IBERICA, Arte
IBERICA, Arte. - L'arte dei popoli iberotartessiani, detta per brevità "iberica", si sviluppò a partire dal VI sec. a. C., soprattutto dal V al II, sopravvivendo durante l'età repubblicana romana e anche più tardi. Anche se l'influenza dei colonizzatori greci è decisiva, le tendenze artistiche dei popoli spagnoli hanno radici in età antichissime, tanto da far pensare all'arte rupestre dei cacciatori paleolitici e mesolitici o ad uno sviluppo dell'architettura megalitica ed al senso decorativo della ceramica eneolitica. L'arte i. − che dopo l'arte etrusca è la più evoluta e la più alta dell'Europa non classica − rivela la maturità dei popoli del S e dell'E della Spagna e la loro partecipazione alla civiltà mediterranea. Ciò fu dovuto non solo ai contatti con i colonizzatori fenici e greci, ma anche ai mercenari iberici che servirono nelle armate cartaginesi di Sicilia e perfino di Grecia. Ed è contrastante con l'arte dei Celti peninsulari, che continuano le tradizioni hallstattiane (v.) senza risentire della loro evoluzione per opera della civiltà di La Tène (v.). Creatori dell'arte i. furono i popoli dell'Andalusia e del S-E con la loro civiltà di carattere urbano, mentre quelli del N rimasero ad un livello inferiore e più rurale.
I villaggi primitivi. − Continuanti quelli dell'antica cultura eneolitica dell'Almeria, essi restano dovunque il tipo abituale di abitazione. Spesso si trovano collocati su colline situate in posizione strategica e posseggono rudimentali mura di fortificazione costruite con grosse pietre non lavorate. Le case − con una o più camere rettangolari − giustapposte le une alle altre, sono costruite in pietra senza calce o con grandi mattoni di fango e paglia seccati al sole (adobes). I tetti son fatti con tronchi egualmente ricoperti di paglia e fango. Nella Bassa Aragona, specialmente nella regione di Calaceite e di Mazaleón (provincia di Teruel) e in Catalogna, scavi sistematici hanno permesso di seguire l'evoluzione del villaggio iberico dall'VIII sec. a. C. in poi, prima della fioritura della cultura iberica.
Lo sviluppo di questa e l'influenza dell'urbanistica greca provoca la trasformazione dei villaggi primitivi in città abbastanza estese, con strade pavimentate con lastroni di pietra, e seguenti l'asse dell'agglomerato urbano (Tossal Redó presso Calaceite, La Gessera presso Caseres, provincia di Tarragona, ecc.), o con poderose mura costruite con grandi blocchi di pietra, di tipo ciclopico, e fornite di torri quadrate (Tarragona, Olérdola in provincia di Barcellona), che ricordano quelle della colonia greca di Emporion che furono probabilmente costruite con maestranze indigene, senza impiego del sistema poligonale greco. Un esempio di grande città iberica fortificata del S-E della Spagna è dato da El Castellar di Meca (provincia d'Albacete). La tecnica costruttiva si fa più raffinata, le torri che concludono le mura sono ovali, a S. Antonio e a Els Castellans di Calaceite, o quasi circolari nei centro della città di La Torre Cremada (Valdetormo, provincia di Teruel) o a Los Foyos (Lucena dei Cid, provincia di Castellón). La ricostruzione delle mura di Osuna (provincia di Siviglia) risalente alla fine dell'età delle guerre civili romane, è caratterizzata da torri semicircolari fatte di piccole pietre. In Aragona, la città iberica di Azaila è pure un esempio di urbanizzazione, costruita su un primitivo villaggio e rifatta parecchie volte, con bastioni, un tempio e strade pavimentate: esistette sino all'inizio dell'Impero Romano. Nella Francia meridionale è la città di Ensérune presso Béziers, anche questa esempio di città fortificata.
Le tombe continuano ad essere di tipo primitivo preistorico nella Bassa Aragona, fosse rivestite di lastre di pietra sotto tumuli, o piccole camere quadrate in muro a secco, sempre sotto tumuli. In Andalusia (Toya e Galera, in provincia di Granada) esistono camere funerarie abbastanza grandi e costruite con cura, con un corridoio d'ingresso scavato entro il tumulo, la cui vòlta si appoggia sopra capitelli decorati, talora persino con capitelli d'influsso ionico. Le pareti della tomba avevano pitture, purtroppo perdute, testimonianti l'esistenza della pittura murale anche fra le popolazioni ibero-tartessiane.
Esistevano s a n t u a r î in grotte, come quelli di Castellar de Santisteban e di Despeñaperros (provincia di Jaén), ed altri sorgenti entro il nucleo urbano, come quelli di La Luz a El Palmar e di El Cigarralejo a Mula (provincia di Murcia) o di La Serreta (Alcoy, provincia di Alicante). Solo quello di Cerro de los Santos (provincia di Albacete) aveva una certa monumentalità; era un naòs rettangolare. Da questa e da altre località, come abbiamo visto per le necropoli della provincia di Granada, provengono capitelli più o meno influenzati dall'arte ionica. Nel santuario di Cerro de Los Santos esistevano banchi addossati ai muri laterali per sorreggere ex voto, richiamantisi a prototipi orientali assai arcaici, soprattutto al tempio sumerico di Ishtar ad Assur. È difficile stabilire la data di questi santuarî, perché il Cerro de Los Santos continuà ad essere sede di culto fin tardi nell'età romana. Tuttavia alcuni ex voto in pietra ricordano prototipi greci arcaici, e a Castellar de Santisteban e a Despeñaperros si son trovati bronzi della stessa epoca; El Cigarralejo, per le ceramiche attiche a figure rosse, ivi rinvenute, sembra sia stato utilizzato durante i sec. V e IV a. C.; La Luz apparterrebbe al sec. IV.
Scultura. − In questa, come nella ceramica dipinta, l'arte i. raggiunse la sua più alta espressione. Agl'inizî si ricollega a prototipi greci, talora assai arcaici e, benché sia impossibile stabilire l'esatta cronologia di ciascun pezzo − poiché uno dei caratteri dell'arte i. è dato dalla lunga persistenza dei tipi −, sembra che in origine la scultura iberica abbia subito l'influsso della plastica greca arcaica. Gli scultori indigeni impiegano il calcare locale, ben presto raggiungono una tecnica perfetta e lo lavorano con grande finezza. Si valgono anche del bronzo e della terracotta per eseguire figurine a carattere votivo.
Nella scultura in pietra un primo gruppo è costituito dalle rappresentazioni di animali in altorilievo. Si tratta di leoni − come quelli che ornavano le strade di accesso ad alcuni templi della Ionia − trovati a Bocairente (provincia di Alicante) − ricordanti il Leone di Focea − ad Alicante, a Baena (provincia di Cordova), a Cordova, talora con stilizzazioni dei dettagli anatomici della testa e della criniera. Eccezionale appare il toro con testa umana barbuta, detto la bicha di Balazote (provincia di Albacete), che lo Heuzey paragonò a tipi babilonesi. Un altro gruppo è formato dalle sfingi: Agost (provincia di Valencia) − forse proveniente da un santuario e ricordante quelle della Grecia arcaica − Villaricos (provincia d'Almeria), Villacarrillo (provincia di Jaén), Salobrai (provincia d'Albacete) − questa ultima originariamente appartenente ad un ortostate. Nel santuario di El Cigarralejo si sono trovati numerosi rilievi di cavalli scolpiti su lastre di pietra.
Il gruppo più notevole è quello costituito dalle statue di guerrieri e di donne del santuario del Cerro de los Santos o del Liano de la Consolación − è difficile distinguere gli esemplari provenienti da queste prossime località − e di qualche altro scavo del S-E della Spagna. Fra le sculture del Liano de la Consolación va segnalata una testa di guerriero con elmo del museo di Murcia e quella del museo di Barcellona, che si staccano da quelle simili del museo di Madrid per la loro eleganza, che ricorda le sculture greche dell'età arcaica matura. Fra le statue di donne è assai frequente il tipo con lunga tunica e mantello a pieghe rade cadenti simmetricamente ai due lati del corpo, collari e un vaso fra le mani, in atteggiamento assai ieratico. Un notevolissimo esemplare, nel museo di Madrid, ricorda una statua etrusca di Vulci. F. Benoit, pur ammettendo che la scultura iberica fa capo a prototipi arcaici greci, proporrebbe una datazione piuttosto tarda; ma i forti influssi greci che si constatano in essa e la fedeltà con cui essi sono stati assimilati dalla scultura iberica fanno pensare ad una cronologia non troppo distante da quella dei prototipi, sebbene l'arte della penisola avesse continuato sino ad un'epoca alquanto tarda a ripetere gli stessi temi, fatto che d'altra parte si osserva anche nella ceramica. Il guerriero di Elche con una falcata ricorda a sua volta forme della scultura greca classica ed è uno dei capolavori della scultura del S-E.
Tre altre sculture sono talmente eccezionali che è lecito pensare siano opera di artisti stranieri. Anzitutto la testa in calcare di Alicante del museo di Barcellona, dai lineamenti accentuati e dagli occhi sporgenti, prossima alle più antiche teste di kàrai dell'Acropoli e ad altre opere. La statua assisa di Verdolay (Murcia) potrebbe anch'essa essere greca e sarebbe databile al 500 a. C. circa. Questo sarebbe lo stesso caso che il busto policromo detto la Dama di Elche, paragonabile alle statue del Llano de la Consolación per il mantello a pieghe, i collari − uno dei quali è di tipo fenicio − con un alto pettine che sostiene un velo (che fu paragonato al pettine che sostiene la mantiglia spagnola), e grandi ornamenti circolari ai lati della testa. La finezza dell'esecuzione farebbe pensare all'opera d'uno scultore greco lavorante agli ordini d'un signore indigeno. Dovrebbe rappresentare una principessa iberica e, secondo R. Carpenter, si potrebbe paragonare ad alcune opere della scultura greca del IV sec. a. C. García y Bellido ha tentato di assegnarle una data più tarda, di epoca ellenistica o romana, ma ciò non è verosimile: infatti recenti scavi sembrano far ritenere ch'essa provenga da L'Alcudia d'Elche e da uno strato non posteriore al IV secolo.
Le statue, eccetto le sculture di animali che si trovano anche in Andalusia, appartengono esclusivamente al S-E della Spagna. In Andalusia la creatività degli artisti iberici si manifestò soprattutto nell'altorilievo. Oltre il rilievo di tipo eccezionale ed assai barbaro di Villaricos (Almeria), con la rappresentazione d'una dea fra due cavalli (Epona, d'influenza celtica), si conoscono i rilievi sugli ortostati di Osuna (Siviglia), con guerrieri a piedi o a cavallo, musicisti con doppi flauti o trombe, donne portanti vasi con offerte. Ignorando la località d'origine ed essendo state impiegate come materiale da costruzione, è difficile stabilire la cronologia di tali opere.
Fra le sculture di tipo quasi "classico" c'è un guerriero dai lunghi capelli in atto di combattere con la falcata, e difendendosi con uno scudo del tipo di La Tène II, databile a prima del sec. III a. C. nonostante i caratteri assai arcaici del viso e dell'atteggiamento.
Assai notevole è la scultura in bronzo, quasi esclusiva, come la statuaria in pietra, del S-E e dell'Andalusia. Si tratta di figurine votive rappresentanti guerrieri a piedi e a cavallo, donne e anche ex voto di membra del corpo umano, gambe, braccia, piedi. Oltre a figurine che rendono assai esattamente i dettagli del corpo umano, dei vestiti, degli ornamenti o delle armi, ci sono ex voto di basso prezzo, con forme semplificate o stanche, che si trasformano talora quasi in spilloni con una palla al posto della testa e due protuberanze al posto dei piedi. L'aspetto di alcune figurine permette di paragonarle ai bronzi etruschi più scadenti e di forma più rozza o arcaica; ma essendo una trasformazione di modelli greci arcaici si tratterebbe non d'una influenza etrusca, ma d'una parentela indiretta. Infatti l'influenza di alcuni prototipi arcaici greci è evidente nei bronzi dei santuarî spagnoli di Castellar de Santisteban e di Despeñaperros. R. Carpenter ha individuato un gruppo di donne ricollegantesi al tipo di una Hera trovata a Castellar, e da lui creduta greca arcaica; dallo stesso santuario proviene una figurina nuda che riproduce un prototipo arcaico assai antico. Nel santuario di La Luz (provincia di Murcia) si sono trovati bronzi di forme più perfette, che senza dubbio subirono l'influsso della plastica classica greca; guerrieri a piedi e a cavallo, una statuetta di donna nuda dalle forme perfette, fatta eccezione dei seni, indicati solo sommariamente, con un viso che potrebbe essere ritratto dal vero; una donna rivestita con un manto e con un velo sostenuto sulla testa da un pettine, simile alla Dama di Elche o alle statue del Cerro de los Santos. Nei bronzi come nella scultura in pietra il S-E della Spagna sembra mantenere sino alla fine la priorità sull'Andalusia, anche in relazione con la vicinanza delle colonie greche e con i continui rapporti con esse: infatti le colonie dell'Andalusia, cadute sotto l'influsso cartaginese nel sec. V, vennero distrutte nel corso del sec. IV, mentre quelle del S-E rimasero intatte fino all'epoca dei Barcidi.
Esistette anche una plastica in terracotta di tipo e tecnica indigena assai rozza. Poco sviluppata in Andalusia e giunta anch'essa ad un livello abbastanza alto nel S-E, influenzata dalla plastica greca. I suoi migliori esempî provengono dagli scavi del santuario di La Serreta (Alcoy, provincia di Alicante), con tipi simili spesso a quelli della scultura in pietra.
Nei territorî iberici più settentrionali, a parte i buoi in bronzo di Tivissa (provincia di Tarragona), la scultura si riduce a tentativi mal riusciti di figurine in terracotta, di forme grossolane, come quelle di S. Antonio di Calaceite. Si trovano nell'Aragona (Calaceite, Cretes nella provincia di Teruel, Caspe, Chiprana nella provincia di Saragozza), varie steli piatte in pietra con rappresentazioni di guerrieri, carri, serie di lance incise superficialmente. Esse sarebbero state influenzate dalle steli funerarie delle necropoli celtiche del centro della Spagna, ma le loro rappresentazioni incise sono di stile iberico.
Ceramica. − Varie ragioni fanno credere che gl'Ibero-tartessiani non limitassero l'uso della pittura alla decorazione di vasi. I muri delle camere funerarie della necropoli di Galera sembra fossero anticamente ricoperti di pitture, disgraziatamente perdute. Sempre a Galera, alcune urne cinerane in pietra a forma di cofano erano dipinte con decorazioni geometriche, forse ad imitazioni di analoghe urne ioniche. In questa stessa località se ne trovò una con una scena rituale e grifi di stile arcaico. Probabilmente ad una larnax appartiene una lastra di terracotta di provenienza ignota del British Museum con una scena di caccia iberica, dello stesso stile dei vasi del S-E della Spagna.
La pittura della ceramica ebbe un lungo sviluppo e varianti locali, coincidenti in genere con i gruppi etnici, identificabili nonostante la fondamentale comunanza di varî elementi, soprattutto delle forme e degli ornamenti geometrici che si ritrovano nella decorazione di tutti i tipi di vasi iberici, come la suddivisione del vaso in zone per mezzo di linee parallele, linee ondulate parallele, circoli e segmenti concentrici. Questa comune base decorativa, il cui inizio sarebbe da porsi nella prima metà del VI sec., risulterebbe dall'influsso della ceramica ionica di uso domestico e a decorazione semplice. Questo stile sembra essersi prodotto sia in Andalusia − che fu la prima meta dei coloni greci in Ispagna − sia nello hinterland di Massalia nella Francia meridionale, arrivando ben presto in Catalogna e nella Bassa Aragona. Lo stile geometrico si evolve in Andalusia (Los Alcores de Carmona in provincia di Siviglia, Galera in provincia di Granada, Peal di Becerro nella provincia di Jaén, Almedinilla e Fuente Tójar nella provincia di Cordova) si sviluppò verso un sistema ornamentale sempre dello stesso tipo, ma assai ricco ed elegante, a partire dalla fine del sec. VI. Nello stesso tempo, nel S-E, si sviluppò una decorazione floreale composita con spirali ed animali (uccelli, carnivori: Verdolay, Elche, Archena), anche la figura umana viene impiegata in notevoli scene, di guerra o varie (Archena, La Serreta d'Alcoy, Liria in provincia di Valenza), come, ad esempio, danze di donne accompagnate da musicisti (Liria). L'inizio della decorazione floreale e a spirali combinata con la decorazione animale sarebbe cominciata alla fine del VI sec. (Verdolay) e si troverebbe qui ancora una eco della decorazione greca di stile orientalizzante che persiste nella ceramica ionica ai margini delle scene con figure umane. Lo sviluppo classico di tale decorazione in Spagna sarà da datarsi nel gruppo d'Archena-Elche verso la metà del V secolo. Dalla fine di questo secolo, e soprattutto nel IV sec. a. C., si può seguire la sua continuazione barocca con un cospicuo sviluppo delle scene con numerose figure umane (La Serreta, Liria) e una decadenza dello stile che perdura nel III sec. (Liria) con una degenerazione che si continua sino al I sec. a. C. nel S-E della Spagna. Nelle regioni periferiche a N di Valenza, in Catalogna, nel S della Francia e in Aragona, durante il IV-III sec., la ceramica raggiunge un notevole sviluppo, inizialmente per riflesso dell'arte del S-E, ma in seguito acquistando una propria originalità e creando decorazioni di grande eleganza, impieganti spirali, foglie di edera ed ornamenti geometrici (Azaila). Essa raggiunge il suo culmine verso il II e anche I sec. a. C.
Le origini e la cronologia della ceramica iberica dipinta furono oggetto di discussioni ed opinioni contrastanti. Considerata inizialmente d'influsso miceneo (Perrot, Mélida, Paris, Evans), venne poi assegnata ad un periodo più tardo (Déchelette, Bosch-Gimpera, Pottier, Dussaud, Lantier), e spiegata attraverso influssi della ceramica greca della fine del periodo orientalizzante, ionico, attico e persino ellenistico, esercitatisi in diverse riprese. GarcÌa y Bellido ha tentato di avvicinare nel tempo l'inizio della pittura vascolare, come del resto quello della scultura, riportandoli all'età ellenistica. Altri più conservatori (Almagro, Pericot), sebbene riconoscano la possibilità di una data più alta per la decorazione geometrica, credono che lo sviluppo della grande arte animalistica e floreale, così come la decorazione con figure umane, non abbia avuto inizio se non nel IV secolo. Le associazioni della ceramica iberica con oggetti fenici e hallstattiani a Los Alcores di Carmona (fine del sec. VI-V), con oggetti fenici e greci arcaici a Galera (fine del VI-V sec.), con ceramiche attiche a figure rosse o verniciate in nero del V sec. in numerose località del S-E della Spagna, o con vasi greci del IV-III sec. nel S-E, sulla costa orientale, in Catalogna e nell'Aragona, permettono di stabilire una cronologia abbastanza sicura (Bosch-Gimpera) e di datare i gruppi e gli stili locali. Una conferma di questa cronologia è data dalle stratificazioni osservate negli scavi della colonia greca di Emporion.
Oltre alla continua e decisiva influenza greca, operarono influssi fenicio-cartaginesi, soprattutto in Andalusia. Nei temi decorativi secondari della ceramica orientalizzante e ionica − dove S incontrano sopravvivenze della decorazione geometrica − va cercata l'origine di quasi tutta la decorazione di tal tipo, così come in quella stessa ceramica si trovano i precedenti degli ornamenti floreali, delle combinazioni di rosette, palmette e spirali, di uccelli e di carnivori. La decorazione basata sulla figura umana sembra seguire l'evoluzione della figura umana nella ceramica greca. Dopo il vaso della caccia di Emporion (d'influsso ionico?), è lo stile della ceramica attica a figure rosse che sembra riflettersi nel vaso dei guerrieri di Archena, di composizione abbastanza arcaica, o nelle scene di guerra del vaso dei guerrieri di La Serreta, dalla complicata composizione, con figure su diversi piani che ricordano quelle degli stili post-polignotei. A La Serreta e a Liria si stabilì, probabilmente nel sec. IV, uno stile non privo di un certo barocchismo, che in seguito andò degenerando fino ad un tempo prossimo alle guerre puniche, al quale risalgono varie rappresentazioni di naumachie. Vale come legge evolutiva della ceramica iberica il conservatorismo, per il quale si ripetono lungamente gli stessi ornamenti, con modifiche quasi insensibili.
Artigianato. − Gl'Ibero-tartessiani conobbero una oreficeria assai evoluta. Accanto a gioielli greci e cartaginesi nei tesori iberici s'incontrano notevoli opere indigene (Jávea, Cheste, Perotitos, Tivisa, Mogón), specialmente diademi, braccialetti, orecchini, vasi d'oro e d'argento. Va segnalata la decorazione incisa sul vaso d'argento dorato di Tivisa (provincia di Tarragona), con scene rituali, fortemente influenzate dall'arte greco-ellenistica, ma evidentemente dovute ad un artista indigeno. Gl'Iberi coniarono monete locali imitate da quelle greche o fenicie; e durante l'età romana repubblicana la numismatica iberica indipendente rappresenta una sopravvivenza dell'arte iberica.
Influenze iberiche nel territorio celtico. − L'influsso dell'arte i. fu particolarmente sensibile nel territorio celtico. Sculture d'animali in pietra, dette berracos, d'una specie zoologica difficile a determinare, legate forse a idee rituali non iberiche, ricordano la plastica zooforma iberica. Esse si incontrano in Estremadura, nel Portogallo, nelle province di Avila (Toros de Guisando), di Segovia e persino nei paesi baschi. Talvolta si trovano all'ingresso delle città celtiche (Las Cogotas, provincia di Avila). Così si pensa ad un influsso della plastica iberica a proposito delle statue di guerrieri del Portogallo e delle steli funerarie con rilievi − per lo più di epoca romana − della provincia di Burgos e di altri territorî celtizzati. Egualmente sarebbero influenzate dalle figurine di bronzo iberiche le fibule post-hallstattiane a forma di cavallo, talora con cavaliere, e dall'arte delle monete iberiche le monete locali delle città del territorio celtico (v. celtica, arte; la tène, cultura).
L'influenza fu intensa soprattutto alla frontiera dell'Aragona, nel territorio celtiberico. Il ringwall (castrum) celtico assume la forma del villaggio con case rettangolari di tipo iberico. A Numanzia gli isolati sono inquadrati in un'urbanistica ippodamea, come nella città ellenistica di Emporion. La ceramica celtiberica, dopo una fase policroma con rappresentazioni indigene (lotte, scene di addestramento ippico), è fortemente influenzata dalla ceramica iberica, adotta gli ornamenti geometrici iberici (circoli concentrici, linee ondulate, spirali, meandri, svastiche) in composizioni originalissime con scene di guerra e rappresentazioni di cavalli, talora stilizzati ed usati come semplici ornamenti.
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