Anglonormanna, Arte. Avori
La conquista normanna dell'Inghilterra introdusse profondi mutamenti nella società inglese. Anche se a lungo termine la produzione artistica fu largamente influenzata dai rapporti più stretti con il resto dell'Europa, il passaggio dallo stile artistico anglosassone a quello romanico fu un processo lento: è perciò spesso difficile distinguere tra una scultura in avorio prodotta prima della conquista normanna e una eseguita nella seconda metà dell'11° secolo. Come nelle miniature dei manoscritti, le opere d'arte eseguite successivamente alla conquista mantennero infatti per un certo tempo tratti stilistici anglosassoni; appare perciò privo di senso tentare di dividere queste opere più antiche in due fasi.
Come quelle dei secc. 10° e 11°, le opere eburnee inglesi del sec. 12° sono quasi tutte eseguite in avorio di tricheco; in quest'epoca l'avorio di elefante era raro in tutta l'Europa settentrionale, mentre quello di tricheco era disponibile in gran quantità. La sua diffusione nella scultura deve aver avuto però un effetto disastroso sul numero dei trichechi, perché a partire dal sec. 13° anche tale materiale divenne estremamente raro; questo, naturalmente, può anche essere legato al fatto che in quest'epoca l'avorio di elefante fu nuovamente disponibile. La differenza tra i due tipi di avorio è minima e lo svantaggio maggiore della zanna di tricheco è costituito dalle sue limitate dimensioni, mentre la struttura e l'aspetto della superficie sono assai simili nei due tipi di materiale.
Più di un elemento indica che gli intagliatori dell'avorio lavoravano a fianco dei miniatori negli scriptoria dei principali monasteri: Winchester, Canterbury, Bury St Edmunds, St Albans e altrove; è spesso grazie a somiglianze con il repertorio stilistico dei manoscritti che è possibile identificare il luogo di origine di determinate opere eburnee. Sembra che alcuni artisti praticassero anche altre tecniche, come per es. il maestro Hugo di Bury St Edmunds, di cui si ricorda l'attività di miniatore, fonditore in bronzo e scultore. Nelle stesse opere sono riconoscibili i segni degli stretti legami esistenti tra le diverse arti; un buon esempio di questo rapporto reciprocamente fecondo 'e fornito dalla decorazione di un pettine liturgico (Londra, Vict. and Alb. Mus.): lo stile della figura e la composizione affollata con i personaggi di profilo sono vicini alle miniature del Salterio di St Albans (Hildesheim, St. Godehardskirche, 1169; 1120 ca.) tanto da rendere pressoché certa l'assegnazione del pettine alla stessa data e allo stesso centro di produzione. Similmente, la decorazione vegetale carnosa e lussureggiante sulla testa di un tau (Londra, Vict. and Alb. Mus.) rende possibili stretti confronti con manoscritti di Winchester della metà del 12° secolo.
Purtroppo la grande maggioranza degli avori medievali inglesi è andata perduta, in gran parte deliberatamente distrutta al tempo dello scioglimento dei monasteri nel 16° secolo. Restano molte testimonianze dell'epoca sull'enorme portata di questa distruzione, quando gran parte dei tesori delle cattedrali furono dispersi, ed esistono ancora inventari, compilati prima dello scioglimento, che danno una misura delle ricchezze ora perdute. È evidente che non tutte le sculture eburnee menzionate in questi inventari dovevano essere del sec. 12°, ma c'è motivo di ritenere che molti degli oggetti elencati fossero di quest'epoca. Dagli inventari e dai pezzi sopravvissuti risulta chiaro che veniva prodotta una vasta gamma di oggetti, quasi esclusivamente di uso ecclesiastico (tra cui coperte di libri, pastorali, tau, pissidi, pettini liturgici, croci d'altare e singole figure), spesso arricchiti da decorazioni policrome, dipinti o abbelliti da dorature o da intarsi di materiali diversi.
Uno dei problemi più ardui nello studio degli avori romanici inglesi è la loro distinzione dalle opere prodotte sull'altra sponda della Manica: si è tentato a volte di risolvere la questione creando la definizione critica di Channel School (scuola della Manica), attiva su entrambe le rive; in realtà è per lo più privo di senso pensare in termini di confini nazionali moderni quando la denominazione migliore è probabilmente quella di 'avori anglonormanni'. Nello stesso tempo sono evidenti anche influssi da paesi più lontani ed è stata inoltre messa in risalto l'importanza dell'itinerario del pellegrinaggio a Santiago de Compostela come mezzo di diffusione di stili e iconografie. Poiché le sculture in avorio si possono facilmente trasportare - e devono sicuramente aver viaggiato da paese a paese - a volte è difficile separare la produzione di un'area da quella di un'altra unicamente su basi stilistiche. Anche le sculture rinvenute in un contesto archeologico non devono ritenersi necessariamente eseguite nelle vicinanze del luogo di ritrovamento. Un buon numero dei più antichi intagli in avorio del sec. 12° è venuto alla luce in scavi archeologici: un frammento a traforo di un pannello decorativo (Londra, British Mus.; English Romanesque Art, 1984, nr. 189) fu trovato nel sito dell'abbazia di St Albans e un frammento di un tau (English Romanesque Art, 1984, nr. 195) fu portato alla luce nell'abbazia di Battle. Il primo, con una piccola figura umana avvolta da un girale a foglia, può essere confrontato con manoscritti prodotti a Canterbury alla fine del sec. 11° e ricorda da vicino anche la testa di un tau (Londra, Vict. and Alb. Mus.; English Romanesque Art, 1984, nr. 188). L'ornato che decora il frammento dell'abbazia di Battle è simile a quello presente su alcuni dei capitelli nella cripta della cattedrale di Canterbury dei primi anni del 12° secolo.
Questa omogeneità stilistica tra opere eseguite con tecniche e materiali diversi continuò per tutto il sec. 12° ed è esemplificata dalla forse più famosa scultura inglese in avorio dell'età romanica, la croce d'altare conosciuta come Croce di Bury St Edmunds (New York, Metropolitan Mus. of Art, The Cloisters). Ancora una volta sono le miniature sui manoscritti a fornire i più vicini paralleli databili; il trattamento del panneggio, reso in uno stile 'aderente e curvilineo', le proporzioni e i gesti delle piccole figure avvicinano la Croce alla Bibbia di Bury (Cambridge, C.C.C., 2; 1135 ca.), rendendone possibile una datazione coeva. Poiché la Bibbia fu miniata dal già ricordato maestro Hugo, di cui è nota l'attività sia nel campo della scultura sia in quello della miniatura, è stata avanzata la proposta che egli sia l'autore anche della Croce in avorio di tricheco; per quanto avvincente possa essere tale proposta, essa rimane però solo un'ipotesi. In contrasto con la semplicità decorativa della maggior parte degli avori romanici superstiti, la decorazione di questa croce presenta un programma narrativo raffinato e complesso. Il corpo del Cristo, da alcuni ritenuto appartenente a questa croce (Oslo, Kunstindustrimus.; English Romanesque Art, 1984, nr. 207), non sembra in realtà pertinente, poiché verisimilmente è databile alla fine del 12° secolo.Un'altra testa di tau datata alla metà del sec. 12° (Londra, Vict. and Alb. Mus.) mostra già un certo sviluppo rispetto a quella più antica, conservata nello stesso museo e già ricordata. L'ornato vegetale che fa da sfondo alle figure è più ricercato, i personaggi sono interpretati con maggiore realismo e le vesti aderiscono ai corpi in modo più coerente. Come già notato, lo stile è quello di Winchester e può essere messo in relazione con i manoscritti locali, particolarmente con alcune miniature della Bibbia di Winchester (Winchester, Cathedral Lib.). Ugualmente vicino alle miniature della Bibbia di Winchester è un pastorale, il c.d. Pastorale di s. Nicola (Londra, Vict. and Alb. Mus.). Lo stile delle raffigurazioni trova confronti nelle pagine della Bibbia di Winchester attribuite al Maestro dei disegni degli apocrifi, elemento questo che rende probabile una datazione al 1150-1170. Il carattere è tuttavia del tutto diverso da quello della testa del tau: manca infatti qui ogni decorazione ornamentale e la superficie del pastorale è campita con scene delle vite di Cristo e di s. Nicola, inserite con grande abilità nella forma, potenzialmente difficile, della voluta. Per il suo aspetto aggraziato, per il suo accresciuto naturalismo e interesse per il particolare, questo pastorale anticipa i capolavori del periodo gotico: esso mostra, come le sculture sul portico meridionale dell'abbazia di Malmesbury, che si è alle soglie di una nuova età.
Bibliografia
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v. anche Anglonormanna, Arte. Parte introduttiva