Arte persiana: eclettismo e continuita
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
I Persiani possono essere considerati eredi sia degli Assiri sia dei Babilonesi e la loro cultura rappresenta un vero punto di incontro tra Oriente e Occidente. La produzione artistica persiana riprende schemi e motivi iconografici già mesopotamici riadattando e trasformandone sia il significato sia lo stile attraverso la rielaborazione di temi orientali e il coinvolgimento di manodopera straniera, anche di origine greca.
Dopo la rivolta contro il potere dei Medi e la presa di Babilonia ad opera di Ciro il Grande, nel 539 a.C., la Persia diviene una potenza imperiale che controlla la Mesopotamia e tutto il Vicino Oriente fino alle coste del Mediterraneo.
La presa di Babilonia nel 539 a.C. viene quasi salutata come una proficua liberazione da parte del clero del dio Marduk, contrariato dalla politica di Nabonedo (re dal 555 al 539 a.C.), l’ultimo sovrano di Babilonia, che sposta la capitale nella nuova città di Teima nel deserto arabico, privando Babilonia della sua centralità temporale e religiosa. Ciro conquista Babilonia, ma rende omaggio al dio Marduk.
Dal punto di vista politico, l’Impero persiano controlla i territori, le vie di comunicazione e le risorse delle regioni che gli Assiri prima e i Caldei in seguito hanno dominato e sfruttato per lungo tempo. Esso mutua quindi dagli imperi precedenti forme di gestione e amministrazione del territorio, con la suddivisione di esso in satrapie e la nomina di governatori che rendono conto al potere centrale con un fitto scambio ed invio di messaggi, lettere, ordinanze e merci.
Anche gli artisti (architetti e scultori) si muovono nella vastità dell’impero, portando con sé il proprio bagaglio di esperienze e conoscenze. Ciò fa sì che l’arte persiana sia connotata da un eclettismo che si ispira a culture regionali diverse. Non si tratta però di una mera appropriazione di modelli, ma piuttosto di una rielaborazione che porta a soluzioni nuove, senza precedenti nell’Oriente antico.
Nell’architettura l’ispirazione a modelli stranieri è evidente fin dalle prime realizzazioni nella città di Pasargade, eletta a capitale da Ciro II. Elementi ionici sono chiaramente riconoscibili soprattutto nella scanalatura e nei basamenti delle colonne: è pensabile che maestranze della Ionia siano presenti nella capitale dell’Impero persiano, dove mettono la loro abilità al servizio del sovrano persiano. La tomba di Ciro il Grande, presso Pasargade, è il frutto di una fusione tra elementi dell’architettura mesopotamica e altri desunti da quella dell’Anatolia occidentale. La tomba è costituita da un parallelepipedo, con copertura a tetto spiovente, su una base di sei gradini: per la posizione sopraelevata, si può avanzare un confronto con le ziqqurat mesopotamiche, sebbene la tomba di Ciro non sia caratterizzata da una altezza monumentale come le torri templari. Il tipo di copertura (con spioventi) e gli elementi decorativi della cornice sono invece elementi di origine occidentale.
Già a Pasargade, ma soprattutto a Persepoli, città fondata da Dario il Grande (re dal 521 al 486 a.C.), sono evidenti le influenze dell’architettura faraonica d’Egitto, spiegabile forse anche in questo caso con la presenza di maestranze provenienti dall’Egitto, anche se non va dimenticato che Cambise II (re dal 530 al 522 a.C.) conquista l’Egitto nel 525 a.C. e pertanto la conoscenza dei modelli dei palazzi faraonici da parte dei Persiani, all’epoca del regno di Dario I, è diretta.
In particolare, la formula del porticato colonnato e l’uso di sale ipostile fiancheggiate da ali minori colonnate trova confronti in strutture palatine dell’Egitto. Questo uso di colonne, spesso scanalate secondo il gusto ionico, contraddistingue l’architettura palatina della grande terrazza di Persepoli, con la monumentale apadana che rielabora e riprende i modelli delle aule colonnate dei centri amministrativi medi e mannei.
L’uso della colonna in pietra contraddistingue le costruzioni persiane rispetto ai precedenti mesopotamici, dove le colonne sono soprattutto lignee su basi di pietra: i palazzi di Persepoli sono invece caratterizzati da colonne riccamente decorate, con capitelli in forma di animale.
Per quanto riguarda la scultura, il mondo mesopotamico, ovvero l’Assiria e la Babilonia, gli imperi che precedono l’affermarsi del potere dei Persiani, sono la fonte di ispirazione più prossima, soprattutto per quanto riguarda la continuità di certi temi iconografici. È plausibile che le lastre dei palazzi assiri a Nimrud, Dur-Sharrukin e Ninive siano almeno in parte ancora ben visibili all’epoca del dominio persiano sulla Mesopotamia settentrionale.
Tra i temi mesopotamici ripresi nella scultura monumentale persiana si ritrova la raffigurazione del sovrano seduto in trono: Dario I è raffigurato a Persepoli con in mano un bastone di comando e riceve l’omaggio di personaggi in processione. Questa raffigurazione ricorda scene simili sulle lastre e pitture datate al regno di Tiglat-pileser III (re dal 745 al 727 a.C.).
Ancora con un forte rimando all’iconografia assira, su un rilievo della Sala delle cento colonne di Persepoli, un eroe regale è raffigurato mentre con una spada trafigge un leone, eretto sulle zampe posteriori. È questa l’iconografia dei sigilli di stato assiro, in uso dal IX al VII secolo a.C.
Infine, nel rilievo rupestre di Bisotun, Dario I è raffigurato con l’arco in mano mentre calpesta il nemico Gaumata che ha sconfitto. Questa iconografia, molto antica, risale al III millennio a.C. e ricorre sulla stele di vittoria del sovrano accadico Naram-Sin, opera che è trasferita a Susa (in Iran), come trofeo di guerra assieme ad altri monumenti di sovrani mesopotamici, dal sovrano elamita Shutruk-Nahhunte I (re dal 1190 al 1155 a.C. ca.) quando invade la Mesopotamia meridionale. Il rilievo di Dario I riprende, efficacemente, la nota iconografia di vittoria della Mesopotamia e la inserisce in un contesto prettamente persiano: la scena si svolge infatti al cospetto del dio nazionale Ahura Mazda e il re è assistito dai nobili persiani in armi. L’atto di calpestare il nemico vinto è quindi parte di una rappresentazione corale della regalità persiana. A Susa, nel Palazzo di Dario I, rimane testimonianza dell’uso di mattoni invetriati dipinti a rilievo che compongono figure di animali fantastici, spesso in schema araldico, o teorie di soldati dell’esercito persiano. Se tale decorazione sembra avere una derivazione babilonese – si pensi alle celeberrime decorazioni di mattoni smaltati a rilievo della Babilonia di Nabucodonosor II (re dal 604 al 562 a.C.) – è pur vero che la tradizione di decorare le facciate di edifici con bassorilievi in mattoni a rilievo e modanati risale al periodo medioelamita (XV-XIII sec. a.C.), come attestano la facciata del tempio di Inshushinak, eretto durante il regno di Shilkak-Inshushinak, e altri frammenti di mattoni modanati datati alla stessa epoca. Il fregio delle guardie di Susa, grazie alla tecnica dei mattoni smaltati dipinti, mette in evidenza la ricchezza delle vesti e dei paramenti militari con il dettaglio dei ricami colorati.
Il programma figurativo delle sculture di Persepoli, a differenza di quanto avviene nei palazzi assiri, non ha il compito di celebrare l’eroismo in guerra e nella caccia del sovrano, ma riproduce momenti del cerimoniale di corte: il sovrano persiano, seduto in trono, assistito dai suoi funzionari, riceve le delegazioni straniere e gli omaggi delle popolazioni che egli ha sottomesso, con schiere di soldati dell’esercito persiano a protezione. Il rilievo è più alto che nei monumenti assiri – eccetto forse le sculture di Sargon II (re dal 722 al 705 a.C.) – e ne risulta un chiaroscuro più accentuato. Sebbene si tratti di personaggi in processione, molto simili l’uno all’altro, la ricchezza dei dettagli delle vesti, dei copricapo e degli accessori conferisce all’intera rappresentazione un maestoso effetto corale che riflette la vastità dell’Impero: genti di usi e costumi diversi si ritrovano tutte, nello stesso spazio e nello stesso tempo, raffigurate al cospetto del sovrano persiano.
A differenza dei rilievi a soggetto storico dei sovrani assiri, che commemorano un evento preciso, i rilievi della terrazza e delle residenze di Persepoli fissano nel marmo, a perenne gloria del sovrano, una tipologia “esemplare” di uomini e di azioni: dignitari e ambasciatori stranieri giungono a Persepoli, salgono le scale delle terrazze – esattamente come raffigurato nei rilievi – e si dirigono verso il sovrano seduto in trono.
La città e il palazzo del sovrano persiano sono il centro del potere: la presenza di questa massa di persone, non indistinta, ma al contrario volutamente e raffinatamente caratterizzata, è la manifestazione del controllo che il Gran Re esercita su di un territorio tanto vasto da mettere in contatto Oriente ed Occidente (con effetti anche drammatici, come l’innesco di quello scontro epocale con il mondo greco che furono le guerre persiane).
La complessità culturale dell’impero persiano è anche percepibile nelle opere delle cosiddette arti minori, in particolare nella glittica e nella toreutica. Gioielli e rhyta (vasi potori) terminanti con protomi animali (leoni, tori, capridi) fondono le esperienze delle maestranze locali con gusti, iconografie, tradizioni e tecniche delle popolazioni della steppa.