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ARTERIOSCLEROSI

di Mario COPPO - Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)
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ARTERIOSCLEROSI (IV, p. 674)

Mario COPPO

Arteriosclerosi e aterosclerosi sono state oggetto nel decennio 1950-60 di un folto gruppo di ricerche e di pubblicazioni. L'aterosclerosi costituisce il fondamento anatomico di incidenti morbosi che, per la loro frequenza e per la loro gravità, prevalgono sui tumori maligni quale causa di invalidità e di morte. L'approfondimento dello studio conduce a una suddivisione della casistica: il solo nome d'arteriosclerosi non basta più e ad esso si associano quelli d'aterosclerosi, d'ateroma arteriale, di calcinosi arteriale, di arteriopatia diabetica, di sclerosi arteriale ipertensiva: ciascuno si addice, specificamente a situazioni anatomo-cliniche particolari. Vi sono zone di reciproco contatto e di confusione. Ed è incerto quale nome sia più adatto per comprendere globalmente l'argomento. Gli elementi essenziali del problema, quali possono essere esposti in questa sede, sono i seguenti.

Per arteriosclerosi s'intende un processo sistemico di alterazione arteriale con allungamento, perdita di elasticità e ispessimento uniforme della parete. Il processo è costante in tutti gli individui e s'accresce con l'età, secondo moduli individuali. Nella senilità esso è normale. Rappresenta un limite raggiunto dalla durata dei caratteri normali dell'arteria, in rapporto con la sua funzione specifica, con il plus che circostanze varie le impongono, con la durata della vita del soggetto, intesa nel senso unitario convenzionale, che non implica l'esaurimento sincrono delle varie funzioni. Se la lesione si concreta innanzitempo, per un congenito difetto di durata, è causa di malattia, che s'esprime con sindromi particolari.

L'aterosclerosi è un processo che è sempre morboso, ovunque si costituisca. Consiste di un accidente patologico che, con la comparsa della tipica placca d'aterosclerosi, interrompe l'omogeneità anatomo-funzionale della parete arteriale. Non è l'effetto di un normale, più o meno rapido, processo d'usura, ma indica che gli specifici fattori causali hanno prodotto un effetto patologico che è costante, nonostante le varie modalità della loro concorrenza e incidenza (alterazioni primitive della parete dell'arteria, per difetto congenito circoscritto di strutturazione, per un guasto metabolico parietale; alterazione primitiva della composizione del plasma e abnorme sua incidenza emodinamica in un punto dell'albero arterioso, per sue malformazioni o alterazioni d'altra natura e così via).

Se si vuol comporre una graduatoria delle varie forme cliniche di malattia "degenerativa" delle arterie, secondo la frequenza del loro incontro nella letteratura medica, nella ricerca sperimentale e nella pratica clinica, all'aterosclerosi spetta il primo posto. Perciò è opportuno che in questa sede ad essa sia fatto riferimento con particolare insistenza, considerando la voce arteriosclerosi come un suo sinonimo ai fini storici, mentre lo stato attuale del problema meriterebbe l'esauriente trattazione separata delle due voci: aterosclerosi delle arterie ed arteriosclerosi. Quest'ordine e questa terminologia sono nell'uso medico corrente: uso comune e indifferente dei due termini, prevalenza dell'importanza clinica del concetto d'aterosclerosi, differenziazione delle due sindromi se la casistica clinica è sottoposta ad approfondita e consapevole analisi.

L'etiologia dell'aterosclerosi è stata oggetto di revisione nell'ultimo decennio: alcuni aspetti del compesso causale sono stati chiariti. L'intervento di fattori genetici e familiari è ben documentato. Esiste una ereditarietà, che riguarda alcuni aspetti metabolici e neurovegetativi. Vi sono elementi endocrinologici, che mantengono la situazione aterogenica o vi si associano con frequenza significativa: è una malattia maschile, che predilige l'uomo di media statura, di peso superiore alla media, iperattivo, emotivo, irrequieto, istintivamente eccessivo. Si notano, spesso, i segni somatici dell'eccesso surrenale e gonadico. L'attività follicolare ovarica protegge dalla malattia, che raggiunge nella donna la frequenza maschile dopo la castrazione e dopo la menopausa.

Probabilmente, il movente primo consiste in un guasto nelle regolazioni centrali (diencefaliche); queste s'esprimono con abnormi tendenze del connettivo arteriale e con instabilità e turbamenti della regolazione e dell'omeostasi metabolica, emotensiva ed emochimica.

Nell'aterosclerosi è molto frequente un eccesso del colesterolo ematico, che ha assunto il significato di un importante indice diagnostico. Sono frequenti, nei soggetti che hanno superato un incidente arteriale acuto su base aterosclerotica (infarto miocardico, incidente cerebrale), i segni dell'eccessiva coagulabilità ematica.

È stata studiata molto l'importanza del regime alimentare per la costituzione e l'evoluzione delle lesioni aterosclerotiche. Un fatto statistico è ineccepibile: la malattia è più frequente laddove l'equivalente calorico e la quota grassa della razione sono più elevati. Incerta rimane invece l'interpretazione patogenetica di questi fatti: una deduzione semplice riferisce l'iperlipemia all'eccesso calorico e lipidico della razione e l'ipercoagulabilità all'eccesso lipemico. Non tutti i dati acquisiti però l'appoggiano: è possibile che l'iperalimentazione, il gusto per i grassi, il difetto dell'omeostasi lipemica e l'eccesso coagulativo siano anch'essi espressioni di un comune motore neuroendocrino. Pare accertato che l'ipercolesterolemia sia da porre fra gli effetti emochimici dell'instabilità neurovegetativa: della scossa emotiva e della fatica nervosa.

La patogenesi dell'aterosclerosi è attiva: la sua prevenzione è teoricamente possibile qualunque sia la durata della funzione arteriale e della vita globale dell'organismo. La lesione aterosclerotica è sempre, come già detto, un fatto patologico, cui non contraddice la sua frequente latenza e totale asintomaticità. Questo conduce ad esaminare sommariamente i rapporti tra aterosclerosi-lesione e aterosclerosi-malattia. Della prima si è già detto. La seconda consiste di varie sindromi, tutte connesse con l'ostruzione o con la rottura di una media o piccola arteria: coronaria, cerebrale, renale, retinica, degli arti, ecc., con le inerenti, particolari, manifestazioni cliniche. Ma, se il passaggio dalla lesione parietale aterosclerotica alla sindrome clinica, e cioè all'incidente vascolare causa di manifestazioni morbose, si verifica talora per l'aggravamento della lesione aterosclerotica quale essa è, talaltra invece la lesione aterosclerotica si complica con nuovi processi, che le si sovrappongono elettivamente: emorragia intraparietale, aneurisma dissecante, trombosi sovrapposta, occlusione di vasi nutritivi della parete e delle vie di apertura delle anastomosi arterovenose e della circolazione supplente, ecc. e la terapia dell'accidente clinico può quindi essere molto differente nei casi particolari.

Dall'interpretazione etiologica e patogenetica oggi prevalente derivano i provvedimenti preventivi e terapeutici idonei per evitare o rallentare la costituzione e l'evoluzione della lesione aterosclerotica in senso stretto e favorenti il superamento e il compenso degli effetti circolatorî e trofici degli accidenti arteriali, che al processo aterosclerogeno s'associano. L'infarto miocardico trova infatti il suo fondamento in lesioni arteriali di questa natura in più del 90% dei casi.

La profilassi consiglia l'adozione permanente di regole precise di protezione da emozioni, fatiche, freddo, fumo di tabacco, alimentazione eccessiva, obesità, ecc. Sono norme di sicuro valore, quanto difficili da applicare costantemente nella vita d'oggi.

La cura dell'incidente vascolare aterosclerotico è individuale, sia per la nota individualità della patologia e della terapia umana, sia per la complessità del meccanismo dell'incidente stesso e delle sue manifestazioni cliniche. Queste dipendono spesso più da una patologia degli organi e delle vie del compenso, che dalla patologia propria del vaso occluso. L'occlusione arteriosa passa inosservata se si costituisce lentamente e se la circolazione collaterale supplisce, passo per passo, al deficit. Ma se poi una via di arroccamento cede, con un meccanismo qualsivoglia, il danno funzionale e trofico emerge in piena evidenza clinica.

Per queste ragioni e per altre, la terapia può essere dissimile nel caso dell'infarto miocardico e del rammollimento cerebrale, pur derivando entrambi i focolai patologici da aterosclerosi delle arterie dei due organi.

Per la prevenzione specifica e la terapia dell'aterosclerosi, s'usano con qualche successo e con molte speranze gli acidi grassi essenziali, l'acido nicotinico in alte dosi, alcuni estrogeni e loro derivati, quali depressori della colesterolemia e protettori della parete arteriale. Gli anticoagulanti di sintesi servono per cure di lunga durata (anni) preventive della trombosi arteriale nei sopravvissuti all'infarto miocardico o alla trombosi cerebrale o d'altra sede. L'eparina e alcuni eparinoidi s'usano con l'intenzione di associare ad effetti di vasodilatazione ed anticoagulanti un'azione lipasica sulle lipoproteine, che si associa al cosiddetto fattore chiarificante del plasma.

Il progresso delle conoscenze specifiche sulla patogenesi della lesione aterosclerotica ha dunque aperto la via a nuove possibilità di cura ed ha realmente migliorato la prognosi delle sue manifestazioni morbose.

Bibl.: N. Coppo e coll., Il fattore lipidico nell'etiopatogenesi dell'aterosclerosi, in Arch. fisiop. clin. ricambio, XIII (1949), p. 189 segg.; M. Coppo e G. P. Vecchi, Prospettive sull'aterosclerosi delle arterie secondo le nostre ricerche, Relazione IX Giornate mediche Montecatini, maggio 1957; A. Fasoli, Lo stato attuale delle conoscenze sul ricambio intermedio nell'aterosclerosi, Relazione VIII Congresso Società Italiana per lo studio delle malattie del ricambio, Milano, novembre 1959; E. Greppi e coll., L'aterosclerosi (sintesi e documenti di scuola), Fidenza 1957; A. Keys e P. D. White, Epidemiology of atherosclerosis, New York 1956; G. Schettler e M. Eggstein, Grassi, nutrizione e arteriosclerosi, in Deutsch. Med. Wochenschr., LXXXIII (1958), 16, p. 702 segg.

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