Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La fine del primo conflitto mondiale costituisce un momento critico per la Germania: la sconfitta e le condizioni di pace, pesantissime sotto il profilo economico e psicologico, segnano un periodo di caos e violenza inauditi, di conflitti aspri nella politica e nella società. Gli anni Venti nascono sotto il peso di una durissima inflazione. Però sono questi gli anni di una nuova Costituzione (1919) e della Repubblica di Weimar, la cui memoria politica è legata per sempre alla straordinaria esplosione culturale tedesca di quegli anni. Letteratura, arti figurative, cinema, teatro, archittetura, design: molte delle idee e degli autori più significativi del Novecento si trovano a operare in questo contesto contraddittorio e difficile, che non impedirà però al Paese, in poco più di un decennio, di consegnarsi nelle mani del nazionalsocialismo.
Un contesto difficile
La Germania, uscita sconfitta dalla prima guerra mondiale è una nazione devastata, con un milione e 800 mila morti e più di quattro milioni di feriti. Gli operai di Berlino scendono nelle strade, il clima è quello di una rivoluzione imminente. Nel novembre del 1918 i dirigenti socialdemocratici Friedrich Ebert e Philipp Scheidemann proclamano la repubblica, e il kaiser Guglielmo II è costretto a fuggire in Olanda.
Nel frattempo, nel Paese, si sono costituiti consigli di operai e soldati, sul modello sovietico. La Germania, anche quella socialista, ha paura della rivoluzione organizzata dai comunisti del partito spartachista. L’alleanza tra socialdemocratici ed estrema destra è molto violenta e, in un paio di settimane, l’esercito entra in azione uccidendo Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, leader degli spartachisti. Altri scioperi e tentativi insurrezionali a Brema e a Monaco sono stroncati nei mesi successivi.
Nel gennaio del 1919 si svolgono le elezioni per l’Assemblea costituente. Il partito socialdemocratico prevale e il neoeletto parlamento esprime una maggioranza che appoggia una repubblica democratica. Nel frattempo a Versailles una delegazione tedesca è invitata ad accettare le condizioni di pace. Le riparazioni sono molto pesanti sia dal punto di vista politico che, soprattutto, economico, costringendo la Germania al pagamento della gigantesca cifra di 269 miliardi di marchi-oro.
Nel luglio 1919 viene approvata la Costituzione della nuova Repubblica, detta di Weimar, che prevede uno stato federale suddiviso in 17 regioni (länder), per la prima volta il voto alle donne e un’avanzata legislazione sociale. Nelle elezioni del giugno del 1920 i repubblicani subiscono una netta sconfitta, a favore di una forte crescita del partito tedesco-nazionale e il tedesco-popolare di Stresemann. La coalizione di Weimar con 11 milioni di voti e 225 deputati perde il controllo del Reichstag.
Intanto gli assassini politici, quasi tutti compiuti dall’estrema destra, sono all’ordine del giorno. Tra il 1919 e il 1922 vengono commessi 376 omicidi (tra cui quello del ministro delle finanze Matthias Erzberger, che aveva firmato l’armistizio di Versailles, e del ministro degli esteri Walther Rathenau, che stava lavorando all’applicazione degli accordi.
Gli anni di Weimar
In questo clima di insicurezza politica, l’economia tedesca fatica a riprendersi. I costi immensi della guerra costringono il governo a stampare ingenti quantità di banconote, dando luogo a una gigantesca inflazione. Nel 1923, con la nomina a cancelliere di Gustav Stresemann, leader del Partito Popolare, le cose cambiano profondamente. Stresemann riesce ad arrestare gli scioperi, riannoda il dialogo con gli alleati vincitori, e soprattutto riceve i benefici del piano Daves varato dal governo statunitense a sostegno dell’economia tedesca.
Questa svolta permette alla Germania di sviluppare nei cinque anni successivi, insieme a una sorprendente ripresa economica, una straordinaria vivacità culturale. Al centro di questa nuova realtà vi è Berlino, città che in pochi anni raggiunge i 4 milioni di abitanti e diventa a tutti gli effetti la capitale, oltre che della politica e della finanza, anche dell’editoria, del cinema, dell’arte.
La scena è caratterizzata dalla pittura di Paul Klee e Vassilij Kandinskij, ma anche dai film di Fritz Lang, di Wilhelm Murnau e dal teatro di Bertolt Brecht. Sono gli anni in cui si affermano scrittori come Thomas Mann, Alfred Döblin, Herman Hesse, Erich Maria Remarque, Elias Canetti. E proprio quest’ultimo ci offre una preziosa testimonianza del clima berlinese di quegli anni nella sua autobiografia intitolata Il frutto del fuoco: “Mi muovevo in un caos, ma un caos che appariva inesauribile. Ogni giorno giungeva a Berlino qualcosa di nuovo a cacciar via il vecchio, che a sua volta era stato nuovo tre giorni prima. Le cose fluttuavano in mezzo al caos come cadaveri, e in compenso gli uomini si trasformavano in cose. La chiamarono Nuova oggettività.”
Ritratto della vita moderna: Nuova oggettività e Bauhaus
Dopo il disincanto e la rassegnazione che avvolge il clima del dopoguerra, gli artisti tedeschi che si rifanno alla Nuova oggettività (Neue Sachlichkeit) si pongono l’obiettivo di entrare in un rapporto spontaneo e diretto con la realtà quotidiana, superando sia l’approccio spirituale e soggettivista dell’espressionismo che le visioni utopiche e astratte del costruttivismo.
Nel 1925 la corrente artistica definisce il proprio linguaggio con la mostra Neue Sachlichkeit. Deutsche Malerei seit dem Expressionismus alla Kunsthalle di Mannheim. Usando le parole di Gustav Hartlaub, il movimento si pone l’obiettivo di attuare un “ritorno alla realtà positiva tangibile” che potesse diventare lo specchio della nuova Germania. Il movimento tuttavia è privo di una ben delineata linea programmatica e si sviluppa in forme molto diverse tra loro. È possibile comunque individuare due diversi approcci: uno verista, attivo soprattutto a Berlino, che si esprime nell’opera di George Grosz, Otto Dix , Max Beckmann e si caratterizza per una pittura figurativa grottesca e deformante, e per un forte impegno politico e sociale; l’altro, definito realismo magico, si sviluppa prevalentemente a Monaco di Baviera e fa capo a Georg Schrimpf, Alexander Kanoldt, Christian Schad, i quali prediligono la rappresentazione della componente magica e metafisica della realtà quotidiana, senza obiettivi dichiaratamente politici e sociali.
La Nuova oggettività ha un suo originale sviluppo anche nelle altre arti: nella musica, con Paul Hindemith, attraverso un’idea di musica fondata sulla purezza della forma e del contrappunto; in letteratura, con un realismo teso a descrivere i mutamenti provocati dall’industrializzazione sulla società tedesca. Ma la più rilevante concretizzazione di questa nuova visione della realtà, oltre che nella pittura, avviene in ambito architettonico. Centro propulsore di questa nuova tendenza è la Bauhaus, scuola di architettura, pittura e design fondata da Walter Gropius a Weimar nel 1919, trasferitasi successivamente a Dessau nel 1925, e infine soppressa dal governo nazista nel 1933.
La scuola si propone fin dall’inizio di mettere in relazione la produzione artistica con la società, fondandosi sul presupposto che l’oggetto artistico non si contempla ma si usa, cioè si progetta e si indirizza a destinazioni sociali pubbliche e private. Contro le nostalgie del passato, la Bauhaus preferisce una modernità umanizzata, che superi la tradizionale contrapposizione fra un’arte “bella e inutile” e una produzione industriale “utile e brutta”. L’arte, compresa l’architettura, entra in rapporto con la vita quotidiana, avvalendosi di nuovi materiali industriali e creando architettura (teatri, fabbriche, uffici, oggetti di uso comune) la cui bellezza consiste proprio nelle forme funzionali, semplificate, lineari, proporzionate, essenziali ed economiche.
Nel 1929 la gravissima crisi economica determinata dal crollo della borsa newyorkese di Wall Street segna la fine della ripresa economica tedesca. La Germania, essendo più d’ogni altra nazione legata alle centrali finanziarie americane, subisce un durissimo colpo. Ben presto il ritiro dei capitali esteri provoca un vertiginoso incremento della disoccupazione, il fallimento di banche e aziende, e soprattutto un drastico peggioramento delle condizioni economiche del ceto medio. Da questo momento in poi vasti strati della società tedesca, tra cui la classe dirigente prebellica e le gerarchie militari, che mai avevano accettato le riforme varate dalla Repubblica, cominciano a guardare con crescente interesse al radicale ed estremista progetto politico del partito nazionalsocialista.
Parallelamente a questa drammatica crisi economica riemergono tutti i problemi politici e i conflitti sociali che avevano caratterizzato i primi anni della Repubblica: instabilità dell’esecutivo, crescente disoccupazione, violenza ideologica. I governi che si succedono tra il 1929 il 1931 sono incapaci di dare una rotta al paese, facendo precipitare velocemente la fragile repubblica in una crisi irreversibile. Il 30 gennaio 1933 viene nominato cancelliere Adolf Hitler: la fine della breve ma intensa stagione di fermenti artistici e culturali che si erano sviluppati durante la Repubblica di Weimar sarà sancita dal nazismo.