Vedi PALEOCRISTIANA, Arte dell'anno: 1963 - 1996
PALEOCRISTIANA, Arte (v. vol. V, p. 869)
II concetto di un'arte cristiana esiste da poco più di 150 anni. Solo dalla prima metà del secolo scorso infatti, le testimonianze materiali del primo cristianesimo, che fino allora attiravano esclusivamente interessi teologici o antiquari, iniziarono a godere anche di considerazione estetica: una conseguenza, questa, del Romanticismo (J. L. Tieck e di W. H. Wackenroder), della sua riscoperta dell'arte medievale e del contenuto religioso di quest'ultima. Stimolata da tali esperienze, si sviluppa nel periodo post-romantico la ricerca storico-artistica come scienza moderna, della quale anche J. J. Winckelmann aveva gettato le basi. Fino a quel momento l'interesse archeologico-antiquario si era rivolto ai monumenti dell'antichità classica: una maggiore attenzione alle testimonianze del primo cristianesimo viene invece già suscitata nell'ambito delle discussioni teologiche fra cattolici e protestanti del tardo XVI secolo. La Historia ecclesiastica secundum centurias (1559 ss.) degli «Studiosi et pii viri in urbe Magdeburgica» da parte protestante e gli Annales ecclesiastici (1588-1607) di Cesare Baronio sono fra le prime testimonianze, corredate di immagini dei monumenti in questione, dell'interesse per i monumenti paleocristiani.
Fino agli inizi del XIX secolo la considerazione dei monumenti paleocristiani come opere d'arte fu subordinata a un'ottica condizionata dalle controversie teologiche. Tuttavia, neanche in quell'epoca mancarono studiosi, soprattutto nei paesi a Ν delle Alpi, che continuarono l'opera di Winckelmann, analizzando le testimonianze della cultura materiale del primo cristianesimo sotto l'aspetto estetico. Uno dei primi epigoni di Winckelmann fu il francese Seroux d'Agincourt, la cui opera, tradotta anche in italiano, è uno dei primi e più importanti studi di storia dell'arte, dove tuttavia il concetto di «arte p. » non trova ancora una sua definizione.
Nella prima metà dell'Ottocento, in pieno fervore romantico-religioso, si formano anche le prime collezioni d'arte medievale. Fra queste sono da segnalare quella del canonico e professore dell'Università di Colonia Wallraff (1748-1824) e quella dei fratelli Boisserée a Colonia e Heidelberg, fondata nel 1804 e oggi confluita nella Pinacoteca di Monaco. La scoperta dell'arte medievale e la considerazione della quale godeva nel periodo post-romantico crearono i presupposti per studiare anche i monumenti paleocristiani, che assunsero importanza come opere d'arte e come precedenti dell'arte devozionale medievale. I primi passi di una storiografia dell'arte p. furono compiuti da uno dei fondatori della ricerca storico-artistica tedesca come disciplina scientifica, Carl Friedrich von Rumohr (1785-1843). Egli, in coerenza con il pensiero romantico, valutò in una nuova maniera l'arte antica e quella moderna, l'arte pagana e quella cristiana, fatto che gli permise di scoprire quella che noi chiamiamo l'arte della tarda antichità. Illustrando brevemente le origini dell'arte cristiana in rapporto all'arte pagana dell'antichità, era già espresso il concetto - in seguito perso di nuovo di vista dalle generazioni di ricercatori che gli succedettero - che l'arte p. è parte dell'arte tardoantica, dalla quale si differenzia solo per il contenuto e non per le forme.
Il termine «arte cristiana» nell'ambito dell'arte medievale compare come titolo, continuando sulla strada di Rumohr, nell'opera di A. F. Rio. Anche in questo caso però l'arte p. non costituisce una fase autonoma dell'arte cristiana, ma è solo il passaggio dall'arte antica a quella medievale, e in quest'ottica si spiega il titolo programmatico «arte cristiana». A questo punto il concetto di «christliche Kunst» sembra essersi stabilito in modo tale, da farlo comparire nelle opere di uno dei massimi teologi protestanti dell'epoca, Johann Christian Wilhelm Augusti (1772-1841), che usa nei suoi scritti anche il termine Archäologie der christlichen Kunst, anche se, da teologo, nell'ambito della storia della chiesa cristiana, riserva poco spazio a quelle opere d'arte che suscitano il suo interesse solo perché utili a una più precisa interpretazione dei dogmi. L'Augusti assume quindi dalla ricerca storico-artistica a lui contemporanea solo la terminologia generica, adoperandola poi nella sua monumentale teologia, collocata nella vecchia tradizione della ricerca confessionale.
I veri progressi nello studio dell'arte p. si conseguono invece nell'ambito della ricerca storico-artistica, non vincolata alla teologia. Una valutazione considerevolmente più seria delle origini dell'arte cristiana come periodo autonomo fu compiuta da F. Kugler, uno dei fondatori della ricerca storico-artistica tedesca (1808-1858), che definisce il periodo dell'arte cristiana dalla fine dell'antichità fino all'inizio dell'arte romanica come quello della «altchristliche Kunst», distinguendola anche da quella medievale e da quella bizantina. Caratteristica fondamentale di quest'arte «cristiana» e «paleocristiana» - entrambi i termini vengono adoperati - è il contenuto cristiano. Dopo Rumohr e nuovamente nel momento in cui il periodo paleocristiano è riconosciuto come autonomo, viene espresso il concetto - successivamente spesso trascurato - secondo il quale l'arte p. è distinta dal suo contenuto e non da una nuova veste formale. Su questa periodizzazione e sull'uso di Kugler dei termini «christliche» e «altchristliche Kunst» per indicare questo periodo, si basano in seguito i termini «frühchristlich», «early christian», «paléochrétien» e «paleocristiano» nel loro significato odierno. Vengono quindi pubblicati i primi studi che non trattano più i monumenti cristiani e in particolar modo quelli di Roma, come mere testimonianze di fede, ma come monumenti dell'antichità cristiana e opere d'arte. Un esempio in tal senso è dato dall'opera di C. J. von Bunsen sulle basiliche paleocristiane di Roma, completata da un ampio e aggiornato volume di tavole, della quale già nel 1827 venne pubblicata un'edizione francese, a cura di D. Ramée. Allo stesso modo il francese D. Raoul-Rochette, partendo significativamente dall'archeologia classica, evidenziò lo stretto rapporto fra arte pagana e cristiana.
In contrasto con la definizione di Kugler, che vedeva la novità di quest'arte nel contenuto cristiano e non in una forma nuova, dominò in seguito nella ricerca, soprattutto come conseguenza degli studi sulle catacombe svolti a Roma da G. B. de Rossi nella seconda metà dell'Ottocento, la tendenza a separare l'arte cristiana da quella tardoantica, ponendo in risalto più le particolarità che non i legami fra i due periodi. Ciò venne favorito dal fatto che la ricerca fu svolta, dall'Ottocento fino al Novecento inoltrato, principalmente da teologi, che s'interessavano essenzialmente dei monumenti romani e in modo particolare delle catacombe ed erano più propensi ad analizzare le testimonianze materiali del primo cristianesimo secondo criteri antiquari, teologici ed ermeneutici, cari alla precedente tradizione apologetica, che a valutarli secondo una problematica storico-artistica. Un tipico rappresentante di questa corrente fu F. X. Kraus (1840-1901), il quale occupò le prime cattedre, non a caso teologiche, di Archeologia e Storia dell'Arte Cristiana (Strasburgo 1872, Friburgo 1878). Egli interpretò i risultati delle ricerche del de Rossi con un'ottica dell'arte p. dominata da quella delle catacombe. Nello stesso tempo padre Raffaele Garrucci presentò un ampio panorama storico-artistico dei monumenti dell'arte cristiana, che costituisce ancora oggi un'importante raccolta di materiale. Su questa strada proseguì un allievo del Kraus, J. Wilpert (1857-1944), che concentrò la sua attenzione quasi esclusivamente sui monumenti paleocristiani di Roma, in particolare su quelli sepolcrali. L'importanza del contributo di questo studioso, dal 1926 professore presso il Pontificio Istituto di Archeologia Sacra, è stata quella di aver riunito - sull'esempio dei fondamentali corpora ottocenteschi di antichità classiche - i più importanti gruppi di monumenti dell'arte p. in raccolte, valide ancora oggi. Anche l'interesse di Wilpert era rivolto più verso l'aspetto antiquario, iconografico e teologico, che verso quello storico-artistico. Le ricerche storico-artistiche dell'archeologia classica, che aveva già elaborato una struttura cronologica anche per l'età imperiale e tardoantica, rimasero, nell'ambito dei suoi studi, quasi inosservate. Questo modo di non inserire i monumenti paleocristiani nel contesto dell'arte imperiale e tardoantica e di non considerarli come arte tardoantica di contenuto cristiano, come un secolo prima avevano proposto Rumohr e Kugler, portò a datazioni clamorosamente errate e a una cronologia insostenibile, nella quale si cercò, con più entusiasmo che riflessione critica, di individuare gli inizi di un'arte cristiana nel periodo delle prime testimonianze letterarie della prima cristianità. Wilpert ritorna con ciò, come il de Rossi, il Garrucci, il Kraus e altri, all'impostazione metodologica precedente a quella del teologo protestante tedesco F. Piper (1811-1889), il quale, seguendo le orme di Rumohr, scriveva che l'arte cristiana non ebbe i suoi inizi già in età apostolica, ma solo nel III secolo. Perciò i corpora di Wilpert, nonostante siano ancora oggi fondamentali per il materiale raccolto, e solo parzialmente sostituiti da opere più recenti (H. Brandenburg, G. Bovini, 1967), sono spesso poco utilizzabili, a causa dell'orientamento quasi esclusivamente teologico-interpretativo e dell'errata presentazione cronologica del materiale. Victor Schultze (1851-1937), dal 1883 professore a Greifswald, fu in campo protestante il primo a esaminare l'archeologia cristiana come disciplina storico-artistica. Egli estese le sue osservazioni pure all'arte medievale. Contrariamente a quanto fece il Wilpert, si dedicò anche ai monumenti paleocristiani dell'orbis antiquus, che conobbe nel corso di lunghi viaggi. Questa maggiore apertura mentale si dimostra anche nel fatto che egli vedeva l'arte cristiana dei primi secoli in stretto rapporto con quella antica, mettendosi al passo con la ricerca storico-artistica e archeologica del suo tempo.
Gli impulsi decisivi per l'inserimento dei monumenti cristiani fra quelli dell'epoca «tardoantica» provennero dunque da studiosi estranei all'archeologia cristiana, come, p.es., dall'archeologo L. von Sybel (1846-1929), il quale circoscrisse l'arte p. come parte dell'arte tardoimperiale e tardoantica. I presupposti per questo nuovo punto di vista furono creati con gli studi degli storici dell'arte viennesi A. Riegl e F.
Wickhoff, che per la prima volta compresero l'arte tardoantica - in contrasto con le posizioni dell'archeologia cristiana tradizionale - nella sua particolarità formale e non solo come fase finale di decadenza dell'arte classica. La conclusione di von Sybel, che l'arte p. sia parte di quella tardoantica e che si basi nella sua iconografia e nel suo repertorio formale sulle premesse fornite da quella imperiale, ebbe, tuttavia, delle difficoltà ad affermarsi contro il pensiero tradizionale, orientato prevalentemente su Roma.
La migliore conoscenza dei monumenti, dovuta a scavi e viaggi di ricerca, che sin dal tardo Ottocento si era ben presto estesa sull'orto antiquus, comprendendo anche le zone periferiche a oriente del mondo mediterraneo, portò a cambiamenti radicali. Dopo che già W. Salzenberg aveva attirato l'attenzione sugli importanti monumenti di Costantinopoli e dopo che, p.es., M. de Vogüé aveva reso note, in una grande pubblicazione con piante e tavole, le importanti chiese della Siria settentrionale, J. Strzygowski portò a conoscenza degli studiosi l'arte delle regioni orientali dell'impero. I lavori di quest'ultimo, nei quali si sostenne il primato dell'arte orientale su quella occidentale e, in particolare, quella romana, suscitarono una viva polemica, nella quale studiosi come il Wilpert cercarono di difendere la superiorità di Roma contro le idee di Strzygowski e della sua scuola; ciò avvenne anche perché, già prima di lui, Ch. Bayet (1879) aveva rivolto lo sguardo sull'arte dell'Oriente ellenizzato e di Bisanzio. Questa violenta polemica, che nella sua netta contrapposizione fra Oriente e Occidente oggi non ha più nessun valore, ebbe però l'effetto positivo di portare l'attenzione degli studiosi sull'arte delle provincie periferiche del mondo mediterraneo antico, dall'Africa settentrionale alla Siria e all'Armenia, di crescente importanza durante l'epoca tardoantica. La continua crescita del materiale portato alla luce da numerosi scavi rese possibile una più approfondita conoscenza non soltanto dei monumenti architettonici cristiani e del loro arredo, soprattutto per quanto riguarda le provincie orientali dell'impero, ma anche di numerosi monumenti tardoantichi pagani, come p.es. i mosaici di Antiochia, venuti alla luce in scavi americani, che hanno rinnovato la concezione dell'arte musiva tardoantica. Questi ritrovamenti, soprattutto dell'Africa settentrionale e dell'Oriente, avvenuti fino alla seconda guerra mondiale, hanno radicalmente cambiato il quadro generale dell'arte tardoantica: i monumenti cristiani si presentavano sempre più come parte integrante della cultura tardoantica, rendendo inaccettabile una loro analisi isolata.
Questa convinzione si fece lentamente strada nei tardi anni Trenta e durante il secondo conflitto mondiale. Un importante contributo in questo senso fu dato dall'archeologo G. Rodenwaldt e dalla sua scuola. Con i fondamentali studi di Rodenwaldt sull'arte romana si definì l'ambito temporale dell'arte p. e l'attenzione si rivolse maggiormente verso l'epoca tardoantica, trascurata fino ad allora anche dall'archeologia classica, e ora concepita non più come periodo di decadenza, ma di transizione verso il Medioevo. Ricerche importantissime, nelle quali l'arte tardoantica venne compresa come unità, vennero pubblicate in Studien zur spätantiken Kunstgeschichte (1925). Così F. Gerke sviluppò una nuova cronologia per i sarcofagi cristiani, sulla base dello studio stilistico e tipologico dei sarcofagi romani pagani del III e IV secolo. A. von Gerkan e H. P. L'Orange hanno dimostrato, nella loro monumentale pubblicazione dei rilievi dell'Arco di Costantino, lo stretto rapporto stilistico fra i rilievi costantiniani di questo monumento ufficiale e quelli dei sarcofagi coevi che fa in parte pensare all'attività di un'unica officina. Come base insostituibile per le nuove ricerche sull'arte p. sono da menzionare i lavori di R. Delbrück, che diedero la possibilità di ordinare la grande quantità di reperti paleocristiani e tardoantichi in avorio (cfr. F. W. Volbach, 19672) e di J. Kollwitz, che analizzò monumenti cristiani e profani, illustrando lo sviluppo stilistico della scultura tardoantica a Costantinopoli e nell'Asia Minore.
Con la ripresa su larga scala dell'attività di scavo dopo la seconda guerra mondiale, l'attenzione dei ricercatori si è spostata verso le zone periferiche del mondo mediterraneo, che vissero la tarda antichità come un periodo di grande fioritura, crescendo nella loro importanza politica e assumendo una maggiore indipendenza economica e culturale. In tal modo queste regioni guadagnarono di importanza anche per la storia dell'arte cristiana. Grazie all'attività di ricerca sul campo e all'intenso rilevamento dei monumenti sin dal secondo conflitto mondiale, si sono aperti nuovi orizzonti, p.es. nella Nubia, che dimostrano come nella tarda antichità si aggiungano ai grandi centri cittadini della cultura antica provincie e regioni con un proprio profilo artistico che si esprime soprattutto nell'architettura. I risultati di questi studi sono stati accolti nell'opera di ampio respiro di R. Krautheimer (19864), che si occupa soprattutto dell'architettura sacra, indirizzo principale dell'architettura sin dal periodo greco. In pari modo l'interesse degli studiosi si rivolge anche all'arredo architettonico, come i mosaici pavimentali, raccolti in corpora (p.es. J. B. Ward-Perkins, E. Alföldi-Rosenbaum, 1976-1980; M. A. Alexander e altri), oppure la scultura architettonica (p.es. R. Kautzsch, 1936; F. W. Deichmann, 1981; V. Vemi, 1989), la cui importanza soprattutto per l'architettura della parte orientale dell'impero alla fine dell'antichità è stata sottolineata da numerosi studi di recente pubblicazione (p.es. Deichmann, Harrison, Sodini, Strube). Tuttavia, anche i ritrovamenti effettuati nelle due capitali, a Costantinopoli la chiesa di Polyeuktos e a Roma la nuova catacomba della Via Latina (con pitture che accostano temi pagani e cristiani), hanno cambiato la visione dell'arte p. tardoantica, arricchendola in modo sostanziale (M. Harrison, 1989; A. Ferrua, 1990). Si è chiarito, inoltre che le testimonianze cristiane trovano la giusta considerazione dei loro aspetti formali ed estetici solo nell'ambito di un contesto storico-artistico che concepisce l'arte tardoantica come insieme e come prosecuzione di quella imperiale. Questo nuovo punto di vista si impone anche analizzando altri gruppi di monumenti, aumentati negli ultimi decenni, come, p.es., i pavimenti musivi di edifici sacri, interpretabili nella struttura, nella forma e nel contenuto, solamente se accostati a mosaici pagani coevi. Ciò vale per tutte le altre categorie dell'arte tardoantica, compreso l'artigianato (vetri d'oro, oggetti d'avorio, oggetti d'argento) e la scultura. In questo caso hanno fornito un panorama sistematico opere riassuntive e ampie esposizioni, significativamente impegnate a presentare l'arte tardoantica da un punto di vista globale.
Soprattutto i recenti studi sull'origine e lo sviluppo delle catacombe (H. Brandenburg, 1984; L. Reekmans, 1986) e i rilevamenti architettonici a esse pertinenti (p.es. L. Reekmans, 1984; F. Tolotti, 1970; J. Guyon, 1987) hanno portato a considerare questi monumenti genuinamente cristiani come risultato di premesse sociali, economiche e religiose della loro epoca, e di requisiti dettati dalla religione cristiana. Nell'ambito dell'inventariazione di monumenti tardoantichi sono stati compilati ultimamente anche dei repertori sistematici delle pitture delle catacombe (J. G. Deckers e altri, 1987 ss.) che hanno migliorato significativamente la conoscenza della pittura tardoantica fornendo, grazie all'analisi storico-architettonica della catacomba stessa e del suo sviluppo, primi punti di riferimento cronologici per una storia stilistica della pittura tardoantica. Non è certamente un caso, che solo con l'inserimento delle ricerche sulle catacombe nel contesto di quelle sull'architettura imperiale e tardoantica, sia stato possibile comprendere questi importanti monumenti cristiani nelle loro particolarità specifiche. Lo stesso si può dire per la pittura catacombale, che grazie a questo sviluppo è diventata un'importante testimonianza per la storia della pittura tardoantica in genere. Un esempio lampante della proficuità di questo approccio metodologico basato su una visione globale, sono le ultime ricerche sui libri miniati tardoantichi. I meritevoli lavori di K. Weitzmann (1977) portarono alla convinzione che le miniature tardoantiche si basassero su una tradizione largamente diffusa sin dal periodo ellenistico, e che le origini dell'iconografia cristiana fossero da cercare nei modelli della miniatura biblica ebraica dell'ellenismo e del periodo imperiale.
Recenti studi sull'arte figurativa p. e tardoantica (H. Brandenburg, 1978; H. Brandenburg, J. Engemann, H. Sichtermann, 1973, pp. 241 ss., 249 ss., 257 ss.) e soprattutto ricerche sulla miniatura tardoantica (A. Geyer, 1989) hanno però dimostrato che la miniatura narrativa è un genere caratteristico dell'arte tardoantica, i cui primi esempi difficilmente sono anteriori alla fine del IV sec. d.C. L'arte figurativa cristiana non dipende quindi da ipotizzate miniature ebraiche, ma si sviluppa in modo autonomo dalle premesse di quella contemporanea tardoimperiale (cfr. anche Th. Klauser, 1958-1963).
Un altro aspetto significativo e decisivo riguardo la visione globale dell'arte tardoantica si manifesta negli studi di G. Tchalenko, il quale si è occupato sin dagli anni Quaranta degli insediamenti nel massiccio calcareo siriano nordoccidentale. Analizzando in modo esemplare l'evoluzione architettonica e studiando altrettanto profondamente lo sviluppo storico di quegli insediamenti, l'autore ha evidenziato gli stretti rapporti che intercorrono fra l'architettura e le premesse geografiche, economiche, nonché quelle legate allo sviluppo storico degli insediamenti stessi, dimostrando inoltre lo stretto legame fra l'architettura ecclesiastica e quella profana dei villaggi e dei centri rurali. Su simili presupposti si basa la ricerca urbanistica, intensificatasi negli ultimi anni, alla quale si aprono ampie prospettive e volta allo studio dello sviluppo e dei cambiamenti strutturali della città tardoantica, contemplando contemporaneamente l'aspetto della cristianizzazione della città antica.
L'arte p. viene ancora oggi considerata - seguendo un punto di vista condizionato dall'arte cristiana medievale - come unità dotata di un aspetto particolare che la distingue dall'arte antica; ma dovrebbe essere ormai scontato che questo concetto è da Considerarsi obsoleto, dato che una storia dell'arte p. non è concepibile senza il contesto dell'arte pagana e profana coeva. Solo considerando ciò si riesce a cogliere il mutamento formale e contenutistico dell'arte nella tarda antichità, nell'ambito della quale l'arte p. assume un ruolo di rilievo come premessa per gli esiti figurativi medievali e soprattutto bizantini. Le origini tardoantiche di quest'ultimo fenomeno artistico, nonché il suo sviluppo dall'inizio del III all'VIII sec. sono state illustrate da E. Kitzinger. La visione globale dell'arte tardoantica e il concetto di un'arte p. come parte di quest'ultima sono oggi concordemente accettate dagli studiosi ed è significativo che siano stati archeologi specializzati nell'archeologia classica, come R. Bianchi Bandinelli, a dare impulsi decisivi in tale senso. Il compito futuro dei ricercatori sarà - oltre alla raccolta e all'analisi sistematica del materiale su vasta scala - quello di una prospettiva di studio che comprende l'arte sia di contenuto ebraico che di contenuto cristiano, pagano e profano, vista come unità formale. Solo in tal modo si potrà avere un quadro valido degli aspetti artistici della tarda antichità, quale importante espressione dei vasti mutamenti culturali che costituiscono il passaggio dall'antichità al Medioevo.
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