assurnasirpal II (883-859) e sotto Salmanassar III (858-824) entriamo nel periodo classico dell'arte assira. Nella capitale del primo, a Kalkhu (v. Nimrud) si sono trovate magnifiche opere di scultura. Il grandioso palazzo reale constava di lunghe sale, raggruppate attorno ad un cortile quadrato di circa 30 m per lato; le pareti delle sale erano coperte di lastre di alabastro scolpite con rilievi concernenti i più importanti episodî della vita del re, immagini di alberi sacri, di dèmoni e di altri esseri. In questi rilievi gli artisti hanno seguito quelle regole convenzionali che erano state fissate già dall'arte sumerica e che rimasero, con piccole varianti, fino all'estinzione dell'arte assira. Quasi tutto vi è riprodotto di profilo, quantunque non manchi qualche traccia della visione frontale che aveva caratterizzato la produzione figurativa più antica; le cose e le figure in secondo piano sono più piccole di quelle in primo piano; i particolari minuti delle cose, dei capelli, della barba, delle code dei cavalli, dei gorghi dell'acqua, delle frange degli abiti sono riprodotti con grande esattezza e spesso fortemente stilizzati. Le figure umane e divine conservano ancor sempre l'antica rigidità, ma gli animali sono alquanto liberi nelle loro movenze e riprodotti con grande naturalezza; quando l'arte a. raggiunse l'apice della sua perfezione, gli animali furono resi con stupenda naturalezza, mai superata da nessuna delle arti del mondo antico. Quanto si dice pei rilievi andrebbe osservato anche per le pitture parietali a., nelle quali i pittori si sono attenuti alle stesse regole che seguivano gli intagliatori dei rilievi e dei sigilli. Va rilevato che i rilievi a. erano policromi, e quindi il loro effetto artistico era affidato, oltre che all'intaglio, ai colori, che erano particolarmente vivi.
A Kalkhu sono venuti alla luce alcuni templi. Anche questi avevano quali rivestimenti dei rilievi, per la maggior parte di carattere religioso. Spicca tra questi uno del dio della tempesta Ninurta in combattimento con un mostro che rabbiosamente volge la testa verso il dio; il quadro del combattimento è concepito su due direzioni oblique intersecantisi. In alcuni dei rilievi la figura umana è resa però alquanto tozza, specialmente in conseguenza dell'accentuazione esagerata della muscolatura delle braccia e delle gambe. Le porte del palazzo reale erano custodite da grandi figure di animali, la parte anteriore dei quali era quasi a tutto tondo, mentre la posteriore in alto o basso rilievo; esse erano monolitiche; gli animali, leoni o tori a testa umana, con barba lunga, capelli spioventi sulla nuca, tiara ovoidale con corna, erano provvisti di ali. Erano collocati a coppie ai due lati delle porte d'ingresso cosicché chi entrava li vedeva prima di fronte e poi di fianco; perciò lo scultore ha loro aggiunto ancora una quinta gamba, che consente, nella veduta laterale, di vedere l'animale con tutt'e quattro le zampe. Di ottima fattura è un leone ruggente, simile nel tipo a quelli hittiti, conservato a Londra nel British Museum; l'espressione della testa colle fauci aperte è di una naturalezza stupenda; il petto è possente, le zampe anteriori sono diritte, provviste di grandi artigli e forti unghie, la coda lunga pende di dietro e finisce in un fiocco.
L'arte neo-a. ha non soltanto conservato la stele di origine sumerica, ma se ne è servita in larga misura per raffigurare, in rilievo non troppo basso, il re nella sua maestà, nell'atto di dire ciò che porta l'iscrizione che in parte ricopre la stele. Di solito il livello di un lato della stele è stato abbassato mediante scalpellatura, e lo scultore ha lasciato al livello primitivo soltanto un margine ai due lati perché funga da cornice e pedana alla figura regale. Ne risulta una specie di nicchia alta e stretta, colla cima a semicerchio, nella quale spicca il re di profilo con, spesso, simboli degli dèi nel cielo. Questo tipo di stele persistette in Assiria anche fino al periodo parthico.
Una bella stele di questo tipo è stata trovata a Kalkhu ed è ora nel British Museum. Il re vi porta un mantello lungo fino ai piedi, tiene nella sinistra una mazza, e la destra è alzata in un gesto di comando coll'indice teso, mentre le altre dita sono chiuse a pugno. Questo gesto del re, che potrebbe voler richiamare l'attenzione di chi guarda la stele sul contenuto dell'iscrizione, ricorre spesso nell'arte a. e si trova pure nei sigilli cilindrici. Qualcuno ha voluto vedervi però un gesto di appello al dio. È stato affermato che in questa stele, ed in altre simili, abbiamo un'immagine del re Assurnasirpal, dunque un suo ritratto. Dello stesso re abbiamo ancora una statua trovata a Kalkhu, conservata perfettamente, rigida nell'atteggiamento, con i tratti del viso regolari; il re tiene nella sinistra la mazza e, nella destra, lungo il mantello, una harpè.
La narrazione storica svolta attraverso una serie di monumenti figurati, che costituisce forse la conquista più alta dell'arte a. e che s'inizia coi rilievi di Assurnasirpal, continua a svilupparsi sotto i suoi successori. Passando poi dal bassorilievo su pietra a quello su bronzo e quindi alle pitture parietali, si arricchì di nuovi mezzi espressivi. Del successore di Assurnasirpal abbiamo magnifici esemplari di lavori in bronzo: la porta doppia di Imgur-Enlil (Balawāt, v.) fu rivestita per incarico di Salmanassar III di un grande numero di lastre di bronzo, delle quali sedici si sono conservate; il rilievo di queste descrive plasticamente, nello stesso stile dei rilievi in pietra, le campagne del re fino all'853; alcune scene dei paesaggio vicino alla fonte del Tigri sono rese con perfetta naturalezza, quantunque la mancanza della prospettiva renda talvolta incerta l'interpretazione della posizione relativa delle singole parti.
Gli Assiri erano buoni osservatori del paesaggio e sapevano renderlo bene nei suoi minimi particolari, riproducendo con esattezza le caratteristiche delle piante e degli alberi, e stilizzando invece in forme geometriche e astratte, a embricazione, le montagne. Possiamo constatare che, con l'evolversi del gusto, sempre maggiore spazio è stato dato dagli artisti al paesaggio. La scena colla fonte del Tigri, le grotte, le stalagmiti e gli scalpellini che intagliano nella roccia una iscrizione e un ritratto del re è unica nell'arte dell'Oriente antico.
La stele di Salmanassar III trovata a Kurkh è simile a quella, già descritta, di Assurnasirpal da Kalkhu, alquanto inferiore, però, per valore artistico. Essa è quasi del tutto coperta da un'iscrizione. Di una grande stele dello stesso re, a Kār-Salmanassar (Till Barsip, v.), non sono rimasti che frammenti. Nel British Museum si conserva il cosiddetto "Obelisco nero" di questo re; esso ha la forma di un obelisco, ma alla sommità ha tre gradini imitanti i ripiani di una ziqqurat; i quattro lati portano piccole scene di rilievo, cinque scene in ciascuna facciata; il re riceve l'omaggio di principi stranieri, tra i quali è famoso Iehu, re d'Israele, seguiti dagli oggetti del tributo che fanno recare al loro sovrano; le scene sono semplici e chiare, ben proporzionate, la tecnica è buona; le iscrizioni tra i rilievi dicono che cosa vi è rappresentato. Rigida ed impacciata è, invece, nello stesso museo, una statua acefala del medesimo re, rappresentato seduto.
Lo scultore della stele di Adad-nirāri III (809-782), trovata a Saba῾ah e conservata a Istanbul, non si solleva di certo sopra il livello di opera artigianale; la scena manca di proporzione nelle parti: il re ha le gambe troppo corte, la mano sinistra è troppo grande, i simboli delle divinità occupano troppo spazio e sono troppo grandi. Una specie di stele semplice, talvolta coll'intaglio della sola faccia e una breve iscrizione, solevano far collocare i re e ministri eponimi ad Assur. Una di queste ritrae Shammuramat (Semiramide), madre di Adadnirāri III. Essa era la moglie di Shamshi-Adad V (823-810), del quale abbiamo una stele, opera di un ottimo artista, del tipo già incontrato: il re tiene alzata la mano destra nel gesto di comando o precazione, mentre la sinistra impugna una mazza; cinque simboli divini lo scultore ha collocati nell'angolo sinistro superiore, davanti alla testa del re.
Non rientra di certo nel campo dell'arte una stele di Bēl-Kharrān-bēlī-uṣṣur, alto funzionario di Salmanassar IV (781-772): lo scultore vi ha dato prova manifesta della sua incapacità artistica.
Con Tiglatpileser III (745-727) l'arte acquista movenze più realistiche. Il re fece decorare con rilievi, che ora si conservano in parte nel British Museum e in parte al Louvre, il suo palazzo a Kalkhu; i particolari degli oggetti e delle figure sono resi con molta minuzia ed esattezza; i finimenti dei cavalli, le briglie, le coperte tese sopra le groppe sono intagliati con grande realismo. Alcuni rilievi di questo re sono però evidentemente opera di scultori di poca capacità artistica.
Al regno di Sargon II (721-705), che successe a Salmanassar V (726-722), risalgono i più cospicui resti dell'architettura neo-assira. Questo re fondò, poco a N di Ninive, una città residenziale, Dūr-Sharrukīn ("città di Sargon"; v. Khorsābād), che fu dedicata nel 706, poco prima che il re morisse, e che fu abbandonata dai suoi successori. L'edificio più importante era naturalmente il palazzo reale, accompagnato da una serie di edifici secondarî e da una ziqqurat, e circondato da un muro a guisa di cittadella. La pianta del palazzo, con i vani più o meno regolari raggruppati attorno a un cortile principale e ad altri cortili secondarî, è di chiara ispirazione mesopotamica, ma gli ortostati che rivestivano la parte inferiore dei muri del cortile rivelano l'influenza dell'architettura diffusa a quel tempo nella Siria settentrionale. L'entrata del palazzo e le vie di accesso alla sala del trono erano guardate da magnifici tori alati androcefali. La ziqqurat di Khorsābād, di cui restano ancora in piedi i primi tre piani e parte del quarto, constava probabilmente, come quella di Babilonia, di sette piani, con un'altezza che uguagliava la larghezza della base (circa 47 m), ma, a differenza delle ziqqurat conosciute, i varî piani erano inclinati in modo da costituire una rampa continua attorno al corpo centrale. Come quelli dei suoi predecessori, anche il palazzo di Sargon era ornàto con rilievi e pitture; i rilievi, quantunque resi più vivaci dalla policromia data dal colore passato su di essi, ed eseguiti con uno studio minuzioso dei particolari, rappresentano scene non molto varie: scarse le raffigurazioni di cacce e guerre, mentre abbondano le scene auliche, con le processioni di cortigiani che sembrano preannunciare quelle dei rilievi achemènidi sull'apadana di Persepoli.
Una maggiore varietà di soggetti riappare nei rilievi di Sennacherib (704-681), che abbellì e ingrandì l'antica capitale Ninive, facendovi costruire nuovi templi e palazzi. I rilievi di questo re, piuttosto bassi e, in realtà, più disegni incisi nella pietra che sculture, sono di argomento molto vario e dimostrano che gli intagliatori erano in grado di descrivere nei rilievi qualsiasi scena: il passaggio di un fiume di montagna da parte del re col suo esercito, non meno del trasporto di un toro colossale di pietra da collocare all'entrata del palazzo. L'artista si è preoccupato di rendere con scrupolosa esattezza il paesaggio colle colline o montagne, col fiume, nel quale nuotano i pesci, colle varie specie di alberi e cespugli. Nell'architettura si constata qualche progresso nella disposizione dei locali; le facciate sono collocate in miglior ordine, una rispetto all'altra e sono decorate con tori e dèmoni alati; i tetti sono piatti, le cupole appaiono soltanto in edifici piccoli e privati.
La stele di Asarhaddon (680-669) rinvenuta a Sam'al non è di certo un capolavoro, e dà a vedere di essere lavoro di uno scultore provinciale; ha però un particolare nuovo: che nelle due facciate laterali sono riprodotte le figure dei due figli del re, Assurbanipal e Shamash-shum-ukīn, ma con i volti dai tratti del tutto convenzionali; il re è rappresentato trionfatore di due principi, ch'egli tiene prigionieri stringendo nella sinistra, oltre ad una mazza, due corde legate agli anelli che trapassano il setto nasale dei due, raffigurati di statura molto più piccola del loro vincitore; Asarhaddon sta pregando gli dèi, i cui simboli sono riprodotti nello spazio davanti alla sua tiara, e la mano destra impugna un oggetto di natura indeterminabile. Un piccolo rilievo dello stesso re, proveniente da Ninive, è diviso in due scompartimenti: in quello superiore, il re adora una grande tiara di divinità, posta sopra un portasimboli, e dietro al re stanno un albero fortemente stilizzato e un toro; nella fascia inferiore si vede un aratro tra una montagna e una palma. Asarhaddon col gesto di comando si vede ritratto altresì nella roccia, in una nicchia in forma di stele, presso il Nahr el-Kelb sulla costa del Mediterraneo.
Con Assurbanipal (668-626), il Sardanapalo dei Greci, l'arte a. raggiunge l'apice della perfezione tecnica e conta una serie di artisti di profonda ispirazione, i quali, cercando di riprodurre il più esattamente possibile le cose viste, si liberano sempre più dai convenzionalismi dell'arte antica, ma raggiungono la libertà completa soltanto nella raffigurazione degli animali. Essi scuotono da sé quasi del tutto la rigidità tradizionale. S'ispirano talvolta all'arte egizia, e sembrano aver subìto altresì l'azione dell'arte greca. Sotto Assurbanipal si perfeziona specialmente il rilievo. Una serie di rilievi nel palazzo reale di Ninive si compone di veri capolavori. Le scene migliori sono senza dubbio quelle di contenuto guerresco: il tumulto caotico delle battaglie è stato reso alla perfezione. L'artista si è preoccupato di darci una raffigurazione veritiera degli avvenimenti, il che è dimostrato dalle iscrizioni inserite in molti rilievi. Alcuni di questi sono la rappresentazione artistica di quanto il re narra sulle sue guerre e su altri eventi negli Annali, i quali, a loro volta, ci fanno comprendere meglio alcuni particolari dei rilievi. Questi non sono resi in prospettiva esatta, mai raggiunta dagli Assiri, benchè qua e là si riscontrino tentativi di render gli oggetti distanti in secondo piano e nel fondo più piccoli, proporzionalmente, di quelli in primo piano. Talvolta gli oggetti sono rappresentati come se fossero visti un poco dall'alto. Le scene sono divise qualche volta l'una dall'altra mediante un albero, ma spesso una scena continua in un'altra. Dappertutto il paesaggio ha grande parte. La perfezione è stata raggiunta nelle figure degli animali, dei cavalli e dei leoni, quando questi attaccano il re stesso sul carro mentre tende l'arco per colpirli con una freccia, quando si gettano sul cavallo del re oppure, colpiti a morte, vomitano copiosamente sangue. Il più vivo però di questi rilievi di argomento cinegetico è quello della leonessa morente, trafitta profondamente da tre frecce e grondante sangue, colla parte posteriore del corpo già morta e trascinantesi per terra, mentre, ancora ben piantata sulle zampe anteriori, dà gli ultimi disperati ruggiti. Carattere diverso ha la scena della libazione del re sui leoni abbattuti: rigida, ieratica, la persona del re infonde al rito carattere intensamente religioso. Giocondità ed allegria invece traspaiono da un rilievo con una scena conviviale del re e della regina. Va rilevata ancora la grande naturalezza colla quale uno scultore ha saputo ritrarre gli alberi, le piante, i fiori, le erbe, la vite col grappolo in un giardino nel quale si vedono altresì una leonessa accucciata al suolo e un leone con folta criniera, molto accuratamente stilizzata. Se si pone mente al fatto che tutti questi rilievi erano colorati con tinte molto vivaci, si può immaginare quanto lo spettacolo delle grandi sale con le pareti coperte in buona parte dai rilievi dovesse essere meraviglioso ed affascinare lo spettatore.
Mentre il rilievo ha raggiunto altissimo livello artistico, la glittica non ha fatto molti progressi. Ha bensì allargato di molto il numero dei soggetti e dei motivi ritratti, ripetendo spesso le stesse scene dei rilievi, ma, dal punto di vista tecnico e artistico, non è riuscita a produrre veri capolavori. Essa rispecchia comunque fedelmente i varî lati della vita degli Assiri, segnatamente delle classi più elevate, vita molto più larga e varia di quella, per esempio, dei Babilonesi al tempo della I dinastia, e perciò la glittica a. diverge parecchio da quella del vicino meridionale.
Scene di adorazione sono molto comuni. Spesso il fedele è nell'atto di comando o precatorio davanti a un dio o alla dea Ishtar. Questa porta spesso attorno alla parte mediana del corpo un grande cerchio arieggiante la forma di un'aureola, la quale è esclusiva della glittica a., e stelle adornano anche le armi e l'arco della dea. Gli dèi stanno di solito in piedi sulla schiena del loro animale sacro e sono armati di tutto punto. Simboli divini si vedono nel cielo o nel fondo dello spazio libero. Cospicuo tra questi è quello del dio Assur (v.): un disco alato, dal quale sporge il busto di un uomo con in capo una tiara. Talvolta il sole alato è portato da un uomo, la cui parte inferiore è quella di un drago dalla lunga coda. Appartiene a questo periodo pure l'uomo coperto nella parte superiore da una pelle a forma di pesce. Il dio sulla schiena di un animale e il disco alato sono in ultima analisi di origine micrasiatica ed egizia. In grande numero sono le zuffe tra un dio o un uomo e un animale, spesso un drago, un'aquila, un leone. Nelle scene sacrificali si vede un uomo davanti a un tavolo coperto di una tovaglia con sopra alcune vivande nell'atto d'invitare la divinità, che si trova talvolta seduta in trono dall'altro lato, a mangiare e a bere. Oppure l'uomo versa incenso o piccoli pezzi di legno aromatico nell'incensiere di fronte a un tavolo sacrificale e ad una ziqqurat. Talvolta si ritraggono scene di battaglia o di scongiuro. In queste ultime si vede uno stregato o un malato o un uomo assalito dai dèmoni giacere sul letto, mentre al capezzale sta un esorcizzatore. Queste raffigurazioni di scongiuri sono più spesso riprodotte su lastre di metallo, divise in varî scompartimenti, con lunghe file di dèmoni e Lamashtu in una barca con due serpenti nelle mani. Le immagini a tutto tondo, in argilla, di dèmoni, fatte di certo da semplici artigiani, sono per la maggior parte stupende. La fantasia poteva spaziare liberamente nel campo vasto delle rappresentazioni di animali e delle combinazioni di animali, senza essere imbrigliata da convenzionalismi, perciò in questo campo si è raggiunta grande perfezione mentre la ceramica a. non ha raggiunto livello d'arte.
Squisiti per finezza di gusto e ottima tecnica sono, invece, i prodotti delle arti minori, come i gioielli, le decorazioni in avorio, i mobili intagliati ed incrostati, certi oggetti d'uso comune fatti d'argilla, i mattoni e le decorazioni in smalto, i ninnoli, i pendenti delle collane, i lavori in pelle, per esempio i finimenti dei cavalli, i ricami variopinti delle stoffe, e tanti altri oggetti propri di un'alta e raffinata civiltà come era quella dell'epoca neo-assira (v. inoltre Mesopotamia).
Bibl.: B. Meissner, Babylonien und Assyrien, I, Heidelberg 1920; id., Grundzüge der babylonischen und assyrischen Plastik, in Der Alte Orient, XV, Lipsia 1915; E. Unger, Assyrische und babylonische Kunst, Breslavia 1927; id., Untersuchungen zur altorientalischen Kunst, Breslavia 1921; id., Die Stele des Bel-Harran-beli-ussur, ein Denkmal der Zeit Salmanassars IV, Costantinopoli 1917; id., Reliefstele Adadniraris III aus Saba‛a und Semiramis, Costantinopoli 1916; id., Zum Bronzetor von Balawat, Lipsia 1913; W. Andrae, Das Gotteshaus und die Urformen des Bauens im Alten Orient, Berlino 1930; E. Pottier, Musée National du Louvre. Catalogue des antiquités assyriennes, Parigi 1920; E. Unger, Kinematische Erzählungsform in der altorientalischen Relief- und Rundplastik, in Festschr. von Oppenheim, Berlino 1933; C. J. Gadd, The Assyrian Sculptures in the British Museum, Londra 1934; id., Assyrian Sculptures in the British Museum, Londra 1935; id., Assyrian Sculptures in the British Museum from Shalmanesser III to Sennacherib, Londra 1938; id., The Stones of Assyria, Londra 1936; W. Bachmann, Felsrelief in Assyrien, Bawian, Maltai und Gundük, Lipsia 1927; E. F. Weidner, Die Relief der assyrischen Könige, I, Berlino 1939; B. Meissner-D. Opitz, Studien zum Bît Éilâni im Nordpalast Assurbanipals zu Ninive, in Abhandl. Preuss. Akad. d. Wissensch., Phil.-hist. Klasse, Nr. 18, Berlino 1940; F. H. Weissbach, Die Denkmäler und Inschriften an der Mündung des Nahr el-Kelb, Berlino-Lipsia 1922; W. Andrae, Farbige Keramik aus Assur und ihre Vorstufen in altassyrischen Wandmalereien, Berlino 1923; O. Weber, Altorientalische Siegelbilder, I-II, in Der Alte Orient, XVII-XVIII, 1920; H. Frankfort, Cylinder Seals, Londra 1939; A. Moortgat, Vorderasiatische Rollsiegel, Berlino 1940; H. Frankfort, The Art and Architecture of the Ancient Orient, Harmondsworth 1954, pp. 65-105. Si v. inoltre le bibliografie delle voci Assur, Ninive e Babilonese, arte.