Arte e iconografia costantiniane
Grecia, Cipro e Vicino Oriente, VII-XV secolo
Nella trasmissione dell’iconografia costantiniana il ruolo della Grecia e del Vicino Oriente, escludendo la capitale, è apparentemente privo di riscontri figurativi per tutto l’arco cronologico compreso tra l’età post-costantiniana e il IX secolo1. Durante il suo regno ad Atene2, come in molte altre città dell’ampio territorio considerato, l’imperatore è onorato con statue: si tratta dei ritratti ufficiali offerti in segno di ringraziamento per particolari benefici offerti alle comunità locali, secondo la prassi consueta per questo tipo di manifestazioni pubbliche. Dopo il IV secolo, al contrario, l’iconografia costantiniana sembra decrescere fino a scomparire: la memoria dell’imperatore rimane circoscritta all’ambito letterario, dove se ne costruisce un’immagine leggendaria in chiave religiosa, secondo la quale Costantino viene assimilato ai grandi personaggi del Vecchio Testamento e a Cristo stesso. Testi del VI e del VII secolo, come quelli di Teodoro Anagnoste e di Malala, il Chronicon Paschale e il trattato De cruce Christi del monaco Alessandro sono significativi di questa fase di elaborazione dei nuovi contenuti narrativi, di cui è nota documentazione solo a Costantinopoli (per esempio in relazione alla chiesa di S. Polieucto), mentre fuori della capitale è necessario aspettare almeno due secoli perché appaiano i primi esempi figurativi.
Immagini di Costantino sono attestate, ad esempio, nelle pitture parietali della Cappadocia, ma non prima del IX secolo. In questo contesto, unico nel suo genere, in una prima fase il nome di Costantino è riprodotto senza alcun ritratto, accanto a una croce, con un significato glorificante che evoca la tradizione della celebre visione nell’imminenza della battaglia di ponte Milvio. In un secondo momento si afferma il modello di Costantino e di Elena con la corona ornata da prependulia, in abiti imperiali riccamente decorati, ai due lati di una croce sorretta insieme dall’imperatore e dalla madre, o posta tra le loro figure, con un ampliamento del significato iniziale alla memoria del celebre episodio del rinvenimento della vera croce da parte di Elena. Anche in questo caso si tratta di un probabile riflesso di cicli figurativi della capitale descritti in maniera spesso incidentale dalle fonti. L’immagine è posta di solito in una posizione rilevante dell’edificio di culto, in genere l’abside, e può essere isolata o integrata al programma decorativo, con lievi varianti.
Uno dei primi esempi di datazione controversa (IX secolo o fine del IX-XI secolo), è costituito dalla chiesa di Hagios Basilios (Mustafapaşa) a Sinasos: in questo caso il nome di Costantino è solo evocato da un’iscrizione, mentre una grande croce gemmata a bracci patenti è dipinta sul soffitto. Altre attestazioni si collocano tra il X e il XIII secolo, mostrando lo sviluppo dell’iconografia specifica di Costantino in associazione alla madre Elena e alla rappresentazione della croce, secondo un modello che sembra avere avuto particolare fortuna grazie al ruolo esercitato dall’imperatore Basilio I (867-886) nella promozione del culto di san Costantino e della croce come strumento di legittimazione della propria ascesa al trono, avvenuta in realtà attraverso l’assassinio del predecessore, Michele III (842-867).
Lo schema figurativo della coppia imperiale madre-figlio è ormai ben attestato nel repertorio tardoantico e bizantino. Rappresentazioni di Costantino ed Elena sono note d’altra parte a Costantinopoli almeno a partire dagli inizi del V secolo (il primo esempio riconosciuto sarebbe il basamento della colonna di Arcadio, del 401-402), divenendo anche in seguito un motivo topico inteso a legittimare la nascita dell’imperatore in carica, e quindi il proprio diritto al trono. A Costantinopoli Foca (610-610) avrebbe fatto raffigurare Elena accanto a Costantino con tessere auree nella piazza del Diippion, e altre immagini analoghe sono note nella capitale, in scultura e in mosaico.
In generale, la rappresentazione congiunta dei due imperatori sembra più frequente dopo l’iconoclastia (726-843), come mostrano, ad esempio, le miniature: potrebbe essere fondamentale, anche in questo caso, il ruolo svolto dai cicli decorativi costantinopolitani, conservati o noti solo in parte, nella trasmissione delle immagini. Lo stesso tema imperatore-imperatrice madre è riprodotto, sebbene in un contesto più elaborato, nel mosaico absidale di S. Giovanni Evangelista a Ravenna, nella scena del mare in tempesta e della nave su cui viaggiava la famiglia imperiale, con Galla Placidia e Valentiniano III (425-455). Nell’accezione di ratifica della dinastia va probabilmente considerata la riproduzione dei monogrammi di Irene e Costantino VI (780-797) nel bema di Santa Sofia di Tessalonica: gli imperatori, anche in questo caso madre e figlio, sarebbero stati evocati nello stesso edificio di culto insieme, attraverso icone, analogamente a quanto attestato dalle fonti per la Zoodochos Pegè di Costantinopoli, dove i due personaggi erano rappresentati a mosaico. Lo stesso schema viene riprodotto come forma di esaltazione dinastica anche nel caso di Michele III (842-867) e Teodora, raffigurati in trono nel codice Skylitzes Matritensis3, fino a Giovanni V Paleologo (1332-1391) e Anna Paleologina, ritratti in Santa Sofia di Costantinopoli.
Nel X secolo l’associazione tra Costantino, Elena e la croce è ormai diffusa e si riscontra anche in manufatti di uso liturgico e devozionale come reliquiari cruciformi, stauroteche, croci processionali. Un esempio è la croce proveniente da Adrianopoli (Edirne), in lamina di argento su un’anima di ferro, con dorature e niello, oggi conservata al Museo Benaki di Atene4. Il manufatto, dono di un Sisinnio, definito «servo di Dio», e del presbitero Giovanni, si data al tardo X secolo. Nella parte frontale compaiono immagini di Cristo e della Vergine orante, gli arcangeli Michele e Gabriele, busti dei Padri della Chiesa (Giovanni Crisostomo, Basilio il Grande e Nicola), dei santi medici Cosma e Damiano, dei santi militari Sisinnio e Procopio. Sul retro, invece sono cinque medaglioni, quello centrale raffigurante san Giovanni Battista, i due del braccio verticale Costantino ed Elena che reggono una piccola croce, quelli del braccio orizzontale i santi militari Giorgio e Teodoro Tirone. L’immagine di Costantino, rispetto a quella della madre, presenta in questo oggetto una particolare enfasi, sottolineata da un bordo a treccia puntinata a definizione del clipeo; entrambi gli imperatori indossano una corona emisferica, il tipo definito con il termine di kamelaukion; si tratterebbe dell’attributo offerto a Costantino da un angelo, secondo la tradizione riportata da Costantino Porfirogenito (913-959), incoronato con il medesimo ornamento, da parte di Cristo in un celebre avorio del Museo Puschkin di Mosca.
Dopo le fasi iniziali aniconiche cui si è già accennato, l’immagine di Costantino ed Elena stanti e nell’atto di reggere la croce, o ai lati di essa, trova particolare sviluppo in numerose chiese rupestri della Cappadocia posteriori alla metà del IX secolo: esempi sono attestati nella Yüksekli kilise n. 1 e nel sottarco della chiesa II della Tokalı Kilise di Göreme (attribuita al 950-960, ma di datazione controversa), o nell’abside nord di Elevra n. 3 (Mustafapaşa). Più tardi nei Santi Apostoli di Sinasos (Mustafapaşa) vicino all’abside, forse con un significato apotropaico e teofanico insieme, e nella Yılanlı Kilise di Yeşilköy (valle di İhlara), dove gli imperatori stanti, in lunghe vesti gemmate, reggono il globo con una mano, mentre con l’altra sostengono una croce centrale a bracci patenti e gemmata. Costantino viene raffigurato da solo, mentre regge il clipeo includente una croce, nel muro orientale della cappella meridionale della chiesa di Güllü Dere n. 4 (S. Giovanni, Ayvalı Kilise), dove compare anche nello schema canonico insieme alla madre, replicato ancora nel XIII secolo nell’arco trionfale del monastero dell’arcangelo Michele (Cemil).
Nell’ambito di un paradigma iconografico piuttosto uniforme, alcune lievi varianti sono state individuate nelle chiese di Göreme n. 7 e Tokalı I, quest’ultima databile dopo il primo quarto del X secolo: l’immagine di Costantino ed Elena con il globo e la croce centrale è inserita in tale contesto in una scena più complessa che comprende una teoria di santi. Nella Tokalı II (950-960) una variante è rappresentata dalla collocazione delle due figure in pannelli separati ai due lati dell’abside: Costantino regge la croce astile e il globo crucifero, Elena invece è raffigurata in atteggiamento orante. A Göreme n. 1 (El Nazar), i due imperatori tengono in mano una croce di dimensioni più modeste. Gli affreschi dell’abside della Grande colombaia (Kuşluk) di Çavuşin, forse costruita per glorificare le imprese vittoriose dell’imperatore cappadoce Niceforo II Foca (963-969) contro gli arabi, mostra infine in uno schema simmetrico le due coppie imperiali Costantino-Elena, recanti una croce-reliquiario, e Niceforo-Teofano.
Nelle chiese della Cappadocia la coppia imperiale è generalmente rappresentata nella zona absidale, come mostrano gli esempi già citati o la chiesa mononave di Erdemli (seconda metà del X secolo), ma sono documentati casi, come la Bahattin Samanlığı kilise a Belisırma (posteriore alla seconda metà del X secolo), in cui è solo Costantino a occupare questa posizione, mentre Elena è relegata in un contesto meno rilevante. È attestata anche la collocazione delle due figure ai lati dell’arcata centrale della navata, come nella Saklı Kilise di Göreme n. 2a (databile dopo la seconda metà dell’XI secolo), dove Costantino tiene in mano il globo crucifero, Elena invece una piccola croce. In esempi più tardi (ad esempio la Karşi kilise di Gülşehir, del 1212), a destra e sinistra dell’asta superiore della croce centrale compare l’acronimo EEEE, testimoniato anche in alcuni esempi di Cipro (S. Neofito), Serbia, Bulgaria, e da interpretare probabilmente come ῾Ελένη εὗρε ἐλέους ἔρεισμα («Elena trovò il sostegno della misericordia»).
Che le chiese rupestri della Cappadocia riflettano schemi decorativi coevi, presenti nello stesso periodo in altri contesti monumentali strettamente legati da un punto di vista culturale e religioso a Costantinopoli, è reso evidente dalla diffusione del soggetto già riscontrato in un’area assai lontana, la Focide, in cui sorge uno degli esempi più rilevanti degli inizi dell’XI secolo, quello della chiesa di Hosios Loukas: nei mosaici del muro occidentale del lato sud del nartece di questo importante complesso di età macedone (867-1056), gli imperatori sono rappresentati su uno sfondo d’oro secondo l’iconografia ormai canonizzata: in abiti imperiali, stanti, ai lati di una croce di cui reggono l’asta verticale. L’apporto costantinopolitano in questo edificio è significativo: le maestranze, come probabilmente lo schema decorativo, provengono probabilmente dalla capitale, lo stile è composto ed elegante. Non è strano, dunque, che da un prototipo ormai consolidato la stessa iconografia trovi ampio sviluppo in tutta la Grecia, dalla chiesa della Dormizione di Skiprou in Beozia, alla chiesa rupestre Enkleistra di S. Neofitos a Pafos (Cipro), alla Panagia tou Asinou di Nikitari (Cipro).
La diffusione mediterranea delle immagini raffiguranti la croce tra Costantino ed Elena, è probabilmente all’origine della tradizione religiosa sviluppatasi attorno al complesso della Katapoliani (Panaghia Hekatontapyliani) nell’isola di Paros. Qui la tradizione locale identifica un culto legato alla memoria dell’imperatore e della madre, di cui è probabile si conservasse una raffigurazione, forse insieme a reliquie della vera croce. Si tratterebbe dell’edificio voluto da Elena e realizzato dal figlio come ex voto per uno scampato pericolo di un naufragio e per il miracoloso rinvenimento della croce. Secondo la narrazione favolistica, infatti, l’imperatrice, in viaggio verso Gerusalemme, sarebbe stata costretta da una tempesta a sostare a Paros e qui si sarebbe recata a pregare in un luogo di culto dedicato alla Dormizione della Vergine, intitolazione che sembra suggerire una contestualizzazione del racconto ben oltre l’epoca in cui si sarebbero svolti i fatti. Un successivo edificio di culto, voluto dal vescovo dell’isola, sarebbe stato invece opera di un Ignazio, ipotetico collaboratore di Antemio da Tralle e Isidoro da Mileto, i responsabili del progetto giustinianeo di Santa Sofia a Costantinopoli. Per quanto la tradizione agiografica appaia molto romanzata, effettivamente le indagini archeologiche condotte nella zona della Katapoliani hanno riconosciuto diverse fasi costruttive attribuibili all’età tardoantica; una datazione al IV secolo della prima fase pare comunque assai improbabile e la narrazione, incentrata su alcuni elementi topici ricorrenti, sembra piuttosto basata sulla tradizione religiosa e iconografica medio-bizantina cui si è già fatto riferimento.
Un filone iconografico particolare si sviluppa a Creta in età veneziana (1210-1669): si tratta, con la Cappadocia e Cipro, di un ambito monumentale e figurativo di grande interesse nello studio della trasmissione e rielaborazione delle immagini di Costantino. I complessi cicli pittorici dell’isola mostrano, in diversi casi, una successione delle immagini dell’imperatore per episodi che, traendo spunto dal repertorio classico (ad esempio dionisiaco) e dai racconti figurati cristiani riguardanti Cristo, la Vergine e i santi, permette di seguire lo sviluppo di uno specifico filone narrativo che riguarda la vita di Costantino. Gli episodi sono spesso corredati da iscrizioni, come per esempio nella chiesa di S. Costantino a Pyrgos (Monofatsi, Iraklion), del 1315, dove sono presentati in successione la nascita, la consegna di Costantino bambino al padre Costanzo Cloro, il contrasto con Diocleziano, la Visione e l’entrata a Roma, l’incoronazione di Costantino ed Elena da parte di Cristo. A S. Costantino di Kritsa (Mirabello, Lassithi), del 1354/1355, restano visibili solo tre scene, una delle quali con l’immagine di Costantino in abiti militari su un cavallo bianco; a essa seguono il battesimo e il ritrovamento della croce. Quest’ultimo episodio è rappresentato anche nella chiesa della Theotokos di Spina (Kantanos, Chania), databile all’ultimo quarto del XIV secolo.
L’immagine equestre di Costantino guerriero, attestata a Kritsa, non è molto diffusa a Creta. Lo stesso soggetto, attestato sui manoscritti (ad esempio il Vaticanus Graecus 372, f. 110), si riscontra anche nelle chiese della Cappadocia, dove la scena appare precocemente (a S. Eustazio a Göreme, n. 11, a Mazılköy (IX secolo), a Göreme n. 13a), trovando confronto anche in Egitto (ad esempio a Deir al-Surian, nella chiesa della Vergine, databile agli inizi del X secolo). Si tratta di un tipo figurativo che, prendendo spunto dalle immagini imperiali, assimila l’iconografia di Costantino a quella di altri santi, come Giorgio e Teodoro, o a quella di altri imperatori.
Costantino a cavallo, in armi e con la spada sguainata, compare nella scena dell’Entrata a Roma in un ciclo pittorico molto articolato conservato nella chiesa della Santa Croce di Agiasmati (Cipro), del 1494: le numerose scene che compongono la narrazione vengono considerate una sorta di raccolta nostalgica di elementi simbolici rappresentativi dell’identità religiosa e culturale bizantina dell’isola, ormai passata in mano veneziana.
Una terza tradizione iconografica pone Costantino al centro della rappresentazione del primo concilio di Nicea (325). Lo sviluppo di questo soggetto sembra collegarsi a una riforma liturgica che unì la memoria dei concili in un’unica celebrazione, svolta in relazione alla data dell’evento. Nella scena Costantino ha una posizione centrale: l’imperatore, i vescovi e eventuali figure complementari sono ritratti all’interno di una struttura architettonica che evoca in maniera schematica e fantasiosa un’aula del palazzo imperiale costantinopolitano. Un esempio semplificato di questa raffigurazione è attestato nell’ala meridionale del refettorio della Grande Lavra sull’Athos, dove compaiono in primo piano su una sorta di synthonon Costantino e otto vescovi, uno dei quali indossa la mitra (papa Silvestro o il patriarca di Alessadria); nella scena, affollata di personaggi nel secondo registro, sono presenti altri nuclei narrativo-simbolici: tra questi, dietro a Costantino e in posizione centrale, un altare, sormontato da un ciborio, a evocare la visione di Cristo bambino da parte di Pietro I di Alessandria.
Un ultimo schema iconografico, particolarmente diffuso nella Grecia continentale, a Creta e a Cipro, prevede, infine, l’associazione tra Costantino e san Nicola, legandosi a una tradizione, formatasi nel VI secolo, secondo la quale il vescovo di Mira sarebbe stato contemporaneo dell’imperatore e avrebbe partecipato addirittura al concilio di Nicea. Gli episodi che vedono protagonisti Costantino e san Nicola prendono spunto inoltre da un racconto, la Praxis de stratelatis, riguardante l’intervento del santo stesso per evitare l’esecuzione nella sua città di tre innocenti e, successivamente, per evitare l’uccisione a Costantinopoli di tre generali dell’imperatore, accusati di tradimento dall’eparca.
Nell’ambito di questa tipologia figurativa è attestata innanzitutto la scena in cui il santo appare in sogno a Costantino per indurlo a rilasciare i tre generali, minacciando possibili sciagure. Lo schema generale sembra derivare da prototipi veterotestamentari (Sogno di Giacomo, Sogno di Giuseppe): Costantino è sdraiato sul letto sul fianco destro, a occhi chiusi, e indossa gli attributi imperiali (la corona con i prependulia); san Nicola, invece, è raffigurato in piedi vicino all’imperatore. L’ambientazione, suggerita da pochi elementi architettonici, è il palazzo imperiale costantinopolitano. Oltre al ciclo pittorico conservato a Myra (posteriore al XII secolo), esempi di questa raffigurazione sono attestati nel nord della Grecia, a Kastoria (S. Nicola Kasnitzes, dell’ultimo quarto del XII secolo), Kastania (S. Nicola, secondo quarto del XIII secolo), Salonicco (S. Nicola Orphanos, terzo decennio XIV secolo); più a sud a Megara (Elaiona, Chiesa del Salvatore, del terzo quarto del XIII secolo) e a Klenia (S. Nicola, dell’ultimo quarto del XIII secolo); nel Peloponneso a Geraki (S. Nicola, dell’ultimo decennio del XIII secolo), Agoriane (S. Nicola, della fine del XIII secolo) e Platsa (S. Nicola di Campinari, del 1348-1349); in un’icona di Patmos (del secondo terzo del XV secolo); nell’isola di Creta a Maza (S. Nicola, del 1325-1326), Kyriakoselia (S. Nicola, della prima metà del XIV secolo), Patso (Amari, Chiesa della Vergine, della prima metà del XIV secolo); a Cipro a Kakopetria (S. Nicola, in un’icona della seconda metà del XIII secolo). Lo schema iconografico presenta lievissime varianti: a Salonicco, per esempio, la corona imperiale è raffigurata con una forma differente da quella canonica, un tipo simile a quello dei re veterotestamentari, attestato in rappresentazioni di tardo XIII e XIV secolo. Ancora a Salonicco, inoltre, l’ambientazione in cui si svolge la scena, arricchita di particolari, è una struttura simile a una tenda coronata da torrette. In alcune varianti, come per esempio a Kastania, è aggiunta una figura integrativa, un soldato a fianco del letto di Costantino. A Klenia, invece, l’episodio è completato da candelabri posti presso le estremità del letto, probabilmente per indicare l’ambientazione notturna.
Il secondo episodio dello stesso ciclo si svolge ancora una volta nel palazzo imperiale costantinopolitano, dove Costantino riceve i tre generali per chiedere loro notizie del personaggio che gli era apparso in sogno e per incaricarli di portare a san Nicola stesso una serie di doni aurei, consistenti in un evangelario, due grandi candelieri e un vaso liturgico tempestato di pietre preziose. La scena non presenta varianti apprezzabili, come mostrano in Grecia e a Cipro gli esempi di Kastoria (S. Nicola Kasnitzes), Kakopetria (icona di S. Nicola) e Platsa (S. Nicola), se non in relazione ad alcuni particolari, come gli oggetti offerti in dono (descritti, per esempio, a Kastoria e a Platsa). Appare di particolare interesse, in alcuni degli esempi citati a proposito di questa seconda narrazione, la tendenza a una trasformazione di Costantino da imperatore bizantino, con loros gemmato, assiso su un trono di foggia semplice, a re latino (icona di Kakopetria), con corona rettangolare, scettro con terminazione gigliata e tunica rossa corta con mantello sulle spalle.
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2 Iul., In laud. Const., 6.
3 Skylitzes Matritensis, ff. 63v e 70r.
4 Inv. TA 146.