Anglosassoni, Arte degli. Metalli lavorati
La produzione anglosassone di metalli lavorati nei secc. 8° e 9° era ben conosciuta nel continente europeo, dove si possono rintracciare i suoi influssi stilistici, come avviene per es. nello stile anglocarolingio del Calice di Tassilone (Kremsmünster, tesoro dell'abbazia; Wilson, 1984). Questo fu il periodo in cui le doti degli artisti anglosassoni erano apprezzate anche a Roma, dove gli orafi della Schola Saxonum furono chiamati a eseguire arredi per l'altare della basilica di S. Pietro. Anche in precedenza l'oreficeria policroma creata nell'Inghilterra sudorientale nella prima metà del sec. 7° era (come a Sutton Hoo) senza pari nell'Europa del tempo. Nella tarda età anglosassone gli artigiani del metallo tennero alto il livello di questa tradizione, ma sfortunatamente i loro lavori più preziosi non si conservano se non sotto forma di descrizioni e citazioni, contenute in fonti letterarie e negli inventari dei tesori ecclesiastici (Dodwell, 1982). Gli oggetti in metallo pervenuti, in realtà, possono fornire solo un'immagine parziale dello sviluppo di questo aspetto fondamentale dell'arte anglosassone, che copre un arco cronologico che va dal 5° all'11° secolo.
Per i primi due secoli e mezzo di questo sviluppo, lo studio dei metalli lavorati anglosassoni si basa sui gioielli conservati perché sepolti come corredo funerario. Per gli ultimi quattro secoli il quadro è più vario, ma meno completo. La conversione dell'Inghilterra al cristianesimo, nel sec. 7°, pose infatti fine alle pratiche funerarie pagane e le fonti di materiale a nostra disposizione consistono soprattutto in ritrovamenti fortuiti di oggetti casualmente smarriti, in oggetti d'argento appartenenti a tesori intenzionalmente nascosti e in un piccolo numero di oggetti liturgici scampati alle distruzioni perpetrate nelle epoche successive. Di tutti gli oggetti in metallo anglosassoni a carattere profano forse solo la Fibula Fuller (Londra, British Mus.) non fu mai sepolta.
L'Inghilterra anglosassone era un paese ricco, che utilizzava gran parte dei suoi metalli preziosi nella produzione artistica; di conseguenza enormi perdite sono state causate dai saccheggi dei Vichinghi e dei Normanni o di altri popoli interessati unicamente al valore del metallo.
Effigi d'oro e d'argento con pietre preziose, di grandi dimensioni e persino a grandezza naturale, erano comprese nei tesori ceduti dai monaci di Ely, come tassa di concessione, a Guglielmo il Conquistatore; nessuna di queste opere si è purtroppo conservata. La continuità della metallistica ornamentale anglosassone può pertanto essere seguita solo attraverso lo studio di piccoli oggetti di ornamento personale, con sporadiche e fortunate sopravvivenze di altri materiali che accennano alla ricchezza perduta (Wilson, 1964; 19813; 1984; Hinton, 1974).
Verso la fine del sec. 5° gli artisti anglosassoni svilupparono una propria versione dello stile germanico di decorazione animalistica denominato da Salin (1904) come I stile (Haseloff, 1981). La sua comparsa in Inghilterra, dove conobbe un'intensa fioritura in opere di oreficeria del sec. 6°, rivela due importanti aspetti del gusto anglosassone, che si sarebbero conservati nell'arte di tutto il periodo: l'amore per la decorazione 'totale' - in altre parole per l'addensarsi dei motivi decorativi fino a coprire l'intera superficie dell'opera - e l'attrazione per i motivi animalistici. I maestri anglosassoni del metallo non ne danno di norma una rappresentazione realistica; traducono piuttosto i motivi zoomorfi in un modo quasi astratto, rompendone, distorcendone o rimodellandone le forme per adattarle alle proprie esigenze. Fu solo dopo la conversione al cristianesimo che gli artisti anglosassoni si aprirono alle tradizioni naturalistiche di quelli mediterranei e anche in quel caso soprattutto per soddisfare le richieste della Chiesa.
La particolare forma di stilizzazione sviluppata per gli animali nell'ambito del I stile - caratterizzato da aspetti frammentati e quasi caleidoscopici - era strettamente connessa alla tecnica di lavorazione dei metalli a intaglio (Kerbschnitt) che conferiva un effetto scintillante ai bronzi fusi, resi lucenti dalla doratura, come appare per es. sulle fibule 'a testa quadrata'.
Negli ornati animalistici del II stile creati dagli artisti anglosassoni alla fine del sec. 6° e nel sec. 7° non vi è più alcun tipo di naturalismo zoomorfico (Speake, 1980). Sono evidenti lo stesso desiderio di riempire le superfici e lo stesso rifiuto del realismo, ma i motivi ora fluttuano, con i corpi degli animali allungati in nastri intrecciati. C'è un forte senso del movimento, a volte ottenuto con un'intenzionale mancanza di simmetria (come nel campo centrale della fibbia di cintura da Sutton Hoo; Londra, British Mus.), anche se altri motivi (come quello della coppia di animali affrontati che si azzannano su un pomo di spada da Crundale Down; Londra, British Mus.) mostrano una versione fortemente simmetrica di questo stile.
La migliore oreficeria del periodo anglosassone pagano fu quella prodotta nel Kent e nell'East Anglia durante la prima metà del sec. 7°, di aspetto ricco e policromo, eseguita a cloisonné (tecnica introdotta dall'area culturale franca nel sec. 6°). Granati a superficie piatta e vetri sono inseriti in alveoli d'oro e d'argento, su lamine metalliche pressate che riflettono la luce; tra gli alveoli vi sono motivi decorativi a filigrana. Oggetti meno decorati hanno granati isolati incastonati in alveoli fusi e separati da motivi a Kerbschnitt. Gli oggetti più comuni decorati nello stile policromo maturo sono le fibule a disco (Avent, 1975), un tipo diffuso nel Kent, il più splendido esempio delle quali è costituito dalla Fibula Kingston (Liverpool, Merseyside County Mus.). I granati, tuttavia, erano usati frequentemente su tutti i tipi di gioielleria di pregio (e su altri oggetti, tra cui pomi di spade) nel 6° e nel 7° secolo. I capolavori prodotti da una bottega dell'East Anglia, tra i quali i fermagli da spalla, il coperchio di una borsa e i fornimenti di un fodero di spada, collocati nella nave-tomba di Sutton Hoo intorno al 625 (Londra, British Mus.; Bruce-Mitford, 1975-1980), mostrano una raffinatezza compositiva e una perfezione tecnica senza confronti contemporanei. La tecnica cloisonnée nei gioielli in oro e granati fu utilizzata anche per oggetti a destinazione religiosa cristiana durante il periodo della conversione degli A., come si vede in alcuni pendenti a croce, tra cui quello posto nella sepoltura di s. Cutberto a Lindisfarne nella Northumbria nel 687 e conservato a Durham nel tesoro della cattedrale (The Relics, 1956).
L'effetto più immediato dell'espandersi del cristianesimo in Inghilterra fu costituito dall'introduzione della miniatura dei manoscritti e dall'impulso alla rinascita dell'architettura in pietra e della scultura monumentale. Oltre a ciò, si richiedevano nuovi tipi di oggetti in metallo per usi liturgici, come calici e croci d'altare, dei quali però nessun esempio importante di età mediosassone si è conservato, a eccezione del reliquiario composto da lamine argentee decorate che coprivano l'altare portatile appartenuto a s. Cutberto, reliquiario risalente forse al momento della traslazione delle sue reliquie nel 698, ma successivamente riparato (Durham, tesoro della cattedrale; The Relics, 1956). La decorazione del Reliquiario di s. Cutberto, eseguita nella tecnica repoussée, presenta le due principali innovazioni stilistiche attribuibili al periodo della conversione: la rappresentazione naturalistica - visibile qui nella forma di un'immagine di S. Pietro seduto, resa nello stile delle figure di evangelisti dipinti nel coevo Evangeliario di Lindisfarne (Londra, BL, Cott. Nero D.IV) - e l'ornato fitomorfo, in questo caso costituito da due piante singole, ampiamente rappresentato anche nell'arte anglosassone del sec. 8° in forma di girali ondulati. Il girale è un motivo di origine mediterranea, a volte chiaramente riconoscibile come tralcio di vite e quindi interpretabile come simbolo cristiano. Esso tuttavia compare in una grande varietà di forme che spesso non sono identificabili con nessun particolare tipo vegetale. Tra i racemi a volte compaiono uccelli e altri animali che si nutrono dei boccioli e dei frutti, creature che spaziano dal naturalistico al grottesco, subito trasfigurati peraltro dal gusto degli A. per la stilizzazione.
Un esempio particolarmente pregevole di questa forma di girale fitomorfo figurato si trova nella decorazione repoussée di una piccola ciotola d'argento da Ormside, nel Westmorland (Yorkshire Mus.). Databile al sec. 8°, essa mostra il motivo vegetale prima dell'inizio del processo di degenerazione che gradualmente sopprime gli elementi del fogliame fino al punto che le creature, invece di 'abitare' in essi, appaiono entro una rete di nastri intrecciati. Uno sviluppo parallelo è quello in cui gli stessi corpi degli animali degenerano in un intreccio.
La più raffinata decorazione animalistica del sec. 8° nell'oreficeria anglosassone è considerata quella, eseguita a intaglio, che si ritrova su un gruppo di spilloni d'argento dorato rinvenuti nel fiume Witham, a Fiskerton nel Lincolnshire e ora a Londra (British Mus.; Wilson, 1964, nr. 19). Gli animali, sulla testa del disco centrale, sono tipici 'bipedi alati' (ibridi di mammiferi e uccelli), inviluppati in un intreccio. Si possono confrontare con la coppia di animali che forma la decorazione del nasale dell'elmo della Northumbria recentemente portato alla luce negli scavi di Coppergate a York (Castle Mus.), con creste quasi fitomorfe e corpi che si trasformano in intrecci.
Fu tuttavia con il sec. 9° che la metallistica anglosassone raggiunse ancora una volta nuovi e importanti risultati; come aveva contribuito alle origini dell'arte miniatoria nel sec. 7°, così ne influenzò fortemente gli elementi decorativi nel 9° secolo. D'altra parte, di quando in quando l'orafo poteva imitare il pittore e l'amanuense, come è testimoniato da una placca d'oro niellata trovata a Brandon nel Suffolk (Londra, British Mus.), in cui un'immagine dell'aquila, simbolo dell'evangelista Giovanni, con un'iscrizione che la identifica, è collegata stilisticamente ed epigraficamente ai manoscritti della scuola di Canterbury, nell'Inghilterra meridionale, tra la fine dell'8° e gli inizi del 9° secolo.
Verso la fine del sec. 8° la principale tecnica anglosassone di lavorazione del metallo, l'intaglio (Kerbschnitt) del bronzo dorato, fu sostituita da una nuova tecnica: l'incisione dell'argento, quasi sempre niellato, per ottenere un contrasto marcato, e solo occasionalmente dorato. Questa novità può essere pienamente apprezzata in un pomo di spada di rara bellezza trovato nella Fetter Lane a Londra (British Mus.; Wilson, 1964, nr. 41).
I motivi animalistici e fitomorfi emergono dagli intrecci, raffigurati quasi sempre individualmente, anche se gli animali possono presentare appendici fogliate, in piccoli campi creati da bordi perlati o modanati, spesso con piccole borchie ornamentali (teste emisferiche di ribattini) alle intersezioni. Questo stile di decorazione in argento è presente in diversi gioielli appartenenti a un tesoro occultato intorno all'868 a Trewhiddle in Cornovaglia (Wilson, 1964, nrr. 90-102). Lo stile di Trewhiddle, che da tale tesoro prende il nome, si sviluppò nel corso della prima metà del sec. 9°, come è in parte indicato dalla decorazione di un anello d'oro (Londra, British Mus.), che reca iscritto il nome del re del Wessex Etelvulfo (839-858). Essa presenta una versione quasi irriconoscibile del motivo cristiano dei due pavoni affrontati accanto all'albero della vita (Wilson, 1964, nr. 31; The Golden Age of Anglo-Saxon Art, 1984, nr. 9); mentre l'anello d'oro (Londra, British Mus.) con il nome di Etelsvita, regina di Mercia (853/854-888/889), ha un castone circolare con una versione in stile di Trewhiddle dell'Agnus Dei, circondato da un motivo fitomorfo e fiancheggiato da animali, il tutto entro un bordo perlinato (Wilson, 1964, nr. 1; The Golden Age of Anglo-Saxon Art, 1984, nr. 10). Un altro anello d'oro niellato nello stesso stile è quello rinvenuto nel fiume Reno, presso Bologna (Bologna, Mus. Civ. Medievale), che presenta piccoli medaglioni contenenti motivi animalistici e fitomorfi confrontabili con quelli della Fibula Fuller (Londra, British Mus.), la più notevole di un gruppo di fibule d'argento a disco in stile di Trewhiddle alle quali appartiene anche la Fibula Strickland, di provenienza ignota (Londra, British Mus.; Wilson, 1964, nr. 152). Questa mostra l'alta qualità raggiunta dagli artefici dell'epoca, che usarono elementi a giorno e intarsi di oro e niello, assieme ad applicazioni di pasta vitrea blu per gli occhi degli animali e a borchie sporgenti per conferire rilievo al ferro.La Fibula Fuller (Wilson, 1964, nr. 153; The Golden Age of Anglo-Saxon Art, 1984, nr. 11), considerata "forse il più perfetto dei pezzi conservatisi dell'oreficeria anglosassone di età cristiana" (Wilson, 1984, p. 110), è in eccellenti condizioni di conservazione; non se ne conosce la provenienza ma in ogni caso sembrerebbe che non sia mai stata sepolta. È in lamina d'argento con un bordo traforato composto di una serie di piccoli clipei (simili a quelli del citato anello proveniente dal fiume Reno e oggi a Bologna) che incorniciano una zona circolare, divisa in cinque campi, con figure umane simboleggianti i cinque sensi, su uno sfondo niellato. Il pannello centrale contiene una personificazione della Vista a tre quarti di figura, con grandi occhi ovali e recante in mano rametti con foglie, nel complesso affine al personaggio raffigurato sul Gioiello di Alfredo (Oxford, Ashmolean Mus. of Art and Archaeology). Le altre quattro figure sono intere e rappresentano (in senso orario a partire dall'alto a destra): l'Olfatto, il Tatto, l'Udito e il Gusto. Questa complessa iconografia mostra un nuovo interesse per le significazioni 'intellettuali' della decorazione, come è parimenti evidente nel più conosciuto Gioiello di Alfredo, anch'esso della fine del sec. 9° e da considerarsi come l'esemplare più pregevole di un piccolo gruppo di oggetti in metallo eseguiti con la tecnica dello smalto cloisonné. Di ispirazione fortemente carolingia, esso presenta, incisa sul retro, una nuova forma di decorazione fitomorfa con elementi a forma d'acanto (Hinton, 1974, nr. 23; The Golden Age of Anglo-Saxon Art, 1984, nr. 13).L'arte inglese, nella prima metà del sec. 10°, ebbe uno sviluppo distinto tra l'area meridionale e quella settentrionale (nonché orientale), a seguito dell'insediamento scandinavo nel Nord, conseguente alle scorrerie vichinghe del 9° secolo. L'introduzione del gusto scandinavo e la sua fusione con l'arte anglosassone si osservano meglio nella scultura dell'Inghilterra settentrionale piuttosto che nell'oreficeria, anche se una versione inglese dell'intreccio scandinavo nello stile di Borre è utilizzata su oggetti minori, come piccole fibule a disco, linguette di cinture e un paio di pendenti di una collana trovati in una tomba a Saffron Walden nell'Essex (Saffron Walden Mus.).
Nel Sud dell'Inghilterra, le nuove correnti di pensiero e artistiche, introdotte durante il regno di Alfredo il Grande (871-899) come risultato dei suoi stretti contatti con la cultura del continente, furono sviluppate dai suoi successori. Delle due principali innovazioni nell'arte anglosassone, quella dello stile figurato classicizzante è meno rappresentata nella lavorazione del metallo di quanto non lo sia il carnoso ornato vegetale basato sulla decorazione a foglia d'acanto. Il nuovo realismo, tuttavia, si nota nel ritorno a un girale abitato ben riconoscibile, esemplificato da una linguetta di cintura in bronzo della metà del sec. 10°, portata alla luce a Winchester (The Golden Age of Anglo-Saxon Art, 1984, nr. 83) ed eseguita a traforo con un rilievo basso e stondato, che si trova pure sull'Incensiere di Canterbury, di datazione coeva (Londra, British Mus.; Wilson, 1964, nr. 9; The Golden Age of Anglo-Saxon Art, 1984, nr. 73). Quest'ultimo è a forma di campanile a pianta quadrata, decorato con gli stessi tipi di animali, uccelli e festoni d'acanto, ma con l'aggiunta di strisce d'argento niellato attorno alla base, decorate ad acanto frastagliato. L'insieme di questi tratti stilistici trova validi confronti nelle miniature dello stile di Winchester.Un altro oggetto liturgico che ricorda da vicino alcuni manoscritti miniati è l'altare portatile conservato nel Mus. de Cluny di Parigi (The Golden Age of Anglo-Saxon Art, 1984, nr. 76), composto da un pannello di porfido con una cornice d'argento fissato a una base di legno di quercia. Le lamine d'argento della cornice presentano sulla superficie figure incise niellate e dorate: i simboli degli evangelisti, la Crocifissione e l'Agnus Dei, con un'iscrizione che corre lungo tutto il bordo. Si tratta di uno dei pochissimi arredi liturgici di alta qualità conservatisi del periodo tardoanglosassone, insieme alla Croce di Bruxelles (Bruxelles, cattedrale; The Golden Age of Anglo-Saxon Art, 1984, nr. 75), da porre a fianco delle testimonianze documentarie citate all'inizio.
Lo stile delle figure sull'altare del Mus. de Cluny, le loro pose e i caratteristici panneggi ricordano da vicino i manoscritti dell'Inghilterra meridionale del secondo quarto del sec. 11°; la delicatezza dell'incisione e l'alta qualità della rifinitura eguagliano pienamente le più raffinate miniature e sculture in avorio di quel periodo.
È interessante confrontare le figure dell'altare con il Cristo in maestà raffigurato sul reliquiario di bronzo proveniente da Sandford nell'Oxfordshire (Oxford, Ashmolean Mus. of Art and Archaeology; Hinton, 1974, nr. 30; The Golden Age of Anglo-Saxon Art, 1984, nr. 268).
Si tratta sotto l'aspetto stilistico di un unicum che sembra rappresentare, alla fine del sec. 11°, il legame tra l'arte anglosassone e lo sviluppo del Romanico. Nonostante la solidità della figura del Cristo, numerosi sono gli elementi della posa e del panneggio che permettono di collocare l'oggetto al termine di una lunga tradizione anglosassone, segnando però allo stesso tempo il primo intervento normanno nell'arte inglese.
Il sec. 11° tuttavia aveva già sperimentato, in fatto d'arte, una nuova fase dell'influsso scandinavo nel periodo in cui i re danesi regnarono sull'Inghilterra (1017-1042). Lo stile allora diffuso in Scandinavia, noto come stile di Ringerike, mutuò infatti motivi fitomorfi sia dall'arte anglosassone, sia da quella ottoniana per poi riversarli di nuovo in Inghilterra attraverso centri quali Londra e Winchester. Diversamente da quanto era avvenuto nel sec. 10°, questi tardi influssi scandinavi furono avvertiti non nell'Inghilterra settentrionale, bensì nel Sud e nell'Est. La migliore produzione inglese nello stile di Ringerike sembra consistere in realtà in lavori di artigiani scandinavi, poiché la versione inglese dello stile è in genere povera, come si nota persino su un'importante fibula a disco d'argento proveniente da Sutton nell'isola di Ely (Londra, British Mus.; Wilson, 1964, nr. 83; The Golden Age of Anglo-Saxon Art, 1984, nr. 105).
È in qualche modo sorprendente scoprire che anche l'ultimo degli stili animalistici della Scandinavia nell'età vichinga, lo stile di Urnes, in qualche modo influenzò la produzione artistica inglese nel corso della seconda metà dell'11° secolo.
Questo stile è caratterizzato da sinuosi intrecci animalistici, spesso eseguiti a giorno, e fu abbastanza diffuso da far scaturire una vera e propria sua versione angloscandinava, esemplificata dalla fibula a disco di bronzo dorato da Pitney, nel Somerset (Londra, British Mus.; Wilson, 1964, nr. 60; The Golden Age of Anglo-Saxon Art, 1984, nr. 110). La Fibula di Pitney presenta una decorazione a giorno con un animale nastriforme avviluppato e attaccato da un serpente, entro un bordo festonato.
Così come avvenne per la tradizione anglosassone locale, anche alcuni aspetti di questo gusto scandinavo continuarono a farsi avvertire fino all'inizio del sec. 12° nella lavorazione del metallo e nella scultura, nonostante la cesura stilistica provocata dalla conquista normanna del 1066, come è testimoniato, per es., dal riccio di pastorale custodito nel tesoro della cattedrale di Durham (The Golden Age of Anglo-Saxon Art, 1984, nr. 270).
Nel complesso, l'arte tardoanglosassone può essere considerata anche in questo settore specifico una delle più alte vette raggiunte da tutta l'arte medievale, malgrado il numero relativamente piccolo di opere in metallo conservate. Tra esse sussistono infatti autentici capolavori così che non stupisce che lo storico normanno Guglielmo di Poitiers, scrivendo subito dopo la conquista, si sia prodigato in lodi a proposito delle qualità superlative dell'oreficeria anglosassone: a ben vedere, di fatto, uno dei motivi per cui così poco ne è oggi rimasto (e che ne rende difficile un giudizio corretto) è proprio l'attrazione che essa esercitò sui Normanni.
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v. anche Anglosassoni, Arte degli. Parte introduttiva