Vedi URARTEA, Arte dell'anno: 1973 - 1997
URARTEA, Arte
Nel vario panorama delle civiltà dell'Asia Anteriore antica un posto particolare occupa il regno di Urartu (v. vol. vii, pp. 1060-1062), la cui storia si svolse nel corso di tre secoli (IX-VI a. C.) all'insegna di un perenne contrasto con il vicino impero assiro. La lotta politica fra Urartei e Assiri può essere riguardata, da una prospettiva storica più vasta, come un preludio al capovolgimento delle sorti politiche in quella parte dell'Asia Anteriore antica che per millennî aveva gravitato intorno alle civiltà mesopotamiche (sumerica, accadica, babilonese, assira). Nel corso del VI secolo l'iniziativa politica passa infatti, con i Medi e i Persiani, dalla Mesopotamia all'altopiano iranico. La civiltà urartea può venire quindi considerata, nel complesso delle sue manifestazioni, come un anello di congiunzione fra mondi diversi: e la sua produzione artistica, se da una parte rivela una forte dipendenza dalla coeva arte neo-assira, dimostra dall'altra notevoli contatti con le opposte aree culturali siro-anatolica e nord-iranica. Un aspetto vitale dell'arte u. fu la capacità di fondere motivi di tradizione mesopotamica con l'esperienza artistica indigena, e di trasmettere ad altre eulture (ad esempio scitica) moduli stilistici ed iconografici.
Architettura. - Sull'aspetto esterno degli edifici urartei siamo informati indirettamente, oltre che dal bassorilievo di Khorsābād con la raffigurazione del saccheggio di Muṣaṣir, anche da riproduzioni isolate di torri quadrate e palazzi a più piani coronati da merli a gradini. Esse si trovano su lastre di bronzo (da Toprak-kale) e di osso (da Karmir-blur), nonché su blocchi di basalto dagli scavi di Kefkalesi, presso Adılcevaz. Il tempio del dio Ḫaldi a Muṣaṣir, per il quale l'ottava campagna di Sargon (714 a. C.) costituisce un terminus ante quem, è rappresentato frontalmente su di un'alta piattaforma nella quale verosimilmente si apriva una scalinata di accesso, che non è stata raffigurata dallo scultore assiro. La facciata è scandita da sei colonne o pilastri privi di basi o capitelli, ma fasciati da bande orizzontali; non è chiaro se il triangolo fortemente allungato che li sormonta rappresenti un frontone di tipo greco o un tetto a padiglione. Lo sovrasta al centro una grossa cuspide di lancia, emblema del dio Ḫaldi. Fra le due "colonne" centrali è una porta rettangolare con timpano, che si riferisce forse al piano arretrato della cella. Sui "pilastri" e negli intercolumnî sono visibili scudi ornamentali a cerchi concentrici o con umboni a protome leonina, nonché due alte lance appoggiate ai pilastri centrali. La decorazione è completata da due statue di sovrani in posa orante, che si fronteggiano ai lati dell'entrata e da un gruppo statuario a soggetto animale. L'impressione generale destata dal tempio fa pensare ai santuarî rupestri della Frigia. Ai lati del tempio sono raffigurati due edifici a più piani, nei quali si aprono teorie regolari di finestre. Ogni piano è munito di merli quadrati o triangolari e, nell'edificio di sinistra, sembra che si siano voluti rappresentare dei beccatelli.
Il tipo di tempio di Muṣaṣir sembra aver riscontro in un vasto complesso templare venuto alla luce ad Arin-berd (antica Erebuni) in Armenia. Esso presenta infatti un colonnato in antis di due file di sei colonne ciascuna, dal quale si accedeva nell'antecella (?), quindi nella cella del tempio. Una doppia fila di sei colonne è nota anche da Çavuştepe e sembra riferibile ad un edificio sacro. Diversa è invece la pianta dei templi di Toprak-kale (Van), Anzavurtepe Catnos) e Kayalıdere (MuŞ): si tratta di una massiccia costruzione quadrata di dimensioni costanti (circa 14 m di lato) con aggetti agli angoli e con un solo ambiente (circa 5 m di lato). L'angustia delle dimensioni di questo tempio-cappella fa ritenere che il culto avesse luogo all'aperto, sul sagrato (Akurgal). La sua forma richiama inoltre i posteriori templi del fuoco degli Achemènidi (Naqsh-i Rustam).
Ad Altıntepe infine siamo di fronte alla pianta di un tempio più complesso, che pare riassumere in sé i due tipi considerati. Il tempietto ad un solo ambiente vi svolge funzione di cella, essendo circondato da un portico addossato al muro perimetrale esterno.
Per quanto concerne i palazzi il più completo finora scavato nell'Urartu è quello di Arin-berd, le cui sale risultano disposte attorno ad una corte (19 × 17 m) racchiusa in un portico di legno, di cui restano 14 basi di colonne. Ad E di questa si sviluppa il complesso della sala del trono; disposizione che ha una lunga tradizione in Mesopotamia.
Dell'architettura monumentale urartea - non si vuole qui parlare degli impianti urbanistici e delle fortezze - fanno parte anche i locali rupestri diffusi in tutto il territorio dell'Urartu. I più famosi sono le grotte artificiali scavate. nella rupe di Van: si tratta di ambienti a più stanze di forma per lo più rettangolare e minuziosamente rifinite, talora con vòlte a botte. Nelle pareti si aprono nicchie dove venivano collocati simulacri di divinità o, forse, sarcofagi. Non è infatti sicuro quale fosse la destinazione di queste grotte, interpretate come santuarî rupestri o come sepolcri reali. Vere e proprie tombe rupestri o ipogee a una o più camere sono state inoltre trovate con corredi funerarî ad AliŞar sull'Arasse, Altintepe e Kayalıdere.
Scultura (esclusi i bronzi). - La scultura in pietra a tutto tondo è rappresentata da un unico esemplare raffigurante una sagoma virile barbata, mutila in più punti (altezza m 1,28): il modellato è sommario e l'aspetto generale l'ha fatta accostare alla scultura assira dell'epoca di Assurnasirpal II (Lehmann-Haupt). Più diffuso era il bassorilievo schiacciato (figura di leonessa da Erzincan, rilievi a soggetto sacrale e architettonico da Kefkalesi), di cui possediamo un fine esempio su lastre di basalto da Adilcevaz, che hanno permesso la ricostruzione di una grande (circa 3 m) figura di divinità, dichiarata tale dal pòlos con corna, in piedi su un toro e intenta a pratiche cultuali davanti ad uno stilizzato albero della vita, motivo ben noto all'iconografia mesopotamica. La veste, resa nei particolari della sua decorazione geometrica, sembra riprodurre un tessuto di lana, broccato d'oro. L'ornato di quadratini e rosette ricorre anche su statuette bronzee e su medaglioni d'oro e d'argento. L'iconografia del toro si collega, nella comune dipendenza da modelli assiri (cfr. i tori androcefali da Nimrud), da una parte ad ambiente siro-anatolico (leone di Arslān-Ṭāsh), mentre dall'altra anticipa le più tarde sculture dei capitelli di Persepoli. Lo stesso dicasi per un fregio marmoreo da Toprak-kale e per i tori raffigurati sugli scudi di bronzo di Argišti e Sarduri II (VIII sec.).
Esistono anche esempî di una produzione litica minore (cofanetti baccellati con l'ornamento plastico di animali varî) e intarsi insoliti di metalli (ferro) su pietra, nonché tarsie di pietre di diverso colore (pavimenti del tempio di Toprak-kale).
Da Toprak-kale provengono inoltre avorî finissimi, fra cui distinguiamo le statuette a tutto tondo di un "cortigiano" e una figura di cariatide dove si è visto il tipo mesopotamico della dea Ishtar nuda, con copricapo cilindrico trapunto di rosette e con boccoli calanti sulle spalle. La esecuzione degli avorî urartei - ricordiamo anche una placchetta con genio alato a testa di grifone - è spesso più accurata e sapiente dei coevi avorî assiri di Nimrud. Da Altintepe proviene un leone d'avorio a tutto tondo accovacciato e reso plastico dalla torsione laterale del muso digrignante; esso è stato collegato all'arte di Ziwiyeh (van Loon). Anche nella ceramica è presente l'ornamento plastico di testine di toro e di leone, elemento iconografico imitato probabilmente dai bronzi: notevole è il gruppo araldico di un bovino sul bordo di un vaso, aggredito da un carnivoro (Toprak-kale). Recentemente sono state rinvenute statuette antropomorfe fittili a Karmir-blur e a Kefkalesi.
Pittura. - Gli scavi di Arin-berd e di Altıntepe ci hanno fornito anche notevoli esempî di pittura parietale. Frammenti sono noti anche da Karmir-blur. I soggetti ivi rappresentati si organizzano in riquadri, nei quali si distingue una scena di adorazione dell'albero sacro (genî e melograni), la raffigurazione di un toro, motivo caro alla iconografia urartea, con le zampe anteriori genuflesse e, infine, una divinità barbuta stante su leone, secondo il ben noto motivo iconografico che ricorre nella contemporanea arte tardo-hittita, ma che forse ha, nell'Urartu, radici locali più antiche risalendo a modelli hurriti del II millennio (Akurgal). L'uso dei colori - predominano il rosso, l'azzurro, il celeste, oltre al bianco e al nero - la presenza delle rosette ornamentali e i soggetti avvicinano questa pittura, per quanto è possibile giudicare dai resti scarsi e frammentarî, a quella assira del palazzo di Assurnasirpal II a Nimrud (ant. Kalhu) (von Loon). I nuovi bellissimi frammenti di affresco venuti di recente alla luce ad Arin-berd (scavi 1968-69) sembrano destinati a riproporre il problema della originalità dell'arte urartea.
Bronzi. - L'aspetto più tipico della produzione artistica urartea è costituito dalla metallurgia, resa possibile dai ricchi giacimenti di metalli dell'altopiano armeno. Il ferro veniva impiegato soprattutto per la produzione di utensili e armi, mentre il bronzo veniva di preferenza convertito in oggetti dalla funzione ornamentale e sacrale. L'esistenza di una grande statuaria, della quale purtroppo non ci è giunto alcun esempio, è testimoniata dalle fonti assire, scritte e figurative. Il resoconto della VIII campagna di Sargon descrive minuziosamente l'ingente bottino di oggetti in metallo fatto dagli Assiri nel tempio di Muṣaṣir: vi si parla di statue bronzee di sovrani urartei del sec. VIII, Argišti e Rusa I (quest'ultimo raffigurato su cocchio con cavalli e aurighi) e della statua di bronzo fuso di un Sarduri, figlio di Išvpuini, su trono. Allo stesso personaggio, che non risulta essere stato re, viene inoltre attribuita la paternità di un gruppo, sempre in bronzo, che ritraeva un toro con vacca e vitello (lo si vede raffigurato sul rilievo di Khorsābād, come pure le statue di sovrani nell'atto di venire distrutte). Questa notizia è di estremo interesse perché fa risalire alla fine del IX sec. l'esistenza nell'Urartu di una bronzistica monumentale. Basta del resto pensare che già nel sec. VIII l'industria metallurgica urartea era conosciuta in Occidente fino al punto di influenzare artigiani greci ed etruschi (v. avanti, gruppo c) per dar credito alla notizia assira. Il lunghissimo testo di Sargon enumera inoltre una quantità di oggetti di metallo di cui scavi vecchi e nuovi ci hanno restituito numerosi esemplari.
Il materiale bronzistico si può raggruppare tipologicamente in cinque gruppi fondamentali: a) statuette a fusione di soggetto umano; b) bronzetti ornamentali di soggetto per lo più animalistico e fantastico; c) attacchi di lebeti; d) scudi, elmi e faretre decorati a sbalzo; e) lastre a fusione e fasce di bronzo battuto; oltre ad una serie di prodotti artigianali minori di uso vario.
a) Fra i bronzetti di soggetto umano distinguiamo una raffigurazione di divinità barbuta con copricapo conico cinto da corna (forse il dio Ḫaldi), dalla sagoma affilata e con gli avambracci tesi in avanti ad angolo retto rispetto alla rigida verticale del corpo: una soluzione figurativa originale, pur nell'ambito di una generica dipendenza dallo stile assiro coevo. Interessante anche il bronzetto del dio Teišeba (?) da Karmir-blur con i consueti attributi divini e le braccia che stringono al corpo un'ascia e una mazza discoidale. Da Darabey (Van) proviene la statuetta di dea assisa del museo di Erevan, che presenta lo stesso tipo iconografico riscontrabile su medaglioni d'oro e di argento, fin nei particolari della veste che denotano anche una stretta analogia col rilievo di Adılcevaz (v. sopra).
b) Si tratta di un gruppo stilisticamente omogeneo costituito da bronzetti provenienti da Toprak-kale ed ora dispersi nei maggiori musei e collezioni del mondo. Sembra che facessero parte di un trono divino del quale il Barnett ha fornito una ricostruzione ipotetica. Oltre al motivo sempre ricorrente della divinità stante su animale, che qui conosce fini soluzioni plastiche, vi sono statuette di animali fantastici (tedesco Mischwesen), come tori alati con zampe ad artigli e teste di grifone con facce ad incastro di materiale diverso, per lo più perdute. Si conserva anche un mostro antropomorfo (Ermitage) dal corpo di leone alato e testa e busto umani (v. vol. vii, fig. 1190) con il volto ad incastro, d'avorio. Sulla testa è il pòlos cilindrico ornato di corna e sulle spalle ricadono bande di riccioli anelliformi che hanno un esatto riscontro, come i particolari della veste e dell'ornamento, in una figura umana slanciata, col volto in pietra bianca, appartenente allo stesso gruppo. È il cosiddetto Eunuco dei Musei di Berlino. Stilisticamente si avvicina ai bronzi del trono di Toprak-kale un leoncino fuso con la solita tecnica della cera perduta, emerso nei recenti scavi di Kayalıdere.
c) Fra i bronzi a fusione si distingue un'altra categoria costituita dagli attacchi di lebeti (cosiddetti Assurattaschen) a forma di sirena (busto umano e corpo di uccello) o di testine di toro. Questo tipo di bronzetti ha avuto nell'Urartu e fuori una larghissima applicazione. Oltre che da Toprak-kale e Karmir-blur, nel territorio urarteo essi provengono da aree estreme quali AliŞar ad oriente e Altıntepe a occidente. Fuori dell'Urartu sono stati trovati lebeti bronzei con questi attacchi in Frigia (Gordion), in Grecia (Rodi, Olimpia, Delfi) e in Etruria (Vetulonia, Palestrina, v. vol. v, fig. 920). Per quanto recentemente si tenda a negare la provenienza urartea degli esemplari trovati a occidente e ad ascriverli ad artigiani di qualche paese del Tauro ad O dell'Eufrate (van Loon), è difficile negarne la omogeneità stilistica con gli esemplari trovati nel territorio urarteo, sicché bisogna considerarli parte importazione dall'Urartu e parte imitazione fedele di artigiani locali. Un influsso hittita-arainaico sembra invece riscontrabile nelle sirene barbute di Vetulonia, Preneste, Olimpia e Gordion, prova dell'eclettismo degli artigiani urartei (Akurgal). Le protomi di lebete a forma di testa di leone o di grifone, diffuse in Grecia e in Etruria, trovano riscontro in una protome ricurva a testa leonina da Karmir-blur, con iscrizione di Sarduri II (metà del secolo VIII).
d) Dei due tipi di scudi ornamentali che abbiamo notato nel rilievo di Khorsābād non possediamo a tutt'oggi scudi urartei con umboni a protome animale, mentre ce ne sono noti da altre zone artistiche (per esempio Creta). Gli scavi di Toprak-kale e Karmir-blur ci hanno invece restituito, insieme con molti frammenti, alcuni esemplari intatti decorati a fasce concentriche (due o tre), nelle quali trovano posto teorie alterne di leoni e tori del tipo iconografico ben noto dagli altri monumenti fin qui presentati. I più antichi esemplari (Karmir-blur) sono datati da dediche incise di Argišti I e Sarduri II (circa 780-730 a. C.), mentre quelli di Toprak-kale risalgono all'ultimo re dell'Urartu, Rusa III (fine VII-inizio VI secolo). Nonostante il grande divario cronologico non si nota alcuna sostanziale differenza di stile. Ad Argišti I e Sarduri II appartengono pure numerosi elmi conici, alcuni dei quali presentano la parte frontale decorata da scene di adorazione dell'albero sacro, disposte simmetricamente e chiuse ai lati da teste leonine dal collo lunghissimo e ricurvo (v. vol. vii, fig. 1193); forse si tratta di serpenti a testa leonina di significato magico ed apotropaico (Piotrovskij). Sulla parte posteriore degli elmi corrono su due file carri alternati a cavalieri. Questa stessa decorazione disposta in zone sovrapposte compare anche su faretre bronzee degli stessi sovrani.
e) Da Toprak-kale proviene, oltre alle lastre a fusione di soggetto architettonico (v. sopra), anche un fregio frammentario di bronzo battuto sul quale campeggia un toro identico a quello dipinto di Arin-berd. Una iscrizione di Rusa III lo data al periodo più recente dell'arte urartea. Più interessanti le fasce di bronzo da Karmir-blur, dove si nota la stessa ripartizione in riquadri della pittura. Nei campi figurativi delimitati da fregi ornamentali si alternano secondo una rigida simmetria motivi decorativi (albero sacro, animale fantastico) e figure di divinità (Ḫaldi su leone, Teišeba su toro, Šivini inginocchiato sotto il disco solare alato). Nelle convenzionali scene di caccia delle fasce di Arin-berd assistiamo ad un uso puramente decorativo di soggetti cari all'arte assira (bassorilievi della caccia). La Transcaucasia deve essere infatti considerata come una tappa dell'ulteriore diffusione di motivi orientali nel mondo scitico delle steppe. Mostri antropomorfi nell'atto di tendere l'arco si notano in una fascia bronzea da Ançalı, vicino a GuŞçi, e ricordano figure analoghe su spade scitiche di Kelermes (v. vol. vii, figg. 145, 146). Anche Zakım (distretto di Kars) e Altıtepe ci hanno restituito monumenti del genere. Infine, dai recenti scavi di Kayalidere provengono frammenti di una fascia di bronzo con soggetto venatorio. La raffigurazione appare qui più vivace (v. il particolare di un leone che azzanna la ruota di un carro)che nell'esemplare di Arin-berd; è scomparsa la distribuzione in riquadri e strisce e, in una utilizzazione di tutto lo spazio figurativo, la scena di caccia si articola su più piani suscitando l'impressione di una ricerca di effetti di profondità e di spazio.
Completano il quadro dell'arte u. prodotti di oreficeria e argenteria, quali medaglioni, bracciali, orecchini, ecc., dove si nota la tecnica della granulazione. Di particolare interesse sono un medaglione d'oro da Toprak-kale (circa 600 a. C.) con una sacerdotessa officiante davanti a una dea assisa in trono, e un coperchio d'argento a fasce ornamentali concentriche costituite da lamine d'oro e con l'impugnatura a forma di melagrana.
È necessario a questo punto accennare brevemente alla questione stilistica. Se ne sono occupati recentemente due studiosi, E. Akurgal e M. N. van Loon. La fase più antica della bronzistica urartea (VIII sec.) viene compresa dall'Akurgal sotto la denominazione di "stile ad anelli" (Ringelstil) per le desinenze anelliformi che si riscontrano nei particolari delle raffigurazioni a sbalzo o a tutto tondo e che costituiscono, a suo avviso, una vera e propria formula stilistica di quel periodo. Per le opere del VII sec. Akurgal parla invece di uno "stile a gibbosità" (Buckelstil), esemplificato negli scudi di Rusa III e nel rilievo di Erzincan. Il van Loon distingue invece uno stile di corte (Court Style) visibile nella preferenza accordata alle linee orizzontali e verticali, di influenza architettonica, e nella nobiltà ed eleganza degli effetti decorativi degli scudi reali. E queste caratteristiche sono riscontrabili attraverso i duecento anni dell'arte urartea. In effetti, come si è notato, fra i leoni di Argisti I e quelli di Rusa III sussistono ben poche differenze di stile; e ciò avviene in contrasto con l'arte assira che dal IX al VII sec. conosce un notevole svolgimento, specie nella raffigurazione dei leoni. Lo stesso vale per le testine di toro, uniformi per stile anche se provenienti da aree molto lontane fra loro. Accanto allo stile aulico il van Loon pone un diacronico Popular Style, che egli nota sulle fasce di bronzo trovate soprattutto in tombe provinciali urartee e che variano da luogo a luogo. Propria dello "stile popolare" è la tendenza a smarrire i significati originarî dell'iconografia cortese, unita ad una più fervida inventiva nella creazione di esseri fantastici.
Connessioni. - Al di là di una più generale dipendenza dalle esperienze artistiche siro-anatoliche, l'arte u. ha il suo modello principale, come si è spesso notato, nella produzione assira dell'epoca di Assurnasirpal II e Salmanassar III (IX secolo). L'uso di figure umane e animali e di esseri ibridi come supporti di mobili segue un influsso siro-fenicio (van Loon), per quanto lo si riscontri anche in troni assiri, e si notano somiglianze fra l'iconografia urartea e quella tardo-hittita (divinità stante su monte o sul proprio attributo animale), a meno che non derivino da una più antica tradizione hurrica. Forte è d'altra parte l'influsso urarteo sull'arte scitica (v. vol. vii, pp. 113 ss.) dei tesori di Melgunov e Kelermes, dove accanto a motivi originali sono rivissuti elementi iconografici orientali ivi giunti attraverso la mediazione urartea. Un incontro fra esperienze eterogenee - siriache, urartee, scitiche e provinciali assire - si trova nel tesoro di Ziwiyeh (Kurdistan iranico), datato circa al 730 a. C. Ad oriente l'eredità culturale ed artistica urartea si trasmise poi alla Media e quindi alla Persia. Altro centro di trasmissione di esperienze mesopotamiche verso E fu l'arte mannea (v.hasanlu, vol. iii, p. 1108). Esistono infine rapporti figurativi anche con la bronzistica del Luristan. Per quanto concerne le relazioni con l'occidente e il contributo urarteo all'arte orientalizzante (v. vol. v, p. 749) si è già notata la correlazione dei bronzi urartei con la metallurgia artistica dei paesi del Mediterraneo a proposito della diffusione (VIII sec.) in Grecia e in Italia dei lebeti bronzei con attacchi a sirena e a protome taurina. Inoltre gli scudi urartei con decorazione a cerchi concentrici sono stati accostati agli analoghi scudi orientalizzanti di Creta e della Grecia continentale (Pallottino). Durante il periodo dell'egemonia urartea sulla Siria settentrionale (metà VIII sec.) una via di diffusione artistica dai centri dell'altopiano armeno verso Creta dovette passare per il porto di al-Mina, sull'Oronte (S. Smith); ma il rinvenimento di lebeti urartei a Gordion, in Prigia, connesso con la presenza degli stessi oggetti nella regione più occidentale dell'Urartu (Altıntepe), dimostra l'esistenza anche di una strada commerciale che attraversava il continente anatolico.
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