Vedi CINESE, Arte dell'anno: 1959 - 1994
CINESE, Arte (v. vol. II, p. 595)
La conoscenza della più antica arte c. si è profondamente trasformata nell'ultimo quarantennio; dal 1949, le scoperte avvenute in occasione di grandi lavori (costruzioni di canali, trivellazioni, sbarramenti) si sono moltiplicate su tutto il territorio cinese, e gli scavi scientifici a esse seguiti ancora proseguono. Ma esistono anche scavi condotti estensivamente in siti celebri, p.es. nell'antica capitale Xi'an (v.), in seguito a sondaggi fatti per ritrovare le vestigia di un palazzo o di un tempio conosciuto dai testi storici. Gli oggetti rinvenuti si trovano spesso in un contesto perfettamente datato da iscrizioni o da monete. Per il periodo protostorico, una stratigrafia rigorosa e il confronto con i risultati delle ricerche condotte in Siberia, nelle repubbliche dell'Asia centrale e in Pakistan, hanno permesso un completo rinnovamento delle nostre conoscenze.
Con l'indagine sistematica dei siti recentemente scoperti, si comincia a comprendere in modo più preciso l'evoluzione del tardo Neolitico in Cina.
Il Neolitico cinese è conosciuto soprattutto attraverso due culture: quella di Yangshao e quella di Longshan. Per alcuni, la cultura di Longshan è databile tra il 2500 e il 1500 a.C., preceduta da quella di Yangshao, tra il 4500 e il 2500 a.C. Per altri, le due culture sarebbero contemporanee. Le recenti scoperte permettono di comprendere meglio l'area di espansione di queste due importanti culture. La ceramica di Yangshao, rossa e dipinta, sembra diffondersi dal bacino del Fiume Giallo, verso E fino allo Shandong e verso O fino al Gansu. La cultura di Longshan, che produsse soprattutto una ceramica nera, dalle pareti sottili e dalle forme eleganti, era probabilmente diffusa in tutta l'area che va dalla costa orientale fino allo Hebei a Ν e allo Zhejian a S. In base alle recenti scoperte, se ne ipotizzano diversi centri di diffusione: nello Shandong abbiamo la «cultura tipica» di Longshan, a cui si affianca la cultura di Longshan dello Henan e dello Shaanxi.
La produzione della cultura di Yangshao è adesso ben definita da forme caratteristiche: bacini del tipo pen, a base arrotondata e bordo spesso, talvolta decorati con motivi che rappresentano maschere umane o pesci, giare o recipienti a forma di doppia zucca (ping) ornati da decorazioni geometriche.
La fase finale di queste civiltà si dissolve nel corso del II millennio a.C. per lasciare il posto alla dinastia Xia, a lungo considerata mitica poiché nota soltanto dai testi storici cinesi. La sua storicità è forse ora stabilita.
Gli Xia e gli Shang. - La comparsa dei primi bronzi arcaici è stata datata variamente. Nel 1928 i bronzi scoperti ad Anyang erano stati datati alla fine degli Shang, ossia tra il 1300 e la fine dell'XI sec. a.C. All'inizio degli anni '50 si osservò l'esistenza di una fase anteriore, quella di Zhengzhou, a Erligang, verso la metà del millennio. Dieci anni più tardi si poté farla risalire ancora più indietro nel tempo con i bronzi di Erlitou. La produzione di questo sito risalirebbe all'inizio della dinastia Shang, ossia alla prima metà del II millennio a.C. Il sito di Zhengzhou è stato spesso identificato con l'antica città di Ao, una delle prime capitali Shang anteriormente alla loro installazione ad Anyang verso il 1300 a.C. La città era circondata da mura in terra battuta lunghe più di 7 km e larghe a tratti 36 m alla base. Nel 1974, si sono effettivamente scoperti qui due grandi bronzi (fanding) che per la forma e la decorazione anticipano di circa tre secoli quelli, ben conosciuti, del periodo classico di Anyang.
A E di Luoyang, nello Henan, si è scoperto un sito ancora più antico, Erlitou, il cui livello più recente è stato datato con il metodo del C14 tra il 1500 e il 1300 a.C. Alcuni vi riconoscono la prima capitale degli Shang, Bo, altri l'identificano con un sito riferibile alla fase finale della dinastia precedente, quella degli Xia. Gli scavi hanno portato alla scoperta delle fondazioni di un palazzo che forma un grande quadrato irregolare di più di 100 m di lato, di belle giade scolpite e di armi e vasi di bronzo del tipo jue (vasi a tre piedi).
Tutti i recipienti di bronzo sono vasi funerari o sacrificali destinati a contenere cibo o bevande alcoliche. Il motivo più diffuso è già la maschera del taotie, spesso accompagnata da motivi geometrici, cerchi, spirali, greche. A Ν di Zhengzhou sono venute alla luce anche due grandi fonderie per il bronzo, dove si conserva ancora materiale. Il confronto con altri siti dello stesso tipo ha permesso di comprendere meglio le tecniche utilizzate dai bronzisti e di smentire la tesi dell'uso della fusione a cera persa. I bronzi venivano colati direttamente in stampi d'argilla compositi.
Ma una delle scoperte più importanti è stata, molto lontano da quello che era considerato l'unico centro attorno al quale si era formata la cultura cinese classica (il medio corso del Fiume Giallo), quella di altri importanti centri primari della civiltà cinese, aventi in comune l'eccellente padronanza della tecnica del bronzo.
La scoperta, nel luglio 1986, a Sanxingdui nel distretto di Guanghan nel Sichuan, di fosse sacrificali ritenute contemporanee alla dinastia degli Shang o Yin, ci obbliga a riconsiderare interamente la visione della civiltà cinese in quest'epoca. Il sito è stato attribuito al XIII-XII sec. a.C., vale a dire alla prima metà del periodo di Anyang. Le due fosse scavate non rappresentano che una minima parte d'un sito che si estenderebbe su c.a 10 km2 e che comprenderebbe le mura di una città. Stando ai primi risultati, la fossa n. 1 sarebbe leggermente anteriore alla n. 2. Erano servite entrambe per depositare offerte, e contenevano più di settecento oggetti d'oro, bronzo e giada, conchiglie cauri, zanne d'elefante e diversi metri cubi di ossa di animali carbonizzati. La scoperta più sorprendente è costituita da un insieme di inconsuete teste umane di bronzo a grandezza naturale con tratti fortemente stilizzati ed espressione ieratica. Associata a esse è un'immagine maschile alta 1,82 m, stante su un basamento alto 80 cm. L'uomo ha il capo coperto con un alto berretto e indossa un abito che scende fino ai polpacci; nelle braccia alzate davanti al petto doveva reggere un'asta (?). L'estraneità di questi volti, dal naso appuntito, dagli occhi allungati verso le tempie e dalla bocca molto sottile, rimanda all'universo del sacro nella sua essenza più profonda. Le teste così come la statua furono certamente fuse sul posto. Altri oggetti fanno però pensare che gli abitanti di Guanghan fossero in contatto con altre regioni della Cina arcaica, in particolare con il regno degli Shang nella media valle del Fiume Giallo.
Questa spettacolare scoperta e quella di Chengdu, nella stessa regione, hanno rivelato che nel Sichuan vi fu una successione di culture locali dal Neolitico fino alla dinastia Han. Poiché la cultura di Sanxingdui sembra precedere quella del regno di Shu, nota da tempo, si è scelto di chiamarla «cultura proto-Shu».
I Qin. - L'esercito d'argilla sotterrato vicino alla tomba dell'imperatore Shi Huang dei Qin è una delle scoperte archeologiche più importanti di questo secolo. Questo imperatore (259-210 a.C.), il fondatore della dinastia Qin, è il primo unificatore della Cina. La sua tomba, un grande tumulo alto 76 m, nel distretto di Lintong nello Shaanxi, era nota da tempi immemorabili, ma solo nel 1974, dopo una scoperta fortuita nelle vicinanze della tomba, furono intraprese ricerche vere e proprie che hanno permesso, tra il 1974 e il 1977, di mettere in luce vaste fosse, su una superficie di più di 2.500 m2, contenenti c.a 800 statue di guerrieri, 124 statue di cavalli d'argilla e 18 carri da guerra in legno. Si tratta di un corpo d'armata a grandezza naturale schierato in ordine di battaglia, come hanno provato gli studi comparati condotti con l'aiuto dei testi storici.
Le fosse erano pavimentate con mattoni e i soffitti, ora crollati, erano sostenuti da travi di legno. Le statue dei guerrieri sono alte da 1,70 a 1,80 m; ogni statua è formata da più pezzi modellati e cotti. Una volta assemblata, la figura veniva dipinta con vivaci colori di cui si conservano solo le tracce. Questi guerrieri rappresentano le differenti armate dei cavalieri, dei fanti, dei balestrieri, dei conduttori di carri; i soldati sono sempre distinti accuratamente dagli ufficiali. Alcuni portano armature a placchette eseguite con una grande minuzia. È di una precisione sorprendente anche il modo di intrecciare i capelli e raccoglierli in una crocchia. I cavalli misurano in media 1,50 m di altezza e sono eseguiti con la stessa tecnica. Alcuni dei guerrieri di argilla erano equipaggiati con armi autentiche il cui studio ha stabilito l'alto grado tecnologico già raggiunto. Alcune spade avevano subito un trattamento al cromo per essere preservate dall'ossidazione.
Per il realismo e la precisione dei particolari del viso, dei vestiti e della posizione dei cavalli, l'esercito di statue disposte vicino alla tomba di Qin Shi Huangdi è una fonte insostituibile di informazioni per gli storici. Questa scoperta illumina di nuova luce l'arte dell'epoca Qin che fino ad allora era nota solo dalle descrizioni dei testi storici. Il significato simbolico di questo esercito di statue è mal noto; lo si può spiegare forse con la corrispondenza che nello spirito dell'imperatore doveva esistere tra questo regno sotterraneo e l'immenso impero sul quale aveva regnato in vita.
La tomba vera e propria non è stata ancora indagata, ma un sondaggio condotto nel 1980 nelle sue vicinanze ha portato alla scoperta di due carri attaccati a quattro cavalli con due cocchieri; i pezzi, di bronzo, sono di grandi dimensioni. Questi sono i tiri più antichi e meglio conservati che siano venuti alla luce in Cina; si può pensare che si tratti della riproduzione dei veicoli riservati al seguito dell'imperatore.
Gli Han. - Lo scavo di un gran numero di tombe del periodo Han ha restituito importanti corredi funerari costituiti da un'innumerevole quantità di statuine d'argilla o di legno riccamente dipinte. Definite mingqi, queste riproducono il personale maschile e femminile di cui il defunto si era circondato in vita.
Tra le sepolture spiccano in particolare due gruppi attribuiti all'epoca degli Han anteriori (206 a.C. - 8 d.C.). Uno, rinvenuto a Mawangdui, ha profondamente trasformato la conoscenza che si aveva della pittura e dei tessuti cinesi antichi, in particolare le seterie; l'altro, da Mancheng, ha contribuito a illustrare alcune pratiche funerarie note solo dai testi.
A Mawangdui (v.), presso la città di Changsha nello Hunan, fra il 1972 e il 1973, furono scavate tre tombe. Queste, a forma di pozzo verticale, furono identificate grazie alle iscrizioni, come quelle del marchese di Dai, della sua consorte e verosimilmente del loro figlio. Esse risalgono al 186 e al 168 a.C. La tomba n. 1, quella della marchesa di Dai, fu scoperta intatta e in eccellente stato di conservazione. Nella camera funeraria, circondate da quasi duemila oggetti preziosi, si rinvennero quattro bare l'una dentro l'altra; l'ultima conteneva il corpo della defunta avvolto in venti strati di indumenti. Tra gli oggetti ritrovati figurano numerosi esemplari di lacca: scatole per oggetti da toletta, coppe, vasi, mestoli. Queste lacche, nere all'interno e rosse all'esterno, sono decorate con eleganti motivi di fiori, di uccelli o di nuvole stilizzate. Il corredo personale che accompagna il defunto nell'aldilà è particolarmente interessante. Sono stati ritrovati, in perfetto stato, vestiti, gonne, pantaloni, mezziguanti, pantofole; tutti capi confezionati in seta colorata. Alcuni tessuti erano dipinti, ma molti erano ricamati a punto catenella.
I sarcofagi delle tre tombe scavate erano ricoperti di grandi pitture su seta che si annoverano tra le prime testimonianze conservate della pittura cinese. La pittura della tomba n. 1 presenta un interesse particolare: alta 2 m, era a forma di Τ e vi erano rappresentati i diversi mondi. Alla sommità, il sole e la luna simboleggianti lo spazio celeste; nella parte mediana, il mondo degli uomini: accompagnati da animali favolosi, compaiono uomini e donne che circondano un personaggio femminile che potrebbe essere la stessa defunta; infine i mostri e i serpenti che ornano la parte inferiore dello stendardo simboleggiano il mondo sotterraneo. I personaggi e gli animali sono eseguiti con un pennello molto morbido e perfettamente controllato; l'insieme è lumeggiato di colori vivaci: rosso di cinabro, verde malachite, ecc.
Le sepolture di Mancheng (v.), nello Hebei, c.a 150 km a SO di Pechino, furono scavate nel 1968. Una contiene la salma di uno dei membri del clan imperiale Liu Sheng (155-113 a.C.), l'altra quella della sua consorte. Vi si scoprirono numerosi oggetti preziosi, tra i quali un brucia-profumi di bronzo incrostrato d'oro che rappresenta l’«Isola degli Immortali». La scoperta più impressionante fu quella di yuyi, gli abiti di giada (v.) di cui erano ricoperti i defunti. Si tratta di un vero vestito composto da una giacca, pantaloni, stivali e guanti; la testa è protetta da uno stretto cappuccio, il viso è coperto da una maschera. Questi elementi sono costituiti da piccole placche di giada quadrangolare assemblate con fili d'oro (il principe) e d'argento (la principessa). Il vestito del priiicipe, p.es., era composto da 2498 placchette e misurava m 1,88 di altezza. Una decina di vestiti di giada sono stati ritrovati da allora, tutti provenienti da tombe di membri della famiglia imperiale o della grande nobiltà.
I Wei e i Sui. - È noto che dopo il periodo Han vi furono scambi commerciali tra la Cina e i «Paesi d'Occidente», e che gli itinerari percorsi sono comunemente detti «via della seta». Le scoperte fatte all'inizio del XX sec. negli antichi siti delle oasi del Xinjiang, quali Loulan o Khotan (Hetian) hanno attestato questi scambi, del resto ben noti dalle fonti scritte. Numerosi tesori monetari sono stati portati alla luce lungo le vie che conducevano a Xi'an; la maggior parte delle monete provengono dall'Iran sasanide, altre da Bisanzio. Esse si collocano tra l'inizio del IV e il VII sec. d.C. Il gusto dell'esotismo che fiorisce all'inizio dell'epoca Tang, vale a dire nella prima metà del VII sec., può spiegarsi solo con gli intensi scambi che si ebbero nei secoli precedenti. L'entusiasmo per le forme e le decorazioni venute dall'Occidente si esprime bene sia nella ceramica che nell'oreficeria.
Queste influenze venivano spiegate con l'importazione di oggetti che servivano da modello o magari addirittura con la presenza di artigiani stranieri. Varie scoperte confermano ora queste ipotesi.
Presso Datong, che fu la capitale dei Wei del Nord, è venuto alla luce un tesoro contenente tra l'altro una tazza lobata d'argento il cui fondo era decorato con un animale marino a rilievo e la cui origine sasanide è sicura. Dallo stesso sito provengono un bicchiere e alcune coppe la cui forma e decorazione si ispirano allo stile tardo-romano. La tomba di una bambina di otto anni, ritrovata presso Xi'an, ne è un'altra testimonianza. Li Xingxun, morta nel 608, fu sepolta in un sarcofago di pietra a forma di padiglione dalle pareti ornate con una delicata decorazione incisa che conserva ancora tracce di policromia. La fanciulla era adorna di ricchi gioielli, tra cui una grande collana formata da sfere d'oro incrostate di perle che reggono un pendente di zaffiri e opali e con fermaglio composto da una pietra preziosa con sopra scolpito un animale favoloso. Per illustrare lo sforzo di assimilazione delle forme straniere da parte degli artisti cinesi in tutte le discipline artistiche si possono citare anche ceramiche che riproducono borracce di pelle per viaggiatori la cui decorazione vuole imitare la tecnica a sbalzo dell'oreficeria sasanide. Questi temi troveranno la loro piena fioritura all'inizio della dinastia Tang.
Un altro elemento contribuisce all'immissione di temi stranieri: l'adozione del buddhismo da parte delle famiglie regnanti all'epoca delle Sei Dinastie e l'avvento dei Wei del Nord (439-534). Il buddhismo accentua la sua influenza sotto i Sui (589-618) e i Tang (618-906). Le grandi persecuzioni e le rivolte che accompagnarono la caduta dei Tang avevano fatto scomparire i magnifici templi, le pitture, gli oggetti preziosi, le sculture che attestavano lo splendore dell'arte buddhistica cinese. Numerose scoperte ne hanno ora restituito la ricchezza e la varietà.
Nel 1959, a Xi'an, sull'area dell'antica Chang'an, la capitale dei Tang, è venuto alla luce un gruppo di dieci grandi statue di marmo, alcune delle quali conservano ancora tracce di doratura. Erano state nascoste in un sotterraneo del grande tempio edificato nel 710 nel palazzo dove si era ritirato l'imperatore Ruizong. Questo celebre santuario, l'Hanguosi, fu distrutto all'epoca della grande persecuzione dell'845. Le statue ritrovate illustrano molto bene l'arte degli scultori all'epoca dell'apogeo dei Tang (713-763). Si tratta di figure del pantheon del buddhismo esoterico, senza dubbio in origine di un maṇdala figurato. Vi si può riconoscere una figura di Mañjuśrı, seduto su un loto e un mingwang seduto sulle rocce. I personaggi hanno aspetto maestoso e sono resi seguendo in maniera scrupolosa le prescrizioni del canone buddhistico: una grande crocchia per Mañjuśrı, occhi fuori delle orbite e denti appuntiti per il Re della Luce rappresentato con una chioma a ciocche fiammeggianti. Sebbene si notino influenze della statuaria buddhistica indiana nelle acconciature e nelle vesti, le forme piene e perfino pesanti sono caratteristiche dell'estetica dell'epoca. Sono tratti comuni, questi, alle numerose statuine funerarie in ceramica di «tre colori» che rappresentano musici o serie di personaggi. Tra le altre figure ritrovate, si è identificata una statua in pietra di Hāyagrīva a otto braccia e un suggestivo Trailokyavijaya.
Queste statue sono una preziosa testimonianza dell'introduzione delle iconografie del buddhismo esoterico nella capitale dei Tang all'inizio dell'VIII sec., e sono anche un importante anello di collegamento per la storia della scultura dell'Estremo Oriente. Questa tradizione iconografica e scultorea, quasi interamente scomparsa in Cina, passò in Giappone dove diede origine a innumerevoli capolavori dei quali si conoscevano fino al momento di questa scoperta solo esempi provinciali.
La vitalità del buddhismo e la sua influenza presso l'imperatore e la sua corte sono state illustrate recentemente dai ritrovamenti fatti nel sito del famoso monastero di Famensi. Questo tempio, situato a un centinaio di km a E di Chang'an, era uno dei quattro luoghi dove, secondo la tradizione, si trovavano le reliquie del Buddha storico. Nel 1987, durante i restauri di una pagoda Ming vennero alla luce le vestigia della pagoda originale, costruite in epoca Tang. Si trattava di un edificio di legno a pianta quadrata nella cui cripta erano conservati numerosi depositi di oggetti e di preziosi fatti dai membri della famiglia imperiale databili, come attestano alcune iscrizioni, tra il regno dell'imperatrice Wu Zetian (690-705) e Γ874. La cripta misurava c.a 14 m di lunghezza per 2,5 m. Era composta da tre camere pavimentate ed era chiusa da due stele di pietra iscritte con l'inventario minuzioso delle diverse offerte fatte al monastero. Ciascuna camera conteneva un reliquiario. Quello della camera sul fondo era costituito da 8 cofanetti posti l'uno dentro l'altro. Il più grande, di legno di sandalo, era ornato da una decorazione scolpita rappresentante il Buddha Amitābha seduto nella «Pura Terra dell'Ovest». Il secondo, d'argento dorato, era decorato con le immagini di quattro Re-Guardiani, in uniforme militare e circondati da astanti. La settima scatola arricchita di motivi di perle di giada e di pietre preziose conteneva uno stūpa in miniatura (71 mm) d'oro massiccio racchiudente a sua volta una reliquia che si credeva appartenesse al Buddha.
Un'altra scoperta straordinaria fu fatta nella camera centrale. Si trattava di un blocco di marmo scanalato alla base e alla sommità, le cui pareti interne erano scolpite con immagini buddistiche a rilievo basso. Questo reliquiario accoglieva un cofano di ferro circondato di stoffe pregiate che proteggeva una piccola urna di cristallo di rocca con un'altra reliquia del Buddha. Nella prima camera fu scoperta una piccola pagoda in marmo dipinto. Essa racchiudeva a sua volta una pagoda in miniatura di bronzo dorato, copia fedele dei monumenti contemporanei. Un'altra reliquia accompagnata da oggetti preziosi era nascosta in una nicchia segreta sistemata nell'ultima camera. Queste scoperte attestano la vitalità del culto delle reliquie alla corte dei Tang.
Nella cripta del Famensi sono stati portati alla luce anche numerosi pezzi di alta qualità: oreficeria, vasi di vetro, tessuti, oggetti di culto, molti dei quali d'oro o d'argento arricchiti con perle e pietre preziose; sono tutti in un perfetto stato di conservazione.
Per la sua eccezionale qualità il tesoro del Famensi può essere comparato solo a quello dello Shōsōin di Nara in Giappone.
Non bisogna credere, tuttavia, che gli oggetti rari e preziosi, la lussuosa oreficeria, le pietre preziose e le perle fossero riservate alle sole fondazioni religiose buddistiche, poiché sono anche la testimonianza della vita fastosa alla corte Tang. Nel 1970 a S della città attuale di Xi'an sono state portate alla luce le vestigia di una residenza principesca, un palazzo di un cugino dell'imperatore Xuanzong. In due grandi giare di argilla è stato scoperto un grande tesoro di oreficeria. Le giare erano state interrate verosimilmente nel 756, all'epoca dell'assedio di Chang'an da parte delle truppe ribelli condotte da An Lushan.
Il tesoro comprendeva quasi mille oggetti d'oro, d'argento, di giada e di pietre preziose, assieme a monete importate, bizantine, sasanidi e perfino giapponesi. Le monete d'origine occidentale sono state coniate sotto il regno di Eraclio (610-641) e di Cosroe II (590-628). Le monete giapponesi, d'argento, portano la data del 708. Alcuni oggetti come diversi vetri e un rhytòn di onice a forma di testa di gazzella, sono indiscutibilmente d'origine sasanide.
Gli esemplari di oreficeria, circa trecento, sono la preziosa testimonianza delle capacità tecniche degli artigiani di Chang'an; essi illustrano anche la sottile fusione tra le influenze venute dal mondo iranico, così alla moda in questo periodo, e il repertorio decorativo cinese. Il cofanetto d'argento cesellato del tesoro di Heijiacun, nome del villaggio attuale, differisce da uno di quelli trovati nella cripta del Famensi solo per il carattere profano della scena scolpita. Vi si vedono pavoni e fenici affrontati in mezzo a fogliame vegetale e grappoli fioriti caratteristici del repertorio decorativo dell'arte c., ma la fiaschetta d'argento con motivi dorati è la copia in metallo dell'otre di pelle dei cavalieri nomadi dell'Asia centrale.
Essa è decorata con un cavallo dal collo ornato di nastri pieghettati svolazzanti. Il tema è derivato direttamente dall'Iran sasanide. Si può ancora citare un incensiere d'argento, finemente punzonato e inciso, il cui ingegnoso meccanismo evita che le ceneri si spargano. Tutti questi oggetti testimoniano le grandi capacità tecniche degli artigiani e il gusto raffinato dei loro committenti; essi mostrano anche il fascino per le forme e i motivi esotici.
Numerose altre scoperte hanno permesso di conoscere meglio l'arte di questo seducente e brillante periodo. Così le numerose ceramiche, vasi di tutte le forme o statuine funerarie, hanno aiutato a precisare le date di comparsa di certe tecniche o le tappe della loro evoluzione.
È il caso, p.es., delle ceramiche invetriate a «tre colori» (sancai), di cui alcuni magnifici esemplari stupiscono per originalità: musicanti, danzatrici, cavalli, cammelli che portano sul dorso un'orchestra di musicanti «barbari», coppieri, ecc.
Ma conviene soffermarsi sulle tombe dei principi imperiali ritrovate a Qianling, sempre nei dintorni di Changan. La loro scoperta nel 1960-1962 e poi nel 1970-1972 suscitò un autentico stupore. Ci si trovò infatti per la prima volta in presenza di un gruppo di pitture murali profane di epoca Tang. Esse erano di grande qualità e in un eccellente stato di conservazione, ed erano anche perfettamente datate tra il 706 e il 711. La principessa Yong Tai, i principi imperiali Yi De e Zhang Huai erano stati assassinati su ordine dell'imperatrice Wu che aveva destituito il legittimo imperatore. Dopo la morte dell'usurpatrice, nel 705, si costruirono in loro memoria grandi tombe, contenenti numerosi mingqi, le cui pareti furono decorate con splendide pitture.
La superficie dipinta è di c.a 800 m2. Le pitture sono eseguite su un intonaco d'argilla misto a fibre e paglia, ricoperto da uno strato di calce perfettamente levigato. Il disegno a inchiostro e, dopo, i colori, a grandi pennellate piatte, erano applicati su un muro secco: non si può dunque parlare in questo caso di affresco. I temi illustrativi nelle pitture evocano l'ambiente e le attività quotidiane del clan imperiale. Nella sepoltura della principessa Yong Tai si vede avanzare una graziosa processione di dame d'onore, vestite con l'elegante abito di moda alla corte Tang alla fine del VII sec.: veste a vita alta, maniche strette, corpetto molto scollato, lungo scialle che accentua ancor più lo slancio della figura.
Le giovani donne avanzano con atteggiamenti aggraziati sostenendo oggetti preziosi, coppe, ventagli, in un paesaggio di giardini evocati da alberi e rocce dalle forme aspre. Nella tomba del principe Yi De è rappresentata la guardia d'onore del giovane principe, con fieri cavalieri che brandiscono oriflamme schioccanti al vento, mentre i fanti reggono gli archi.
La tomba di Zhang Huai è quella più riccamente decorata. Essa mette davanti ai nostri occhi la vita fastosa e raffinata di un principe della corte, che secondo la sua biografia era anche un fine letterato. Nella camera funeraria le pitture evocano episodi della vita privata: giovani donne passeggiano nei giardini ascoltando gli uccelli cantare o prendendo cicale. Questo tema delle «bellezze sotto gli alberi» appare sovente nella letteratura e nella poesia. Fino alla scoperta di queste pitture murali, la sua illustrazione era conosciuta solamente da pitture su seta portate alla luce nelle tombe di epoca Tang del cimitero di Astana nella regione di Turfan (Xinjiang). Altre pitture evocano la vita ufficiale del principe e i suoi passatempi: alti dignitari cinesi che ricevono ambasciatori stranieri, una partita di polo, il momento della partenza per la caccia, e così via. La partita di polo mostra i giocatori e i cavalli in piena azione: due cavalieri si contendono la palla, altri alzano la mazza, altri giocatori infine restano in riserva pronti a intervenire. Quando il principe parte per la caccia con i suoi amici l'equipaggio comprende alcuni cammelli che portano un braciere e un paiolo. Sono cammelli della Battriana, la cui importazione è legata alla conquista delle oasi dell'Asia centrale e all'espansione verso occidente. Le pitture sono eseguite con un pennello molto libero e una grande spontaneità come si vede dal corteo degli ambasciatori stranieri. I pittori hanno perfettamente «schizzato» i vestiti (i berretti di pelliccia, per esempio), gli atteggiamenti dei funzionari cinesi e dei «barbari» e i loro volti, e ciò in maniera a volte caricaturale.
Questo gruppo di pitture murali costituisce un apporto fondamentale allo studio della pittura nell'epoca dei Tang al loro apogeo e consente, in particolare, di comprendere meglio l'evoluzione della pittura di paesaggio.
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Ceramica e porcellana: G. D. Wu, Prehistoric Pottery in China, Londra 1938; C. Chou, The Hollow Line in Dating Chinese Porcelains, San Francisco 1978; J. Addis, Chinese Ceramics from Datable Tombs, Londra 1984; Shi Hua, Zhongguo Taoci («Ceramiche Cinesi»), Pechino 1985; W. Watson, Tang and Liao Ceramics, Londra 1985.
Bronzi: W. Watson, Ancient Chinese Bronzes, Londra 1962.
Avorio: Oriental Ceramic Society (ed.), Chinese Ivories from Shang to the Qing, Londra 1984.
Lacca: H. M. Garner, Chinese Lacquer, Londra 1979.
(R. Jera-Bezard - M. Maillard)