HITTITA, Arte
Col termine di arte h. viene indicata la cultura artistica che si sviluppò nell'Anatolia centrale e sud-orientale nel II millennio a. C. e nei primi secoli del I; il termine "hittita" va perciò inteso in senso geografico, equivalente cioè alla regione compresa nei confini dell'impero hittita, e non in senso etnico (v. anatolia).
L'arte h. costituisce la manifestazione artistica oggi meglio conosciuta di un grande complesso culturale, comprendente l'Anatolia, l'Armenia, il Caucaso, la Mesopotamia settentrionale e l'altopiano iranico. Questa vasta regione montuosa, attraversata da vie di comunicazione nel senso E-O (ciò che spiega alcune affinità tra i punti estremi dell'area), esercitò verso le pianure siro-mesopotamiche una pressione costante mediante l'azione dei molti popoli che l'abitavano, designati appunto col termine comprensivo di "popoli dei monti" (Bergvölker). La potenza politica dell'impero hittita, mantenutasi per alcuni secoli, giustifica sul piano storico la posizione di particolare rilievo dell'arte della regione anatolica nei confronti di quella, peraltro assai poco nota, fiorita nelle altre regioni. La posizione geografica dell'Anatolia, relativamente eccentrica rispetto all'Egitto e alla Mesopotamia, spiega, d'altra parte, come le numerose influenze provenienti dai due massimi centri della cultura orientale antica, si risolvano in una sintesi assai originale, anche se, in ultima analisi, l'arte h. resta pur sempre una manifestazione periferica di quella mesopotamica. Assai discussi sono stati i rapporti tra l'arte h. e l'arte hurrita: accanto a chi ha visto negli Hurriti i mediatori tra la Mesopotamia e l'Anatolia hittita, non è mancato chi ha considerato tutta l'arte h. come una manifestazione puramente hurrita. Tuttavia, l'assoluta mancanza di una produzione artistica che possa definirsi hurrita (v. siriana, arte) dimostra l'inconsistenza di una teoria fondata sul presupposto che un popolo in quanto tale abbia una corrispondente forma di cultura figurativa.
I resti dell'arte h. del periodo imperiale sono stati trovati principalmente nella grande ansa del fiume Halys (Bogǎzköy, Yazilikaya e Alaca-Hüyük), mentre quelli della fase più recente, detta neo-hittita o siro-hittita, si trovano nelle regioni di confine tra l'Asia Minore e la Siria e la Mesopotamia.
Esclusa, per ragioni cronologiche, la più antica produzione di Alaca-Hüyük (v.) e di Kültepe (v.), la quale è anteriore al periodo hittita vero e proprio, la nostra conoscenza della più antica arte h. è assai limitata, data la quasi assoluta mancanza di opere risalenti all'Antico Impero (circa 1800-1450 a. C.). I resti architettonici del Nuovo Impero (circa 1400-1180 a. C.) provengono in massima parte dalla capitale Khattusha (v.). I grandi edifici pubblici avevano la parte inferiore costruita in pietre, più o meno squadrate, e quella superiore in mattoni inframezzati da travi lignee; talvolta la prima fila di pietre era costituita da ortostati scolpiti. Le costruzioni di Khattusha ci forniscono un'idea chiara del modo di disposizione di molti locali, delle corti, dei corridoi e dei magazzini. In qualcuna delle loro piante si discerne chiaramente una certa parentela con quelle dei palazzi dell'Occidente; per fare un esempio, con quelli minoici. La colonna, di solito di legno, ha funzione architettonica e poggia sopra una base di pietra o sulla schiena di un animale. Caratteristico è il portico, khilāni; d'importazione occidentale, che serve da entrata agli edifici. Assai notevoli sono anche le mura della città, con una seconda cerchia esterna, più bassa, e specialmente le porte a doppia tenaglia, dall'arco parabolico, con leoni e sfingi ad altorilievo. Gli stessi caratteri costruttivi si riscontrano nella mura di Alaca-Hüyük (v.).
La scultura hittita è strettamente legata all'architettura: tutte le opere pervenute del periodo antico appaiono in funzione di complessi architettonici. I leoni e le sfingi che fiancheggiano le porte di Khattusha e di Alaca non trovano alcun riscontro, stilisticamente e tipologicamente, in tutta l'Asia Anteriore antica; il loro vigoroso senso plastico, al quale dà maggiore risalto lo sfondo della pietra dal quale emergono, si riscontra anche nella figura scolpita su una porta di Khattusha. Il rilievo, del dio o del re, della Porta del Re della città è la più bella opera d'arte h. e rappresenta l'apogeo dello sviluppo artistico. È intagliato nella pietra d'angolo sinistro che raggiunge l'altezza di m 2,25; vi è ritratto un guerriero ritto in piedi, nell'atto di camminare, colla testa, le braccia, i fianchi e le gambe di profilo mentre le spalle e il petto sono di fronte. Per la sua perfezione artistica questo rilievo è superiore a quelli di Yazılıkaya. La mano sinistra è alzata, il pollice piegato, mentre le altre dita formano pugno. La destra impugna un'ascia. L'elmo finisce in punta e di dietro cade una fascia. Nei ruderi della città sono venuti alla luce una sfinge e due piccoli rilievi con scene sacrificali. La sfinge è costituita da un leone con testa di donna. Nei rilievi un re è raffigurato davanti a un altare e un simbolo di una divinità. Il rialzo dell'altare è in uno dei rilievi formato di due schienali staccati tra loro.
Nelle pareti delle due gallerie o corridoi nella roccia di Yazılıkaya (v.) si vedono molti rilievi, di età diverse, con scene per la maggior parte di contenuto religioso. Tra queste emerge la rappresentazione del pantheon hittita. I più perfetti di questi intagli risalgono al periodo di maggior potenza dell'impero, a due o tre secoli prima del 1200, alcuni però sono senza dubbio di epoca posteriore. La scena centrale e più importante contiene sette figure divine, delle quali quattro sono dèi e tre dee. Un dio è rappresentato in piedi sopra due cime di montagne e porta un lungo mantello che finisce in uno strascico a punta. La sua tiara conica è alta e appuntita e porta sul davanti un ureo. Il dio seguente è su due cime di montagna; nella sinistra regge un emblema e nella destra impugna una mazza. Quindi viene il dio della tempesta, il dio nazionale degli Hittiti, una figura imponente d'uomo con barba lunga; egli sta sopra le cervici di due uomini; una spada è conficcata nella cintura, la mazza è lunga, con un piccolo pomo, sopra il quale si vede un secondo; l'emblema del dio rappresenta verosimilinente una folgore sormontata dal determinativo divino; davanti alla gamba sinistra sporge la protome di un animale con una tiara conica in testa. Di fronte al dio è ritratta la grande dea, la dea di Arinna, seguìta da un lungo stuolo di divinità femminili, come il dio supremo ha dietro a sè una lunga schiera di dèi. Lo scultore l'ha collocata sopra la schiena di un animale con le quattro zampe poggianti sopra quattro cime di montagne; in capo essa porta un'alta tiara cilindrica, simile ad una corona murale; alla sua sinistra si vede la parte anteriore di un animale, forse di un montone. Dietro alla dea viene un dio, più piccolo del dio supremo, sopra la schiena di un animale, il quale a sua volta sta sopra due larghe cime di montagne; nella sinistra egli tiene appoggiata alla spalla una grande bipenne. Poi si vedono due dee sopra un'aquila bicipite colle ali spiegate. Vengono indi altre dee in grande numero, ed infine si scorge la figura di un re, più alto delle dee, anche lui sopra due cime di montagne; porta un mantello lungo fino ai piedi, un berretto strettamente aderente, una spada e un lituo nella sinistra, le scarpe hanno le punte rivolte in sù; nella destra regge un grande emblema ‛reale che assomiglia ad una edicola, ma in realtà consta di un sole alato poggiante sopra due tiare stilizzate, segno pittografico del re, ed è di libera ispirazione egiziana. Lo scultore ha ritratto vicino a questo rilievo una scena conviviale con due figure femminili sedute ai due lati di una tavola. Scene conviviali simili sono molto comuni nei rilievi hittiti.
Singolari per il soggetto sono le raffigurazioni di due uomini con testa d'orso e di leone, alati, colle mani alzate in alto. Di bell'aspetto è una fila di dodici figure maschili nell'atto di marciare, con una hàrpe poggiata sulle spalle. Del tutto particolare è un grande emblema del "dio della spada": una grande testa di profilo, due protomi di leoni ruggenti, due leoni accosciati, in fondo una lama che si rastrema sempre più verso il basso. Degne di menzione sono ancora le figure di un dio alato, di un re col disco solare posto sopra il capo e di due tori androcefali ritti sulle zampe posteriori sopra un piedistallo e sostenenti una grande mezzaluna.
Probabilmente anteriori alla maggior parte dei rilievi di Yazılıkaya sono quelli intagliati nella roccia di Giaurkalessi e di Karabel. Sul passo di Karabel, non lontano da Smime, si vede nella roccia una nicchia con un rilievo di un personaggio, con tunica strettamente aderente, stivaloni, tiara conica, un grande arco appoggiato alla spalla e un bastone. Nei rilievi di Giaurkalessi si vedono due dèi o re nell'atto di camminare verso sinistra, con tiara conica provvista di ureo, spada lunga; i due sembrano avanzare verso una piccola donna seduta, forse una dea; l'esecuzione dei due rilievi è piuttosto rozza, ma essi ci forniscono senza dubbio un'immagine perfetta dell'arte h. antica, libera da profonda azione da parte dell'arte mesopotamica.
I rilievi rupestri di Fraktin (Farahettin) ritraggono due scene sacrificali: il re offre un pasto a due divinità, un dio e una dea. I rilievi facevano forse parte di un antico santuario. Le divinità stanno sedute in trono, davanti a una tavola di spiccato carattere hittita con un rialzo, mentre dall'altro lato sta il re nell'atto di libare. Questa scena è molto comune nell'arte hittita.
Le stele con un rialzo di Yarre contiene una scena conviviale e deve aver fatto parte dello zoccolo di qualche palazzo: due persone stanno sedute ai due lati di un tavolo; i piedi poggiano sopra uno sgabello; il tavolo consta di un grosso piede e di una lastra; la figura a destra stringe sul petto un oggetto simile a un astuccio per il bistro; si suppone che questa tavola risalga all'VIII sec., sarebbe dunque alquanto posteriore alla fine dell'impero; conserva però ancora molto bene i caratteri dell'arte h., pur somigliando molto alle lastre simili della Siria settentrionale.
Una fase intermedia tra i rilievi rupestri del periodo dell'impero e quelli degli ortostati dei palazzi neo-hittiti è rappresentata dai rilievi che decoravano la parte inferiore delle torri della cinta difensiva di Alaca-Hüyük. Essi sono di carattere arcaico e presentano soggetti alquanto vari: scene di sacrificio e libazione accanto a quelle di divertimenti e quadri cinegetici. I corpi delle persone mancano di proporzione nelle membra, i movimenti sono rappresentati male, gli animali sono invece ritratti con naturalezza. La porta d'entrata aveva ai due lati due sfingi monolitiche, col petto, la testa e le zampe anteriori scolpite, mentre il resto del corpo non è quasi neppur accennato nel blocco.
L'arte del I millennio a. C., che va sotto il nome di neo-hittita o, più esattamente, siro-hittita, pone una serie di problemi non ancora risolti. Nonostante il persistere di notevoli elementi culturali hittiti, quali la lingua (che però non è più quella ufficiale dell'impero, bensì quella espressa in geroglifici) e la religione, l'arte della rinascenza hittita si sviluppa prevalentemente nell'area siriana, con caratteri che ben poco conservano di quelli del periodo precedente. Oscure sono ancora le origini, non solo dell'arte, ma di tutta la cultura che seguì il crollo provocato dai "popoli del mare"; certo, il mondo siro-hittita si formò come un complesso assai omogeneo, ad onta delle varietà locali, assai più connesso alla cultura siriana che a quella anatolica (v. siriana, arte). Assai sensibile, specie nel periodo più tardo, fu l'influenza assira, alla quale fece del resto riscontro un movimento in senso opposto.
Tra le opere di scultura a tutto tondo di questo periodo va ricordata una monumentale e grossolana statua da Karkainis,, andata in seguito distrutta, raffigurante il dio Atarluhash; sulla base, conservata ad Ankara, si vedono due leoni con in mezzo un genio dalla testa di aquila; quest'opera è datata intorno al 900 a. C. A Palanga si è rinvenuto un frammento di una statua a colonna o palo, di forma cilindrica. Questa statua in cui era raffigurato un uomo in mantello, risale verosimmente al IX o VIII secolo. In una stele di Fasiler il rilievo è alquanto alto. Due leoni affiancati sono separati da una figura con mantello lungo; sopra sta una figura più grande. Si tratta forse di una divinità sopra due leoni. L'età di questo monumento è incerta.
A Iflatun Bunar è rimasto in piedi soltanto il muro di un edificio che sorgeva presso la fonte. Il muro reca un rilievo, il cui quadro complessivo è costituito da un grande disco solare alato, retto ai lati da due figure umane colle braccia alzate, due atlanti; queste figure stanno sopra due altre figure nella stessa posizione, cosicché il sole alato e le sei figure formano sopra e ai lati una grande cornice. Dentro a questa cornice stanno due dischi alati, retti a loro volta ai lati da tre paia di figure simili a quelle accennate ed inoltre, nel mezzo, da due figure nella stessa posizione, le quali sono però alquanto più grandi. Il numero di tutti gli atlanti è di dodici. Questa facciata monumentale consta di quattordici blocchi di pietra. Risale probabilmente allo VIII secolo.
Di carattere neo-hittita è ancora una stele trovata a Babilonia. Vi si vede il dio della tempesta, con una larga cintura attorno alla vita; ha una lunga treccia che di dietro arriva fino alla cintura; il copricapo è conico, con sulla cima una grande sfera; la sinistra reca una folgore a tridente, la destra brandisce un'ascia. Sembra che questa stele risalga al IX secolo.
Una delle migliori sculture del periodo posteriore all'impero è quella di Ivriz, intagliata due volte nella roccia. La composizione è ben calcolata nell'insieme, l'accuratezza dei particolari è notevole, lo stile è puramente hittita, ma il rilievo tradisce già l'influenza dell'arte assira. Risale all'VIII sec.; essa raffigura il re in adorazione davanti al dio. Notevole è il fatto che il dio porta braccialetti ai polsi; di fattura complicata è la tiara conica, con varie corna; nella destra il dio tiene un grappolo d'uva appeso a un viticcio che finisce in terra dietro la scarpa destra, mentre la sinistra impugna un gambo di frumento, e sopra il pugno si vedono quattro spighe. La figura del re è in altezza soltanto la metà di quella del dio; egli è riccamente abbigliato con mantello e sopraveste, porta una catena attorno al collo, ha un orecchino, la barba secondo la foggia assira; egli tiene le mani in alto davanti alla bocca, della destra non si vede che il pollice e parte dell'indice. Le due figure sono piuttosto tozze. Molto simile a questo rilievo sembra essere stato quello della stele di Bor.
Dei palazzi di varie epoche di Malatya (v.), vicino al corso superiore del Tigri, facevano parte molti rilievi, che presumibilmente dovrebbero andare dal XII sec. all'epoca assira. Ogni rilievo di queste regioni ha qualche sua particolarità che lo distingue dagli altri, ciò che dimostra l'esistenza di scuole locali. Le più antiche scene di Malatya sono quelle cinegetiche. Esse ritraggono la caccia al leone col carro, nel quale accanto ad un auriga sta il re nell'atto di tendere l'arco. Mentre un altro rilievo di contenuto conviviale ritrae la solita scena, il rilievo del combattimento di due dèi con un serpente, forse Illuyanka, è del tutto singolare: due dèi camminano verso destra, il primo conficca la lancia nel corpo di un serpente, il quale forma tre nodi; sopra il corpo si vedono dappertutto dischetti o pallottoline, forse raffigurazioni della pioggia o della grandine. Nello stesso luogo si sono trovati ancora altri rilievi, con scene di libazione e venerazione alle divinità da parte del re e della regina; in queste scene è particolarmente sensibile il perdurare dello stile hittita imperiale: caso finora unico nell'arte neo-hittita. Su un rilievo il dio sta sopra la schiena di un toro o un cervo; il re versa il liquido davanti all'animale. In un rilievo libatorio con la regina è ritratto pure un servo con un animale addotto per il sacrificio; la libazione avviene in un vaso grande, con piede piccolo e tozzo; il dio sta sopra una folgore o qualche altro oggetto. In un altro rilievo il dio sta sopra un animale accovacciato, tiene in mano il lituo volto in giù, nella destra una folgore. In un'altra scena libatoria il dio sta in un carro. Vi è infine una statua colossale ora ad Ankara, raffigurante un sovrano. Nelle rovine della stessa città si sono trovate ancora altre opere d'arte di minore importanza. Ci limitiamo a rilevare la raffigurazione di due dèmoni ai lati di un albero, scena d'ispirazione assira, una stele raffigurante la dea Kubaba seduta dinanzi ad una divinità maschile e tre rilievi sopra un blocco di pietra, essi pure sotto l'azione dell'arte assira. La libazione di un re è ritratta in un blocco di pietra di Isbekcir presso Malatya.
L'arte di Maraş (v.; l'antica Marqaşu) risente fortemente l'azione dell'arte neo-assira. Le sculture vanno attribuite al IX sec., ma qualche rilievo è nettamente assiro. Sono caratteristiche le stele funerarie, che costituiscono una tipologia poco frequente nel Vicino Oriente. Su una si vedono due donne sedute su due sedie dallo schienale alto ai lati di un tavolo; tengono nelle mani un bicchiere, un astuccio per il bistro e uno specchio. Simile è il quadro di un'altra stele con una donna seduta a un tavolo e un uomo in piedi. Il leone di Maraş, è la lastra angolare, in rilievo, posta a sinistra di una porta della cittadella; la protome è quasi a tutto tondo, mentre il resto del corpo è in bassorilievo; è un leone ruggente, colle fauci ben aperte, colla coda tra le gambe, la spalla è riempita come da un medaglione che porta in rilievo la figura di un uomo nello atto di dettare l'iscrizione che ricopre il corpo del leone. Le opere d'arte di Saçagözü (v.) risalgono per lo meno a due epoche diverse: le une sono dell'VIII sec., con influsso assiro non molto intenso, altre di epoca più recente, di stile fortemente assirizzante, tutte però con palesi caratteri locali, costituenti lo stile neo-hittita della Siria settentrionale, foggiatosi in modo diverso nelle numerose città di questa regione e molto bene conosciuto in primo luogo attraverso i monumenti trovati a Sam'al e a Karkamiş, sulla sponda destra dell'Eufrate e quindi in Siria. Risalgono all'VIII sec. il rilievo raffigurante una caccia al leone, conservato nel museo di Berlino, e un altro con una scena sacrificale o conviviale. Un rilievo di contenuto cinegetico è pure tutto contornato da una matassa hittita. Nel primo rilievo cinegetico si vede il disco solare alato. Nella lastra con scena sacrificale una donna sta seduta su una sedia davanti a un tavolo di tipo assiro con sopra una coppa e una ciotola; dall'altro lato sta una figura in piedi. Numerosi erano gli ortostati con rilievo che ornavano lo zoccolo della porta d'entrata del portico o khilāni del palazzo reale. I muri laterali del portico erano decorati nella parte più bassa con lastre di pietra e nel mezzo si ergeva una coppia di sfingi con sulla schiena una colonna o un pilastro poggiante sopra una base. Le sfingi hanno testa di donna, petto alquanto rotondo, gambe brevi e rigide, naso grande, occhiaie con pietra di colore, i capelli stilizzati all'assira; il corpo è di leone; attorno alla bocca aleggia un sorriso appena accennato. L'entrata è fiancheggiata da due leoni. Nelle lastre si vedono un leone alato, un personaggio con un piccolo vaso ed altre figure.
Le sculture più antiche di Sam'al (v.; l'odierna Zincirli) sono all'incirca contemporanee e affini a quelle di Tell Ḥalaf (v.). Un primo gruppo di opere, del X sec. a. C., è costituito da leoni su ortostati e da rilievi con scene mitologiche e tratte dalla vita comune; al IX sec. risalgono numerosi rilievi con scene cinegetiche e conviviali; all'VIII sec. le opere del periodo aramaico, fortemente influenzate dall'arte assira. Sono state inoltre trovate alcune statue colossali, raffiguranti divinità: si tratta del dio della tempesta, in piedi su una base costituita da una coppia di animali, in genere leoni, analoga a quella che sosteneva il dio Atarluhash trovato a Karkamiş. Le sculture migliori sono quelle dell'ultimo periodo: su un ortostato si vede il re Bar-Rakib (circa 730 a. C.) seduto in trono, rilievo questo di stile fortemente assirizzante. Tutti gli oggetti ritrattivi dimostrano l'imitazione di modelli assiri. Colla destra il re fa un gesto d'omaggio, la sinistra però stringe il gambo di un fiore secondo la moda egiziana o assira. Davanti al principe sta in piedi un ministro o segretario con un calamaio ed un portastili di tipo egiziano, sotto il braccio stringe un oggetto che potrebbe essere un rotolo di papiro o una tavoletta d'argilla. Un servo con un ventaglio è intagliato nel lato breve sinistro dell'ortostato. Cronologicamente vicini al rilievo or menzionato sono alcuni ortostati con le figure di un arciere con un arco di tipo assiro e tre ditali per proteggere le dita e un mirino, di uomini con ampolle e coltelli, di musicanti con tamburini, cetre, flauti doppi, di un uomo recante sulle spalle una gazzella. Una piccola stele di un re e del suo servo è anteriore a quella del re sopra descritta. Simile è una stele del re Kilamuwa. La stele del re assiro Asarhaddon non serba più che una fievolissima eco dello stile locale, e segnatamente nelle figure di Assurbanipal e Shamashshumukin, ritratte rozzamente sui lati.
Il gruppo più importante, sia dal punto di vista quantitativo sia da quello qualitativo, delle sculture neo-hittite è quello proveniente da Karkamiş (v.; Tell Ḥalaf appartiene geograficamente alla Mesopotamia e la sua produzione presenta caratteri essenzialmente siriani). In questa città è possibile seguire il susseguirsi dei diversi stili, da quello di derivazione hittita a quello assirizzante. Le sculture della Porta dell'Acqua sono le più antiche. I rilievi dello zoccolo di questa porta hanno per argomento le scene già note: scene musicali e di danza, cortei di apportatori di doni sacrificali, scene conviviali. Presso questa porta stava la statua tozza di un dio seduto in trono, poggiato sopra due leoni affiancati, tenuti per la criniera da un uomo colla testa d'aquila. Altri bassorilievi provengono da un edificio non lontano dalla cittadella. Essi sono più o meno assirizzanti, però stanno ad un alto livello artistico; rappresentano una grande festa con personaggi regali. Vi si vedono ritratte varie specie di guerrieri, di funzionarî recanti doni, e la scena centrale di riferimento di tutta la serie è costituita dalla presentazione del principe alla corte da parte del re, scena accompagnata da un'iscrizione in segni geroglifici. Altri rilievi dello stesso zoccolo sono più antichi: vi si vede la figura dell'eroe in lotta con animali, qualche scena di caccia, due uomini con viso d'aquila e nella funzione di atlanti, varie specie di altri dèmoni, tra le quali due sfingi: una è un leone alato, dalla cui nuca sporge una testa umana e un'altra è un leone alato con capo di donna, cavalli, leoni alati, scene di combattimento. Altri rilievi hanno due figure divine sulla schiena di un grande leone, un dèmone alato con secchiello. Si sono trovate ancora alcune stele: una porta la figura di un dio di fronte, con un pettorale e due clave nelle mani, un'altra quella di una donna tutta nuda, pure di fronte.
Nelle rovine dell'antica Til Barsip (Tell Aḥmar, v.) i lavori artistici rinvenutivi dimostrano in parte l'azione dell'arte assira. Sono rigidi, forse per influsso egiziano. Si tratta di rilievi, fra cui due con raffigurazione del dio della tempesta sulla schiena di un toro e il sole alato in alto. Un toro sta sopra una matassa attorcigliata di tipo hittita. I due rilievi risalgono al X o IX secolo. Alla stessa epoca vanno attribuiti i leoni di Arslan Taş. Sono del solito tipo hittita ed avevano funzione di guardiani all'entrata di un palazzo.
Una posizione particolare, nell'ambito dell'arte h., occupano i rilievi di Karatepe (v.), databili all'VIlI secolo. In essi è evidente l'eterogeneità dei modelli iconografici e dello stesso trattamento stilistico, che rivela comunque un adattamento locale, assai primitivo, di una tematica largamente diffusa. Oltre alle scene comuni nel repertorio figurativo neo-hittita, si trovano a Karatepe soggetti meno diffusi, quali una scena marinara o la figura di un re allattato da una dea.
Anche ad Aleppo (v.) si sono trovate opere d'arte h.: un'aquila di basalto, una stele di contenuto conviviale, un leone, un rilievo con due dèmoni alati affrontati, a passo di corsa e reggenti uno spicchio lunare con dentro il disco solare, la testa di un dio.
Da ricordare infine una stele di Birecik raffigurante la dea Kubaba, con tiara cilindrica, mantello lungo e grande treccia, con uno specchio nella destra e un astuccio per il bistro nella sinistra. Sopra si libra il disco alato. Dovrebbe essere dell'VIII secolo.
Nella glittica gli Hittiti dell'Asia Minore preferirono, al sigillo cilindrico, caratteristico della Cappadocia antica, quello a timbro, i Neohittiti della Siria e della Mesopotamia settentrionale dettero invece la preferenza al cilindro. Quest'ultima glittica ha subito l'influsso di quelle della Siria. Infine non va dimenticata l'azione dell'arte egiziana. La glittica hittita tende verso la varietà delle scene, il grande numero di figure ed oggetti, la ricchezza del repertorio. Talvolta nello stesso sigillo si vedono fin quattro scene diverse, spesso divise da una matassa attorcigliata. Caratteristica è pure la scena con animali ripetuti molte volte o file di piccoli personaggi. Le scene più comuni, che si vedono già nella glittica cappadocica, sono quelle di presentazione al dio, l'offerta del capretto, la libazione, la bevuta mediante la cannuccia, il dio nel carro, il dio della folgore sopra il toro, il dio dell'acqua con fiotti d'acqua, i due uomini-tori incrociati, la dea nuda, il toro quale altare, la piccola testa nel campo, poi varî animali, inoltre gli astri. Nei timbri ricorrono pure segni geroglifici. Tra le figure geometriche si vede anche la spirale. Ci sono state conservate varie impressioni di timbri di re hittiti; essi erano rotondi e constavano spesso di varie fasce. I sigilli hittiti hanno avuto una vasta area di dispersione, se ne sono trovati a Tirinto in Grecia, a Napata in Nubia, a Vicenza in Italia.
La ceramica degli Hittiti dipende strettamente, specie per quanto concerne la sua decorazione, da quella protoelamita di Susa; inoltre essa sta in rapporto con quelle di parecchi paesi vicini situati ad occidente, per esempio, con quelle della Tessaglia, di Troia e di Cipro. La ceramica del periodo imperiale è costituita da tre gruppi: non colorata, monocolore e dipinta, con ricca decorazione. Questo ultimo gruppo è caratteristicamente hittita. I vasi hittiti sono fatti a mano e colla stecca; il loro colore è il rosso, il rosa o il grigio. Spesso hanno un'ingubbiatura rossa o perlomeno una politura della stessa pasta del vaso. La decorazione è costituita nella maggior parte dei casi da disegni in rosso o in nero o in tutti e due questi colori. Spesso i vasi portano anse o manici grandi ed alti ed hanno becchi a forma del collo o della testa di qualche animale. Alcune giare hanno impresso uno stampo coll'emblema solare (chiamato simbolo cappadocico), nei cui quattro angoli formati da una croce è inserito un segno in forma di una S maiuscola; il contrassegno è in rilievo e talvolta in oro. I vasi venuti alla luce a Khattusha portano decorazioni con rombi in disposizione verticale o orizzontale, spesso chiusi tra linee parallele. I rombi sono alla loro volta riempiti con altri rombi o con graticole o con scacchiere. Si sono rinvenuti altresì vasi zoomorfi, provvisti spesso sulla schiena di un foro. Gli Hittiti avevano grande predilezione per i rhytà con riproduzioni di teste di animali. La ceramicaneo-hittita è rozza e semplice.
Un interessante problema ancora da chiarire completamente è quello dei rapporti tra mondo hittita e pre-hittita (o meglio anatolico) e quello egeo e greco. Allo stato attuale delle ricerche si deve riconoscere che la cultura anatolica dovè avere una notevole importanza nella formazione di alcune civiltà dell'Egeo tra la fine del III e il principio del II millennio (v. cicladica, civiltà; cipro; elladica, civiltà; lemno; lerna; lesbo; troia).
Nel periodo orientalizzante inoltre la cultura figurativa della Ionia fu profondamente influenzata da iconografie orientali, mediate attraverso l'Anatolia, che in questo caso deve essere però considerata come il tramite di irradiazione di un più antico patrimonio figurativo mesopotamico più che come il centro dove tali fenomeni figurativi furono creati.
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Si v. inoltre la bibliografia delle voci anatolia e sulle singole città. Sui rapporti tra mondo hittita e greco in generale: S. Mazzarino, Fra Oriente e Occidente, Firenze 1947; P. Demargne, La Crète Dédalique, Parigi 1947; F. Cassola, La Jonia nel Mondo Miceneo, Napoli 1957; T. J. Dunbabin, The Greeks and Their Eastern Neighbours, Londra 1957.