OTTOMANA, ARTE
ARTE. Negli edifici sacri costituiti nel secolo XIV in Asia Minore è tuttora evidente la dipendenza dal periodo selgiuchide. Specialmente in Brussa, che, come capitale, conobbe una breve fioritura artistica, si può seguire l'evoluzione architettonica culminante poi nello stile che s'iniziò con la conquista di Costantinopoli. Sin d'allora il problema della cupola assume grande importanza: negli edifici minori la sala di preghiera, preceduta da un atrio, è a cupola; in altri vengono affiancate due sale a vòlta, e quando si costruiscono in forma di aula a pilastri - generalmente negli edifici di maggior mole (Ulu Giami in Brussa) - ciascuna campata viene coperta da cupola. Alcune piccole moschee di Istanbul, sebbene edificate nel sec. XV, dipendono dal consueto schema delle moschee di Brussa e di Nicea, mentre le maggiori s'ispirano alla chiesa di S. Sofia trasformata in luogo di culto islamico. I tentativi degli architetti turchi di trovare una nuova e grandiosa soluzione ai problemi spaziali si palesano già nella Meḥmediyyeh (1463-69), in cui è semplificato il sistema della cupola, accentuata la pianta a croce, e l'intero oratorio è preceduto da un atrio a cupole quasi altrettanto grande. La moschea monumentale (1501-07) eretta dal sultano Bāyazīd si attiene più strettamente a S. Sofia e rivela già tutti i particolari caratteristici di quella fase dell'architettura turca: alti e stretti portali con vòlte a stalattiti, finestre rettangolari a cancelli e con coronamento, minareti scanalati a guglia, con balconi a sporti.
Nel sec. XVI questi tentativi così bene avviati raggiungono la loro più brillante realizzazione per opera dell'architetto Sinān (m. 1578), che elevò non meno di 318 edifici e il cui stile s'impose a tutto l'impero turco. Nella moschea di Shāhzādeh egli riuscì ad accordare l'esterna leggerezza della cupola con un'armoniosa disposizione interna; nel grandioso e armonico edificio della Suleimāniyyeh (1550-1556) seppe concentrare l'intera costruzione in modo magistrale, accentuare l'effetto della facciata per mezzo di gallerie laterali e, disponendo le cupole in linea digradante, dare all'edificio un profilo compatto e definito. Nel suo capolavoro, la Selīmiyyeh in Adrianopoli (1870-74), Sinān diede alla cupola il diametro di quella di S. Sofia; pose l'enorme mole su otto pilastri, la circondò di gallerie a colonne con matronei e perforò le pareti con numerose finestre, eliminando così ogni impressione di pesantezza. Quattro minareti simmetrici decorano l'oratorio, dinnanzi al quale si estende il grande cortile con fontana. Dopo la morte di Sinān, quasi coronamento dei principî da lui posti, sorse la moschea di Sultān Ahmed (1608-14), con sei minareti.
Il tipo ottomano perfezionato della moschea si trova non solo nelle città della Turchia europea, ma anche in Anatolia, a Damasco, Mecca, Cairo, a Tunisi e ad Algeri.
Nell'epoca ottomana sorsero frequenti, accanto alle moschee, le cappelle sepolcrali (türbeh), piccoli edifici a cupola che, nonostante la varietà delle forme, hanno di rado valore architettonico. Inoltre le moschee avevano spesso anche altri annessi dovuti a pie fondazioni, biblioteche, scuole, bagni, asili, cucine per i poveri, ecc.
La casa di abitazione turca. (qōnāq), a più piani, era generalmente in legno: a terreno si trovavano le sale di ricevimento (selāmlik); sopra, gli ambienti destinati alla vita di famiglia (harīm). I piani superiori erano aggettanti, con sporti, sulla strada. Armadî a muro e grandi camini decoravano le pareti. Derivato dalla Siria e applicato specie nelle sale di ricevimento il tipo della qā‛ah (sala) a tre alcove disposte a T, spesso con una fontana nel centro.
Anche i palazzi (sarāy) derivavano i particolari dalle abitazioni private, pur essendo più grandiosi e costruiti in materiale più solido. Il "Vecchio Serraglio" in Istanbul aveva originariamente la consueta pianta orientale a tre cortili susseguentisi; fu in seguito molto ampliato. La parte più antica conservatasi è il Çinili Kiöshk (1466), di gusto ancora persiano, cruciforme su pianta quadrata con absidi sporgenti, grande līwān e atrio a colonne. Nei sec. XVI e XVII furono aggiunti altri padiglioni, alcuni molto graziosi, tra questi il cosiddetto Baghdād Kiöshk (1639), con sala a cupola su pianta ottagona, piccoli ambienti angolari e tetto molto sporgente.
Nelle città i magazzini (caravanserragli) non seguirono più il tipo selgiuchide, ma si ispirarono piuttosto al tipo egiziano con cortili a più ordini di loggiati; alcuni avevano anche più cortili. I bazar non avevano cortili interni, ma erano a più navate con una piccola cupola su ogni campata. Tra i bagni hanno particolare importanza le grandi terme di Eski e Yeni Kaplica presso Brussa, elevate le prime già nel sec. XIV, le altre durante il regno di Suleimān I, con imponenti ambienti a cupola.
Importanti per l'architettura civile le fontane (sebīl), pubbliche istituzioni particolarmente in uso nelle capitali, talvolta veri monumenti che illeggiadrivano la città. Tra le più graziose sono quelle a forma di edicola, elevate agl'inizi del sec. XVIII da Ahmed III, in varî punti della sua capitale; hanno bella ripartizione architettonica, ricca decorazione, tetto sporgente.
La continuità del gusto ottomano si afferma, più che nella soluzione di problemi costruttivi, nella decorazione architettonica. Alcuni particolari, p. es. portali e nicchie da preghiera, rimangono fedeli alle forme selgiuchidi di Conia. I rivestimenti marmorei assumono grande importanza tanto nell'architettura religiosa quanto in quella profana, sebbene nella decorazione interna continui a predominare la ceramica, usata spesso in modo nuovo sostituendo al musaico in ceramica il rivestimento in piastrelle di maiolica. L'introduzione in Nicea dell'industria ceramica, fatta da Selīm I ai primi del sec. XVI, è inizio di un'attività straordinaria dei vasai turchi, che fornirono completi rivestimenti parietali per i palazzi e le moschee di Costantinopoli e d'altri luoghi, usandovi, oltre ai motivi d'origine persiani (arabeschi, nastri, fiori di loto, ecc.), altri molti motivi vegetali, che sono caratteristici per l'arte ottomana (rose, tulipani, giacinti, garofani, carciofi, ecc.), e a preferenza i colori di cobalto, il verde turchese, il rosso su fondo bianco. Alcune moschee, come quelle di Rustem pascià a Costantinopoli, furono completamente rivestite nell'interno di mattonelle di maiolica con grande unità e leggiadria coloristica.
Agl'inizî del sec. XVIII si diffuse un genere di decorazione architettonica che riecheggia le forme del barocco europeo; e quando più tardi il rococò francese fu conosciuto a Costantinopoli, trovò accoglienze entusiastiche tanto alla corte quanto presso gli artisti, che non vedevano nuove possibilità di sviluppo dello stile ottomano. Le forme architettoniche non furono toccate dalla nuova moda, ma le decorazioni ne subirono talmente l'influenza che si può parlare di un rococò turco. Il nuovo gusto è visibile nei portali di alcune moschee, nei camini, nelle nicchie e nei soffitti di alcune parti del Vecchio Serraglio. Con il nuovo stile penetrarono nelle stanze imperiali anche sedili, letti, pendole europee. L'accento rococò è da allora proprio all'architettura profana; si ritrova anche nelle stele funerarie e in varî temi dell'arte applicata, e si diffuse in provincia.
Per l'arte libraria la scuola di Costantinopoli è figlia di quella di Tebrīz, il cui influsso fu così persistente, che nell'esame delle opere di calligrafi e miniatori si rimane spesso incerti se attribuirle a Persiani o Turchi. Copie di lusso del Corano, bandi e documenti (firmani) dei sultani rappresentano i compiti principali dei calligrafi che trovavano sempre nuove varianti per il nome del signore (tughrā). La copia dei poemi epici persiani portò all'uso di miniature e alla formazione di una scuola pittorica turca. La storia ne è ancora incerta; ad ogni modo, esisteva già quando Gentile Bellini fu chiamato alla corte turca; ma non dimostrò poi alcuna rinascita ispirata a modelli europei. Anche le legature rimasero strettamente aderenti ai modelli persiani.
L'arte ottomana si è particolarmente distinta nei prodotti tessili. Brussa pare si sia affermata sino da principio, nella produzione dei broccati in seta, dei velluti, e dei broccati in velluto, tecnicamente superiori ai prodotti veneziani e spagnoli. La decorazione floreale si sviluppò anche in questi prodotti superandovi quasi, in ricchezza, quella delle mattonelle dipinte. Furono ricercati in Occidente anche i velluti di Scutari. Per le tende di lusso veniva usato lino con decorazioni multicolori riportate.
I tappeti della prima fase dello stile ottomano ci sono noti solo perché riprodotti in vecchi quadri fiamminghi e italiani; i più antichi giunti a noi risalgono al sec. XV. Alcuni, come i cosiddetti "tappeti di Holbein", ricordano ancora negli ornati degli orli la scrittura cufica. Il tipo di Ushak ebbe massima importanza nei secoli XVI e XVII: su schema di gusto persiano presenta colori particolarmente vivaci e armoniosi. Grande sviluppo ebbe in Anatolia il tappeto da preghiera con motivo a nicchia semplice o duplice; speciali tipi furono preparati per l'esportazione. I migliori prodotti provenivano da una manifattura che lavorava per la corte, tuttora non esattamente localizzata.
V. tavv. CXXV-CXXVIII.
Bibl.: H. Wilde, Brussa, Berlino 1909; C. Gurlitt, Die Baukunst Konstantinopels, Berlino 1912; H. Minetti, Osmanische provinziale Baukunst, Hannover 1923; F. Babinger, Quellen zur osmanischen Künstlergeschichte, in Jahrb. der asiat. Kunst, 1924; id., Die grossherrliche Tughra, ibid., 1925; A. Gabriel, Les mosquées de Constantinople, in Syria, VII (1926), pp. 353-419.