Anglosassoni, Arte degli. Miniatura
Ben poco si è conservato della produzione pittorica inglese del sec. 9° specie in confronto alla fioritura artistica che si può registrare nel 10° e nell'11° secolo. Questa si deve ricondurre alla stabilità e alla ricchezza di cui il regno anglosassone poté godere nel corso di quei due secoli, rispetto agli sconvolgimenti che in precedenza, a partire dal 789, avevano provocato le invasioni vichinghe. Nell'867 era stata presa York; nell'886 l'Inghilterra fu smembrata e nel Nord e nell'Est fu costituita la Danelaw, cio'e la parte dell'isola sotto la giurisdizione danese. Nel tardo sec. 9° i Sassoni erano ormai confinati in una piccola zona nel Sud-Ovest del paese e l'ultimo regno indipendente, quello dei Sassoni dell'Ovest (o Wessex), il cui centro era Winchester, sembrava sul punto di crollare.Per quanto riguarda l'arte del libro, esiste una cesura quasi completa tra la produzione risalente ai secc. 7° e 8° e la rinascita del 10° secolo.
Studi recenti hanno messo in evidenza la strategia pianificata, coordinata e a lungo termine, con cui anche da un punto di vista culturale Alfredo, re dei Sassoni dell'Ovest (871-899), e i suoi successori passarono al contrattacco, dapprima limitandosi ad arrestare il declino del regno, fino a quando il nipote di Alfredo, Etelstano (924-939), riuscì a estendere il proprio controllo non solo al regno di York, ma anche alla Northumbria. Il regno scandinavo di York ebbe fine con la morte di Eric Bloodaxe (Eirik Blodoks) nel 954. Tuttavia, le incursioni danesi continuarono e, durante il regno di Etelredo (978-1016), vennero pagate ingenti somme in Danegeld, che attestano quanto ricco fosse il paese. La strategia di Alfredo e dei suoi successori si basava anche su un'azione di carattere culturale e religioso e la politica di alleanza tra Chiesa e Stato costituì una costante che si riflette chiaramente nel repertorio figurativo anglosassone. La cura che Alfredo ebbe per l'istruzione e per l'educazione religiosa del clero risulta in modo evidente dalla prefazione alla sua traduzione, in inglese antico, della Cura pastoralis di Gregorio Magno, un manuale per il clero secolare. Copie del testo furono inviate alle diocesi e quella donata a Werferth, vescovo di Worcester, si è conservata (Oxford, Bodl. Lib., Hatton 20). Essa contiene piccole iniziali decorate, il cui stile le collega a precedenti manoscritti dell'Inghilterra meridionale dell'8° secolo.
Trent'anni dopo Etelstano poté offrire ai canonici di St Cuthbert, che in quel tempo risiedevano a Chester-le-Street, ma che più tardi si stabilirono a Durham, una copia latina delle vite di s. Cutberto di Beda il Venerabile (Cambridge, C.C.C., 183). Scritto agli inizi del sec. 8° in Northumbria, il libro di Beda descrive l'affermazione del cristianesimo in Inghilterra, favorita anche dai re anglosassoni predecessori di Etelstano, alle cui vittorie contro le genti pagane si dovette lo stabile attestarsi della religione cristiana. In una miniatura a piena pagina posta a frontespizio si vede Etelstano che offre il libro a s. Cutberto, vescovo di Lindisfarne (m. 687), santo patrono del Nord, le cui spoglie erano colà custodite dai canonici. La miniatura collega così, simbolicamente, un passato ormai storico con il glorioso presente e il Sud con il Nord, in una recuperata unità territoriale.
Tuttavia il centro del regno rimase nel Sud, a Winchester. Scavi archeologici, eseguiti tra il 1961 e il 1971, hanno consentito di ricostruire le strutture della cattedrale-priorato prenormanna e di un'altra abbazia benedettina, il New Minster, originariamente situata accanto alla cattedrale, ma che in epoca più tarda fu spostata a Hyde, fuori Winchester (Hyde Abbey). Questi scavi hanno portato alla luce un frammento di pittura murale, databile in epoca anteriore al 903, che, insieme ad alcuni ricami donati da Etelstano alla sepoltura di s. Cutberto, eseguiti tra il 909 e il 916, fa ritenere che già in tale epoca vi fossero contatti con il continente e che a Winchester si fosse affermato uno stile tardocarolingio. Sia le pose contrapposte delle figure, nei ricami, sia l'impiego nel bordo di girali vegetali plasticamente definiti e popolati di figure indicano come già avvenuta la rottura con il passato insulare del 7° e 8° secolo.
Fin dal 903 Alfredo aveva invitato un monaco dalla Francia, Grimbaldo di Saint-Bertin, ad assumere la guida del New Minster a Winchester. La generazione successiva di ecclesiastici inglesi stabilì ulteriori relazioni con il continente. S. Dunstano (908 ca.-988) visse per qualche tempo in esilio a Gand nel 957; altri contatti si ebbero con Saint-Benoît-sur-Loire (Fleury). Etelstano fece sposare le proprie sorelle con Ugo Capeto, duca dei Franchi, e con Ottone I, re dei Germani, che successivamente, nel 972, fu incoronato imperatore a Roma. Vi fu uno scambio di regali ed Etelstano, a quanto pare, donò a Ottone I un evangeliario (Gandersheim Gospels) del sec. 9°, eseguito a Metz (ora a Coburgo, Landesbibl.). Dunstano fu abate di Glastonbury dal 940 al 956; dopo un breve periodo di disgrazia, re Edgardo lo richiamò dall'esilio nelle Fiandre e nel 960 egli divenne arcivescovo di Canterbury. Nella stessa epoca, il suo protetto e amico Etelvoldo (908 ca.-992) divenne abate di Abingdon e poi, nel 963, vescovo di Winchester. Insieme a Osvaldo, vescovo di Worcester nel 961 e poi arcivescovo di York (972-992), elaborarono un programma di riforma della regola benedettina per i monasteri inglesi. Tale riforma si fondava su consuetudini continentali e il documento che la sanciva era la Regularis Concordia. Una copia del sec. 11° raffigura Edgardo affiancato da Dunstano ed Etelvoldo con un monaco, più in basso, che riceve la regola (Londra, BL, Cott. Tib. A.III, c. 2v). Si tratta probabilmente di una copia dell'originale compilato intorno al 970. La partecipazione regia alla rinascita monastica è segnalata, in data persino anteriore, dal frontespizio di una copia (eseguita intorno al 966) dello statuto (New Minster Charter) con cui il re fondava il New Minster come comunità benedettina riformata (Londra, BL, Cott. Vesp. A.VIII, c. 2v). Vi è raffigurato Edgardo, questa volta affiancato dalla Vergine e da s. Pietro, patroni del monastero, in atto di porgere lo statuto a Cristo, circondato in alto da angeli. Dal punto di vista iconografico, la raffigurazione di Cristo si collega alla miniatura dell'Ascensione aggiunta a un salterio carolingio che probabilmente fu in possesso di Etelstano e che questi donò alla cattedrale di Winchester (Londra, BL, Cott. Galba A.XVIII, c. 120v). La miniatura del New Minster Charter si segnala per i colori più vivi, messi in risalto dallo sfondo color porpora, e per il bordo a rigogliosi girali d'acanto e nell'insieme indica lo sforzo degli artisti inglesi di imitare gli splendidi manoscritti prodotti dalle scuole della corte carolingia.
Questo sforzo si spinge ancora più lontano nel Benedizionale (libro il cui testo è costituito dalle benedizioni recitate dal vescovo) eseguito per lo stesso Etelvoldo (Londra, BL, Add. Ms 49598). Il codice è decorato con un ciclo di ventotto miniature a piena pagina (molte altre sono andate perdute), cosa eccezionale per un testo di questo genere. È stato dimostrato che parecchie scene assomigliano moltissimo a quelle raffigurate su avori tardocarolingi della scuola di Metz, soprattutto cofanetti, conservati ora a Braunschweig (Herzog Anton Ulrich-Mus.) e a Parigi (Mus. de Cluny). Le scene più simili sono quelle dell'Annunciazione, della Natività e del Battesimo. Alla fine del codice è raffigurato il vescovo stesso mentre benedice la sua congregazione, radunata nella chiesa episcopale. La figura di Etelvoldo è interamente dipinta a colori, mentre le altre figure sono disegnate con il bistro: le differenti tecniche stanno a indicare il diverso rango dei personaggi. Il ruolo di Etelvoldo come destinatario del libro e pastore del proprio gregge è menzionato nel fiorito componimento poetico introduttivo, che riporta anche il nome del copista, Godeman, ma non quello del miniatore. Oltre a mettere in rilievo il ruolo e il rango del vescovo, molte miniature fanno riferimento a Cristo come re e in questo modo stabiliscono un collegamento tra Cristo e il re terrestre, investito da Dio. Ne sono esempi la scena del Battesimo (c. 25), dove la doppia ampolla per l'olio, usata per la consacrazione dei re di Francia e raffigurata sugli avori carolingi, è posta nel becco della colomba che si libra sopra la testa di Cristo, o la scena dell'Epifania, dove i magi appaiono incoronati, esempio precoce della loro trasformazione da saggi in re. Si tratta dunque di miniature che richiamano anche l'alleanza tra Chiesa e Stato.
Un altro libro liturgico, il Pontificale di Rouen, o Benedizionale dell'arcivescovo Roberto (Rouen, Bibl. Mun., Y. 7), di cui si sono conservate tre miniature molto simili per stile e iconografia alle precedenti, fa pensare all'esistenza di un importante scriptorium a Winchester e ha indotto gli studiosi, a partire da Homburger (1912), a parlare di una 'scuola di Winchester'. Questo è plausibile, perché Winchester era sede del palazzo reale, deposito del tesoro reale e una delle diocesi più ricche, come attesta il Domesday Book (Libro del catasto); ma anche Canterbury era certamente uno dei centri più attivi nella produzione di importanti manoscritti miniati, inoltre vi rimangono altri libri dei quali non si conosce il luogo di produzione.
Sempre di Winchester era, probabilmente, anche un artista specializzato prevalentemente in disegni al tratto, più o meno sfumati ad acquerello. Un salterio (Londra, BL, Harley 2904) contiene una commovente raffigurazione della Crocifissione con il Cristo sofferente, a occhi chiusi, affiancato da s. Giovanni e dalla Vergine (c. 3v); elementi liturgici e paleografici lasciano pensare che esso sia stato eseguito probabilmente a Winchester intorno al 990-1000. Tuttavia, questo stesso artista si dovette recare in Francia, dato che un disegno contenuto in una copia del Commentario di s. Gregorio a Ezechiele (Orléans, Bibl. Mun., 175) e le miniature di un evangeliario (Boulogne-sur-Mer, Bibl. Mun., 11), proveniente da Saint-Bertin, un monastero benedettino che sorgeva sull'altra costa della Manica, di fronte a Dover, sono certamente di sua mano. Le miniature dell'evangeliario si riallacciano al Benedizionale di s. Etelvoldo (nella scena della Natività, per es., il motivo della levatrice che aggiusta un cuscino, particolare ripreso dagli avori carolingi). Inoltre queste miniature mettono particolarmente in risalto gli antenati di Cristo attraverso un'insolita serie di ritratti a mezzo busto dei re d'Israele, da Davide in poi.
Nel 992 s. Dunstano morì; un pontificale (Parigi, BN, lat. 943), più tardi presente a Sherborne, potrebbe essere stato eseguito per lui, come suggeriscono le indicazioni testuali; esso ha tutte le caratteristiche di un prodotto di Canterbury, per es. nelle iniziali, tipiche dei manoscritti di quello scriptorium. Contiene tre disegni al tratto che raffigurano Cristo come re, come Dio e come uomo. Anche questa volta, l'originalità iconografica e la sperimentazione tecnica vanno di pari passo. Il disegno al tratto, relativamente inconsueto nell'arte del periodo precedente, almeno nei manoscritti più importanti, divenne il principale mezzo d'espressione usato dall'inventiva degli artisti anglosassoni. Uno dei primi esempi conservati è riconducibile allo stesso s. Dunstano; si trova posto a frontespizio in una collezione miscellanea di testi (Oxford, Bodl. Lib., Auct. F. 4. 32, c. 1) e raffigura il santo in preghiera ai piedi di Cristo. È possibile che Dunstano stesso abbia eseguito il disegno, poiché si sa dal suo biografo che egli fu un artista e la preghiera, che potrebbe essere stata da lui stesso vergata, è scritta in prima persona.
In epoca imprecisata, ma probabilmente nel tardo sec. 10°, pervenne a Canterbury un salterio (Utrecht, Bibl. der Rijksuniv., 32) eseguito a Reims intorno all'820, in cui ogni salmo è illustrato con disegni al tratto. Le immagini di questo salterio fanno preciso riferimento a parole e frasi dei salmi illustrandole, talvolta in modo letterale, talvolta con scene narrative relative agli episodi della storia degli Ebrei e della vita di Cristo a cui i testi rimandano. A Canterbury, ai primi del sec. 11°, si pose mano a una copia di quest'opera (Londra, BL, Harley 603) che in linea di principio tende a riprodurla con esattezza, come un facsimile, introducendo peraltro un'innovazione tecnica di fondamentale importanza: l'uso del disegno al tratto colorato in blu, verde, arancione e porpora, invece che eseguito a bistro. La copia non fu mai completata e un gran numero di artisti lavorò fino alla fine del secolo alle sue illustrazioni, non sempre fedeli, peraltro, ai modi delle immagini originali. Il Salterio di Utrecht non solo consolidò la predilezione anglosassone per il disegno al tratto come mezzo di espressione artistica, ma svolse anche la funzione di vera e propria miniera di immagini. L'idea dell'illustrazione letterale fu ripresa e applicata in altri contesti, per es. in un altro salterio (Roma, BAV, Reg. lat. 12), anch'esso eseguito forse a Canterbury ai primi del sec. 11°, ma successivamente conservato a Bury St Edmunds. Un altro elemento caratteristico del Salterio di Utrecht è rappresentato dalle numerose raffigurazioni della vita dei campi e dei mestieri artigiani. Due manoscritti, provenienti da Canterbury (Londra, BL, Cott. Jul. A.VI; Cott. Tib. B. V), comprendono cicli del calendario con raffigurazioni dei lavori e delle attività dei mesi: è possibile che anch'essi siano stati ripresi dalle illustrazioni del Salterio, sebbene si sia anche supposto che possano essere invece copia di un modello carolingio della 'scuola di Reims' andato perduto. Uno dei due cicli è dipinto, l'altro è disegnato: quest'ultimo ricalca, ancora una volta, la nervosa espressività lineare dei disegni originali di Reims.
Il repertorio di immagini del Salterio di Utrecht fu utilizzato anche per adornare evangeliari anglosassoni. Nelle tavole dei canoni di un evangeliario - eseguito quasi certamente a Canterbury nel tardo sec. 10° (New York, Pierp. Morgan Lib., M.869), sebbene ancora non sia chiaro se a St Augustine o alla Christ Church, la cattedrale-priorato - vi sono raffigurazioni della Trinità, della Vergine con il Bambino e di angeli, riprese dal Salterio di Utrecht. In un altro evangeliario, il c.d. Evangeliario di Grimbaldo (Londra, BL, Add. Ms 34890), si vede l'angelo simbolo di s. Matteo che si rivolge all'evangelista dall'alto di una colonna, anche in questo caso riprendendo un motivo del Salterio. Entrambi i manoscritti fanno parte di un folto gruppo di splendidi evangeliari della fine del 10° e dei primi dell'11° secolo. Uno di essi, ora a Hannover (Kestner-Mus., WM XXIa 36), è firmato dal copista Eadui, la cui grafia è stata riconosciuta anche in un evangeliario conservato a York (Chapter Lib., Add. Ms I) e nel Salterio Arundel (Londra, BL, Arund. 155), ove una miniatura raffigura S. Benedetto in atto di consegnare la regola ai suoi monaci, uno dei quali è prostrato ai suoi piedi: un'immagine che esprime gli ideali monastici d'umiltà e di obbedienza. Nell'Evangeliario di Eadui, l'artista utilizzò per alcuni dei drappeggi foglie d'oro lucido di grandissima luminosità, come era stato fatto in precedenza nel Benedizionale di s. Etelvoldo (in una miniatura che raffigura S. Eteldreda) per indicare la santità. Nelle miniature del Salterio Arundel la combinazione di disegno a piena coloritura e disegno al tratto fu nuovamente utilizzata in modo analogo a quanto si vede nel Benedizionale. Questi collegamenti tra Canterbury e Winchester non sorprendono se si tiene conto del programma di rinascita monastica e dei legami esistenti tra i capi della Chiesa, evidenti anche nel sacramentario (Rouen, Bibl. Mun., Y. 6) donato al proprio antico monastero da Roberto di Jumièges, divenuto vescovo di Londra nel 1044 e poi costretto a rifugiarsi in Normandia nel 1050. Il manoscritto comprende tredici miniature a piena pagina e dodici pagine incorniciate ed è assai probabile che sia stato eseguito a Canterbury, anche se ne mancano prove certe.Canterbury produsse una grande varietà di testi illustrati; tra essi vanno ricordati il poema di Prudenzio sulla lotta tra i Vizi e le Virtù (Psychomachia) - il cui ciclo di immagini, eseguito nel sec. 5°, fu trasmesso probabilmente da un intermediario carolingio - e le c.d. Meraviglie dell'Oriente (De rebus ex oriente mirabilibus) che raffigurano popoli leggendari che si riteneva vivessero ai confini del mondo. Vi sono anche due manoscritti che attestano la costante importanza della lingua volgare nella vita della Chiesa. Il primo, il c.d. Genesi di Caedmon (Oxford, Bodl. Lib., Junius Ms. 11), contiene poemi sulla creazione, in inglese antico, composti in epoche diverse, mentre le illustrazioni, che mostrano due stili differenti, non furono mai completate. Una miniatura famosa raffigura l'Arca di Noè con le forme di una snella imbarcazione contemporanea (p. 68): quali che fossero gli antichi cicli pittorici cui l'artista anglosassone si ispirava, in ogni caso seppe chiaramente aggiornarli. Un'altra miniatura mostra Enoch assunto in cielo e del profeta si scorgono solo i piedi, in alto, fra le nuvole (p. 61). Gli artisti anglosassoni raffigurarono audacemente in modo simile anche l'Ascensione di Cristo, con un'innovazione iconografica che ebbe molto seguito durante tutto il Medioevo. Il secondo manoscritto contiene una parafrasi in inglese antico dei primi sei libri della Bibbia (Londra, BL, Cott. Claud. B.IV). Anche le miniature di questo manoscritto, che sono eccezionalmente interessanti perché rivelano le tecniche usate dai miniatori, non furono mai completate. Il problema di quanto strettamente le illustrazioni dipendano da modelli anteriori rimane anche in questo caso controverso, così come la natura di tali modelli, restando peraltro certo che essi vennero aggiornati in riferimento a tutta una serie di particolari della vita e dell'esperienza contemporanee. Un'altra innovazione iconografica consistette nel raffigurare Mosè con le corna. Il tardo sec. 10° vide una ripresa delle incursioni scandinave, che raggiunsero il culmine sotto Canuto II, re di Danimarca e poi di Norvegia, divenuto re di tutta l'Inghilterra nel 1016 e morto nel 1035. Anch'egli perseguì una politica volta a rinsaldare i rapporti con la Chiesa e il dono di una grande croce d'oro a Winchester gli valse non solo le preghiere dei monaci, ma anche una raffigurazione insieme alla moglie anglosassone Aelfgifu nel necrologio del monastero o Liber vitae (Londra, BL, Stowe 944). Altri due disegni mostrano S. Pietro che riceve i beati in cielo e S. Michele che chiude le porte dell'inferno.
La dinastia anglosassone salì nuovamente al trono con Edoardo il Confessore (1042-1066), durante il cui regno fu eseguito a Winchester, probabilmente intorno al 1050, un altro salterio (Londra, BL, Cott. Tib. C.VI), comprendente un ciclo introduttivo di sedici disegni al tratto, a piena pagina (di cui tre con scene della vita di Davide e i rimanenti con scene della vita di Cristo), e altri tre disegni nel testo, due miniature interamente dipinte, nonché altre pagine con diagrammi. Sfortunatamente il salterio fu danneggiato nell'incendio della Cotton Library nel 1731. Non si può escludere che il ciclo introduttivo derivi da un precedente salterio anglosassone, perduto, ma in ogni caso questo è il primo esempio noto e conservatosi di salterio con un ciclo introduttivo: una pratica che in seguito divenne comune in tutta l'Europa. Le miniature mostrano l'appiattimento di forme e l'irrigidimento di contorni divenuti poi caratteristici dello stile romanico maturo. Altri manoscritti, eseguiti verso la metà del secolo, mostrano la stessa tendenza, per es. un tropario di provenienza ignota (Londra, BL, Cott. Calig. A.XIV) e un gruppo di evangeliari, storicamente associati a Giuditta, la moglie di Tostig, conte di Northumbria, che dopo la morte del marito, nel 1066, tornò dal padre, conte delle Fiandre e in seguito sposò Velfo IV, duca di Baviera, nel 1071. Ella lasciò all'abbazia di Weingarten due evangeliari (New York, Pierp. Morgan Lib., M.708 e M.709) che influenzarono i successivi miniatori tedeschi.
L'influsso della miniatura anglosassone sul continente fu fortemente sentito nella Francia settentrionale, in centri come Saint-Vaast e Saint-Bertin, dove intorno al Mille l'abate Odberto, artista egli stesso, copiò un evangeliario anglosassone e dove lavorarono anche artisti anglosassoni. Ebbe inoltre importanza decisiva anche in Normandia, in monasteri come Fécamp e Mont-Saint-Michel. Dopo la conquista normanna del 1066, molte opere d'arte anglosassoni, compresi i manoscritti, furono portate in Normandia come bottino. Ma la conquista normanna recò con sé tali devastazioni da determinare per circa trenta anni un autentico vuoto anche culturale; e la produzione artistica in Inghilterra, che era stata una delle più creative e raffinate d'Europa, subì di conseguenza un arresto, almeno temporaneo.
Bibliografia
Per la descrizione di singoli manoscritti, una bibl. completa e una autorevole introduzione generale: E. Temple, Anglo-Saxon manuscripts 900-1066 (A survey of manuscripts illuminated in the British Isles, 2), London 1976.
Un aggiornamento bibliografico annuale è pubblicato dalla rivista Anglo-Saxon England.
Per la storia del periodo: J. Campbell, P. Wormald, E. John, The Anglo-Saxons, Oxford 1982.
Per trattazioni generali sui manoscritti miniati:
O. Homburger, Die Anfänge der Malschule von Winchester im X. Jahrhundert, Leipzig 1912; F. Wormald, English drawings of the tenth and eleventh centuries, London 1952; M. Rickert, Painting in Britain. The Middle Ages (Pelican History of Art, 5), Harmondsworth 19652; J.J.G. Alexander, Anglo-Saxon illumination in Oxford Libraries (Bodleian Library Picture Book Special Series, 1), Oxford 1970; F. Wormald, L'Angleterre, in L. Grodecki, F. Mütherich, J. Taralon, F. Wormald, Le si'ecle de l'An Mil, Paris 1973, pp. 227-254.
Altri importanti studi sono raccolti in F. Wormald, Collected Writings, I, Studies in Medieval art from the sixth to the twelfth centuries, London 1984. Inoltre va segnalato il cat. della mostra The Golden Age of Anglo-Saxon Art 966-1066, London 1984.
Edizioni monografiche in facsimile e articoli su singoli manoscritti:
N. R. Ker, The Pastoral Care (Early English manuscripts in facsimile, 6), Kobenhavn 1956 (Oxford, Bodl. Lib., Hatton 20); R.W. Hunt, St. Dunstan's Classbook, from Glastonbury, Amsterdam 1961 (Oxford, Bodl. Lib., Auct. F. 4. 32); G. F. Warner, H. A. Wilson, The Benedictional of St. Aethelwold, Oxford 1910; F. Wormald, The Benedictional of St. Ethelwold, London 1959; I. Gollancz, The Caedmon Manuscript of Anglo-Saxon Biblical Poetry. Junius XI in the Bodleian Library, Oxford 1927; B. Colgrave, The Paris Psalter (Early English manuscripts in facsimile, 8), Kobenhavn 1953; P.M.J. McGurk, An eleventh-century Anglo-Saxon illustrated miscellany (Early English manuscripts in facsimile, 21), Kobenhavn 1983 (Londra, BL, Cott. Tib. B.V); W. Leith, The Gospel Book of St Margaret, Edinburgh 1896; F. Wormald, An English eleventh-century psalter with pictures, Walpole Society 38, 1960-1962, pp. 1-13 (Londra, BL, Cott. Tib. C.VI); J. Rosenthal, The unique architectural settings of the Arenberg evangelists, in Studien zur Mittelalterlichen Kunst 800-1250. Festschrift für Florentine Mütherich zum 70. Geburtstag, a cura di K. Bierbrauer, P. Klein, W. Sauerländer, München 1985, pp. 145-156 (New York, Pierp. Morgan Lib., M. 869); C.R. Dodwell, P. Clemoes, The Old English Illustrated Hexateuch (Early English manuscripts in facsimile, 28), Kobenhavn 1974 (Londra, BL, Cott. Claud. B.IV); J.J.G. Alexander, C.B. L. Barr, S. Keynes, P. McGurk, The York Gospels (in corso di stampa).
Innovazioni iconografiche anglosassoni:
M. Schapiro, Cain's jaw-bone that did the first murder, ArtB 24, 1942, pp. 205-212; id., The image of the disappearing Christ, GBA, s. VI, 23, 1943, pp. 135-152; E. Kantorowicz, The Quinity of Winchester, ArtB 29, 1947, pp. 73-85; A. Heimann, Three illustrations from the Bury St Edmunds Psalter and their prototypes, JWCI 29, 1966, pp. 39-59; R. Mellinkoff, The Horned Moses in Medieval Art and Thought, Berkeley 1970; J. Rosenthal, Three drawings in an Anglo-Saxon Pontifical: Anthropomorphic Trinity or Threefold Christ?, ArtB 63, 1981, pp. 547-562.
Fonti letterarie e tendenze estetiche: C.R. Dodwell, Anglo-Saxon Art. A new perspective, Manchester 1982.
Per le tecniche: C.R. Dodwell, Techniques of manuscript painting in Anglo-Saxon manuscripts, in Artigianato e tecnica nella società dell'Alto Medioevo occidentale, "XVIII Settimana di studio del CISAM, Spoleto 1970", Spoleto 1971, pp. 642-662; J.J.G. Alexander, Some aesthetic principles in the use of colour in Anglo-Saxon art, Anglo-Saxon England 4, 1975, pp. 145-154.
Per le influenze sul continente: J.J.G. Alexander, Norman illumination at Mont St. Michel 966 to c. 1100, Oxford 1970.
v. anche Anglosassoni, Arte degli. Parte introduttiva