PROVINCIALE, Arte
Il termine arte p. (che non fu adottato contemporaneamente ai primi tentativi di determinazione critica del problema, di cui in appresso) quando è diventato di uso generale, ha compreso, e comprende ancora per la maggior parte degli studiosi, le manifestazioni delle province europee del mondo romano, esclusa la Grecia che è da considerarsi quale centro primario del linguaggio figurativo classico. A stretto rigore, l'estensione dovrebbe essere più vasta, ma fin dagli inizi è stata presente, anche senza enunciazione specifica, la coscienza che il problema concernente le province europee si pone in termini particolari perché la romanizzazione ha avuto esiti speciali in rapporto ai substrati artistici preromani, con una differenza netta e di base rispetto alle province orientali, continuatrici della loro antica tradizione ellenistica. Altrimenti, il problema andrebbe diversamente posto, considerando, cioè, tutte le manifestazioni periferiche ("coloniali") e riflesse delle grandi civiltà figurative e si riconoscerebbe allora anche un provincialismo arcaico e classico, un provincialismo etrusco e cosi via. Ché, se si risolvesse l'arte p. esclusivamente nell'arte popolare, se ne dovrebbe postulare l'esistenza anche all'interno degli stessi centri di genesi artistica di tutti i tempi, nelle manifestazioni collaterali alle invenzioni creative delle grandi personalità. Oggi, se mai, si sente l'esigenza che nell'accezione comune vengano compresi determinati settori delle province africane occidentali (cfr. G. Picard, La civilisation de l'Afrique romaine, Parigi 1959, p. 291 ss.).
L'avviamento ad una ricerca critica, che togliesse i monumenti dell'arte p. dalla sfera ristretta degli studî locali e li inserisse in una prospettiva più vasta, fu dato da un grande classicista, A. Furtwängler, il quale prese lo spunto dalla discussione sulla cronologia del monumento di Adam Klissi (v. tropaeum traiani) e della sua decorazione figurata. Lo stesso Furtwängler sviluppò poi l'argomento in una serie di successivi contributi, ampliandolo nello spazio e nel tempo e ponendo i presupposti metodici per la ricerca, per cui le seriazioni cronologiche debbono integrarsi con la determinazione dei caratteri delle diverse manifestazioni; insieme segnò anche i limiti geografici entro cui per lungo tempo in seguito si è compreso per comune consenso il fenomeno dell'arte p., quelli cioè delle province gallo-germaniche e danubiano-balcaniche dell'Impero Romano, che egli estese poi all'Italia settentrionale dagli Appennini alle Alpi. Egli ravvisò dei parallelismi di linguaggio e di tempo fra le sfere renana, padana e danubiana, distinguendo un momento più antico, da Augusto ai Flavi, caratterizzato da "secchezza", "ingenua rozzezza", "lignea povertà" e un secondo momento post-flavio, caratterizzato dalla fluidità e genericità e dall'assimilazione di elementi formali greci. Vide nell'Italia settentrionale l'area di origine dell'arte p. che le legioni avrebbero diffuso nei paesi di frontiera e che avrebbe conservato le stesse forme fino a che gli eserciti limitanei ebbero nella Val Padana il principale distretto di reclutamento, mentre limitò il valore dell'apporto della Gallia meridionale, considerata da lui soggetta all'influenza greca attraverso Marsiglia; invece considerò fondamentale la "pura vitalità italica" conseguenza dell'attaccamento alla vita agricola, nella formazione delle espressioni artistiche delle province. Mentre sincronizzava la trasmissione di tali espressioni con i rapporti storici fra la Val Padana e il Reno - limitandosi però al solo aspetto del reclutamento delle truppe - A. Furtwängler intuiva, ma senza sviluppare questo punto, l'importanza dell'Italia centrale in rapporto all'area padana e pensava che all'epoca dei Flavi anche in Italia, sotto la spinta dell'influenza greca, i caratteri autonomi del primo momento si fossero affievoliti. All'impostazione del Furtwängler si oppose F. Studniczka, negando la possibilità di riconoscere uno stile a manifestazioni che ne sono totalmente prive in quanto solo degradazioni di un ambiente rozzo e incolto e criticò le determinazioni cronologiche del Furtwängler, enucleando gli elementi non riducibili al denominatore italico, in particolare la tipologia del cavaliere; polarizzò inoltre l'attenzione sull'aspetto arcaizzante delle manifestazioni dell'arte p., elemento questo suscettibile di vasti sviluppi. A. Furtwängler aveva proceduto all'ampliamento del proprio orizzonte imponendosi l'autopsia di un notevole numero di monumenti. Il primo risultato dell'impostazione del problema e delle discussioni seguite fu che si avvertì l'esigenza di disporre di pubblicazioni complessive di materiali, che giacevano per gran parte inediti o separatamente pubblicati in opere particolari. La teorizzazione di sintesi era nata infatti prima dell'analisi e solo nel 1907 apparve il primo volume del Recueil di E. Espérandieu, destinato a diventare col tempo l'unico completo corpus della scultura romana di un'area provinciale. Nel 1921, preceduta da diversi saggi usciva la memoria di F. Koepp. In precedenza lo stesso Koepp aveva sostenuto l'indipendenza degli atteggiamenti "arcaici" ricorrenti in diversi settori non escludendo la componente italica sostenuta dal Furtwängler. In seguito, negando un'arte figurativa gallica, sostenne che la Gallia poteva offrire confronti per l'arte renana e non viceversa. Negò principalmente la validità sia del concetto del Furtwängler di "stile delle legioni" in quanto negò la consistenza di uno stile con manifestazioni prive di tradizione ed esclusivamente realistiche, non legate ad ascendenze determinate, e sia di quella dell'ascendenza italica, accentuando il valore degli elementi anitalici, già avvertiti dallo Studniczka, ma non dell'influenza greca e arcaica, pur richiamando esplicitamente temi ellenistici ed orientali. Si tratta in ogni caso per lui di "arte dei soldati" (Soldatenkunst) cioè finalistica ed espressiva di un ambiente determinato e ristretto; in ciò il Koepp contrapponeva la valutazione ambientale all'istanza dell'apporto dall'esterno per opera dei soldati, essenza della Kunst der Legionen di Furtwängler, ma rimaneva egli tuttavia nel campo di un determinismo che si autolimitava se non altro per la considerazione soltanto parziale del materiale a disposizione.
I termini della discussione, del resto, erano stati posti in un momento in cui la problematica sull'arte romana non lo era stata ancora storicamente; una conoscenza completa si aveva solo dell'arte greca arcaica e classica, si cominciava a far attenzione all'arte etrusca, per cui ogni valutazione era ancora condizionata da deterministici criterî comparativi. La ricerca prese quindi diversi indirizzi, concentrandosi, di massima, sulle arti figurative, anzi quasi esclusivamente sulla scultura e, anche in questo settore, per gran parte, sulla scultura funeraria, dall'esame della quale la discussione del problema aveva preso le mosse. L'architettura non è stata, in genere, considerata come espressione del linguaggio dell'arte p., se non limitatamente alla pubblicazione di alcuni monumenti funerarî (F. Dragendorff-E. Krüger sul monumento dei Secundini di Igel, 1924; W. von Massow sui monumenti di Nymegen, 1932; edizioni di M. Mariën dei piliers dell'Arlon, 1945; di J. J. Hatt sulla tomba gallo-romana, 1951; v. monumento funerario). A parte l'esposizione prevalentemente pragmatica di F. Koepp l'inserimento dell'elemento architettonico nella problematica dell'arte p. è fatto soltanto da H. Schoppa recentemente.
Non molto diversamente si può dire della pittura e del mosaico, lacuna motivata, del resto, dalla documentazione relativamente scarsa che se ne ha in Europa, area cui è stata circoscritta la ricerca quasi da tutti gli studiosi.
Molto più largamente in ogni tempo e sotto varî aspetti sono stati studiati i prodotti dell'artigianato industriale, particolarmente la ceramica, più di recente anch'essa inserita nell'orizzonte dello sviluppo artistico dei settori provinciali (v. ceramica). Lo svolgimento degli studî dopo il Furtwängler, ha compreso isolatamente o nella loro connessione e interferenza diversi aspetti, già contemplati nella prima impostazione o del tutto da essa indipendenti, a misura che la problematica andava sincronizzandosi con altre più vaste e generali e a seconda delle tendenze diverse e della formazione dei singoli studiosi, non di rado in maniera unilaterale, come unilaterale era stata in fondo la stessa impostazione del Furtwängler, che considerava quasi unicamente un fattore, quello costituito dalle legioni, unico tramite nei rapporti con l'Italia.
Si rileva come la contemporaneità di analisi e di determinazione, dell'arte p. da un lato, dell'arte romana in generale dall'altro, non abbia portato per molto tempo ad una convergenza di metodo, di svolgimento e di risultati, ché anzi i due campi sono rimasti praticamente indipendenti. Nello studio dell'arte p. sono state per molto tempo senza effetto le classiche opere del Wickhoff (v.) e del Riegl (v.) l'ultimo dei quali fin dal 1901 (prima edizione della Spätrömische Kunstindustrie, Vienna), pur limitandola al tardo-antico, misurava l'apporto dell'elemento provinciale alla formazione della koinè tardo-antica, intuizione di grande portata, anche se la teoria connessa della Reichskunst non possa essere assolutamente considerata persuasiva in senso storico (v. romana, arte). Ugualmente senza eco restò la vasta opera di J. Strzygowski, i cui primi enunciati sono del 1901 e del 1903, con tutta l'ondata di discussioni polemiche che suscitò. Ogni considerazione sull'arte p. mancò al primo profilo dell'arte romana, quello di E. Strong, del 1907. Questo dell'"integrazione" è stato un apporto piuttosto recente, e il non averlo avvertito portò per parecchi decennî all'equivoco di un'arte p. come fatto a sé, scorporato dall'organico svolgimento della cultura artistica del-l'oikoumène romanizzata. La ricerca si concentrò pertanto, non di rado, sull'identificazione di forme e di "scuole" locali ancor prima che si sentisse l'esigenza di un'analisi settoriale dei singoli aspetti. L'analisi locale ha finito col mettere in crisi il rapporto deterministico con l'elemento legionario, esteriore ed imposto, e avviato ad approfondire due punti, validi intrinsecamente entrambi, ma veduti talora in senso deterministico essi stessi: l'apporto greco e la reazione dei substrati preromani. Sul tema si è inizialmente lavorato per lo più ricercando iconografie e schemi, e cercando di precisarne i centri di diffusione, ciò che ha portato ad enfatizzare, in un primo momento, la funzione di Marsiglia, poi a considerare più realisticamente l'importanza della trasversale danubiana. Sul secondo punto si è fatto sentire il duplice influsso degli approfonditi studî preistorici e protostorici e della storiografia nazionalistica portata a contrapporre all'elemento romano la persistente vitalità degli elementi etnici e culturali locali. Ciò ha portato di conseguenza al definirsi di una opposta e non meno unilaterale tesi centrista, intesa a considerare l'elemento genericamente "romano" come principale movente di ogni iniziativa nel campo proprio dell'arte provinciale. La scoperta e l'approfondimento di manifestazioni artistiche locali preromane, in ispecie della Gallia meridionale, ha ravvivato le tendenze a valutare i substrati, le quali però hanno considerato i fatti in sé come affermazioni del Kunstwollen pre-romano, più di quel che non abbiano effettivamente approfondito i rapporti fra strati artistici preromano e romano; solo più di recente infatti si è veduto concretamente quale è il carattere e quale la portata delle civiltà artistiche preromane, la celtica soprattutto e l'iberica. L'oscillazione intorno a questi molteplici poli ha condotto a rivedere i rapporti fra centro e periferia e infine a penetrare il significato e il valore dell'arte p. nel senso attuale del sincronismo col centro ed in quello storico del suo interno sviluppo e del suo contributo alle ulteriori espressioni della civiltà artistica del mondo romano sino al Medioevo.
Si è posto abbastanza presto, naturalmente, il riferimento ai problemi centrali della storia dell'arte antica, alla Grecia ed a Roma: W. Amelung ha precisato (1905) l'importanza dell'influsso rodio, per il favore che l'arte rodia ha goduto a Roma, venendo così a proporre, subordinatamente, la centralità di Roma e ipotizzando la diffusione dei motivi per mezzo di repertorî (v. modello). Marsiglia come particolare centro d'irradiazione degli apporti ellenizzanti fu riconosciuta particolarmente dal Loeschke, che recensì una lunga serie di tipologie, mentre quasi contemporaneamente A. Michaelis individuò influssi pergameni e riconobbe un carattere "più greco" all'arte trevera, perché il suo centro si trova sulla via da Marsiglia al Mare del Nord. Ancora le connessioni con il mondo greco accentuava il Maass. Un altro intermediario fra la Grecia ed il centro-Europa è stato individuato da B. Schroeder nella via del Danubio, attribuendo una più sensibile penetrazione delle tematiche greche nelle zone a contatto con la dorsale danubiana, non escluso il Veneto. D'altra parte le ricerche del Drexel si orientavano verso l'inserimento dell'elemento etnico locale fra i termini della discussione, pur ravvisando una selezione di motivi iconografici classici da parte dell'arte p., a proposito del carattere celto-germanico riconosciuto alle colonne a rilievi, sulla linea già accennata dal Dragendorff, fedele d'altra parte all'impostazione del Furtwängler. Sul tema delle colonne si è tornati spesso anche di recente, cercando di localizzare l'"origine" di questo tipo monumentale. L'efficacia del substrato celtico era riaffermata e documentata da R. Lantier ed è stata poi particolarmente approfondita in molti lavori relativi alla tematica religiosa e funeraria.
Contemporaneamente all'opera del Lantier, A. Schober (1930), condensava in un saggio sull'origine e il significato dell'arte p. romana, i risultati di ricerche che precedentemente aveva svolto sul piano analitico, redigendo il catalogo delle stele del Norico e della Pannonia e con ciò stesso allineandosi alle indagini di ordine tipologico. Lo Schober si sganciò per la prima volta effettivamente da limitazioni ambientali e geografiche, estendendo lo sguardo alle province africane ed asiatiche, e non unicamente per cercare motivi iconografici. La sostanza della sua documentata analisi è il riconoscimento della funzione e dell'azione dei substrati pre-romani e delle loro esperienze figurative, il cui livello "barbarico" ha condizionato i caratteri dell'arte p., allontanandola dalla classicità. Indubbiamente è stato positivo il fatto di avere sgombrato il campo dal determinismo inerente il preconcetto militare e da quello dell'isolamento nell'ambito legionario, ma in realtà si è venuto poi a sostituire un nuovo determinismo, quello dei substrati etnici, che era già affiorato in precedenza e che ha avuto, e continua ad avere, non poche influenze. Più positivo l'aver superato la semplice considerazione della tipologia e dell'antologia di motivi, per considerare elementi più specificatamente inerenti all'espressione figurativa. Insieme lo Schober è venuto a tracciare dei profili regionali, che non contrastano con la sua visione ampliata. S. Ferri in due lavori del 1931 e 1933 ripropose il problema delle relazioni spaziali, risolvendolo nella duplice interpretazione dei "cartoni migranti" e delle "assonanze formali".
In pratica il Ferri ammette uno sviluppo autonomo dell'arte p. rispetto al centro e spiega le affinità di linguaggio con analogie di situazione e col carattere finalistico, riconosciuto anche, in frequenti richiami, all'arte etrusca, un'arte, come l'arte p. "riflessa"; l'arte p. anzi sollecita frequentemente il centro a reagire all'indirizzo aulico classicheggiante. Inoltre il Ferri annette molta importanza alle discontinuità del percorso dell'arte p. per successivi apporti italici ed orientali, agli atteggiamenti espressionistici ed alla selezione operata sugli esempî ed influssi esterni, in cui vede l'unica possibilità per l'artista provinciale di esprimere se stesso.
L'impostazione della Stilentwicklung di L. Hahl (1937) è stata dettata da un'esigenza di concretezza, riportando la discussione alla base di una seriazione cronologica sicura, di monumenti sicuramente datati. L'applicazione della cronologia fondata sulle formule integra, presso lo Hahl, le esplicite, ma non frequenti datazioni contenute nei testi epigrafici; d'altro lato viene accennato il ruolo della höfische Kunst, dell'arte aulica cioè, mentre sono di nuovo accennate le sollecitazioni sud-galliche dell'arte renana, pur accentuando l'importanza degli apporti italici formalmente precisati nel linearismo, e dell'influenza ellenistica sul piano tematico. Si accetta il concetto di Soldatenkunst e la discriminazione fra arte pre-flavia e post-flavia, ma non nell'accezione rigida del Furtwängler. Viene ammessa una funzione centrale di Roma, nell'approfondimento delle ascendenze repubblicane, senza perdere di vista gli antefatti dell'arte celtica, la cui persistenza è riconosciuta soprattutto nel campo delle arti applicate.
Sincronismo sostanziale fra centro e periferia e variazioni spiegabili con diversità di grado nei rapporti con la metropoli ha riconosciuto M. Pallottino: accanto ad opere che sono all'unisono con l'arte di Roma sussistono esperienze locali, sopravvivono tradizioni indigene e varî influssi interferenti, determinando esperienze collaterali con caratteristiche autonome; l'interna circolazione della convivenza romana imperiale ha portato tutte queste esperienze a confluire soprattutto negli orientamenti del tardo-antico, quando agiscono soprattutto impulsi dell'Oriente. Il Pallottino tende a non circoscrivere l'argomento alle sole province europee, ma ad abbracciare tutto intero il mondo romano. Alla caratterizzazione dell'arte p. è volto un saggio di R. Bianchi Bandinelli, attraverso la valorizzazione delle personalità, le quali conferiscono la possibilità di una nuova e positiva espressione (su un fondo comune determinato da analogie di situazioni storiche che diviene anche analogia di forme) all'arte p. di prevalente esordio popolare, interpretazione locale delle esperienze dell'arte colta. Il finalismo implicito nelle manifestazioni dell'arte p. porta con sé di necessità una semplificazione e abbreviazione dei mezzi espressivi e dei sistemi rappresentativi, nei quali si contiene in germe la possibilità di farsi originale strumento di un'espressione diversa da quella da cui inizialmente sono partiti. La semplificazione e l'abbreviazione possono diventare stile. Il fondamento sta, più o meno lontano, nell'esperienza ellenistica, le cui conquiste formali il provincialismo traduce in termini umani, aderendo ad una realtà quotidiana, che si esprime appunto con lo scarno linguaggio del linearismo. Il ritmo cronologico di successione di atteggiamenti ed espressioni non riflette la provincia sul centro, ma conferma l'azione normativa del centro sulla provincia, finché la provincializzazione dell'Impero non portò anche l'arte urbana ad adeguarsi entro certi limiti al gusto naturalmente diffuso, senza che questo fenomeno debba spiegarsi antistoricamente attraverso l'elemento razziale; si considerano più vastamente gli ambienti sociali-culturali, in funzione dei quali le espressioni figurative si sono realizzate, frutto della convergenza amplissima di elementi, propria di una convivenza ecumenica. L'impostazione storicistica anticipava così di alcuni anni il nuovo orientamento culturale e quel superamento di molti concetti deterministici, destinato a riflettersi favorevolmente anche nel campo della ricerca dell'antichità. Successivamente lo stesso studioso ha proposto l'accostamento dell'arte p. al filone dell'arte "popolare" dell'Italia romana, la cui assunzione, sotto particolari circostanze, al rango di arte ufficiale verrebbe a spiegare la diffusione di forme "provinciali" anche al centro. Lo studio dell'arte p. ha preso diversi orientamenti negli ultimi vent'anni e, se è mancata finora l'opera latamente comprensiva, di largo impianto, sono stati frequenti i contributi monografici, esemplificativi di un ritorno alle analisi settoriali, fatte tuttavia non con spirito particolaristico, ma nella coscienza della necessità di inserire il fatto locale nell'orizzonte più vasto della problematica generale, di considerare l'approfondimento particolare come apporto alla soluzione di quesiti di più vasto respiro.
Si è avuta una recente ripresa di studî da parte specialmente francese, indirizzati a precisare ulteriormente e ad esaurire gli strumenti, specialmente epigrafici ed antiquarî, della determinazione cronologica e gli elementi d'ambientamento, specialmente religioso-culturali ed economici. Il lavoro insieme di revisione e di riproposizione di J. J. Hatt oltre a presentare tutti gli elementi di determinazione cronologica, individua le correnti culturali nell'ambito gallico e renano e le isole residuate di culture locali, inserendo in quelle correnti, in modo paritetico, elementi "greco-ellenistici" e "romano-italici" interpretando l'evoluzione dell'arte p. come effetto del contatto fra tradizione artigianale italica e tradizione artigianale indigena. Lo stesso studioso ha indicato l'oreficeria come veicolo di trasmissione di forme decorative, che si sono poi localmente diffuse ed affermate, in un primo tempo, attraverso la ceramica, documento, questa, della penetrazione capillare di motivi di origine colta e di persistenze variamente rilevate.
Il livello, in ogni caso, cui i contatti si sono verificati, spiega implicitamente l'origine popolare dell'arte p., sensibile del resto alla vicenda per cui alla generale acquisizione degli elementi colti succede più tardi un ripiegamento sulle tradizioni indigene. L'analisi della diffusione e distribuzione di tipi e motivi nell'area regionale introduce fra gli elementi di discussione anche quello topografico. Dal quadro è eliminato il ristretto elemento militare e le radici dell'arte p. vengono riconosciute su una base molto più larga, suscettibile quindi di sviluppi negativi o positivi coerenti. Da presupposti non molto diversi muove un recente profilo dell'arte p. occidentale, di H. Schoppa, inteso a presentare e vagliare tutti i componenti.
Precedentemente lo stesso Schoppa aveva approfondito (Sinn und Bedeutung der röm. Plastik am Rhein, in Welt der Geschichte, iv, 1939, pp. 331 ss.) il problema del contributo gallico all'arte p. renana e cercato elementi di circolazione interna nello stesso ambito provinciale.
L'arte colta è stata molto di frequente considerata in quanto repertorio tematico e iconografico, indipendentemente dalla reale presenza, o meno, di sue esemplificazioni nelle aree provinciali, a lato delle manifestazioni epicorie, sulle quali si è praticamente concentrata l'attenzione. In effetti gli esempî dell'arte colta (copie di originali classici, rielaborazioni accademiche, iconografia ufficiale) formano una categoria per sé stante. Un censimento di tali esempî, assai ineguale nei risultati da zona a zona e spesso nell'ambito della stessa provincia, può utilmente integrarsi con i pochi elementi forniti in proposito dalla tradizione letteraria, allusiva ad artisti greci operanti nelle Spagne e nelle Gallie. L'inserimento di questi elementi nella vita artistica delle aree provinciali, va inteso nel valore che ha, indicativo di criteri di selezione, di orientamenti del gusto, di misura dell'aggiornamento culturale, specie facendo attenzione alla cronologia delle copie e dei monumenti iconografici e commemorativi ufficiali. Il dualismo, difficilmente superabile in assoluto, si tempera tuttavia nel senso che la presenza in area provinciale dei monumenti dell'arte colta può aiutare a risolvere, in certa misura, il problema della trasmissione di temi e d'iconografie, individua ad ogni modo un contatto, la cui effettiva realtà non può essere non considerata nella impostazione generale dei problemi dell'arte p.; questi elementi (riscontrati per la valle padana da G. Mansuelli), sono naturalmente estensibili anche alle altre zone provinciali. Fra i risultati della più recente letteratura è da segnalare, oltre alla pubblicazione di vaste antologie, l'ormai acquisita esigenza dell'inserimento dell'arte p. nelle trattazioni manualistiche o nei profili problematici dell'arte romana.
In realtà, entro i limiti dell'arte p. vanno ricercate soprattutto le testimonianze leggibili ed apprezzabili più compiutamente per noi, di tutto un complesso di aspetti, di un processo attraverso il quale si sono definite le fisonomie culturali di territorî diversi, che nella romanizzazione hanno perfezionato il proprio sviluppo di organizzazione, in senso lato, politico-sociale, e, nella fattispecie, hanno ricevuto i mezzi, grammaticali e lessicali, per estrinsecare in forme sensibili il proprio composito mondo spirituale. Il che è stato visto, un po' esteriormente, a proposito del mondo religioso (G. Behrens), senza peraltro completamente precisare che in questo campo la romanizzazione ha agito prevalentemente come trasmettitrice delle sollecitazioni ellenistiche, allargando alle province quelle stesse esperienze, basate sulla interpretatio, che Roma e l'Italia facevano in sé, anche parallelamente all'analogo processo che nelle province si andava svolgendo, con o senza l'intermediario romano-italico. Le analogie di situazione, addotte a spiegare convergenze di mezzi espressivi sono una realtà di fatto, tuttavia da valutare oculatamente, in considerazione di altre, non meno decisive realtà di fatto: la sperequazione dei livelli di maturazione culturale dei varî substrati e delle diversità di tempo e di situazione d'inserimento delle diverse province nella convivenza dell'imperium populi Romani. Nessuno degli elementi addotti nei diversi tentativi d'interpretazione del fenomeno dell'arte p. può avere valore se non di componente di una realtà estremamente vasta e complessa. L'unico comune denominatore valido, cui tutti gli aspetti possono ricondursi, è quello della valutazione qualitativa, della determinazione cioè di ciò che le manifestazioni dell'arte p. rappresentano, in senso storico, quindi umano, della commisurazione dell'apporto individuale di singole personalità, suggeritrici di forme e di accenti effettivamente nuovi, nella "articolata storicità... delle progressioni e delle reazioni avvenute nel grande complesso dell'impero" (Bianchi Bandinelli); diversamente si rischia di scambiare per fondamentale ciò che è semplicemente esteriore e per fatto artistico il semplice espediente tecnico. Così si potrà anche adeguatamente apprezzare il contributo che le esperienze artistiche dell'Occidente romanizzato hanno apportato alle civiltà figurative che le hanno seguite nel tempo.
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